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Inglese - Walter Scott: Ivanhoe e il medievalismo inglese
Latino - Decimo Giunio Giovenale: le satire, campagna VS città
In questo modo Gauguin dimostra un certo interesse per l’arte orientale che
compare anche nel dipinto “La Belle Angèle”.
La Belle Angèle Paul Gauguin,
La belle Angèle,
1889, olio su tela,
92x73 cm
In questa tela compare ancora il soggetto della contadina bretone, che però,
rispetto ad altre opere, è raffigurato con abiti raffinati. L’impostazione del dipinto è
molto originale: la ragazza, infatti, rappresentata all’interno del cerchio dorato,
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appare isolata rispetto al resto della composizione. L’utilizzo del medaglione e lo
sfondo floreale sono due tecniche impiegate spesso nelle stampe giapponesi, a cui
il pittore si ispira anche in questa occasione. Sul comodino, inoltre, è presente una
statuetta non appartenente alla tradizione cristiana, a segnalare anch’essa una
commistione fra mondo orientale e medioevale.
L’esotismo
Nonostante la popolazione della Bretagna viva lontano dalla società utilitaristica,
improntata al guadagno del mondo parigino, Gauguin ritiene di non aver trovato in
quella regione la civiltà primitiva che cerca e vuole andare alla scoperta di un
ambiente ancora più puro, e selvaggio.
Il grande fascino per l’estremo oriente di Gauguin lo spinge a partire varie volte
verso la Polinesia Francese, a cominciare da Tahiti, dove giunge nel 1891. Nel 1895
compie un secondo viaggio, fermandosi prima a Tahiti e poi nelle isole Marchesi.
Da dove veniamo? Chi Siamo? Dove andiamo?
Poco prima di morire, Gauguin dipinge questa tela che è considerata il suo
testamento spirituale.
In seguito alla fuga nell’estremo Oriente, l’artista continua la sua sperimentazione
di un nuovo modo di dipingere, caratterizzato dall’uso espressivo di linee e colori e
dall’utilizzo di soggetti simbolici. L’opera sottostante rappresenta i diversi momenti
della vita umana, dalla nascita (a destra) alla vecchiaia (a sinistra), e ricrea il
legame uomo-natura. L’artista “tenta di esprimere, in una forma libera e originale,
quel senso sacrale della natura e del primitivo che la decadente civiltà occidentale
Da dove veniamo? Chi Siamo? Dove andiamo?,
Paul Gauguin, 1897-1898, olio su
tela, 141x376cm 3
ha, secondo Gauguin, perduto per sempre.”
3 Letteratura Terzo Millennio. Temi, generi e opere della civiltà italiana ed europea ,
Edizione Rossa, volume 2, Il Settecento e l’Ottocento , Marina Polacco, Pier Paolo 13
Al centro, a separare nettamente in due parti la tela, compare una figura maschile
rappresentata nell’atto di cogliere un frutto. I colori del suo corpo, più di quelli
delle donne, sono chiari, vitali, con tocchi di arancione sul petto e sulle gambe. Il
gesto è rappresentato come un’azione rituale, dotata di profondo valore religioso,
che conferisce un’aurea di sacralità alla composizione. Partecipano alla creazione
di tale atmosfera anche le due donne dipinte di rosso sullo sfondo, che sembrano
provenire da un altro mondo, e l’idolo blu con le braccia levate.
Nell’armonia che si crea fra ambiente ed esseri viventi, le figure, che convivono in
uno stesso spazio, sembrano esistere in tempi diversi. La resa spazio-temporale, la
mescolanza di elementi sia realistici sia fantastici e l’utilizzo di una luce e di colori
innaturali rendono bene la ricerca di una grande libertà espressiva. I colori,
aderendo ai principi della sinestesia, sono utilizzati “per comunicare le sensazioni
musicali che fluiscono dalla sua natura, dalla sua forza interiore, misteriosa,
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enigmatica” , come Gauguin stesso ci rivela.
L’artista muore nel 1903, dopo aver realizzato il quadro più grande e significativo
della sua vita.
In realtà neanche in luoghi così lontani è riuscito a trovare l’ambiente vergine e
incorrotto che sognava perché i costumi delle popolazioni indigene erano stati
guastati dai colonizzatori.
Come il protagonista di Woody Allen, Gauguin tenta una fuga nello spazio
dall’insoddisfacente presente; ma, mentre Gil giunge ad accettare di vivere nella
realtà a lui contemporanea, lo stesso non accade per Gauguin, nonostante la
delusione sperimentata nel tentativo di realizzare il sogno di un ritorno a un
passato primordiale.
Walter Scott
L’ambizione di un ritorno a un'epoca passata è
un tratto tipico anche del Romanticismo. Il
movimento artistico letterario attraversa tutto
l'Ottocento e Sir Walter Scott ne è uno dei
maggiori esponenti. Egli nasce a Edimburgo
nel 1771, nel 1792 si laurea in giurisprudenza
per poi lavorare come cancelliere presso la
corte suprema di Edimburgo fino al 1806.
Nel 1804 diventa comproprietario di una
società tipografica che però fallisce nel 1813;
in seguito a quest’evento, si dedica
maggiormente alla composizione di opere
Eramo, Francesco De Rosa, Loescher Editore, Torino 2012
4 ibidem 14
Waverley.
letterarie, per necessità economica, e nel 1814 pubblica Dopo una
prolifica produzione letteraria muore nel 1832.
Egli ha introdotto un’importante novità letteraria: il genere del romanzo storico. La
grande passione per la storia ha influenzato molto la sua attività letteraria. Fin dai
suoi primi romanzi, ha utilizzato gli eventi storici soprattutto per trasmettere le
Ritratto di Walter
Henry Raeburn, tradizioni delle popolazioni locali soffermandosi anche
Scott, sull’economia e le divisioni politiche dei popoli. Ad
1822, olio su tela,76x63 cm Waverly
esempio, nel romanzo descrive gli usi e
costumi che caratterizzano la cultura scozzese.
