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Sintesi
Introduzione Sport e Fascismo - Tesina


Questa tesina si propone di analizzare un tema che mi sta particolarmente a cuore, in quanto appassionato di sport e impegnato nell’insegnamento del calcio ai giovanissimi (alleno bambini di età compresa tra 7 e 9 anni ): il rapporto tra regimi autoritari e sport e, in particolare, il ruolo che lo sport ha avuto in Italia durante il fascismo per manipolare l’opinione pubblica, fare propaganda ai valori del regime, costruire l’identità nazionale.
A questo scopo nella tesina di maturità analizzerò anche importanti competizioni sportive internazionali, come le Olimpiadi di Berlino del 1936, utilizzate dal nazismo come palcoscenico per affermare la propria potenza e la superiorità della razza ariana; mai come in quella occasione lo spirito sportivo è stato alterato e distorto, esaltando le spinte guerriere e razziste e annullando quelle ricreative, altruistiche, solidaristiche.
Al contrario della filosofia internazionalista di De Coubertin per il quale lo sport doveva produrre la pace tra i popoli, lo sport venne usato dai regimi autoritari (non solo dal nazismo e dal fascismo, ma anche quelli socialisti dell’Est Europa fino alla caduta del Muro di Berlino nel 1989) per riprodurre la gerarchia tra le nazioni e dimostrare il valore di una razza o la superiorità di un sistema politico rispetto agli altri.
Nella seconda parte della tesina mi soffermerò sulla figura di Arpad Weisz, allenatore del Bologna quando era “lo squadrone che faceva tremare il mondo”: ebreo ungherese, nonostante la fama e i successi venne costretto all’esilio dalle Leggi razziali (1938), poi incarcerato e ucciso dai nazisti ad Auschwitz. La sua storia è stata dimenticata per anni, colpevolmente, e solo di recente riscoperta per mezzo di un libro e di un documentario che sono stati presentati all’ IIS "Odone Belluzzi" in occasione della Giornata della Memoria 2013.

Collegamenti

Sport e Fascismo - Tesina


Italiano - Il futurismo.
Storia - Il fascismo.
Inglese - The nazi Olimpics.
Estratto del documento

possibilmente maschi, (per aumentare il numero dei potenziali soldati). Per questo, per le

ragazze sono previste esercitazioni per migliorare l’armonia dei movimenti e la flessuosità.

Devono essere attraenti e desiderabili, oltre che sane e forti, per potersi sposare presto e

diventare mogli prolifiche. figli della lupa

Negli ultimi anni del regime si diventa fin al momento della nascita, con

l'iscrizione all'anagrafe. Ogni Italiano ha una divisa, partecipa alle adunate; le

manifestazioni di partito si svolgono il sabato pomeriggio, libero dal lavoro e chiamato

«sabato fascista».

1.2 La propaganda: come costruire il “volto nuovo” della nazione

La stampa è sottoposta ad un crescente controllo e subisce un processo di progressiva

Galeazzo Ciano, ministro per la Propaganda, il controllo della

fascistizzazione. Tuttavia per

stampa non era sufficiente in un Paese come l'Italia in cui i giornali sono poco diffusi e non

raggiungono le grandi masse popolari.

Nel maggio 1937 il ministero della Propaganda assume la nuova denominazione di

Ministero per la Cultura Popolare

(Minculpop): il termine "popolare"

sottolinea che l’attenzione del regime non è

rivolta agli intellettuali, abituali fruitori

della cultura tradizionale (teatro,

masse popolari.

letteratura, ecc), ma alle

Radio, cinema e arte diventano gli strumenti di una vera e propria rivoluzione culturale.

6 notiziari dell'Istituto

Le opere del regime sono esaltate con insistenza ossessiva dai

Luce Cinematografica Educativa),

(L’Unione precursori dei moderni telegiornali, che

obbligatoriamente

vengono proiettati nei cinema prima di ogni spettacolo: nuove strade,

interventi urbanistici, bonifica di terre malsane, ecc.

Con gli stessi strumenti si diffondono le notizie sportive: le realizzazioni del

regime in campo sportivo (costruzione di impianti, svolgimento di gare e saggi

ginnici, ecc) e i trionfi nello sport dei “nuovi Italiani” ottengono una enorme

popolarità. 7

1.3 L’Italia come “nazione sportiva”

L’Italia fascista è stata senz’altro il primo stato, insieme all’Unione Sovietica, ad aver

politica sportiva

organizzato una con lo scopo di trasformare gli Italiani in una nazione

l’uomo nuovo

sportiva: del fascismo sarebbe stato anche uno sportivo. palestre, “campi

Il primo passo fu la realizzazione di un’ampia serie di lavori pubblici:

littori” per la pratica sportiva di massa nelle piccole città, stadi nelle grandi città.

(Bologna),

Il "Littoriale" il "Berta" (Firenze) e il "Mussolini" (Torino) furono concepiti

come vetrine dello stile architettonico fascista.

Sopra: lo Stadio “Mussolini” a Torino.

