Dei circa 60 milioni di uomini che vestirono la divisa tra il 1914 e il 1918 solo un terzo ebbe la fortuna di tornare a casa illeso fisicamente. Anche costoro erano però stati gravemente segnati nello spirito. Le esperienze senza precedenti che questo nuovo modo di fare guerra portò con sé provocarono infinite sofferenze fisiche e morali ai soldati di tutti gli eserciti. Due di esse, in particolare: la visione di massacri di proporzioni e di brutalità mai prima sperimentate; e, forse ancora più significativa, l’esperienza logorante della guerra di posizione, fatta di lunghi periodi di attesa seguiti da massicci attacchi alle linee avversarie.
Negli anni della Grande Guerra gli studi della psichiatria si concentrarono principalmente sulle forme traumatiche, generalmente caratterizzate da mutismo o balbettamento, sordità, tremore, attacchi convulsivi, allucinazioni, paralisi, depressione.
Ben presto, però, si dovette far fronte al numero crescente di soldati che, senza aver subito alcuna ferita al capo, presentavano comunque una serie di sintomi di difficile attribuzione.
Nel corso del conflitto i ricoveri per cause nervose e mentali furono 80 000 in Inghilterra, 315000 in Germania e 98000 negli Stati Uniti.
Per l'Italia non esistono dati ufficiali. Gli storici ipotizzano che i soldati internati per problemi psichici non siano meno di 40000.