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Sintesi
Latino: Petronio (Satyricon)

Storia: l'omocausto

Inglese: Oscar Wilde

Storia dell'Arte: Gustave Courbet; Diego Perez
Estratto del documento

Il primo sbaglio dell'omofobo è quello di vedere l'omosessualità da un punto di vista esclusivamente

sessuale. Ciò che non si capisce è che gli omosessuali provano verso il loro compagno affetto e

amore che porta a desiderare di stare insieme per la vita, di aiutarsi reciprocamente. Guarda caso

proprio come nelle coppie etero. Inoltre, si accusa gli omosessuali di essere promiscui.

Questo tipo di omofobia è la conseguenza di una società che non accetta l’omosessualità. Per

esempio, se dovessimo accendere la televisione, strumento di massa, non troveremmo di certo un

film a tematica omosessuale. La nostra vita quotidiana è, infatti, basata sulla visione di coppie etero

sia su carta stampata che nel piccolo schermo.

Quello che però sfugge ai più è il fatto che gli spettacoli che ci vengono proposti non sono altro che

satire della realtà quotidiana. Proprio come fece Petronio Arbitro, nel primo secolo dopo Cristo con

il suo Satyricon.

Un passo duro da fare per gli omosessuali è, inoltre, quello del dichiararsi alla propria famiglia che,

com’è normale vista la società in cui viviamo, la maggior parte delle volte non accetta

l’orientamento sessuale del proprio figlio e tende a tagliarlo fuori dal nucleo familiare. Questo

successe infatti al compagno di Oscar Wilde. Il padre di questo infatti, furioso per il rapporto che il

figlio aveva con Wilde, fece di tutto per far finire la loro storia tanto che Oscar finì in carcere per

atti contro la morale comune.

Ma, senza che si vada lontano negli anni, l’omofobia si fece vedere nella sua forma più devastante

durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale dove, a causa della discriminazione e dei campi di

concentramento nazisti, morirono centinaia di migliaia di omosessuali.

Ma, la frase che si sente più dire dagli omofobi è : “Che schifo quei gay che si baciano!”. Questa

frase denuncia un’avversione totale verso qualcosa che, tuttavia, non è assolutamente diverso.

Infatti, come ci dimostra l’arte, la passione e l’amore che traspaiono da una coppia gay è la stessa di

quella che traspare da una coppia etero.

Questo lavoro, dunque, tratterà l’omofobia secondo questi aspetti e cercherà di controbatterli nella

maniera che più si adatta.

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I GAY? VANNO A LETTO CON CHIUNQUE.

Uno dei termini con cui la società identifica sempre più gli omosessuali è: promiscuità. È idea

diffusa che il rapporto tra gay e lesbiche sia unicamente fondato sull’atto sessuale e non esista

alcuna componente affettiva. Ciò, infatti, giustificherebbe il pensiero che tra gli omosessuali sia

normale un frequente cambio di partner, che sia soltanto una questione di trasgressione o di

perversione. Questo modo di pensare è sicuramente una delle manifestazioni più palesi di omofobia.

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L’omofobia in tal senso denota una superficiale e alquanto scarsa conoscenza del mondo LGB e,

oserei dire, del genere umano. Com’è proprio dell’uomo etero amare e desiderare sessualmente una

persona di sesso opposto, così anche l’uomo gay desidera e ama una persona del proprio sesso. I

risultati di questo amore, poi, possono essere vari e differenti. Non ci sarebbe nulla da sconvolgersi,

infatti, se si pensasse alle milioni e milioni di film e telefilm che la televisione ci propina da anni. I

tradimenti sono all’ordine del giorno e vengono utilizzati dagli stessi autori per rendere un po’ più

movimentata la storia e per attirare l’attenzione del pubblico. Ma, l’uomo medio, a causa

dell’abitudine, considera tutto questo consueto e ordinario.

Ciò che veramente non si riesce a capire è che la vita rappresentata nel piccolo o grande schermo

vuole essere satira della realtà. Quello che ci viene presentato non è la quotidianità di ogni singolo

uomo anche perché, se lo fosse veramente, saremmo in una situazione di lascivia totale e

inquietante. Se, quindi, ci si fermasse a pensare si capirebbe che l’idea dell’omosessuale che va a

letto con chiunque non è che un banale stereotipo, una diceria sbagliata che passa di bocca in bocca,

diffondendosi. Purtroppo, la nostra società è fondata su questi luoghi comuni dove il napoletano è il

camorrista, il sardo è il pastore, l’immigrato è il ladro e il gay è promiscuo.

