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Estratto del documento

L’ordine e il Caos

Introduzione

I l caos e l’ordine

sono due concetti

astratti che

solitamente

vengono visti come

opposti.

In generale l’ordine

è qualcosa di

razionale, un

tentativo dell’uomo

di dominare per

esempio la natura

classificandola o in

generale tutto ciò

che ci sembra

caotico. Resta il

dubbio se alcune

cose che vediamo in natura siano caotiche perché siamo limitati nelle percezioni

oppure perché è diretta conseguenza delle leggi della natura. Albert Einstein (1879-

1955), convinto che l’ immaginazione e la saggezza fossero strumenti di conoscenza

più potenti delle conoscenze storicamente acquisite, dopo aver tentato di mettere in

evidenza tutta una serie di paradossi, si disse convinto che : " DIO NON GIOCA A

DADI CON LA NATURA";frase con la quale volle evidenziare il sospetto che il

CAOS dipenda da una dimensione inadeguata delle nostre conoscenze, proprio in

quanto esse sono limitate nella loro capacita di comprendere e rappresentare

fenomeni dinamici complessi.

Il caos è qualcosa di indefinito, di non conoscibile razionalmente, qualcosa che non si

può prevedere con certezza nel futuro e quindi non controllabile, non dominabile

dall’uomo.

L’ordine e il caos sono temi ricorrenti nei pensieri di molti filosofi come ad esempio

Schopenhauer e Nietzsche, di alcuni autori latini come Petronio e contemporanei

come Pirandello.

Insomma il caos è un tema tutt’altro che passato ma di chiaro sviluppo attuale che

affascina l’uomo per la sua imprevedibilità e per il desiderio di poterlo comprendere.

Arthur Schopenhauer

Biografia

Arthur Schopenhauer (Danzica, 22 febbraio

1788 - Francoforte sul Meno, 21 settembre

1860) fu uno dei più eminenti filosofi

tedeschi.

Figlio di un ricco mercante e di una

scrittrice nel 1805, alla morte del padre, si

stabilì a Weimar con la madre. Qui conobbe

Christoph Martin Wieland e Georg Wilhelm

Friedrich Hegel. Contrario ad ogni

mondanità, si ritirò in solitudine per portare

a termine gli studi. Nel 1809 s'iscrisse alla

facoltà di medicina a Gottinga. Due anni

dopo, nel 1811, si trasferì a Berlino per

frequentare i corsi di filosofia. Ingegno

molteplice, sempre interessato ai più diversi

aspetti del sapere umano (frequentò corsi di

fisica, matematica, chimica, magnetismo,

anatomia, fisiologia, e tanti altri ancora), nel 1813 si laureò a Jena con una tesi Sulla

quadruplice radice del principio di ragion sufficiente e, nel 1818, pubblicò la sua

opera più importante, Il mondo come volontà e rappresentazione che ebbe tuttavia

scarsissimo successo tra i suoi contemporanei. Anche le successive edizioni del

trattato furono accolte assai sottotono, nonostante fossero giunti, da più parti, persino

riconoscimenti ufficiali, primo fra tutti la vittoria di un concorso indetto dalla Società

delle Scienze norvegese, che egli conseguì nel 1839 con un trattato Sulla libertà del

volere umano.

Dopo aver girato in lungo ed in largo l'Europa, e dopo una breve parentesi da libero

docente universitario a Berlino (1820), dal 1833 decise di fermarsi a Francoforte sul

Meno dove visse da solitario borghese, celibe, misogino. Fondamentalmente in pieno

accordo con i dettami della sua filosofia, manifestò un sempre più acuto disagio nei

confronti dei contatti umani (ciò che gli procurò, in città, la fama di irriducibile

misantropo) e uno scarso interesse, almeno in via ufficiale, per le vicende politiche

dell'epoca quali furono, ad esempio, i moti rivoluzionari del 1848); i tardi

riconoscimenti di critica e pubblico servirono, suppositivamente, ad attenuare i tratti

più intransigenti del carattere del filosofo, ciò che gli procurò negli ultimi anni della

sua esistenza una ristretta ma interessata e fedelissima cerchia di (come egli stesso

amò definirli) devoti "apostoli", tra cui il compositore Wagner. Morì di pleurite, nel

1860. Volontà come caos vitale

Nella sua opera più importante “Il mondo come volontà e rappresentazione”,

Schopenhauer riprende il concetto di noumeno e fenomeno già enunciato in

precedenza da Kant. Ora se per Kant il noumeno era la cosa in se, che non appartiene

all’uomo e non può essere conosciuta, e il fenomeno la realtà come la vediamo

attraverso le nostre strutture mentali, per Schopenhauer il fenomeno è l’illusione, la

parvenza, separata attraverso il velo di Maya dal Noumeno, la vera realtà che si

nasconde e che il filosofo deve scoprire.

