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Sintesi
Storia:
- Lo sport nella società di massa
- Il ruolo dello sport e delle donne nei regimi dittatoriali
Tedesco:
-Sportlerinnen in der DDR
Scienze:
-Differenze fisiologiche e morfologiche tra il genere maschile e quello femminile
Educazione fisica
- I fondamentali del nuoto
Estratto del documento

Con la diffusione della bicicletta infatti c’è una legittimazione di abiti meno

formali e più adatti al movimento, come gonne più corte, gonne pantaloni o

con l'inserimento di elastici e nastri per accorciarle e fissarle. Si tratta di

una piccola rivoluzione perché la donna deve comunque evitare di apparire

troppo sessualmente aggressiva e libera. Andare in bicicletta, però,

inizialmente non ha finalità competitive, in Inghilterra per esempio alle

donne è permesso iscriversi all’Associazione Nazionale di Cicloturismo già

dal 1880, ma è solo a partire dal 1916 che a queste è permesso di

gareggiare, segnando così la nascita del ciclismo femminile.

Come lo sport moderno maschile ha inizio nelle “public school” in

Inghilterra, anche per le donne l’attività fisica si diffonde proprio nelle

scuole e nei collegi femminili, (grazie anche all’estensione per le ragazze

degli studi superiori). Secondo alcuni medici infatti l’educazione fisica deve

far parte del bagaglio scolastico di ogni ragazza, che deve saper dimostrare

di poter essere contemporaneamente madre e donna.

In Italia, però, a cavallo tra Ottocento e Novecento, nonostante l’intensa

propaganda e le riforme scolastiche di De Sanctis e Gentile, non viene

praticata molta attività fisica. Nel 1879 la riforma del Ministro della Pubblica

Istruzione De Sanctis rende obbligatoria la ginnastica, che lui chiama

“Ginnastica educativa”, nelle scuole di ogni ordine e grado (elementari,

secondarie, normali e magistrali) anche per il sesso femminile. Lo scopo è

quello di sviluppare nei fanciulli il “sentimento dell’ordine e il coraggio”.

Lezioni di ginnastica femminile alla Società Ginnastica di Torino alla fine del secolo XIX

A testimonianza del clima di quegli anni e del dibattito intenso che

accompagnò la riforma di De Sanctis, vi è il libro pubblicato nel 1892 da

Edmondo De Amicis che si chiama “Amore e Ginnastica”. È significativo che

nel libro a essere decisa sostenitrice della ginnastica sia una maestra, la

signorina Maria Pedani. Nel libro la disciplina viene discussa da vari

personaggi non come un’attività dine a se stessa, ma nell’ambito di un

processo educativo in cui l’insegnante deve avere una preparazione

specifica, perché deve conoscere la fisiologia, l’igiene e la tecnologia.

Nel 1923 invece Gentile istituisce l'Ente nazionale per l'educazione fisica a

sostegno, anche economico, della ginnastica scolastica.

In linea di massima tutte queste forme di ginnastica organizzate dallo Stato

o da élite filantropiche che si sviluppano a partire da fine Ottocento in

Europa e negli Stati Uniti sono atte ad aumentare la coscienza dell’utilizzo

del corpo e a migliorarne l’igiene al fine di formare cittadini migliori e

preparare le classi più povere a prendere il proprio posto di lavoratori,

soldati e madri nell’ordine sociale.

Lo Sport Illustrato 14 agosto 1921

Il ruolo dello sport e delle donne nei regimi

dittatoriali

Nei regimi totalitari che nascono tra la prima e la seconda Guerra Mondiale,

nazismo in Germania e fascismo in Italia le pratiche sportive diventano

strumento per governare meglio, ovvero per distrarre dalle attività

politiche, perché creare uno spirito unitario e un’ immagine di uomo forte e

virile in modo tale da dimostrare le ottime qualità della razza.