Dunque, come in ogni buona famiglia, anche nella comunità LGB esistono le persone fedelissime

come quelle a cui importa solo del sesso. L’unica differenza è che i rapporti etero vengono mostrati

a valanghe dalla televisione, quelli gay, specialmente nella società italiana, vengono nascosti e

tacciati di anormalità. Solo nelle emittenti televisive meno famose vengono trasmessi telefilm e

film a tematiche omosessuali e, la maggior parte delle volte, in seconda serata.

1 LGB = lesbiche, gay, bisessuali

6

Invece, in una nazione come la Spagna dove gli omosessuali hanno diritti e sono tutelati dalla legge,

la visione di questi soggetti è ormai un’abitudine. Cose di questo genere sono riscontrabili solo in

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società gay-friendly o più semplicemente aperte e che accettano le differenze di pensiero.

Ma, senza andare lontano geograficamente, nello stesso territorio che è ora occupato da Roma , due

millenni fa era possibile trovare una società non chiusa mentalmente che accettava l’omosessualità.

In quel periodo, se si voleva fare della satira sulla realtà, come accade oggi, si poteva prendere

spunto dalla vita privata e personale degli abitanti dell’Antica Roma.

Esattamente questo fece, infatti, nel primo secolo dopo Cristo, Petronio Arbitro nel suo Satyricon.

2 Gay-friendly = viene detto di associazioni, società, persone che accettano l’omosessualità

7 1.1

Il Satyricon è un lungo frammento narrativo di cui ci sono stati tramandati solo il quindicesimo

libro, parte del quattordicesimo e parte del sedicesimo. Ma, anche con solo questi frammenti, si

comprende l’intera storia e si capisce l’intento che Petronio si era prefissato nel scrivere l’opera.

Egli, infatti, già dal titolo ci preannuncia che questa non sarà una fotografia della realtà ma, una

satira della vita contemporanea di Roma. Il titolo, per l'appunto, deriva dal latino satura e sta a

indicare il ben noto genere letterario caratterizzato dalla mescolanza degli stili e dalla presenza di

parti in prosa e parti in poesia, il cui unico intento è di coinvolgere il lettore con scritti poco

moraleggianti ma molto divertenti. Inoltre, il nome deriva anche da uno dei generi letterari cui il

Satyricon appartiene. Infatti, in quest’opera troviamo una mescolanza di vari generi letterari. Si

riconosco all’interno spunti tratti dal romanzo greco antico, dal mimo, dalla novella milesia e, come

accennato prima, dalla satira menippea. Questa è, infatti, caratterizzata da uno stile variegato e

composito e da una lingua aperta a tutti i registri, dal più basso al più alto.

Petronio, quindi, si rivolge agli aristocratici suoi contemporanei e forse proprio alla corte di Nerone

e a Nerone stesso. Egli, infatti, era considerato dal princeps come arbitro del buon gusto perciò,

considerare la corte come il suo pubblico riservato, è abbastanza coerente.

Il Satyricon tratta le vicende amorose di una coppia di omosessuali: Encolpio e Gìtone. La storia

viene narrata in prima persona da Encolpio che rievoca le avventure e le peripezie di un viaggio

compiuto in compagnia del suo amato. Grazie al tema del viaggio è possibile riscontrare

un’analogia con il romanzo greco antico, anche se la differenza sostanziale tra i due è che la coppia

che viene descritta non è etero ma gay.

La storia inizia in un portico di una non meglio identificata Graeca urbs (presumibilmente Napoli o

Pozzuoli), dove Encolpio sta discutendo pubblicamente con il maestro di retorica Agamennone

sulle colpe della scuola nei confronti della decadenza dell'arte e dell'oratoria. Accortosi

all'improvviso che l’amico e compagno di studi Ascilto se l'è svignata, Encolpio va a cercarlo e lo

ritrova poco dopo in un bordello.

Gìtone in lacrime rivela al fidanzato Encolpio che la sua virtù è stata insidiata da Ascilto. I due

rivali quindi litigano, ma poco dopo si riappacificano. Tuttavia Encolpio medita di sbarazzarsi di

Ascilto, per poter rimanere solo con il suo amato.

