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Introduzione Pop Art tesina
“La Pop Art è un modo di amare le cose”
Questa citazione di Andy Warhol ha suscitato in me un vivo interesse a riguardo e ha fatto si che io sviluppassi la mia tesina di maturità. Personalmente, credo che la Pop Art sia stata la forma d’arte che meglio ha potuto esprimere il cambiamento che la società del secondo dopo guerra stava attraversando. Gli artisti della Pop Art sono molti, ma ho deciso di approfondirne tre, Eduardo Paolozzi, Andy Warhol e Roy Lichtenstein. Del primo parlerò della sua vita e della sua importanza per la nascita della Pop Art, mentre degli altri due oltre ad approfondire la loro vita esaminerò un paio di opere.
Tesina monografica di Storia dell'arte
-La nascita della Pop Art.
-Eduardo Paolozzi.
-Andy Wahrol.
-Roy Lichtenstein.
NASCITA DELLA POP ART
La Pop Art, o meglio, Popular Art, vede la luce a metà degli anni cinquanta e, pur
essendo legata ad un immaginario tipicamente americano, nasce nei circoli culturali
inglesi: le sue basi estetiche furono proposte nel 1952 a
Londra, dall’ Independent Group, grazie al lavoro di due
avanguardisti Richard Hamilton ed Eduardo Paolozzi.
L’Indipendent Group programmava incontri presso
l’Institute of Contemporary Art con lo scopo di
comprendere l’evoluzione delle nuove tecnologie e i
metodi di propaganda commerciale, dai quali iniziava a
prendere forma una società sempre più massificata,
dove i beni di consumo stavano diventando il valore
primario della società.
Qualche anno più tardi, nel 1955, fu coniato il termine
“Popular Art” da due studiosi inglesi, Leslie Fiedler e
Reyner Banham.
La consacrazione degli artisti della Pop Art avvenne nel
1956 durante la mostra This Is Tomorrow a Londra, i cui temi fondamentali erano le
nuove avanguardie nel campo dell’architettura, del design e della comunicazione; gli
oggetti che gli artisti inglesi rappresentano cercano di raccontare una storia, mentre gli
americani giocano sulla decontestualizzazione.
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Tesina Pop Art
Giulia Laganà V C
Anno scolastico 2013/2014
IL BANALE DIVENTA ARTE
Pur nascendo in Inghilterra l’espressione “Popular Art” fu utilizzata per la prima volta
da un critico americano, Lawrence Alloway, il quale pubblicò un articolo intitolato “The
Arts and the Mass Media" nel quale identificò questa come: “Un’arte fatta di immagini
banali legate al consumo di massa, di stereotipi, di semplificazioni, in cui le merci
hanno più rilievo degli oggetti d’arte e i fumetti contano in modo più efficace dei
romanzi”.
Le immagini del mondo esterno, quelle della città e della sua iconografia pubblica, i
manifesti, le vetrine dei negozi, gli oggetti di consumo, i fumetti e le fotografie presenti
sulle riviste, gli alimenti colorati e lussuosi della civiltà del benessere diventarono i
soggetti di questa nuova forma d’arte.
Il quadro assunse un significato nuovo rispetto alla tradizione, in quanto non lo si
voleva proporre all’osservatore con le modalità proprie dell’arte del passato, ma
renderlo simile all’inquadratura di un fotogramma o di un fumetto, ad un manifesto
pubblicitario, trasformandolo così in oggetto del mondo presente.
Il 1963 fu l’anno dei primi successi ufficiali grazie alla mostra Pop Art U.S.A. (Oakland
Art Museum) e dell’esposizione The Popular Image (Washington Gallery of Modern
Art).
Per quanto riguarda gli artisti, ai maestri del New Dada, da poco concluso, si unirono
nuove promesse come Roy Lichtenstein, Andy Warhol, George Segal e altri.
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Giulia Laganà V C
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EDUARDO PAOLOZZI
Eduardo Paolozzi può essere considerato il progenitore della Pop Art, infatti, egli
anticipò l’Adamo di Hamilton nel 1947 in un collage dal titolo I Was a Rich Man’s
Plaything. Egli nacque da genitori italiani a Edimburgo il 7
marzo 1924, frequenta la scuola serale presso
l’Edinburgh College of Art nel 1943 e studia
scultura alla Slade School of Fine Art di Londra
fino al 1947, anno in cui si tiene la sua prima
personale alla Mayor Gallery di Londra.