In Italia la partecipazione femminile agli sport è frenata dal fatto che

Mussolini, ritenendo che una crescita demografica possa incoraggiare lo

sviluppo dei suoi piani di espansione bellica, attua una politica natalista con

una linea antifemminile. Con questa politica demografica “del numero” la

donna viene relegata come subordinata all’uomo e limitata alla sua

funzione di moglie e madre. A questo proposito viene ridotta l’istruzione

femminile, imponendo alle studentesse universitarie il pagamento del

doppio delle tasse rispetto a quelle imposte ai loro colleghi maschi. Si

esalta il ruolo materno delle donne, scoraggiandole ad intraprendere

carriere professionali o attività lavorative. Nel 1923 quindi viene proibito

alle donne di diventare presidi, a partire dal 1926 non possono insegnare

storia, filosofia, materie letterarie, diritto ed economia alle superiori e dal

1934 viene introdotta la politica delle “quote negative” per le

amministrazioni pubbliche e, perciò, le donne non possono superare una

certa percentuale, ovviamente minoritaria, tra il personale. Al fine di

spingere le donne al solo ruolo di madri, inoltre, il 10 dicembre 1925 viene

istituita l’Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia

(Onmi), ovvero un ente assistenziale per madri e bambini in difficoltà.

Per raggiungere il suo scopo il regime oltre a ciò riduce le tasse per gli

uomini che sono a capo di famiglie numerose e dà loro assegni familiari e

premi, considera l’aborto un crimine contro lo Stato, scoraggia la

contraccezione, impone ai celibi un’imposta speciale e infine perseguita gli

omosessuali.

Nonostante questa particolare politica, a partire dagli anni Trenta il

fascismo inizia a fare propaganda all’esercizio fisico e quindi

all’associazionismo sportivo sia maschile che femminile. Sia in campo

maschile che femminile infatti, seppur in modi diversi, viene esaltata la

pratica sportiva e i benefici salutistici che questa comporta, che incarnano

l’ideale di forza, coraggio e prestanza tipica dell’uomo che il fascismo

pretende. Ma, se per gli uomini praticare sport rappresenta il modo per

divenire eccellenti, sani e coraggiosi soldati, per le donne questo significa

molto di più perché devono curare la loro salute al fine mettere al mondo

questi “guerrieri” che devono essere già forti e sani dalla nascita e che

quindi devono venire allattati e cresciuti da madri sane. Ed è per questo

che, nonostante le resistenze dei cattolici e dell’opinione pubblica, il

fascismo si impegna a portare avanti questo progetto che è un vero e

proprio investimento per il regime.

Prima del fascismo infatti né il partito liberale, né il movimento socialista

avevano posto l’attenzione all’esercizio fisico femminile. Solo i

modernizzatori cattolici avevano sostenuto una "ginnastica cattolica" e, nel

1923, grazie alla professoressa Teresa Costa, la Gioventù femminile fondò i

primi gruppi sportivi, "Forza e Grazia". Anche il fine di questa ginnastica,

buone madri cristiane, buone e

come quella del fascismo, era formare "

sane, fisicamente e moralmente, capaci di darci una generazione di italiani

sani, buoni, anch'essi fisicamente e moralmente "

1 ueste iniziative

. Q

cattoliche vengono bloccate il 9 aprile 1928, giorno in cui il regime di Mussolini

mette fuori legge tutti i gruppi sportivi non fascisti.

Promuovere lo sport femminile però, oltre a favorire la politica natalista tanto

cara a Mussolini, incoraggia la voglia di emancipazione femminile e questa

sollecitazione a partecipare agli sport è considerata sempre di più eccessiva,

tanto da richiedere un intervento del governo che, nella seduta del 16 ottobre

1930, si pronuncia in merito allo sport femminile accendendo nuovi punti di

scontro tra la popolazione a favore dell’attività fisica e i conservatori, in genere

padri, mariti e fidanzati, che non vogliono che la donna si distragga dalle

attività domestiche. La questione trattata era in merito all’atletismo femminile

e non alla validità dell’esercizio fisico, in quanto questa era già stata

ampiamente confermata dai diversi medici come formativa e correttiva. Con il

termine atletismo femminile si vuole indicare quelle pratiche sportive che

comprendono allenamenti agonistici mirati e competizioni talvolta pubbliche

che, secondo il regime fascista, vanno tenute sotto

controllo.