A lato: il “Littoriale” a Bologna.

“Rito d'amore. La folla enorme

Nella didascalia:

accorsa al Littoriale per ammirare

la superba mole della statua del Duce

troneggiante dal piedistallo.” 8 primo

Mussolini stesso amava farsi ritrarre in pose atletiche, e si faceva definire “il

sportivo d’Italia”.

Da “Il popolo d’Italia”, 24 ottobre 1934:

“Il Duce è uomo di sport nel senso più elevato, perché la sua

vita fisica e morale meravigliosamente si armonizzano e si

completano. Il suo torso è possente, le braccia atletiche.

Sembra fatto per abbattere e stritolare; e su questo rigoglio

di muscoli e di nervi, su questa compattezza erculea si

ferma la nostra immaginazione, perché noi sentiamo che

nessuno può vincerlo, che nessuno può sostenere il

confronto: gigante fra i pigmei”.

Il “gigante tra i pigmei” raggiungeva a stento il metro e sessantasette, e la conformazione

fisica non era esattamente quella di un atleta.

Le più significative figure di sportivi in camicia nera furono il ‘gigante buono’ della boxe,

Primo Carnera Learco

(Pugilato), Luigi Beccali (medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1932),

Guerra (ciclismo), Tazio Nuvolari (automobilismo) e la nuotatrice bolognese Ondina Valla

(medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1936).

Il calcio, tuttavia, aveva il ruolo più importante. Prima delle partite, le squadre di

serie A si schieravano in fila per salutare i gerarchi seduti in tribuna d’onore degli stadi

italiani.

Erano già presenti fenomeni di corruzione e di violenze tra tifosi causate da un acceso

campanilismo cui il regime era contrario. Per questo, oltre che per il disprezzo per le

abitudini “mercenarie” dei calciatori, alcuni gerarchi tentarono di sostituire il calcio col

rugby, per farne il gioco fascista per eccellenza, praticato dai Gruppi universitari fascisti.

La passione degli italiani per il calcio era, tuttavia, impossibile da arginare. Piuttosto che

combatterlo, sembrò più utile assegnare al calcio l’obiettivo di contribuire al consenso e di

tenere alto il nome dell’Italia nelle competizioni internazionali.

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1.4 Il ruolo del calcio

Il rapporto privilegiato dell’Italia col pallone si consolida nel corso del ventennio fascista.

Anche il calcio entra a far parte del meccanismo propagandistico attraverso cui il regime

tenta di assicurarsi il consenso delle masse.

Il calcio, oltre che essere un'attività “ricreativa e sana”, rappresenta per il fascismo

un'occasione per mobilitare milioni di persone, per convogliare le passioni di diverse

generazioni, organizzandole ed educandole ai valori predicati dal regime.

I calciatori vengono scelti proprio perché rappresentano nel migliore dei modi l'ideale di

l'atleta sul campo era metafora

nuovo"

"uomo che il fascismo predicava in quegli anni:

del soldato in battaglia, che si sacrifica per l'onore e la gloria dell'intera squadra.

Compito dell'atleta era portare in alto il nome dell'Italia nel mondo attraverso la vittoria.

I calciatori diventano esemplari “testimonial” dei valori del regime per due motivi:

- la prestanza del loro aspetto fisico;

- l’inserimento in un gruppo, la squadra, possibilmente vincente.

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Giuseppe Meazza, giocatore dell’ "Ambrosiana" di

Milano (L’FC Internazionale dovette cambiare nome nel

Balilla”

1929) era detto “Il perché era l’idolo della stampa

di regime. Popolarissimo, ricco, bello, rappresentava per

gli italiani della Grande Depressione un sogno di ricchezza

tutti possono giocare al

trasversale, realizzabile, perché

calcio: nato povero, orfano di padre, conquistò il successo

nonostante un fisico non possente. Indossava soltanto

cappotti di cammello, mangiava nei ristoranti di lusso,

giocava a carte e a biliardo, amava le donne e frequentava

le case chiuse.

Il fascismo fece molto per il calcio, ritenendolo un linguaggio universale: diede al calcio

soldi, organizzazione, strutture, e ne venne ripagato, perché il mondo del calcio fu sempre

fedele al regime.

A livello internazionale, i successi del calcio italiano sulle formazioni estere contribuirono a

rafforzare il senso di identità nazionale e di “patria”.

Il culmine della politica sportiva del fascismo furono proprio le manifestazioni sportive

Mondiali di calcio Olimpiadi.

internazionali e, soprattutto, i e le

1928

Nel le Olimpiadi vengono organizzate ad Amsterdam. Agli atleti italiani viene imposto

dal regime l’utilizzo del “saluto romano” e la propaganda fascista mostra le immagini degli

atleti italiani sul podio con il braccio alzato. Queste Olimpiadi furono un primo banco di

prova dei progressi che il calcio italiano aveva raggiunto in pochi anni, anche se non

vennero raggiunti risultati soddisfacenti.