Un giorno, mentre Encolpio e Ascilto sono al mercato e tentano di recuperare una preziosa tunica

che è stata loro rubata, vengono adocchiati da una misteriosa donnetta. Si scopre subito dopo che

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costei è ancella della matrona Quartilla, dedita al culto di Priàpo, di cui, come apprendiamo,

Encolpio ha violato i misteri e per questo si ritrova impotente.

I tre compagni vengono pertanto raggiunti da Quartilla in persona, la quale, con il pretesto di

doversi procurare un rimedio per una febbre inflittale dal dio adirato, adesca i giovani e li tiene

segregati per tre giorni in casa sua, sottoponendoli a una serie di sevizie erotiche.

Stremati, i tre riescono infine a evadere e immediatamente vengono invitati ad una cena in casa del

ricchissimo liberto Trimalchione.

Al loro arrivo il padrone di casa sta giocando a palla. Durante il bagno di costui i tre amici entrano

nella sua casa, di un lusso sfrenato e di un indescrivibile cattivo gusto. Quando ormai sono tutti a

tavola, entra Trimalchione ed ha inizio la cena. Questa è costituita da un’interminabile serie di

portate presentate con una coreografia stucchevolmente teatrale e bizzarra oltre ogni dire.

Trimalchione fa sfoggio delle sue qualità di parvenu della cultura, ad

esempio sputando sentenze sulle caratteristiche dei vari segni zodiacali.

Poi annuncia a tutti i commensali che deve congedarsi per andare al

gabinetto. Rimasti soli, i commensali imbastiscono una terribile

conversazione a base di luoghi comuni, che Encolpio ed Ascilto,

raffinati studenti, sopportano con malcelato strazio.

Invitati da Trimalchione, instancabile animatore della festa, alcuni

commensali raccontano delle storie. A questo punto Encolpio, Ascilto e Gìtone, nauseati, cercano di

scappare, ma inutilmente. Si entra anzi in un'altra sala da pranzo, dove ha luogo un violento litigio

fra Trimalchione e sua moglie Fortunata per un bacio dato da lui a un grazioso servetto.

Trimalchione pronuncia quindi un panegirico di se stesso, alla fine del quale, fattisi portare gli abiti

da morto, organizza seduta stante un’anteprima del suo funerale. Nel corso del compianto funebre

un servo lancia urla così strazianti che i vigili del fuoco accorrono, facendo irruzione in casa ed

inondandola d'acqua.

Per Encolpio, Ascilto e Gìtone è l'occasione propizia per svignarsela. Ubriachi e sfatti, raggiungono

l'albergo. Qui Ascilto, approfittando della spossatezza di Encolpio, passa la notte a letto con Gìtone.

Al suo risveglio Encolpio vorrebbe ucciderlo, ma, con sua enorme sorpresa, è Gìtone stesso a

decidere di andarsene con Ascilto. Encolpio, solo, per consolarsi visita una pinacoteca, dove

incontra il vecchio poeta Eumolpo che gli illustra in versi uno dei quadri la Troiae Halōsis.

Ai bagni pubblici, dove si è recato con Eumolpo, Encolpio incontra Gìtone, che lo supplica di

riprenderlo con sé: Encolpio, più innamorato che mai, non se lo fa ripetere e lo porta via all'insaputa

di Ascilto. Ma anche Eumolpo si invaghisce di Gìtone, ed Encolpio deve ricorrere alla sua astuzia

per sottrarre il suo adorato alle ricerche di Ascilto e alle voglie di Eumolpo.

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Encolpio, Eumolpo e Gìtone partono quindi per Crotone, dove apprendono che gli abitanti della

città si sono specializzati nell’esercizio di un’attività non proprio edificante: quella di cacciatori di

eredità. Eumolpo è pronto ad approfittarne e organizza un piano: si farà credere ricchissimo e

malato, mentre Encolpio e Gìtone si fingeranno suoi servi, in questo modo gli avidi Crotoniati lo

circonderanno di ogni attenzione, nella speranza di essere nominati suoi eredi.

Durante il tragitto verso Crotone, Eumolpo declama un suo Bellum civile in versi e, giunto in città,

viene presto subissato dalle attenzioni degli abitanti, che, secondo i suoi piani, lo ricoprono di doni.

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