Al fine di gestire e di porsi al di fuori di questa questione,

oggetto di tanti dibattiti, il Gran Consiglio chiede alla

Federazione dei Medici Sportivi di dichiararsi a sfavore

dell’atletismo in modo tale da limitare la pratica sportiva

alle donne. Inoltre il Presidente del Comitato Olimpico

Nazionale definisce quali sono le attività più idonee al

"al fine di non distogliere la donna dalla

corpo di una donna

sua missione fondamentale: la maternità 2

" . Diversi medici

si esprimono, seppur con opinioni diverse, in merito anche

1 Cfr. A. Gemelli, La educazione fisica della donna, Milano, GCFI, 1927, Vol. III, p. 28.

ad un altro interrogativo che emerge dalla riunione, ovvero se la pratica

sportiva delle donne durante la pubertà possa causare danni fisici riscontrabili

poi nelle gravidanze o nel ciclo mestruale. A questo proposito tra i medici è

opinione condivisa che per avere una postura corretta e un bell’aspetto lo

sport vada praticato, ma non prima della pubertà e senza eccessi e soprattutto

con esercizi distinti per maschi e femmine in quanto le strutture ossee e

muscolari dell’uno e dell’altra sono diverse.

A cura di questo a Roma viene fondata l’Opera Nazionale Balilla "per

l'assistenza e l'educazione fisica e morale della gioventù" con il compito di

assistere i giovani, maschi e femmine, divisi in due organizzazioni, quella dei

Balilla, per i maschi, e le Piccole Italiane, per le femmine, dagli otto ai

quattordici e quella degli Avanguardisti o Giovani Italiane dai quattordici ai

diciotto anni.

Questo ente è basato su delle regole rigide, la prima fra queste è la distinzione

tra maschi e femmine all’interno dei gruppi. In riferimento a questo vengono

indicati anche gli sport di squadra più idonei al corpo femminile, in modo da

aiutare il contatto sociale e lo spirito di gruppo, e l’esercizio del corpo libero

che aggrazia le forme.

Gli sviluppi degli studi medici inoltre permettono di stabilire che l’attività fisica

vada praticata anche dopo la giovinezza e perfino durante la gravidanza e il

periodo mestruale, fasi nelle quali prima si pensava di doverla evitare.

I grandi saggi ginnici

collettivi che

coinvolgono più o meno

direttamente tutti i

giovani e le giovani

italiane sono vere e

proprie occasioni di

propaganda politica,

tanto da diffondersi così

rapidamente che nel

1936 coinvolgono ben

quattro milioni di iscritti.

Le ragioni di queste

attività non sono solo igieniche, eugenetiche o morali, bensì sempre più

chiaramente si sono trasformate in ragioni di preparazione premilitare. I

giovani maschi italiani, in questo periodo, sono preparati ad affrontare prove di

2 Cultura fisica della donna (ed estetica femminile)

Cfr. G. Poggi-Longostrevi, , Milano, Hoepli,

1938, p. 45.

coraggio, di resistenza alla fatica, per formare il carattere, e di lotta.

Soprattutto viene insegnato loro il senso della disciplina e dell’obbedienza

secondo il motto fascista "credere, obbedire, combattere”. Anche ai bambini

sono insegnate le manovre militari ed a marciare, e vengono addestrati ad

imbracciare il fucile di legno. Le ragazze, invece, il cui compito è quello di

sposarsi il prima possibile e procreare figli sani, sono incoraggiate a svolgere

attività propriamente sportive, come il nuoto, a competere nel tiro con l’arco,

ma soprattutto a svolgere attività fisiche atte a migliorare l’armonia dei

movimenti e la flessuosità del corpo per essere attraenti e desiderabili in modo

da riuscire a sposarsi presto e diventare così mogli sane, robuste e prolifiche.

Come nell’Inghilterra vittoriana anche nell’Italia fascista, l’attività fisica

femminile è un privilegio di cui godono esclusivamente le donne borghesi o

piccolo-borghesi, perché, seppur l’attività fisica e la ginnastica siano materie

obbligatorie nelle scuole italiane, a scuola non ci vanno le donne degli strati

più umili o della campagna che quindi non vengono coinvolte nel fenomeno

dell’associazionismo sportivo.

Comunque per quella minoranza di donne che ha avuto la possibilità di far

parte delle associazioni sportive fasciste, questo non era altro che

un’occasione di disciplina in nome del partito e della razza, lontano quindi

dall’essere un’occasione di libertà personale.

Il regime fascista, comunque, resta in linea di massima ostile alle competizioni

Trebisonda

femminili in pubblico. Nelle Olimpiadi di Berlino del 1936 però

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