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• FILOSOFIA: Svevo e le influenze filosofiche esercitate sul suo pensiero: Schopenhauer e l’idea della voluntas, la malattia psicologica e Freud; Marx e il tema della alienazione; Darwin e l’idea di selezione naturale
• STORIA: Storia d’Italia e d’Europa nel periodo di massima creatività di Svevo, tra fine Ottocento e primi decenni del Novecento
• STORIA DELL’ARTE: Gli interessi di Svevo per le arti figurative. Rapporti tra la dimensione dell’inconscio in Freud e nel Surrealismo
• LATINO: Sperimentalismo narrativo e linguistico in Apuleio
• INGLESE: James Joyce and the Ulysses
I malati, invece, sono coloro che non seguono il flusso naturale, si sottraggono alla
vita e non godono dei beni che essa offre; non hanno successo e a differenza dei sani,
risultano deboli e infelici. Ma in realtà la condizione finale, quella autentica è ben
diversa. I sani credono di vivere, ma non vivono veramente, perché sono spinti nel loro
agire dalla volontà di vivere; sono forti e vincenti solo in parte in apparenza, mentre
sono maggiormente a rischio, secondo la teoria evoluzionistica, quando mutano le
circostanze e le condizioni. I malati che si sottraggono al logoramento dell’esistenza
poiché non si lasciano dominare dalla volontà di vivere, sono in grado di adattarsi
prima e meglio ai vari mutamenti e quindi di sopravvivere. Le parti così invertite
dimostrano in modo paradossale, che l’uomo per vivere, o meglio per sopravvivere,
deve rinunciare alla vita, rinunciare alla volontà di vivere, farsi “malato” e ricercare
una via di salvezza nella propria coscienza.
Con questa costruzione ideologica si combinano alcune idee di Darwin a proposito dei
meccanismi che regolano la vita umana nelle sue manifestazioni sociali: la “lotta per
l’esistenza” violenta e selettiva, che non produce solo conseguenze negative ma
riveste pure una funzione creativa in quanto con l’estinzione di numerose specie, si
verifica anche la nascita di nuove; la funzione dell’ambiente come fattore di
“selezione”. Svevo interpreta e analizza ,le teorie di Darwin in due saggi: l’uomo e la
teoria darwiniane e “la corruzione dell’ anima” da essi emerge un concetto di
evoluzione nel quale non è vincitore il forte che si adatta all’ambiente ,ma il debole, il
non-adatto all’ambiente, colui che nella perenne condizione di malcontento
esistenziale trova le ragioni di una continua capacità di vivere. Se questo malcontento
è per Svevo costitutivo della natura umana, che cosi dimostra la sua superiorità sugli
animali (il debole, dunque è il punto di arrivo della catena evolutiva: è così ribaltata la
posizione di Darwin.
Esso costituisce anche un motivo di differenziazione tra gli uomini stessi: tra la
maggioranza, che si adatta e porta a compimento le proprie possibilità intellettuali e la
minoranza dei disadattati, che accettano di rimanere allo stato di incompiutezza.
Proprio questo “disadattato”, “inetto” è il protagonista delle tre maggiori opere di
Svevo così la condizione di inettitudine si carica di positività.
Su questo quadro di pensiero si innesta, in un secondo momento l’incontro con Freud.
Grande è l’importanza delle teorie di Freud, soprattutto per “La coscienza di Zeno” ma
già nei primi due romanzi “Una Vita” e “Senilità” c’erano tematiche psicoanalitiche.
Svevo rifiuta l’etichetta di “scrittore freudiano”, affermando di aver preso più di due o
tre idee da Freud e dimostra di non chiedere affatto alle capacità terapeutiche della
psicoanalisi, anche perché il “malato” che la psicoanalisi vuole curare è, per Svevo ,
l’uomo più autentico.
In una lettera di Svevo inviata all’amico Valerio Jahier che vorrebbe intraprendere una
cura psicoanalitica, Svevo sconsiglia di sottoporsi a terapie psicoanalitiche e gli
consiglia la tecnica dell’ ” autosuggestione” praticata in Francia dalla scuola dei medici
di Nancy.
Freud appare a Sevo più utile ai romanzieri che agli ammalati, in quanto fornisce ai
romanzieri uno strumento di conoscenza e di analisi dell’animo umano. Quindi Svevo
afferma che la malattia psicologica è positiva. Nella coscienza di Zeno il protagonista
non ha fiducia nel suo terapista, per cui a un derto punto si sottrae alla cura. Il malato
cioè l’inetto è un uomo autentico, mentre il superuomo è ridicolo nella sua artificiosità.