Dal 1947 al 1949 vive a Parigi, dove conosce
Brancusi, Tzara, Giacometti e Dubuffet e in questo
periodo è profondamente interessato al movimento
Dada, all’Art Brut e al Surrealismo, dai cui collage è
molto attratto.
Tornato a Londra si lega a Francis Bacon, del quale
condivide l’entusiasmo per le immagini grossolane
e le superfici grezze e dal 1949 al 1955 insegna alla
Central School of Art and Design di Londra.
Nel 1953 partecipa all’Independent Group di
Londra, formato da artisti e critici, influenzandone
l’orientamento in favore delle immagini di gusto
popolare e organizzandone le maggiori esposizioni;
sempre negli anni ’50 trasferisce l’idea del collage
in scultura, usando “objets trouvés” nei lavori di
metallo fuso dalle superfici mosse ed elaborate, che
riecheggiano forme antropomorfiche o animali.
Negli anni ’60 queste figure sono sostituite da austere sculture di metallo lucidato
composte da elementi più semplici e monumentali, che spesso comprendono parti
meccaniche o ad esse fanno riferimento. Tra le principali mostre collettive alle quali
l’artista partecipa in questo periodo, figurano la Biennale di Venezia del 1952 e del
1960, e la Biennale di San Paolo del 1963. 6
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Paolozzi si dedica anche alla grafica a partire dal 1950, e nel 1964 realizza la sua
prima serie organica di grafica “All is When”
Negli anni ’70 realizza rilievi a scomparti a forma di scatola, in legno o bronzo, e
sculture di metallo di forma varia con riferimenti meccanici. Tra le maggiori esposizioni
da ricordare sono quella alla Tate Gallery di Londra (1971), alla National galerie di
Berlino (1975), e una retrospettiva dell’opera grafica al Victoria and Albert Museum di
Londra (1977).
L’artista, che dal 1978 divenne membro della Royal Academy, muore a Londra il 22
aprile 2005.
ANDY WARHOL 7
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Andy Warhol, considerato a pieno titolo uno dei più grandi geni artistici del suo secolo,
nasce a Pittsburgh il 6 agosto 1928: figlio di immigrati slovacchi di etnia Rutena il suo
nome vero è Andrew Warhola e tra il 1945 e il 1949
studia al Carnegie Institute of Technology della sua
città.
Ancora giovane, giunge a New York da Pittsburgh
nel 1949, in fuga dalla madre troppo oppressiva e
invadente e, nella Grande Mela, inizia pian piano ad
entrare nel mondo dell’arte, dopo essere stato
guidato dai più importanti galleristi dell’epoca, tra cui
Leo Castelli.
Warhol raggiunse la notorietà grazie alla fondazione
del Factory, ovvero una sorta di laboratorio dove
vedevano la luce tutti i tipi di arte, e dal quale passavano i personaggi più eccentrici e
creativi di New York, creando un centro popolato di grandi artisti, rockstar, personaggi
della moda e dell’editoria.
Questo approccio all’arte lascerà poi una traccia profonda nella cultura americana. I
suoi primi schizzi e disegni venivano frequentemente esposti al Serendipity 3, un
locale di tendenza in quegli anni, situato nell'Upper East Side di Manhattan. La sua
prima mostra personale, invece, viene allestita solo nel 1952, alla Hugo Gallery di New
York, ed espone quindici disegni ispirati ai racconti di Truman Capote.
Nel 1955 Andy Warhol si può considerare già un grafico pubblicitario affermato. Lavora
non solo per Glamour, ma anche per pilastri editoriali del fashion system tra cui Vogue,
e Harper's Bazar. Illustra libri di scrittori di fama, collabora a copertine di innumerevoli
dischi, e fonda la Andy Warhol enterprises, nel 1957, per commercializzare e allo
stesso tempo tutelare la sua firma d'autore.
La prima opera che consacrò Warhol
nel mondo artistico è la serie dedicata alla
Campbell Soup (1962), riprodotta sia in versione
singola con i colori originari, bianco e rosso, sia
riprodotta moltiplicata sulla stessa tela con colori
accesi. Usando la stessa tecnica, Warhol realizzò
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Tesina Pop Art
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Anno scolastico 2013/2014
serie pittoriche dedicate agli imballaggi Brillo, Del Monte, Heinz, ma le opere che
incoronano Warhol e gli consacrano un’enorme popolarità sono le serie che
rappresentano i così detti “multipli” dedicate alle icone globali del XX secolo.
Tra i soggetti rappresentati troviamo Liz Taylor, Marylin Monroe, Elvis Presley, Mao
Zedong e altri. Questa rappresentazione sarà irrinunciabile per il jet set degli anni
sessanta e ottanta.
