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Estratto del documento

amò definirli) devoti "apostoli", tra cui il compositore Wagner. Morì di pleurite, nel

1860. Volontà come caos vitale

Nella sua opera più importante “Il mondo come volontà e rappresentazione”,

Schopenhauer riprende il concetto di noumeno e fenomeno già enunciato in

precedenza da Kant. Ora se per Kant il noumeno era la cosa in se, che non appartiene

all’uomo e non può essere conosciuta, e il fenomeno la realtà come la vediamo

attraverso le nostre strutture mentali, per Schopenhauer il fenomeno è l’illusione, la

parvenza, separata attraverso il velo di Maya dal Noumeno, la vera realtà che si

nasconde e che il filosofo deve scoprire.

Ancora differentemente da Kant, Schopenhauer parla di fenomeno come

rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza, e non ne è scissa. All’interno

della rappresentazione esistono due elementi inseparabili: il soggetto rappresentante e

l’oggetto rappresentato. Essi sono dipendenti l’un dall’altro, e l’uno è causa e

conseguenza dell’altro. Sono perciò errati sia il Materialismo (che nega il soggetto,

riducendolo all’oggetto), sia l’Idealismo (che nega l’oggetto, riducendolo al

soggetto). La rappresentazione, inoltre, si basa su tre forme a priori:

Spazio;

 Tempo;

 Causalità (le altre 11 categorie individuate da Kant sono, per Schopenhauer,

 riconducibili ad essa).

Schopenhauer afferma che stracciare il velo di Maya, passare da Fenomeno a

Noumeno, sia possibile: l’uomo stesso non è solo rappresentazione, ma è anche Cosa

in sé (il corpo), cioè non solo ci vediamo dall’esterno, ma viviamo dall’interno. La

via per conoscerci come Cosa in sé è lasciarsi vivere: lasciarsi andare e,

intuitivamente, sentire in sé la vita. La ragione serve solo per il fenomeno: per

passare al Noumeno occorre abbandonarlo e lasciarsi guidare dall’intuizione. Questa

esperienza rende possibile la conoscenza dell’essenza profonda del nostro Io, che è

Volontà di vivere (Wille zum leben). Questa volontà è l’impulso alla sopravvivenza,

quella spinta irresistibile che ci fa esistere: noi siamo, dunque, vita e Volontà di

vivere, e il nostro corpo la manifestazione esteriore dei nostri desideri interiori:

l’apparato digerente, ad esempio, è la manifestazione fenomenica della volontà di

nutrirsi. Il mondo è, dunque, volontà e rappresentazione. La Volontà di vivere è:

inconscia, infatti è più un impulso, energia piuttosto che volontà cosciente;

 unica, perché stando al di fuori dello spazio e del tempo si sottrae al

 principium individuationis;

eterna, cioè senza principio né fine perché al di là del tempo;

 incausata, perché oltre la categoria di causa;

 senza scopo oltre sé stessa.

La volontà è una, dato che, non essendo determinata dalle forme a priori della

conoscenza, sfugge alle condizioni dello spazio e del tempo e, quindi, al principio di

individuazione: solo il fenomeno si rifrange in una pluralità di individui, mentre la

cosa in sé è unica. Se un solo uomo riuscisse per assurdo ad annientare

completamente la volontà che è in lui, verrebbe soppressa la volontà in generale, e il

mondo intero sparirebbe. Per le stesse ragioni la volontà è irrazionale: infatti la

ragione esiste solamente nel mondo della rappresentazione, del quale è l'espressione

più elevata, essendo la facoltà dei concetti, cioè delle rappresentazioni più complesse,

sintesi delle rappresentazioni immediate della sensibilità o dell'intelletto. La volontà è

quindi un'aspirazione senza fine e senza scopo, un tendere che non conduce a nessun

ordine e a nessuna acquisizione definitiva, è una forza cieca e inconscia, puro istinto,

pura volontà di vivere .

Essa inoltre appartiene a tutti gli esseri viventi, ma solo l’uomo può averne

consapevolezza. Dio è stato creato dagli uomini per “mascherare” la crudele verità

sul mondo: la vita non ha senso, non esiste un fine, né un destino; tutti gli esseri

viventi, siano essi vegetali o animali, non vivono con altro scopo che vivere e

proseguire la specie.