Ivanhoe
Ivanhoe (1819) è il romanzo con cui l’autore raggiunge maggiore successo. L’opera
segna un importante cambiamento nella sua produzione letteraria. Infatti, i
romanzi precedenti erano ambientati nella Scozia del XVII e XVIII secolo e, come
l’autore stesso scrive nella prefazione del romanzo, con l’opera intende avviare un
rinnovamento della sua produzione letteraria. Allo scopo, egli ambienta la vicenda
in un’altra epoca, nel XII secolo, durante il regno di Riccardo I, e in un altro Stato,
l’Inghilterra. Come il titolo stesso suggerisce, la vicenda narra le gesta di Wilfred di
Ivanhoe, un sassone, il cui padre, Cedric di Rotherwood è un acceso patriota.
Infatti egli disereda il figlio quando, invece di impegnarsi per la rinascita della
nazione sassone, decide di partire per la Terza Crociata a seguito del re normanno
Riccardo I d'Inghilterra. Il romanzo, inoltre, intreccia alla vicenda di guerra la storia
d’amore fra Ivanhoe e Rowena che si conclude con le nozze dei due.
Walter Scott e il medievalismo inglese
Ivanhoe rientra in quel fenomeno culturale che, con il nome di medievalismo, si
diffonde in tutto l’Ottocento in Europa. Con tale termine, nel campo della
letteratura, si indicano la rivisitazione e la rappresentazione del mondo medioevale
di cui poeti, romanzieri e drammaturghi vagheggiano, esaltandone gli ideali. In
Inghilterra, il fenomeno è legato alla presenza della borghesia come classe
emergente che ritrova appunto nel Medioevo le proprie origini. I letterati
d’ispirazione romantica, come Walter Scott, studiano il passato del proprio popolo
alla ricerca delle tradizioni e dell’identità etnica e linguistica nazionale; infatti,
quest’epoca rappresenta il punto di avvio dei principi di nazionalità e il momento
della formazione degli usi e dei costumi di vari popoli europei. Ciò spiega
l’esaltazione di quest’epoca da parte dell’autore che vede nel Medioevo il luogo
della purezza originaria, non ancora corrotto dal forte utilitarismo, pragmatismo e
opportunismo politico che caratterizzano la sua epoca. Sir Walter Scott prova un
sentimento di nostalgia per l’epoca cavalleresca di cui rimpiange il nobile coraggio,
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le azioni altruistiche e il comportamento dignitoso degli uomini. Il protagonista,
Ivanhoe, incarna infatti il perfetto cavaliere medioevale: coraggioso in battaglia,
fedele al re e alla donna amata. Un passo in
particolare, tratto dal capitolo XXIX, mette in
luce i valori della cavalleria vagheggiati da
Walter Scott.
L’assalto al
castello di
Torquilstone
Nei capitoli XXVIII e XXIX è raccontato
l’assalto di Locksley e i suoi uomini, tra cui il
Cavaliere Nero, al castello di Torquilstone per
liberare Isaac, Rebecca e Ivanhoe, rapiti
assieme al padre Cedric e al suo amico
Athelstanev con la fidanzata Rowena.
Isaac, Rebecca e Ivanhoe hanno subito
un’imboscata mentre si dirigevano a York. Il protagonista si trovava in loro
compagnia perché aveva ricevuto le cure di Rebecca dopo essere stato ferito nel
torneo di Ashby-de-la-Zouche. Durante l’evento, descritto nei primi capitoli,
Ivanhoe aveva salvato la vita di Isaac, padre di Rebecca, che nel frattempo si è
innamorata di lui.
Durante l’assalto poiché nessuno è più di guardia, essendo stati mandati tutti sui
bastioni, Rebecca si può recare da Ivanhoe e i due intrattengono una
conversazione. La battaglia imperversa, ormai, e Rebecca si siede vicino alla
finestra per raccontare all’eroe quello che accade. In particolare, si sofferma sulle
eroiche e travolgenti gesta del Cavaliere Nero (che si
Ivanhoe,
Francesco Hayez, 1828, scoprirà in seguito essere il legittimo re d’Inghilterra,
litografia, 5,6x4,1 cm Riccardo Cuor di Leone, di ritorno in incognito dalla
terza crociata). Venendo a conoscenza del fatto che degli uomini, poco lontano,
combattono così valorosamente e coraggiosamente Ivanhoe rimpiange di non
poter essere fra loro. Rebecca non capisce la sua brama d’azione: essendo ferito,
secondo lei dovrebbe pensare solo alla guarigione.
“Rebecca”, “tu non puoi sapere come sia impossibile per chi è stato
egli risponde
educato nella pratica cavalleresca il restar passivo come un prete o una donna
quando intorno a lui si compiono azioni gloriose. L’amore della battaglia è il nostro
pane, la polvere della mêlèe è il nostro respiro! Noi non viviamo, non vogliamo
vivere se non finché si può essere vittoriosi e celebrati. Sono queste, fanciulla, le
leggi della cavalleria che noi abbiamo giurato e alle quali offriamo tutto ciò che ci
16
è caro” 5
.
Rebecca non condivide il pensiero di Ivanhoe perché pensa che una volta morti
l’ambizione della gloria, la fatica e il dolore saranno stati vani. Ma l’eroe ribatte che
tutti i sacrifici gli conferiranno una gloria e una memoria eterna: quanto di più alto
a cui i cavalieri possano ambire. Secondo Rebecca queste non sono ricompense
sufficienti per il sacrificio di ogni affetto e per una vita