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Introduzione Violenza, tesina
Con il termine «violenza» si intende, in generale, l’aspetto disintegrativo di un rapporto tra due sistemi. L’ incontro tra due corpi è violento se mette in pericolo o lede l’integrità di uno di essi o di entrambi.
La violenza può essere sia fisica (dalle percosse fino alla morte), sia psicologica (quando condiziona la struttura psichica e i contenuti della coscienza). Nella società attuale un ruolo particolarmente importante in questo ambito è ricoperto dai mass media, che danno risalto ai simboli della violenza e contribuiscono al propagarsi di comportamenti aggressivi, giustificandoli e operando un processo definito banalizzazione ed estetizzazione della violenza.
Collegamenti
Violenza, tesina
INGLESE - "Il cuore rivelatore" E.A.Poe, "American Psycho" B.E.Ellis
STORIA - La violenza nel regime nazista, "La banalità del male" H.Arendt
FILOSOFIA - Il concetto di FREIGEIST nella filosofia di Nietzsche
TEDESCO - "Terrore e miseria del Terzo Reich" B.Brecht
INGLESE: E.A.Poe Il cuore rivelatore
➢ STORIA: la violenza nel nazismo durante la 2° Guerra Mondiale
➢ FILOSOFIA: il concetto di FREIGEIST nella filosofia di Nietzsche
➢ TEDESCO: B.Brecht Terrore e miseria del Terzo Reich
➢ COLLEGAMENTI E APPROFONDIMENTI
B.E.Ellis American Psycho
❖ H.Arendt La banalità del male
❖ S.Kubrick Arancia meccanica
❖ La violenza nell’arte
❖ La violenza nella musica
❖ INTRODUZIONE
Il fulcro della mia tesina pluridisciplinare è la violenza. Essendo un tema astratto e
decisamente vasto ho deciso di soffermarmi sul macrotema della violenza in senso lato,
per poi concentrarmi sui particolari aspetti della banalizzazione e dell' estetizzazione di
quest'ultima attraverso i campi artistici dell' arte, della letteratura, del cinema, del teatro
e della musica.
Con il termine «violenza» si intende, in generale, l’ aspetto disintegrativo di un rapporto
tra due sistemi. L’ incontro tra due corpi è violento se mette in pericolo o lede l’ integrità
di uno di essi o di entrambi.
La violenza può essere sia fisica (dalle percosse fino alla morte), sia psicologica
(quando condiziona la struttura psichica e i contenuti della coscienza). Nella società
attuale un ruolo particolarmente importante in questo ambito è ricoperto dai mass
media, che danno risalto ai simboli della violenza e contribuiscono al propagarsi di
comportamenti aggressivi, giustificandoli e operando un processo definito
banalizzazione ed estetizzazione della violenza.
Con estetizzazione della violenza, in campo artistico o televisivo e cinematografico, si
intende una “messa in scena” della violenza prolungata e rilevante.
Il mondo dell’arte e in particolare le arti visive e la letteratura hanno estetizzato la
violenza al punto da renderla una forma d’arte autonoma. Nel 1991, Joel Black,
professore di letteratura dell’Università della Georgia, ha affermato che: «Se, tra tutte le
azioni umane possibili, ce n’è una che evoca l'esperienza estetica del sublime, di certo
si tratta dell’omicidio». Black notò che «Se l'omicidio può essere una forma d'arte, allora
l'omicida è una sorta di artista la cui arte si manifesta quale “performance” e la cui
specificità non consiste nel “creare”, ma nel “distruggere”». L’ idea dell’omicidio quale
manifestazione di elementi estetici è di vecchia data, e risale al 1890, quando il poeta
romantico inglese Thomas De Quincey scrisse: «Qualunque cosa può essere
considerata da due punti di vista. L’omicidio, per esempio, potrebbero essere valutato
sul piano morale […], tuttavia – lo confesso – questo è il lato più debole; viceversa
potrebbe essere valutato da un punto di vista estetico, in relazione cioè a ciò che i
tedeschi chiamano il “buon gusto”» Risulta perciò possibile individuare numerose
analogie schematiche tra le fasi dell' omicidio seriale e quelle del processo creativo.