Se tutto è volontà, Dio non esiste, anzi, non è nemmeno concepibile. Dio non è che

una rappresentazione del bene assoluto, un desiderio umano di affermare un principio

ordinatore superiore.

La volontà è ben lontana da rappresentare il concetto divino: dove Dio (il Dio

ORDINE

cristiano) è , volontà di benevolenza, desiderio di consolazione e

finalità, la volontà è assenza di ogni fine, di ogni desiderio di ordine e di bene, essa è

CAOS

solamente un vitale che vuole e difende la vita ciecamente e senza alcun

progetto, un istinto senza scopo.

Friedrich Wilhelm Nietzsche

Biografia

Friedrich Wilhelm Nietzsche nacque nel 1844 a Röcken in

Germania, figlio del pastore Karl Ludwig e di Franziska

Oehler, anch'essa figlia di un pastore. Rimasto orfano del

padre in tenera età, crebbe affidato alle cure della madre,

donna di solide qualità morali ma di cultura limitata.

A Naumburg, dove la famiglia si era trasferita, ricevette i

suoi primi insegnamenti di religione, latino e greco e

imparò a suonare il pianoforte. Dopo avere abbandonato la

celebre scuola teologica di Pforta, con disappunto della

madre, la quale sperava di vedere il figlio diventare

ecclesiastico, Nietzsche studiò filologia classica alle

università di Bonn e Lipsia, diventando professore della disciplina all'università di

Basilea a soli 24 anni; in quell’epoca si delinearono sempre più chiaramente le sue

inclinazioni filosofiche. In questo periodo entrò in relazione con Richard Wagner, del

quale divenne amico ed estimatore. Il loro rapporto in seguito degenerò

progressivamente fino a rompersi nel 1878. Ma a quel tempo, Nietzsche era già

malato da alcuni anni e soffriva di crisi nervose.

Nel 1876 abbandonò l'insegnamento per motivi di salute e iniziò la sua vita solitaria e

errabonda, che lo condusse a soggiornare a lungo anche in Italia. Guastati i rapporti

anche con la famiglia, egli vide peggiorare sempre più il suo stato di salute.

Nel 1889 a Torino cade in preda a un accesso di follia che non lo avrebbe

abbandonato fino alla morte, avvenuta a Weimar nel 1900. Negli ultimi anni visse

errando per l'Europa, spesso ospite di amici e protagonista di complicate vicende

umane e sentimentali. Pensiero

La filosofia di Nietzsche parte dalla rivalutazione delle filosofie pre-socratiche, in

particolare la filosofia di Eraclito, a sfavore del periodo classico, visto come

affermazione della visione razionale e quindi decadente. Egli individua la storia

stessa come lungo processo di decadenza dell'uomo, come negazione della vita;

l'affermazione della libertà è invece il destino dell'uomo. Destino che dovrà essere

perseguito attraverso l'esercizio della volontà di potenza, e che condurrà l'uomo alla

condizione di oltreuomo (l'uomo in grado di oltrepassare sè stesso).

La realtà secondo Nietzsche è generata dall'incontro-scontro di due principi opposti:

caos ordine

il e l’ . Egli rifacendosi alla mitologia greca li individua

rispettivamente nelle divinità di Dioniso ed Apollo. Ad Apollo il filosofo attribuisce

una serie di caratteristiche che lo qualificano come il dio dell'equilibrio e della

misura, principio ispiratore della statuaria greca, come il dio della melodia e del canto

armonico. Soprattutto Apollo è il dio del sogno e dell'illusione che ci permette di

ricreare la bellezza . Gli uomini si cullano nel mondo dell'apollineo per escludere il

dolore dalla vita e per poter continuare a vivere senza guardare l'altra faccia dolorosa

dell'esistenza.

L'esatto opposto rappresenta invece Dioniso: il dio dell'ebbrezza, della musica

sfrenata, della danza, dell'estasi che tende ad annullare l'io dell'uomo in quanto

singolo e a riconciliarlo con il tutto, con la natura primigenia. Dioniso è vita e morte,

gioia e dolore.

L'alternarsi dei due elementi, apollineo e dionisiaco, è all'origine non solo della vita,

essi sono un binomio inscindibile che caratterizza anche l'interiorità dell'uomo. L'uno

è necessario e allo stesso tempo bisognoso dell'altro. Tuttavia non possono mai

riconciliarsi e fondersi in un unico principio: mantengono sempre la loro natura

distinta. Perciò lo spirito apollineo è l'impulso umano che fugge di fronte al caos, che

è capace di concepire l'essenza del mondo come ordine e che spinge l'uomo a

produrre forme armoniose rassicuranti.