Ancora differentemente da Kant, Schopenhauer parla di fenomeno come

rappresentazione che esiste solo dentro la coscienza, e non ne è scissa. All’interno

della rappresentazione esistono due elementi inseparabili: il soggetto rappresentante e

l’oggetto rappresentato. Essi sono dipendenti l’un dall’altro, e l’uno è causa e

conseguenza dell’altro. Sono perciò errati sia il Materialismo (che nega il soggetto,

riducendolo all’oggetto), sia l’Idealismo (che nega l’oggetto, riducendolo al

soggetto). La rappresentazione, inoltre, si basa su tre forme a priori:

Spazio;

 Tempo;

 Causalità (le altre 11 categorie individuate da Kant sono, per Schopenhauer,

 riconducibili ad essa).

Schopenhauer afferma che stracciare il velo di Maya, passare da Fenomeno a

Noumeno, sia possibile: l’uomo stesso non è solo rappresentazione, ma è anche Cosa

in sé (il corpo), cioè non solo ci vediamo dall’esterno, ma viviamo dall’interno. La

via per conoscerci come Cosa in sé è lasciarsi vivere: lasciarsi andare e,

intuitivamente, sentire in sé la vita. La ragione serve solo per il fenomeno: per

passare al Noumeno occorre abbandonarlo e lasciarsi guidare dall’intuizione. Questa

esperienza rende possibile la conoscenza dell’essenza profonda del nostro Io, che è

Volontà di vivere (Wille zum leben). Questa volontà è l’impulso alla sopravvivenza,

quella spinta irresistibile che ci fa esistere: noi siamo, dunque, vita e Volontà di

vivere, e il nostro corpo la manifestazione esteriore dei nostri desideri interiori:

l’apparato digerente, ad esempio, è la manifestazione fenomenica della volontà di

nutrirsi. Il mondo è, dunque, volontà e rappresentazione. La Volontà di vivere è:

inconscia, infatti è più un impulso, energia piuttosto che volontà cosciente;

 unica, perché stando al di fuori dello spazio e del tempo si sottrae al

 principium individuationis;

eterna, cioè senza principio né fine perché al di là del tempo;

 incausata, perché oltre la categoria di causa;

 senza scopo oltre sé stessa.

La volontà è una, dato che, non essendo determinata dalle forme a priori della

conoscenza, sfugge alle condizioni dello spazio e del tempo e, quindi, al principio di

individuazione: solo il fenomeno si rifrange in una pluralità di individui, mentre la

cosa in sé è unica. Se un solo uomo riuscisse per assurdo ad annientare

completamente la volontà che è in lui, verrebbe soppressa la volontà in generale, e il

mondo intero sparirebbe. Per le stesse ragioni la volontà è irrazionale: infatti la

ragione esiste solamente nel mondo della rappresentazione, del quale è l'espressione

più elevata, essendo la facoltà dei concetti, cioè delle rappresentazioni più complesse,

sintesi delle rappresentazioni immediate della sensibilità o dell'intelletto. La volontà è

quindi un'aspirazione senza fine e senza scopo, un tendere che non conduce a nessun

ordine e a nessuna acquisizione definitiva, è una forza cieca e inconscia, puro istinto,

pura volontà di vivere .

Essa inoltre appartiene a tutti gli esseri viventi, ma solo l’uomo può averne

consapevolezza. Dio è stato creato dagli uomini per “mascherare” la crudele verità

sul mondo: la vita non ha senso, non esiste un fine, né un destino; tutti gli esseri

viventi, siano essi vegetali o animali, non vivono con altro scopo che vivere e

proseguire la specie.

Se tutto è volontà, Dio non esiste, anzi, non è nemmeno concepibile. Dio non è che

una rappresentazione del bene assoluto, un desiderio umano di affermare un principio

ordinatore superiore.