Non è ridicolo invece il superuomo teorizzato da Nietzsche. Schopenhauer e Nietzsche
sono secondo Svevo i primi ad essersi occupati dell’ opposizione fra il contemplatore e
il lottatore, anticipa il dualismo sveviano fra “malato” e “sano”.
Il pensiero di Svevo è influenzato anche dal marxismo, altre che dalle teorie
positivistiche di Darwin e da quelle analitiche di Freud. Svevo, come Marx, condanna la
civiltà industriale con tutte le sue conseguenze negative sull’uomo e sulla convivenza
sociale, n primo luogo l’alienazione quindi il progresso scientifico e tecnologico.
Il rapporto di Svevo con il pensiero marxista emerge chiaramente nel racconto
intitolato “La tribù” del 1897 apparso su “Critica sociale” rivista teorica del socialismo
italiano, diretta da Filippo Turati.
Questo racconto narra le vicende di una tribù araba nel momento in cui abbandona la
vita nomade per stazionarsi in un’oasi in mezzo al deserto e dove si trova alle prese
con problemi istituzionali ,giuridici, economici e sociali che tale cambiamento
comporta. la trama è allegorica. Attraverso la vicenda di questa immaginaria tribù,
l’autore vuole raccontare a grandi linee la storia dell’umanità e più in particolare , la
storia della nascita della civiltà moderna, con le sue problematiche e le sue
contraddizioni.
All’epoca della composizione di questo racconto, Svevo è vicino alle posizioni del
socialismo e critico nei confronti del liberalismo e della società borghese-industriale,
ma non crede nelle teorie marxiste di lotta di classe e di rivoluzione.
STORIA: Storia d’Italia e d’Europa nel
periodo di massima creatività di Svevo, tra
fine Ottocento e primi decenni del
Novecento
L’attività letteraria di Svevo si svolge tra il 1892, anno della pubblicazione del primo
romanzo “Una Vita”
E il 1928, anno della sua improvvisa morte, in seguito a un grave incidente d’auto.
Sono gli anni dell’ età giolittiana, con la svolta liberale in politica, che fa dell'Italia una
democrazia industriale mentre si varano riforme in campo sociale e politico, tra cui la
riforma elettorale nel 1912.
Sono gli anni in cui i cattolici rientrano nella vita politica italiana, mentre il
nazionalismo si organizza in un movimento politico nel 1910. Negli stessi anni si
assiste anche alle travagliate vicende del partito socialista.
Sono gli anni della guerra di Libia e della conseguente disintegrazione del sistema
giolittiano in seguito alla guerra e alle sfavorevoli ripercussioni che si determinarono
sul piano economico. L’anti-giolittianesimo di destra si rafforzò con il passaggio della
borghesia industriale alle tesi dell’imperialismo, mentre le correnti estremiste di
sinistra si fecero sempre più aggressive, fino a provocare l’espulsione dal partito nel
1912 dell’ala riformista di Bissolati e di Bonomi. La corrente turatiana si trovò in
minoranza e la direzione
dell’Avanti! passò nelle mani di Benito Mussolini.
Giolitti cercò un accordo con i cattolici per contribuire la prevista avanzata dei
socialisti. Si giunse così al Patto Gentiloni con i cattolici. In base a questo accordo i
cristiani si impegnarono a votare per i candidati liberali in tutti quei collegi elettorali
dove si profilasse una vittoria socialista in cambio dell’impegno sottoscritto dagli stessi
candidati di parte liberale di astenersi dal promuovere o dall’appoggiare iniziative
parlamentari sgradite alla Chiesa.
Con questa politica di trasformismo simile a quella adottata precedentemente da
Agostino Depretis, Giolitti ottenne un forte successo, 304 deputati contro i 160 della
Sinistra, dei quali 78 socialisti.
Attaccato sia da destra e da sinistra Giolitti preferì dimettersi, nonostante l’apparente
successo.
La sinistra reagì con proteste sfociate nella “Settimana Rossa” (giugno 1914), con a
capo il socialista Mussolini, a cui il nuovo governo presieduto da A. Salandra rispose
con estrema durezza come ai tempi di Umberto I.