La tragedia greca riproduce perfettamente il conflitto in atto nella vita, poiché in essa

sono contemporaneamente presenti sia l'apollineo che il dionisiaco. La danza, il canto

e la musica, aspetti dionisiaci, si fondono con la recitazione e il mito, propriamente

apollinei.

L'esperienza che lo spettatore vive durante la tragedia rende la vita possibile e degna

di essere vissuta. L'uomo attraverso la tragedia si riappropria delle sue passioni

contrastanti e realizza che gioia e dolore sono entrambi necessari, sono entrambi

presenti nella vita: Impara a godere tanto dell'uno quanto dell'altra e apprende la

natura tragica della vita. Luigi Pirandello

Biografia

Luigi Pirandello nacque nel 1867 a Girgenti da una famiglia

agiata. Studiò al liceo classico di Palermo, poi si iscrisse

alla facoltà di Lettere. Di qui passò nel 1887 all'università di

Roma, poi a quella di Bonn dove conseguì la laurea. Al suo

ritorno, volendo dedicarsi alla letteratura, si stabilì a Roma

dove cominciò a collaborare con poesie e scritti critici a

riviste come la "Nuova Antologia" e il "Marzocco". Nel

1894 sposò Antonietta Portulano, dalla quale avrà tre figli.

Nel '97 gli venne conferita, presso l'Istituto Superiore di

Magistero, la cattedra di stilistica e poi di letteratura

italiana, che terrà fino al 1925. Seguì, a partire dal 1903, un

periodo difficile per lo scrittore, a causa della rovina

dell'azienda paterna e con essa del patrimonio suo e della moglie. Intanto pubblica

poesie, saggi, romanzi e novelle, ma la fama gli arriva come autore drammatico. A

partire dal 1922 organizza una raccolta completa delle sue novelle sotto il titolo

"Novelle per un anno", che allude al progetto, rimasto incompiuto (con un totale di

218 novelle), di scrivere una novella per ogni giorno dell'anno. Nel '25 Pirandello

lascia l'insegnamento per dirigere il Teatro d'arte di Roma e fondare una sua

compagnia. Nel '34 gli fu conferito il Nobel per la letteratura. Morì a Roma nel 1936.

Poetica

La poetica pirandelliana si basa su alcuni nuclei concettuali: il vitalismo e il caos

della vita. Il vitalismo è la tesi secondo cui la vita non è mai né statica né omogenea,

ma consiste in un'incessante trasformazione da uno stato all'altro. Nella vita e nel suo

flusso eterno, Pirandello avverte, da un lato disordine, causalità e caos, dall'altro

percepisce disgregazione e frammentazione. Ciò comporta un radicale relativismo

conoscitivo: ognuno ha la sua verità, che nasce dal suo modo soggettivo di vedere le

cose. Da ciò deriva un'inevitabile incomunicabilità tra gli uomini, dato che ciascuno

fa riferimento alla realtà come gli appare, mentre non può sapere come sia per gli

altri. L'incomunicabilità accresce il senso di solitudine dell'uomo che scopre di essere

nessuno. Nell'opera umoristica, invece, la riflessione giudica, analizzandolo e

scomponendolo, il sentimento. Il dato caratterizzante dell'umorismo è il sentimento

del contrario, che permette di cogliere il carattere molteplice e contraddittorio della

realtà e di vederla sotto diverse prospettive contemporaneamente. Inoltre accanto al

comico è sempre presente il tragico, dal quale non può mai essere separato.

Egli sente i rapporti sociali inautentici, rifiuta le forme e le ipocrisie imposte dalla

società; a questo proposito, il pessimismo dello scrittore è totale e ciò lo si nota anche

- nelle sue opere - dai personaggi, i quali sono posti sempre in situazioni paradossali,

svelando così la contraddittorietà dell'esistenza umana.

In questo senso si spiega la sua adesione al fascismo, che è una partecipazione

opportunistica che rispecchia il suo modo di intendere la politica. Infatti Pirandello

ritiene sia l’utopia socialista sia la “forma” democratico-liberale come partecipi di

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