L’artista rimane fortemente colpito dall’assassinio del presidente John Kennedy, tanto
da decidere di rappresentare l’accaduto non semplicemente con immagini, come
facevano i giornali, bensì utilizzando fotografie logorate ed rielaborando i sentimenti
che la moglie del presidente lascia trasparire sul suo volto durante i funerali.
Warhol sopravvive ad un colpo di pistola, ma morirà per un intervento alla cistifellea
nel 1987 a New York.
Warhol è stato il perfetto interprete e profeta della società dello spettacolo sulla quale
la sua influenza è stata profondissima e radicale.
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Anno scolastico 2013/2014 MARILYN
1962 Serigrafia New York Collezione privata
L’opera raffigura il volto di Marilyn Monroe, celebre diva del cinema la cui immagine nel
corso degli anni ‘60 dominava tanto nei manifesti posti nelle strade cittadine, quanto
nelle pagine dei periodici stampati. Il viso dell’attrice è ripetuto nove volte, sempre
uguale, ma con accostamenti di colore ogni volta diversi.
L’opera è ottenuta con la tecnica della serigrafia che, partendo da una stessa
fotografia, ha permesso nella fase di stampa di ripetere più volte la figura cambiando
esclusivamente i colori. La riproduzione è imperfetta, con sbavature di colore e
imprecisioni, così come avviene a volte nella stampa a grandi tirature dei rotocalchi o
dei manifesti.
Le scelte di Warhol sono fortemente influenzate dalla notorietà del personaggio,
sufficiente a connotare l'immagine seppure elaborata in modo anonimo e superficiale,
privo d’ogni emozione, senza alcun interesse per la sua interiorità: Marilyn, infatti,
viene ritratta come sex symbol da "consumare", con plateale risalto dei tratti
tipicamente femminili, il trucco pesante, le labbra sottolineate dal rossetto,
l'espressione ammiccante ed il sorriso stampato di chi sorride per mestiere, icona del
fascino femminile e regina dell'immaginario americano, di una bellezza stereotipata
proposta e "venduta" dalla grande industria hollywoodiana, che Warhol ripropone tale
e quale, confezionata nei suoi ritratti come in una perfetta operazione di marketing
pubblicitario.
ROY LICHTENSTEIN 10
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Roy Lichtenstein è nato a New York nel 1923, nel 1943 ha il primo incontro con il
mondo militare, che spesso sarà di ispirazione alla sua prima produzione artistica, e
con i fumetti ispirati alla guerra. Pare, infatti, che un suo superiore gli chiese di
riprodurre ingrandendoli vignette tratte da fumetti
di guerra. Da qui forse l’idea stilistica della sua
arte, anche se Lichtenstein cominciò a produrre in
questo stile solo agli inizi degli anni Sessanta.
Una delle sue maggiori fonti di ispirazione furono
anche i musicisti jazz che amava ascoltare nei
teatri di Harlem.
I suoi dipinti non erano facili da capire: erano un
misto tra cubismo ed espressionismo, ma ad un
certo punto Lichtenstein iniziò ad avere uno stile
sempre più libero e senza regole.
I soggetti di Lichtenstein vengono mutuati dall’iconografia del mondo dei fumetti, per
poi essere ingranditi e dipinti sul retino regolare di un rotocalco: l’artista prende spunto
dal fumetto per esprimere le passioni e le emozioni, anche le più violente, attraverso
uno stile meccanico e distaccato, e tutto ciò con lo scopo di sottolineare la mancanza
di sensibilità da parte della società. 11
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Nel quadro del 1963, Image Duplicator, Lichtenstein riesce a sintetizzare tutto il suo
pensiero, e utilizza la tecnica del puntinismo allargato che poi utilizzerà in molte sue
opere per ricreare l’idea di immagine pixellata, riconducibile all’avvento delle nuove
invenzioni che stavano prendendo piede negli ultimi anni. Un altro dei suoi quadri più
significativi è Girl with Ball, il quale sembra un’anonima riproduzione di un cartellone
pubblicitario, che in realtà cela nella sua banalità la sua carica più rivoluzionaria. E’
come se Lichtenstein mostrasse la poesia e la nascosta bellezza della cultura di
massa.
A partire dagli anni sessanta, i fumetti si dilatano davanti allo sguardo dello spettatore,
ingranditi da uno stile più deciso e sostenuto, i paesaggi diventano più astratti; tutte le
opere dell’artista propongono un mondo di artifici banali e scadenti, riproposti ad uno
sguardo stupefatto che tenta di riscattarli.