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Sintesi
Introduzione Sport - Tesina


Sono giunta ormai alla mia ultima gara, al mio ultimo traguardo: la maturità e ho deciso di trattare il tema dello sport nella mia tesina. Sono passati già cinque anni dal primo giorno da liceale, dall'ingresso in quel mondo che ti fa sentire “grande”, che apre il tuo sguardo su altri orizzonti, su altri mondi, su altre conoscenze e consapevolezze. Quelli del liceo sono stati anni importanti che porterò sempre dentro di me, con le loro difficoltà, con le loro gioie, con le loro incomprensioni perché in fondo sono stati gli anni più belli, in cui si è grandi, ma con spensieratezza.
La mia tesina di maturità nasce dalla mia passione: lo sport. Esso è il filo d'Arianna, il mezzo per uscire dal labirinto e capire l'essenza più vera della vita: rito sacro per i greci, fonte di benessere psicofisico per i latini, ispirazione per i futuristi, strumento di rivalsa sociale nella lotta al razzismo, espressione di forza e tecnica, ricerca continua della velocità e dell'oltre. Tanti modi di intendere ed usare lo sport, che in realtà rappresentano le sfaccettature di un mondo che per me potrebbe essere riassunto in sole cinque parole, proprio come gli anni di questo percorso formativo: gioia, passione, sacrificio, coraggio e successo.


Collegamenti

Sport - Tesina


Italiano: Il giornalismo sportivo e il futurismo.
Storia : La boxe e i diritti civili.
Filosofia: Il superuomo e il superatleta.
Storia dell'arte: Boccioni, il dinamismo di un footbooler.
Educazione fisica: Le Olimpiadi.
Greco: Pausania, istituzione dei Giochi olimpici.
Latino: Giovenale, mens sana in corpore sano.
Scienze: I neutrini e il progetto OPERA.
Fisica: Il pattinaggio sul ghiaccio e il fenomeno del rigelo.
Estratto del documento

A differenza del Manifesto, i primi romanzi di Marinetti non furono ben accolti dalla

critica: nel 1910 il suo romanzo “Mafarka e il Futurismo”, fu processato per oltraggio al

pudore, ma il processo non fece altro che aumentare la fama di Marinetti che poteva

contare sull’appoggio non solo dei giovani, ma anche su quello di pittori come Boccioni e

Carrà e di Luigi Capuana, che si dichiarò pubblicamente vicino al Futurismo, seppur

troppo vecchio per militarvi. Parallelamente proseguiva la redazione di manifesti tesi a

diffondere gli ideali futuristi in tutti i campi artistici; all’ottobre 1909 risale “Uccidiamo il

chiaro di luna!”, secondo manifesto in cui l’autore riversava tutta la propria passione per

le discipline esoteriche e per le religioni antiche, mentre al 1910 risale il Manifesto dei

pittori futuristi, controfirmato da Boccioni, Carrà, Russolo, Bella e Severini, che

teorizzavano un’arte spontanea e dirompente. Una delle più grandi innovazioni futuriste fu

il paroliberismo, o tecnica delle parole in libertà, che fu presentato al pubblico attraverso il

Manifesto tecnico della letteratura futurista, uscito nel maggio 1912. La tecnica delle

parole in libertà prevedeva l’uso di verbi all’infinito e avverbi, l’abolizione della

punteggiatura e della sintassi, l’uso di onomatopee per descrivere rumori e odori, l’uso di

innovazioni grafiche e la disposizione libera delle parole. Questa idea di movimento da imprimere alle parole era stata

suggerita a Marinetti dall’amicizia con il tipografo milanese Cavanna, che si rivelò importantissimo per la creazione delle

“tavole parolibere”, una serie di scritti che utilizzavano diversi colori e anche 20 caratteri tipografici diversi, come ad

esempio l’uso di una scrittura corsiva per sensazioni veloci e rapide e l’uso del grassetto tondo per le onomatopee

violente. Queste innovazioni “tecniche” crearono però dissidi all’interno del movimento, che vide l’allontanamento di

Palazzeschi . Intanto l’Italia si avviava alla prima guerra mondiale, ma la guerra non fermò il Futurismo e ben presto lo

spirito marinettiano di esaltazione della guerra, del coraggio e della violenza, avvicinò Marinetti al giovane Mussolini,

ma egli restò nei confronti del fascismo come un “inegualista”, un precursore complementare al regime che trovava

consolazione nell’arte; ciò però bastava al regime fascista che tra il 1925 e il 1926 tributò allo scrittore vari

riconoscimenti, fino a nominarlo “accademico d’Italia”. Filippo Tommaso Marinetti morì a Bellagio, sul lago di Como,

nel 1944. La prima guerra mondiale oltre ad influire sull’attività dei futuristi influì

