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Collegamenti
Segreti della risata,tesina
Biologia - L'anatomia della risata + Gli effetti positivi della risata sull'organismo + La gelotologia e la clown-terapia
Scienze umane - La comunicazione non verbale + Lo sviluppo del sorriso nel bambino
Filosofia - Bergson, "Le rire" + Freud, "Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio"
Letteratura italiana - Pirandello, "L'umorismo"
Il MOTTO DI SPIRITO E LA SUA RELAZIONE CON
L’INCOSCIO DI SIGMUND FREUD
Un autore che ci ha aiutato tantissimo a capire i
meccanismi alla base dell’umorismo e, più in generale,
del comico, è certamente Sigmund Freud, neurologo e
psicoanalista austriaco, fondatore della psicoanalisi,
nato a Freiberg nel 1856 e morto a Londra nel 1939. Il
Il motto di spirito e la sua
grande psicanalista pubblicò
relazione con l’inconscio nel 1905, ma la sua
elaborazione cominciò già dal 1897, inaugurando così
una nuova stagione di studi e ricerche intorno a tale tema.
Per “motto di spirito” si intende una frase, una battuta o un breve racconto che serve
ad esprimere, in maniera mascherata, e quindi accettabile, ciò che altrimenti sarebbe
male accolto o sconveniente e provoca una risata. Venivano distinte le ‘battute
innocenti’, il cui piacere proveniva solo dalla tecnica, e quelle “tendenziose”, i cui
motivi principali erano o l’aggressività o l’oscenità, o entrambe.
Freud sostiene che ridiamo per un dispendio eccessivo di energia, ovvero di azioni o
gesti fatti in eccesso; nel momento in cui si osserva qualcuno che compie un'azione
inopportuna, la reazione sarà una risata e questa risposta sarà a seguito del paragone
che, inconsciamente, il soggetto che osserva l’azione ha fatto tra ciò che osserva
nell'altra persona e ciò che egli avrebbe fatto nella stessa occasione.
Freud analizza il motto di spirito partendo dalla considerazione che esso si ritrova nel
linguaggio quotidiano e, secondo Freud, il linguaggio segue il funzionamento
dell’apparato psichico.
Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio
La tesi sostenuta da è che l'autore
di un motto di spirito formuli un'idea attraverso il codice linguistico dei processi
primari, ossia attraverso la modalità di pensiero tipica dell’infanzia che caratterizza il
linguaggio dell’ inconscio, mediante una parziale regressione; tale idea viene poi
espressa palesemente attraverso il linguaggio verbale naturale, che Freud classifica
come processo secondario, o cosciente. Dall'altra parte, l'ascoltatore opera il
processo inverso di decodifica: dall'immagine verbale egli "scende",
inconsapevolmente o automaticamente, al suo contenuto primario o inconscio. 15
Freud dichiara che il motto provoca nell’ascoltatore una sensazione di piacere: essa
soddisfa una pulsione, aggressiva o sessuale, a dispetto di un ostacolo, generando
piacere da una fonte prima inaccessibile, e resa appunto accessibile dal motto. Freud
sostiene che per potere apprezzare un motto di spirito, occorre che ci sia sintonia tra
chi conia il motto, chi lo racconta, anche se le due persone possono anche coincidere,
e, infine, chi ascolta; condizione fondamentale è l’appartenenza allo stesso mondo
culturale e una buona conoscenza della stessa lingua.
Inoltre Freud ipotizza di collocare il carattere del comico in un risveglio
dell'infantilità, cioè egli considera il comico come il recupero del “ riso perduto
dell'infanzia”.
Nell'ottica freudiana lo spirito innocente proprio del bambino lo accompagna anche
nell'età adulta, dove egli, per riuscire ad appagare gli istinti aggressivi e sessuali,
ritorna all'infanzia e ai giochi infantili, ovvero a quel periodo in cui le inibizioni non
hanno ancora messo troppe radici.
Colui che crea un motto di spirito non fa altro che ritornare momentaneamente
all'attività mentale del periodo infantile e ciò è deducibile dal fatto che per eccellenza
l'età infantile è l'età in cui il principio di piacere ha la meglio sul principio di realtà.
Crescendo le regole morali e sociali, fanno in modo che il principio di realtà costringa
l'uomo a compiere azioni socialmente accettabili, inibendone molte altre, ma
attraverso il motto di spirito, queste azioni possono essere camuffate attraverso delle
semplici battute, riuscendo cosi a sprigionare l'energia psichica per troppo tempo
rimasta intrappolata perche inibita.
Per Freud l’inconscio umano risulta conoscibile esclusivamente in quanto si
manifesta come linguaggio, o meglio, come pluralità di linguaggi: sono linguaggi il
sogno, il lapsus, il sintomo nevrotico e il motto di spirito. Il linguaggio, quindi è
portatore di un’intenzione che è legata al desiderio inconscio; Freud definisce ciò
teoria onirica generale del linguaggio. In ogni comunicazione, quindi, esiste un
margine “interpretabile” che deve condurci alle intenzioni inconsce.
Freud , inoltre, mette in relazione il motto di spirito con il sogno, trovando
interessanti rapporti: innanzitutto nell’inconscio, il lavoro onirico prepara il sogno,
così come nell’inconscio ha origine il motto.
Per analizzare un motto di spirito, come per i sogni, ma anche per i sintomi, occorre
risalire dal contenuto manifesto al contenuto latente: questo itinerario fa del motto di
spirito una via d’accesso per l’inconscio.