1932 Los Angeles.

Nel i Giochi Olimpici si svolgono negli Stati Uniti d’America, a

mass media

L’eco dei fu clamoroso. E’ l’Olimpiade delle immagini trasmesse in tutto il

mondo, come mai era accaduto prima, attraverso i giornali e i cinema.

11

Le Olimpiadi del 1932 furono molto importanti, in vista del consolidamento del ruolo

internazionale dell’Italia; gli atleti partecipanti furono considerati patrimonio della

nazione, ambasciatori d'Italia nel mondo. Le Olimpiadi si

palmarès

conclusero per l’Italia con un di tutto rispetto: il

secondo posto nel medagliere internazionale.

Mondiali di calcio del 1934,

I svoltisi in Italia,

rappresentarono un’ulteriore occasione sia per mostrare al

esibire le

mondo i progressi del calcio italiano, sia per

capacità organizzative del regime, organizzando alla perfezione la competizione.

Il punto più alto di questo tentativo fu la finale contro la Cecoslovacchia, coronata dalla

vittoria: venne giocata allo Stadio Olimpico davanti a 50.000 spettatori, preparati a cantare

inni fascisti sventolando fazzoletti sui quali era stampato il nome del Duce.

1.5 Le Olimpiadi di Berlino del 1936

Per gli ideologi del nazismo lo sport era un

formidabile mezzo di propaganda per

superiorità della razza

dimostrare la

ariana rispetto alle altre.

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Le Olimpiadi di Berlino del 1936 furono concepite per mostrare la superiorità degli atleti

tedeschi agli occhi del mondo.

Hitler ordinò la costruzione di un magnifico Villaggio Olimpico; la squadra tedesca si

preparò per mesi nella Foresta Nera con allenamenti durissimi.

Nella memoria storica collettiva, tuttavia, le Olimpiadi del 1936 sono legate

Jesse Owens,

indissolubilmente non al trionfo del Nazismo ma a sia per le sue imprese

sportive straordinarie, sia per aver costretto Hitler ad abbandonare lo stadio piuttosto che

premiare un atleta di colore.

Owens, un ventitreenne dell'Alabama, dominò su tutti, Tedeschi compresi, nelle gare

simbolo dei Giochi mostrando la falsità della tesi del Fuhrer sulla superiorità della razza

ariana. Trionfò nei 100 metri, nel salto in lungo (battendo di stretta misura un Tedesco),

nei 200 metri e nella staffetta 4x100.

L’Italia dominò nel calcio e nella scherma. La squadra olimpica di calcio non era formata dai

campioni del mondo in carica, ma era composta, come le avversarie, da studenti-calciatori,

perché il CIO vietava l’impiego di atleti professionisti.

L’Italia vinse in totale 22 medaglie, meno rispetto a Los Angeles, dove, però, erano assenti

gli atleti tedeschi.

Un risultato (quarta nel medagliere internazionale) di cui il Fascismo si gloriò.

L’esaltazione fu breve. Quelle di Berlino furono le ultime Olimpiadi disputate prima della

tragedia della seconda guerra mondiale: per le successive occorrerà aspettare 12 anni.

1.6 1936: THE “NAZI OLYMPICS”

ADOLF HITLER TRIED TO TURN

THE BERLIN GAMES INTO A

SHOWCASE FOR 'ARYAN

SUPERIORITY' 13

BUT A BLACK AMERICAN TRACK-AND-FIELD STAR

SPOILED HIS PARTY

by Courtney Potts

(The New York Times, May 9, 2011)

The 1936 Games are considered the beginning of the politicization of the modern Olympics.

To go or not to go? That was the dilemma facing the United States in 1936, when German

Chancellor Adolf Hitler hosted the Olympic Games in Berlin.

There were plenty of reasons to stay home. Hitler's theories about the genetic superiority of

blue-eyed, blond-haired "Aryans" were well known.

In short, Hitler's racist rhetoric and anti-semitic policies flew in the face of the spirit of the

Games. Would participating implicitly condone those ideas? Believing that the Games

should first and foremost be about athletics, the U.S. decided to attend.

Hitler wanted to prove his theories of Aryan supremacy to the world.

But by turning the Olympics into a two-week propaganda spectacle, he set the stage for one

the brilliant performance of black

of the most famous moments in Olympic history:

track-and-field star Jesse Owens, who became the first American to win four gold

medals in a single Olympiad— and shattered Hitler's Aryan dreams for the Games in the

process.

Seventy-five years later, the "Nazi Olympics" are remembered for Owens's remarkable feat

against the backdrop of the racial and political tension surrounding the Games, just three

years before Germany invaded Poland to start World War II.

The 1936 Games are considered the beginning of the politicization of the modern Olympics.

Hitler spared no expense to impress the 150,000 foreign visitors who attended. He ordered

all anti-Semitic signs—like those proclaiming "Jews are unwanted here"—to be removed

during the Games. 14 His efforts were, by most accounts,

successful. Visitors left with the

impression that Germany was

prosperous, well run, and

hospitable. (..)

The biggest star of the Games turned out to be Owens, the son of a sharecropper and the

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