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Sintesi
Italiano: G. Verga, Rosso Malpelo

Storia: II Rivoluzione industriale

Discipline turistiche, geografia, diritto: Sfruttamento minorile

Inglese: Charles Dickens "Oliver Twist"

Arte: Pelizza da Volpedo, Il Quarto Stato
Estratto del documento

La Rivoluzione

II

Industriale

Le piccole industrie falliscono

e nascono gigantesche

imprese

Per tutto l’Ottocento le fabbriche dei Paesi industrializzati avevano

prodotto a ritmi elevati al punto che verso la fine del secolo iniziarono ad

accumularsi grandi quantità di merci non vendute.

La concorrenza tra imprese rivali si fece

più accanita e le aziende più piccole e

meno organizzate fallirono e furono

rilevate a prezzi bassissimi dalle

imprese maggiori, che divennero

gigantesche. Queste arrivavano a

controllare interi settori produttivi,

dall’acquisto delle materie prime fino

alla vendita dei prodotti. I nuovi colossi

industriali crearono delle coalizioni di

imprese -cosiddetti cartelli - per battere

la concorrenza, il nome TRUST = fiducia.

Per realizzare questi cambiamenti

furono necessari enormi risorse

economiche, da lì anche le banche

iniziarono a prestare i capitali necessari,

perciò tra l’industria e la finanza

s’instaurò un legame molto stretto.

Nel 1914 i trust producevano e

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vendevano in ogni parte del mondo e controllavano i settori di

interi paesi. In quelle condizioni la libera concorrenza tra piccole

imprese, che aveva caratterizzato la prima Rivoluzione industriale,

tramontò.

Il modo di produrre cambia:

nasce la catena di montaggio

I colossi industriali rivoluzionarono anche il modo di produrre e iniziarono

ad applicare “l’organizzazione scientifica del lavoro”, teorizzata

dall’ingegnere americano Frederick Winslow

Taylor nei primi anni del Novecento. Il

“taylorismo” proponeva di scomporre ogni

mansione operaia divisa in tante operazioni

semplici, in modo che i lavoratori potessero

svolgerle in modo più veloce ed efficace. La

suddivisione del lavoro in minioperazioni e le

ripetizioni degli stessi gesti portò alla

dequalificazione del lavoro operaio; a parità

di tempo, il numero dei pezzi aumentavano, i

costi diminuivano e i profitti crescevano.

Così nel 1913 Henry Ford costruì nelle sue fabbriche di auto la prima

catena di montaggio per la produzione in serie, consistente in un nastro

mobile che trasportava i pezzi da assemblare. Gli operai restavano fermi

lungo il percorso e ognuno aveva pochi secondi per compiere una sola

operazione senza interrompere il ritmo della catena, era perciò un lavoro

durissimo, durava 8-10 ore al giorno permettendo di produrre tanti beni

con caratteristiche uguali, in modo da soddisfare i bisogni di quella che

stava diventando la società di massa.

L ‘industria stimola

l’innovazione tecnologica

Blackett Leyana Ursula 8

I grandi colossi industriali vivevano un processo di

crescita e gli imprenditori avevano bisogno di

innovazioni tecnologiche. Stimolarono quindi la ricerca

scientifica che non si limitò più a produrre qualche

invenzione occasionale, frutto di qualche tecnico

ingegnoso com’era stato nel primo Ottocento. Al

contrario, la seconda Rivoluzione industriale fu l’epoca

degli inventori e del progetto tecnologico. Nei paesi

industriali si fondarono nuove scuole tecniche e gli

ingegneri si guadagnarono una grande stima.

La civiltà dell’elettricità

Un passo avanti fu compiuto con l’introduzione di due nuove fonti di

energia, l’elettricità e il petrolio, che fornirono la forza necessaria per

muovere le catene di montaggio nelle fabbriche e cambiarono la vita di

milioni di persone. Nel 1879 l’americano Thomas Edison inventò e

accese la prima lampadina. Così il giorno e la notte si

confusero; i ritmi della vita, da sempre scanditi dalla

luce del sole, vennero sconvolti; il buio scomparve

dalle strade della città, però al primo guasto la notte

ripiombava, perché gli elettricisti erano molto rari.

L’elettricità rivoluzionò la vita delle persone e delle

città e i tram cominciarono a sferragliare sulle rotaie

cittadine. Nel frattempo a Londra, Berlino e Parigi

comparvero le prime metropolitane. Le

“underground” furono i primi mezzi di trasporto

urbano a disposizione di tutti i cittadini. Alla base di

questi risultati ci furono studio e lavoro di molti anni.