Le tecniche della condensazione, dello spostamento e della rappresentazione di un
intero mediante una sua parte, valide per il lavoro onirico, sono valide anche per il
motto di spirito; questo avviene perché, secondo Freud , sia il motto di spirito, sia il
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sogno, rappresentano un modo in cui il pensiero si immerge nell’inconscio per
impossessarsi di nuovo dell’antica fonte di piacere.
Un elemento di diversità tra motto di spirito e sogno
consiste nell’atteggiamento sociale: il sogno è un
prodotto psichico del tutto asociale, perché è un fatto
privato, e come tale raggiunge il suo scopo di
appagare i desideri inconsci rimossi dal sognatore,
mentre il motto di spirito è la più sociale di tutte le
funzioni psichiche che mirano al profitto di piacere.
Un’altra differenza fra sogni e motti di spirito è che,
mentre i sogni esprimono un appagamento di
desiderio, i motti di spirito soddisfano il piacere di
giocare; inoltre, mentre i sogni rappresentano una
regressione dal livello del linguaggio al pensiero per
immagini, nei motti di spirito la regressione è dal linguaggio logico al linguaggio del
gioco, in quanto si tratta di giochi di parole.
L’UMORISMO DI LUIGI PIRANDELLO
Luigi Pirandello, artista siciliano, nato a Girgenti, l’attuale Agrigento, nel 1867 e
morto a Roma nel 1936, fu una delle figure più significative del panorama della
letteratura europea del Novecento che diede vita ad un'ampia produzione letteraria
che comprende opere di teatro, racconti e romanzi; egli, oltre ad essere un letterato,
fu anche un saggista che approfondì con gli strumenti della critica e della riflessione
filosofica alcuni temi della sua opera letteraria. L'umorismo,
Di questa produzione saggistica fa parte l’opera un saggio pubblicato
nel 1908 che raccoglie parzialmente le lezioni tenute da Pirandello all'Istituto
Superiore di Magistero di Roma e che si divide in due parti ben distinte, di cui una di
carattere storico-letterario, in cui l’autore analizza varie manifestazioni dell’arte
umoristica e l'altra di natura filosofica-teorica, in cui egli definisce il concetto stesso
di umorismo. Pirandello è convinto che vi sia un’essenza dell'umorismo e che debba
essere indagata nei termini psicologici suggeriti dalla cultura positivistica.
Pirandello, in particolare, presso l’Università di Magistero, fece un corso riguardo la
distinzione fra comico e umoristico in qualità di critico letterario, poiché in
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letteratura italiana l’uso di umorismo, ironia e comicità era stato frequente, in
particolare da Ariosto in poi, ma la distinzione fra questi concetti non risultava chiara
e per spiegarla utilizza un celebre esempio che ha come protagonista un’anziana
signora imbellettata; bisogna tenere presente che all’epoca le anziane signore non si
tingevano i capelli e si vestivano in modo adeguato alla loro età.
Il saggio è posteriore a quello di Bergson da cui risulta parzialmente influenzato, ma
la distinzione attuata da Pirandello fra il comico e l’umoristico rende la sua opera
originale.
Per Pirandello, la comicità sorge dalla constatazione dell'inadeguatezza di un
comportamento, di un modo di dire o di un gesto; per spiegare tale concetto egli
afferma che sia sufficiente la visione di una donna anziana truccata vistosamente con
i capelli tinti, quasi a suggerire l'immagine di una giovinezza ormai inesorabilmente
passata, per suscitare lo spirito critico dell’osservatore e un’ immediata risata
liberatoria spontanea.
La comicità nasce, dunque, dall'”avvertimento del contrario,” che consiste nel
rendersi conto che la realtà che si propone ai nostri occhi è l’opposto di quello che
noi ci aspettiamo, in quanto si sovverte l’ordine normale delle cose; in questo caso,
infatti, la signora è il contrario di ciò che un’anziana signora dovrebbe essere e, in
questa intuizione della contraddizione vi è l’influenza delle teorie di Bergson.
Dalla comicità passiamo tuttavia all'umorismo quando il contrasto non è più soltanto
avvertito, ma è colto in tutta la pienezza del suo significato. Tornando all’esempio
della vecchia che si maschera da giovane, nel caso in cui si venga a conoscenza del
fatto che la signora anziana si comporta in quel modo perché ha un marito giovane e
si vuole adattare a lui, trattenendone l’amore, ma soffrendo di tale situazione, il riso
sarà accompagnato da una riflessione che mostra, non solo come sia ridicolo chi non
sa accettare il trascorrere del tempo, ma porta anche a scoprire che è un
comportamento diffuso fra gli esseri umani quello di esorcizzare la vecchiaia e la
morte e così, si avranno un sorriso amaro o una risata leggera. Si continua ad
avvertire il contrario che fa ridere, ma ora se ne avvertono anche le ragioni e si
impara a scorgere nell'inadeguatezza comica una contraddizione insita nella stessa
natura umana, in quanto si scopre una comunanza che la comicità aveva negato,
passando a provare un “sentimento del contrario”. Nell'umorismo c'è il senso di un
comune sentimento della fragilità umana da cui nasce un compatimento per le
debolezze altrui che sono anche le proprie, dovuto ad un’elaborazione razionale e
successiva del comico; l'umorismo è meno spietato del comico che giudica in maniera
immediata. 18
L'umorismo, secondo Pirandello, ha origine nella comicità poiché è un superamento
del comico attraverso il comico; il riso u