(Tabella 1)
Tabella 1 FASI OMICIDIO SERIALE CREAZIONE ARTISTICA
Aurorale Intensa vita fantastica incentrata Intensa vita fantastica incentrata
sull' omicidio. Isolamento sociale sulla creazione artistica. Isolamento
del serial killer sociale dell' artista
Puntamento/eccitamento Fissazione compulsiva su un tipo Fissazione compulsiva su un
di vittima soggetto artistico
Seduzione Il serial killer si propone in modo L' artista si propone in modo
seduttivo alla vittima seduttivo al pubblico
Cattura/preparazione Cattura della vittima, scelta di armi Cattura dell' ispirazione, scelta dei
e riti per l' omicidio materiali per la creazione
Omicidiaria/creativa Realizzazione delle fantasie Realizzazione delle fantasie
attraverso l' omicidio attraverso la creazione artistica
Totemica Rielaborazione dell' omicidio Rielaborazione dell' opera d' arte
tramite feticci attraverso la sua contemplazione
Depressiva Bisogno compulsivo di trovare una Bisogno compulsivo di realizzare
nuova vittima una nuova opera
La cultura di massa, ovvero giornali, televisione, riviste, reportage, ha fortemente
contribuito a estetizzare la violenza, grazie, per esempio, ai resoconti sensazionalistici
di molti crimini o addirittura di certe azioni di guerra.
Nella società odierna la violenza è glamour, è strumentalizzata a fini pubblicitari e
promozionali, il pallore cadaverico delle modelle e schizzi di sangue splatter popolano le
pagine patinate delle riviste. (Figure 1-2-3-4-5)
Figure 1-2-3-4-5
L’ ESTETIZZAZIONE DELLA VIOLENZA NEL CINEMA
Il mezzo artistico in cui l' estetizzazione della violenza raggiunge l' apice è il cinema. Da sempre
scene violente popolano cortometraggi e lungometraggi, tanto da costituire un filone a sé
stante, un vero e proprio genere cinematografico, denominato splatter e caratterizzato da un'
esasperazione della violenza, dell' aggressività e di tutto ciò che è macabro e che proprio per
questo genera nello spettatore un atavico, morboso interesse.
I registi del XX secolo che hanno fatto ricorso al registro espressivo dell’estetizzazione della
violenza sono molti. Ad esempio, il personaggio di Hannibal Lecter (Figura 1), interpretato da
Anthony Hopkins, è un ex medico dedito al cannibalismo e circondato da un’aura particolare
che lo rende affascinante, attraente e, insieme, spaventoso. È una scelta estetica ben precisa,
tipica del concetto di sublime di epoca romantica, quella dei registi Jonathan Demme e Ridley
Scott che in entrambi i film che vedono come protagonista il Dr.Lecter - II silenzio degli
innocenti (1991) e Hannibal (2001)- usano intenzionalmente un codice espressivo che mira a
sollecitare l’eccitazione (l’entusiasmo, romanticamente inteso) proprio nel momento in cui
Hannibal sta per uccidere (e mangiare) la propria vittima. Allo stesso modo, in Velluto blu di
David Lynch, Frank Booth, è un uomo violento fino all’eccesso, ossessionato a dismisura da
piccoli feticci (come appunto il “velluto blu” del titolo) che assumono un ruolo da protagonisti
proprio durante l’aggressione delle vittime.
Re indiscusso del genere splatter è il regista Quentin Tarantino che nella celebre saga Kill Bill
mette in scena la sanguinosa vendetta della Sposa, interpretata da Uma Thurman. (Figura 2)
Figura 1 Figura 2
Oltre agli esempi sopracitati è d'obbligo menzionare la pellicola che può essere considerata il
manifesto dell' estetizzazione cinematografica della violenza, Arancia Meccanica di Stanley
Kubrick (Figura 3).
Si tratta di un film del 1971, tratto dal romanzo del 1962 "A clockwork orange" di Anthony
Burgess. Appoggiandosi a uno stile fantascientifico - sociologico - politico, rappresenta una
società votata a un'esasperata violenza giovanile e a un condizionamento del pensiero
sistematico, rappresentando così la violenza fisica tra individui e allo stesso tempo la violenza
psicologica di condizionamento da parte dello Stato. Il titolo riprende un termine familiare della
lingua inglese che indica qualcosa di molto bizzarro internamente ma che appare all' esterno
perfettamente normale, come un' arancia meccanica appunto, emblema dell' individuo che è
solo un congegno a molla pronto a essere caricato e riversare la propria violenza sugli altri.
Le vicende si svolgono in un futuro imprecisato a Londra dove vive il protagonista, Alexander
DeLarge, un giovane di famiglia operaia, eccentrico, antisociale, appassionato della musica di
Beethoven e capo della banda criminale dei Drughi (Pete, Dim e Georgie) che trascorrono il
tempo dedicandosi a sesso, furti e ultraviolenza, termine con il quale Alex indica le estreme
violenze gratuite perpetrate dalla sua banda. Particolarmente incisiva è la scena di apertura, un
primo piano dell' attore Malcolm Mcdowell che interpreta Alex, seduto con i suoi Drughi al
Korova milk bar, dove sorseggiano latte più, latte corretto con metanfetamine. Dopo numerosi
atti di violenza, tra cui il pestaggio di un senzatetto e di uno scrittore, un’ aggressione ad una
banda rivale, uno stupro e infine un omicidio, il protagonista è tradito dai suoi compagni, stanchi
degli atteggiamenti dispotici del loro leader, e arrestato dalla polizia, viene rinchiuso in carcere.