anche sul giornalismo sportivo. Al ritorno della guerra il panorama

psicologico e sociale della nazione era notevolmente mutato e lo sport

divenne fenomeno di massa, non più solo tecnica, ma vero e proprio

spettacolo. Dal punto di vista editoriale la Gazzetta è in buona compagnia,

infatti ad essa si affiancano altre pubblicazioni giornaliere. È il caso del

“Corriere dello Sport” nato a Bologna e poi trasferito a Roma, di

“Tuttosport” a Torino e “Stadio” a Bologna. Cambia anche il modo di fare

giornalismo e le principali testate si trovano a guerreggiare con una forte

avversaria: la radio, che il 23 marzo 1928 aveva trasmesso la sua prima

telecronaca . Il giornalismo sportivo entra anche nei quotidiani

d’informazione, dove si ritaglia sempre più spazio, ma la testata

specializzata continua ad essere fenomeno popolare, raddoppiando il

numero dei quotidiani sportivi e le vendite giornaliere. Pochi anni dopo la

fine della guerra, gli editori della “Gazzetta dello sport” prendono una

decisione delicata affidando la direzione del giornale ad un giovane

trentenne: Gianni Brera, il più celebre e grande dei giornalisti sportivi

italiani, un vero numero uno, capace di partire dalla cronaca e di arrivare

alla letteratura, alla poesia. Nessuno come lui ha saputo cancellare la

retorica, usare l’epica e la mitologia per parlare di terzini e goleador,

coniare termini tecnici e soprannomi che sarebbero entrati nei vocabolari

di tutto il mondo. Nei primi anni 90 arrivò la sua prima esperienza

televisiva, al Processo del lunedì, e le sue opinioni ebbero la capacità di

dividere in due il mondo calcistico italiano. Fu autore di vari libri: dalla

Storia critica del calcio italiano al Corpo della ragassa (da cui è stato tratto

un famoso film con Ornella Muti), da Herrera a Coppi e il diavolo, superlativo libro-intervista scritto con il suo campione

preferito. Gianni Brera è sicuramente stato il giornalista che più di tutti ha saputo trasmettere ai lettori la sua passione, la

passione per lo sport e per la scrittura, unione indissolubile di due universi paralleli che vivono entrambe alimentandosi

dei propri eroi.

Umberto Boccioni, Dinamismo di un footballer

“Il gesto per noi non sarà più un momento fermato dal dinamismo universale: sarà, decisamente, la sensazione dinamica

eternata come tale.” Umberto Boccioni, figlio di genitori romagnoli, nasce a

Reggio Calabria il 19 ottobre 1882. Nel 1900 si stabilisce a

Roma rimanendovi fino al 1906. Qui approfondisce i propri

interessi per la letteratura e la pittura, prende lezioni di

disegno e frequenta la scuola libera del nudo. Nella capitale

stringe amicizia con Giacomo Balla, da poco rientrato da

Parigi, dal quale apprende la tecnica divisionista e il gusto per

la pittura dal vero. Nel 1907 si iscrive alla Scuola di Belle arti

a Venezia, ma subito dopo si trasferisce a Milano. Nei dipinti

di questo primo periodo milanese affiorano da un lato la

lezione di Balla, dall’altro un chiaro riferimento alla pittura

impressionista e post impressionista; decisivo nel gennaio

1910, è l’incontro con Marinetti che lo spinge ad aderire con

entusiasmo al movimento futurista, tanto da porre la sua

firma, insieme a quella di Balla, sotto al Manifesto tecnico

della pittura futurista. Partecipa a numerose esposizioni in

Italia e in Europa; nel 1914 pubblica Pittura sculture futuriste

(dinamismo plastico), importante testo teorico nel quale egli

definisce con grande lucidità i concetti fondamentali della

cultura futurista, come quelli di linea-forza, di dinamismo, di

simultaneità. Richiamato alle armi, morì il 17 agosto 1916.

Lo sport è stato uno dei motivi ispiratori dell’arte

boccioniana: ricordiamo infatti l’opera “Dinamismo di un

foot-baller”. Il quadro, essendo esposto da Boccioni la prima

volta alla mostra di Londra dell’aprile 1914, dovrebbe risalire alla fine del 1913 o all’inizio del 1914. I pittori futuristi

individuavano nella velocità una delle caratteristiche principali della civiltà moderna e ritenevano che l’arte dovesse

raffigurarla per essere al passo coi tempi. Era però necessario abbandonare il realismo perché definire minuziosamente un

oggetto in movimento significava isolarlo nel tempo e nello spazio, dandone una rappresentazione fredda e distaccata.