La volontà è ben lontana da rappresentare il concetto divino: dove Dio (il Dio

ORDINE

cristiano) è , volontà di benevolenza, desiderio di consolazione e

finalità, la volontà è assenza di ogni fine, di ogni desiderio di ordine e di bene, essa è

CAOS

solamente un vitale che vuole e difende la vita ciecamente e senza alcun

progetto, un istinto senza scopo.

Friedrich Wilhelm Nietzsche

Biografia

Friedrich Wilhelm Nietzsche nacque nel 1844 a Röcken in

Germania, figlio del pastore Karl Ludwig e di Franziska

Oehler, anch'essa figlia di un pastore. Rimasto orfano del

padre in tenera età, crebbe affidato alle cure della madre,

donna di solide qualità morali ma di cultura limitata.

A Naumburg, dove la famiglia si era trasferita, ricevette i

suoi primi insegnamenti di religione, latino e greco e

imparò a suonare il pianoforte. Dopo avere abbandonato la

celebre scuola teologica di Pforta, con disappunto della

madre, la quale sperava di vedere il figlio diventare

ecclesiastico, Nietzsche studiò filologia classica alle

università di Bonn e Lipsia, diventando professore della disciplina all'università di

Basilea a soli 24 anni; in quell’epoca si delinearono sempre più chiaramente le sue

inclinazioni filosofiche. In questo periodo entrò in relazione con Richard Wagner, del

quale divenne amico ed estimatore. Il loro rapporto in seguito degenerò

progressivamente fino a rompersi nel 1878. Ma a quel tempo, Nietzsche era già

malato da alcuni anni e soffriva di crisi nervose.

Nel 1876 abbandonò l'insegnamento per motivi di salute e iniziò la sua vita solitaria e

errabonda, che lo condusse a soggiornare a lungo anche in Italia. Guastati i rapporti

anche con la famiglia, egli vide peggiorare sempre più il suo stato di salute.

Nel 1889 a Torino cade in preda a un accesso di follia che non lo avrebbe

abbandonato fino alla morte, avvenuta a Weimar nel 1900. Negli ultimi anni visse

errando per l'Europa, spesso ospite di amici e protagonista di complicate vicende

umane e sentimentali. Pensiero

La filosofia di Nietzsche parte dalla rivalutazione delle filosofie pre-socratiche, in

particolare la filosofia di Eraclito, a sfavore del periodo classico, visto come

affermazione della visione razionale e quindi decadente. Egli individua la storia

stessa come lungo processo di decadenza dell'uomo, come negazione della vita;

l'affermazione della libertà è invece il destino dell'uomo. Destino che dovrà essere

perseguito attraverso l'esercizio della volontà di potenza, e che condurrà l'uomo alla

condizione di oltreuomo (l'uomo in grado di oltrepassare sè stesso).

La realtà secondo Nietzsche è generata dall'incontro-scontro di due principi opposti:

caos ordine

il e l’ . Egli rifacendosi alla mitologia greca li individua

rispettivamente nelle divinità di Dioniso ed Apollo. Ad Apollo il filosofo attribuisce

una serie di caratteristiche che lo qualificano come il dio dell'equilibrio e della

misura, principio ispiratore della statuaria greca, come il dio della melodia e del canto

armonico. Soprattutto Apollo è il dio del sogno e dell'illusione che ci permette di

ricreare la bellezza . Gli uomini si cullano nel mondo dell'apollineo per escludere il

dolore dalla vita e per poter continuare a vivere senza guardare l'altra faccia dolorosa

dell'esistenza.

L'esatto opposto rappresenta invece Dioniso: il dio dell'ebbrezza, della musica

sfrenata, della danza, dell'estasi che tende ad annullare l'io dell'uomo in quanto

singolo e a riconciliarlo con il tutto, con la natura primigenia. Dioniso è vita e morte,

gioia e dolore.

L'alternarsi dei due elementi, apollineo e dionisiaco, è all'origine non solo della vita,

essi sono un binomio inscindibile che caratterizza anche l'interiorità dell'uomo. L'uno

è necessario e allo stesso tempo bisognoso dell'altro. Tuttavia non possono mai

riconciliarsi e fondersi in un unico principio: mantengono sempre la loro natura

distinta. Perciò lo spirito apollineo è l'impulso umano che fugge di fronte al caos, che

è capace di concepire l'essenza del mondo come ordine e che spinge l'uomo a

produrre forme armoniose rassicuranti.

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