Qui viene scelto dal Ministro degli Affari Interni come cavia per la cura Ludovico che si
prefiggeva l' obiettivo di redimere i criminali sopprimendone l' istinto violento. Viene così
obbligato alla visione di scene violente mentre attraverso diversi farmaci gli vengono provocati
atroci dolori fisici che da quel momento in poi associerà sempre alla violenza e fungeranno
quindi da deterrente ad azioni criminali. Rilasciato, subisce poi la vendetta di tutti coloro che
aveva maltratto e a causa della cura Ludovico non può difendersi e tenta il suicidio. Nel finale
riceve in ospedale la visita del Ministro degli Interni, che al fine di evitare uno scandalo politico,
gli assicura pieno appoggio e sostegno in cambio della sua collaborazione.
Figura 3
Quella rappresentata nel capolavoro di Kubrick è l' ultraviolenza, come viene definita dallo
stesso protagonista, qualcosa che va oltre la violenza di per sé, una violenza immotivata, fine a
se stessa che diventa nel film un ideale estetico. Alex infatti non è un delinquente, un criminale,
uno stupratore o un assassino qualunque, egli è un artista che sublima l' atto violento a
qualcosa di superiore, a un' opera d' arte, ad una performance. Non agisce rozzamente, cura
ogni manifestazione di violenza con maniacale precisione, si veda ad esempio la celebre scena
del "numero della visita sorpresa", in cui dopo essersi introdotto in una ricca abitazione
aggredisce il proprietario e ne stupra la moglie, canticchiando "I'm singing in the rain", come se
le sue azioni avvenissero di fronte ad un pubblico.
Egli è un malvagio, ed è felice, gaio come un bambino; è un purista della violenza, il trionfo
dell'irrazionalità. La figura di Alex si configura così come quella di un' esteta della violenza che
incarna l' ideale del Freigeist di Nietzsche, lo spirito libero.
IL FREIGEIST DI NIETZSCHE
Nietzsche è annoverato tra i più importanti filosofi moderni. La filosofia dell' intellettuale tedesco,
che si dedicò all' insegnamento fino all' insorgere di disturbi mentali nell' ultima parte della sua
vita, può essere divisa in tre fasi. La prima è quella wagneriana, segnata dalla sua profonda
amicizia con il compositore Wagner e caratterizzata dalla distinzione tra l' apollineo, ovvero tutto
ciò che è pacatezza, calma, limpidezza e razionalità, e il dionisiaco, cioè irrazionalità, evasione
e passionalità, nettamente preferito dal filosofo. La seconda fase è quella definita "illuministica"
ed è segnata dal distacco da Wagner e dal superamento della filosofia del primo periodo con la
pubblicazione dell' opera Umano, troppo umano, mentre l' ultima fase è quella del concetto di
trasvalutazione dei valori, eterno ritorno, volontà di potenza e superuomo. Nella fase intermedia,
quella del cosiddetto illuminismo di Nietzsche, possiamo vedere configurarsi il fondamento, il
presupposto del superuomo, il FREIGEIST, ovvero lo spirito libero. Lo spirito libero è colui che
afferma la vita liberandosi dalle catene che lo imprigionavano e dalla nebbia che lo rendeva
cieco. La nebbia e le catene sono i valori morali rappresentati dalla tradizione giudaico-cristiana,
le illusioni illuministiche della ragione, la presunzione della volontà di verità che attanaglia il
pensatore libero (Freidenker). Il Freigeist è lo spirito che si pone al di là del bene e del male, al
di là dei pregiudizi e degli schematismi apollinei e si lascia trascinare dallo spirito dionisiaco
della vita. Proprio in questa ottica possiamo considerare il personaggio di Alex DeLarge, egli è il
trionfo del dionisiaco, dell’irrazionalità, dell’inconscio: l’aggressività scaturisce dalla sua stessa
natura. I suoi sottoposti, invece, altro non sono che opportunisti, ladri, approfittatori. Essi sono
mossi dallo spirito di emulazione, dalla cupidigia, dalla prepotenza, e lo dimostrano nel tradire
senza esitazione il loro capobanda, lasciandolo inerme nelle grinfie della polizia. In “Arancia