Nel 1860 Antonio Pacinotti inventò la dinamo per produrre elettricità. Nel

1880 Edison costruì la prima centrale elettrica che sfruttava la forza delle

cascate del Niagara. Grazie all’elettricità paesi come l’Italia, poveri di

carbone ma ricchi di fiumi, ebbero l’energia sufficiente per avviare il

proprio sviluppo industriale.

I nuovi materiali: l’acciaio, il

“metallo perfetto”

Le grandi imprese non utilizzarono solo

nuove fonti di energia, avevano bisogno

anche di nuovi materiali. Una straordinaria

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opportunità venne offerta dall’invenzione di procedimenti innovativi per

produrre su larga scala l’acciaio, il “metallo perfetto”.

Questo metallo nasceva dalla fusione, all’interno di grandi forni verticali

detti altiforni, del ferro con una certa quantità di carbonio. Si rivelò subito

robusto, elastico, leggero e, in breve tempo, economico. Sostituì il ferro

nelle rotaie dei treni, perché più resistente agli sbalzi di temperatura.

Fornì strutture leggere per sostenere edifici altissimi come i grattacieli e

lunghissimi ponti. Fu usato per costruire le favolose navi da crociera, per

rinforzare navi da guerra, dette corazzate, e persino per fabbricare

utensili domestici, come le pentole e le posate.

Blackett Leyana Ursula 10

La chimica viene applicata

all’industria tessile,

alimentare e farmaceutica

All’inizio del Novecento apparvero i primi tessuti artificiali derivati dalla

cellulosa e coloranti artificiali a base di anilina. Si cominciò a tingere le

stoffe e gli abiti di colori brillanti e disegni sgargianti che trasformarono il

modo di vestire e il gusto delle persone. La chimica rivoluzionò anche

l’industria alimentare. Pasteur sviluppò la tecnica di conservazione dei

cibi e la pastorizzazione che consente di eliminare i batteri. Questo

permise il trasporto dei cibi lontano dai luoghi di produzione.

Ciò favorì la nascita di nuovi mercati con possibilità di guadagno per

produttori e distributori e si ridussero le carestie, visto che ovunque

potevano giungere cibi prodotti in altre località. Per esempio, la dieta di

inglesi, russi e tedeschi si arricchì di frutta e verdure del Mediterraneo. La

chimica fece decollare anche l’industria farmaceutica e nacquero colossi

come la tedesca Bayer, fondata nel 1863, e la belga Solvay.

Apparvero anche nuovi medicinali: i vaccini contro le malattie infettive,

l’aspirina per combattere l’influenza e alcuni disturbi del cuore, i

disinfettanti per pulire le ferite e l’etere, di cui si scoprì inoltre l’effetto

anestetico.

Medici e biologi furono protagonisti del grande sforzo per alleviare le

sofferenze umane con la prevenzione e con la cura delle malattie.

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Tutti viaggiano, tutto si

muove: l’industria dei

trasporti e delle

comunicazioni

In un periodo di grande effervescenza, le

comunicazioni e i trasporti divennero

mondiali. Le parole iniziarono a correre da

una sponda all’altra dell’Atlantico grazie

al telegrafo senza fili, inventato da

Guglielmo Marconi nel 1901. Grandi navi

di linea collegavano l’Europa con

l’America, ma non sempre tutto andò

bene.

Nel 1912, durante il viaggio inaugurale, il

transatlantico Titanic, l’albergo galleggiante

soprannominato “l’inaffondabile”, colò a picco

dopo aver colpito un iceberg. I treni affrontarono

viaggi mai tentati, grazie ai nuovi e confortevoli

vagoni-ristorante e alle carrozze-letto.

Comunicazioni

Collegamenti telegrafici, rotte navali e linee

ferroviarie intensificarono i legami tra i

continenti e il viaggio divenne un fenomeno

di massa, una bella avventura turistica o una

triste migrazione. Le comunicazioni furono il

cuore della seconda Rivoluzione industriale

ma crebbero soprattutto in direzione est-

ovest tra Europa, Asia e America del Nord,

molto meno tra questi continenti e l’Africa o il

Sud del mondo. Blackett Leyana Ursula 13

Dalla Rivoluzione industriale

I

alla Rivoluzione industriale

II I II

Rivoluzione Rivoluzione

industriale industriale

Scoperte e

invenzioni

Fonti di energia:

vapore Fonte di

energia:

petrolio,

elettricità

Nuove industrie:

tessili

Industrie: meccaniche

prevalentement chimiche

e tessili siderurgiche

banche

Grandi

imprese:

Piccole trust, cartelli,

industrie: a monopoli

conduzione

familiare Blackett Leyana Ursula 14

Il quarto stato

Pellizza Da

Volpedo

Blackett Leyana Ursula 15

Pellizza Da Volpedo

Giuseppe Pellizza da Volpedo (1868-1907)

nasce ad Alessandria da un'agiata famiglia di

proprietari terrieri; la sua formazione artistica

si compie prima presso l'Accademia di Brera,

poi alla Scuola di Belle Arti di Roma e Firenze,

infine presso l'Accademia Carrara di

Bergamo.

Frutto di questa sua educazione è il gusto per

ritratti e nature morte, per la

caratterizzazione sociale e l'introspezione

psicologica. L'ammirazione per le opere di

Segantini, Previati, Morbelli e in seguito

l'influenza di Nomellini lo spingono a

sperimentare la nuova tecnica divisionista

(analoga al pointillisme francese, consiste

nell'accostare sulla tela tocchi di colore puro,

talora piccoli come punti).

A partire dal 1895, si ritira a lavorare a

Volpedo, a diretto contatto con la natura: nei lavori di questi anni si

evidenzia una vena simbolista. Nel 1902 presenta alla Quadriennale di

"Il Quarto Stato":

Torino l'insuccesso del quadro chiude la fase sociale

dell'artista, che da quel momento si dedica in prevalenza alla pittura

di paesaggio, senza però trascurare la dimensione umana. Nel 1907 si

toglie la vita in un momento di grande sconforto, aggravato dalla

morte improvvisa della moglie.

Blackett Leyana Ursula 16

L'Opera

Il Quarto Stato rappresenta una marcia di lavoratori in sciopero; due

uomini e una donna con un bambino in braccio precedono il fronte

compatto dei loro compagni. Si tratta di contadini, ma Pellizza non

volle caratterizzarli ponendo loro in mano degli attrezzi agricoli, come

era avvenuto in Ambasciatori della fame e in uno studio a matita per

Fiumana. Rispetto alle due versioni precedenti sono scomparse anche

le pur labili notazioni paesistiche (un muretto e delle case): in altre

parole il pittore aveva eliminato il superfluo. La stessa essenzialità la

si ritrova nei personaggi; nessun gesto scomposto o violento, nessun

atteggiamento che non sia dignitoso: gli scioperanti avanzano a passo

sicuro, fiduciosi solo nei loro diritti.

Pellizza evita dunque sia la descrizione compiaciuta delle miserie, sia

l'enfasi trionfalistica. Per quanto riguarda la tecnica pittorica, Il Quarto

Stato, è un opera del divisionismo, e della specie più rigorosa; Pellizza

evita le filettature di Previati e di Segantini e applica un puntinismo in

grado di indirizzare gli artisti verso il divisionismo, dando alle figure

avanzanti una particolare saldezza e luminosità. Lo sfondo, invece,

nella parte alta della tela, presenta dei toni cupi con una prevalenza di

verde e blu.

Una certa idealizzazione è presente, seppure in grado molto ridotto: la

rintracciamo nel ritmo quasi solenne con cui i lavoratori incedono,

nella misura austera dei gesti, nell'accenno a un ritmo avvitato nella

madre col bambino. Le figure sono così equilibrate e disposte con cura

nella composizione da ricordare la pittura del Rinascimento,

particolarmente amata da Pellizza.

Il Quarto Stato venne presentato alla Quadriennale torinese del 1902

(anno che vide una repressione particolarmente violenta di uno

sciopero, proprio a Torino, e in cui Giolitti, Ministro degli Interni, diede

il via alla neutralità nei conflitti tra padronato e braccianti) e

amareggiò l'autore per la mancata premiazione. L'opera venne anzi

criticata sia sul piano del contenuto (ritenuto inefficace e poco capace

di propagandare il suo messaggio) che della forma (soprattutto per la

mancanza di movimento).

Il Quarto Stato conobbe comunque un grande successo negli anni

immediatamente successivi, quando venne diffuso in innumerevoli

riproduzioni dalla stampa socialista, e si prestò a esprimere nel modo

più immediato e universale la volontà di riscossa delle classi popolari.

Il quarto stato: Manifesto

della cultura sociale

Blackett Leyana Ursula 17

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