Inoltre c’era già la fotografia che dava immagini realistiche e alla pittura si chiedeva qualcosa di più. I futuristi volevano

un’arte che ponesse lo spettatore “nel centro del quadro”, ovvero che lo coinvolgesse emotivamente; cercavano uno “stile

del movimento” che, tralasciando i dettagli realistici, fosse in grado di comunicare allo spettatore una “sensazione”

dinamica. Non volevano però un’arte astratta: le loro opere hanno sempre un legame con la realtà, anche quando non lo si

percepisce al primo sguardo. Per Boccioni era essenziale restituire tutta la vitalità di un movimento ed eternarla nell’arte:

nel nostro caso non si tratta di raffigurare un calciatore che corre, ma la sensazione provocata da un calciatore che corre,

come se la corsa si stesse svolgendo nel momento in cui lo spettatore guarda il quadro. L’opera è strettamente legata alla

realtà (il calciatore è chiaramente riconoscibile), ma anziché imitarla passivamente ne offre una forte trasfigurazione

“dinamica”. Boccioni riprende la scomposizione di forme introdotta dal cubismo e le imprime velocità: l’atleta è

suddiviso in una serie di piani disposti secondo la traiettoria di ogni parte del suo corpo; gli urti di forme geometriche

comunicano la sensazione di un movimento che avviene nel presente. Boccioni sottolinea la volumetria delle forme

creando una successione di ombre e luci che accentua la sensazione dinamica. Anche lo spazio è scomposto in forme

geometriche; vi dominano tre colori che rappresentano: il verde l’erba, l’azzurro l’aria, il giallo la luce. Forme azzurre e

gialle si trovano anche sul calciatore e significano la resistenza che l’aria oppone alla sua corsa e la luce che lo avvolge.

La sua corsa crea uno spostamento d’aria nell’ambiente e Boccioni rende questo elementare fenomeno fisico mediante

una serie di piani colorati che si dispongono intorno al calciatore come una girandola. Con questa alternanza di forme e

colori Boccioni rappresenta due componenti essenziali della sensazione dinamica: 1) la simultaneità di percezione oggetto

in movimento/ambiente: quando si vede un atleta che corre si vede simultaneamente anche l’ambiente in cui si sta

muovendo, 2) la reciproca influenza ambiente/oggetto in movimento: l’aria sposta all’indietro i vestiti di un atleta che

corre, allo stesso tempo il passaggio di un atleta in corsa provoca uno spostamento d’aria nell’ambiente circostante.

Boccioni si rivolse al mondo del calcio per dare un esempio dello “stile del movimento” futurista perché in quegli anni il

calcio stava diventando uno sport sempre più diffuso e popolare. Inoltre nello stesso 1913 Marinetti, fondatore del

Futurismo, elencava tra gli elementi della nuova sensibilità futurista “passione, arte e idealismo dello Sport. Concezione e

amore del record”. Il colore prevalente nel dipinto è il rosso, colore della passione, dell’energia, della forza, di quel

dinamismo che il futurismo e l’autore concepivano come vita.

Nietzsche, Superuomo e superatleta

“Io vi insegnerò cos’è il Superuomo. L’uomo è qualcosa che deve essere superato. Che cosa avete fatto per superarlo?”

Friedrich Nietzsche nacque nel 1844 a Rocken presso Lutzen, sul confine tra la Turingia e la Sassonia. Dopo aver

compiuto i primi studi universitari in teologia e in lingue classiche a Bonn, il giovane passò nel 1865 all'università di

Lipsia per seguire il proprio maestro di filologia che si era allora trasferito in quest'ultima città. Nel 1868, appena

ventiquattrenne, ottenne un incarico di filosofia classica presso l'università svizzera di Basilea. Nel 1869 incontrò il

grande musicista Wagner con cui subito strinse una viva amicizia. Intanto, quasi per caso, aveva scoperto alcune opere di

Schopenhauer: le lesse con passione e abbracciò con entusiasmo i principi della sua filosofia. Risalgono a questo periodo

le due opere: “la nascita della tragedia ovvero grecità e pessimismo” e “Considerazioni inattuali”. Nel 1876 ebbe inizio

nel nostro autore una grave crisi fisica e psichica, malattia che lo porterà alla pazzia. Risalgono a tale anno il suo distacco

da Wagner e il suo abbandono della filosofia di Schopenhauer. Cominciò una vita inquieta, ansiosa, spostandosi

continuamente, malgrado le ristrettezze economiche, da una località all'altra della Svizzera e dell'Italia settentrionale,

proteso con tutte le proprie energie ad abbozzare quella che avrebbe dovuto essere a suo parere una grande riforma dei

costumi e della cultura. Nel 1883 ha inizio un terzo periodo dell'evoluzione spirituale di Nietzsche caratterizzato

dall'elaborazione della teoria del Superuomo, o meglio Oltreuomo. Ad esso risalgono le seguenti opere: “Così parlò

Zarathustra”, “Al di là del bene e del male”, “La genealogia della morale”, “Il crepuscolo degli idoli”, “L'anticristo”,

“Ecce homo”, “La volontà di potenza”, opera rimasta incompiuta. Il 3 gennaio1889, mentre si trovava a Torino, fu colto

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