Sempre nel giugno 1914 oltre alla “Settimana Rossa” ci fu l’attentato di Sarajevo che
faceva prevedere un conflitto di vaste proporzioni. Come in effetti avvenne quando, il
23 luglio l’Austria, spalleggiata dalla Germania , inviò al governo di Belgrado un
ultimatum che equivaleva a una dichiarazione di guerra,( nella convinzione rivelatasi
errata, di poter liquidare la Serbia e ristabilire la presenza austriaca nei Balcani senza
scatenare un conflitto di vaste proporzioni). Si trattò invece dell’ inizio della prima
guerra mondiale, destinata a coinvolgere quasi tutti i paesi dell’Europa ed allargarsi
all’America, all’ Africa e all’Asia.
Con il trattato di Saint-Germain, nell’ ambito della conferenza di pace apertasi a Parigi
il 19 gennaio 1919, Trieste veniva ceduta all’Italia con il Trentino Alto Adige fino al
Brennero e l’Istria.
Così da quel momento Svevo nato cittadino austriaco, diventa cittadino italiano e la
sua vita si lega agli eventi che segnarono l’Italia tra il 1919,anno del Trattato di Saint-
Germain, fino alla sua morte nel 1928.
Questi anni (1912-1928) segnarono la crisi dello Stato liberale, l’avvento e
l’affermazione del fascismo in Italia. La fine del conflitto provocò una grave situazione
di instabilità. Di qui la disoccupazione di larghe masse di uomini, alle quali, per le
limitazioni imposte dagli USA, era ora precluso l’aulico rimedio della emigrazione
transoceanica; di qui l’esasperazione dei conflitti sociali anche per il forte divario fra le
ricchezze dei pochi che avevano tratto vantaggio dalla guerra e le difficoltà
economiche dei ceti umili e medi.
La guerra e l’inflazione avevano dato vita al fenomeno della ”proletarizzazione”.
Di qui un intensa lotta portata avanti da parte della CGIL e CIL che imposero un
aumento di salari e di stipendi.
All’ impetuosa crescita del movimento sindacale corrispondeva il notevole aumento
del partito socialista e del partito cattolico e il declino del partito liberale.
Il nazionalismo alimentò il malcontento derivante dai modesti vantaggi territoriali
ottenuti dall’ Italia a confronto dell’ altissimo prezzo di vite e di beni de delle speranza
suscitate dal Patto di Londra. I governanti italiani erano accusati di non aver saputo
sostenere le ragioni dell’Italia alla Conferenza di pace di Parigi. Si veniva così creando
il mito della <<vittoria mutilata>>, che fu ripreso da D’Annunzio nel corso
dell’avventura di Fiume e poi sfruttato dalla propaganda fascista.
Le prime elezioni del dopoguerra furono quelle del 1919 vinte dai socialisti e dai
cattolici. La grande novità era rappresentata dal partito cattolico. Subito dopo la
guerra si era costituito il “partito popolare italiano” erede della democrazia cristiana.
Il PPI era guidato da Luigi Sturzo un sacerdote siciliano affiancato da Alcide De
Gasperi. Essi rifiutavano di entrare in coalizioni parlamentari guidate dai liberali.
Ostili alle collaborazioni con i vecchi gruppi dirigenti era anche la maggioranza
<<massimalisti>> dei socialisti.
Nel mondo socialista, per effetto della rivoluzione sovietica, c’erano tensioni e
contrasti . Nel 1921 A. Gramsci fondava il partito comunista d’Italia. Gramsci
prospettava al proletariato operaio la possibilità di gestire le fabbriche, dirigere la
produzione, conquistare il potere attraverso l’organizzazione dei Consigli di fabbrica.
La prospettiva più ampia era quella della creazione di un nuovo blocco storico da
contrapporre a quello liberale borghese.
Già nel 1919 si erano costituiti a Milano ”i fasci di combattimento”, destinati a
trasformarsi nel 1921 in Partito Nazionale Fascista.
Il fascismo, inizialmente, si proclamava antiborghese, antisocialista, anticlericale,
antimonarchico. Il programma originario, privo di una dottrina organica e di un
originale ideologia: rivendicazione della giornata lavorativa di otto ore, i minimi di
salario, il sequestro dell’ 85% dei profitti di guerra. A capo del movimento c’era B.
Mussolini.
Si strinsero contatti tra Mussolini e D’Annunzio in vista DEL COLPO DI STATO E
DELL’ABBATTIMENTO DELLA MONARCHIA DI Vittorio Emanuele III. Tornato alla
direzione del governo, Giolitti concluse con il governo di Belgrado il Trattato di Rapallo
(12 Novembre 1920): Fiume diventava città libera., l’Istria veniva assegnata all’ Italia