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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Parlare con la testa , parlare con l'anima
Autore: D'argenio Giulia
Descrizione: Sebbene molti animali siano fisiologicamente in grado di usare la voce per comunicare una grande varietà di messaggi semplici agli altri membri della propria specie, solo l'uomo è capace di produrre vere parole. L'abilità unicamente umana di apprendere, parlare e comprendere il linguaggio verbale è profondamente radicata nella struttura fisica del nostro corpo ed è il risultato straordinario della lunghissima storia evolutiva che ha portato alla specie umana. Tale fondamento risiede nelle peculiarità del nostro cervello, dei nostri organi di percezione e di produzione del parlato, nelle loro connessioni e nel modo in cui lo sviluppo di queste strutture e dei circuiti che le mettono in comunicazione è a sua volta codificato nel genoma umano( anche se non è ancora chiaro alla ricerca biologica come e dove). Nel nostro genoma non è scritto quale lingua parleremo, bensì che sapremo parlare una lingua. Esistono numerose prove a sostegno dell' ipotesi che il cervello umano sia geneticamente predisposto alla produzione e comprensione del linguaggio, indipendentemente dal fatto che si tratti di semplice predisposizione o di "competenza linguistica" innata (abilità ,in questo caso, di cui saremmo geneticamente dotati come sa l'avessimo acquisita in precedenza). Questo, del resto, spiegherebbe l'incredibile velocità con cui i bambini imparano a parlare semplicemente ascoltando la lingua parlata nell'ambiente in cui crescono e la notevole somiglianza nelle modalità di acquisizione delle competenze grammaticali di bambini diversi in lingue diverse. Eppure questo meccanismo da solo non è sufficiente a fare di noi gli esseri parlanti che siamo. Esso si attiva, infatti, a condizione che l'uomo venga a contatto con altre persone, e la particolare lingua parlata da ciascun individuo dipenderà dall'ambiente linguistico e culturale in cui egli è cresciuto da bambino. La capacità di acquisire pienamente una lingua per semplice esposizione ad essa sin dalla nascita, senza ricorrere ad un addestramento specifico, è però una sorta di dispositivo "a tempo" che si realizza nell'infanzia durante una ben precisa "finestra formativa". Ciò vuol dire che è massima nei primi 4-5 anni di vita (età in cui è maggiore la plasticità cerebrale) ma si riduce drasticamente dopo la pubertà (in particolare nel caso della prima lingua), a prescindere dal tipo di lingua considerata, fino ad atrofizzarsi, soprattutto in assenza di stimoli linguistici, con l'avanzare dell'età . Area: umanistica
Materie trattate: BIOLOGIA:Cavalieri Rosalia [2009] Breve introduzione alla biologia del linguaggio, Denes Gianfranco [2009] Le basi neurologiche e la struttura del linguaggioPSICOLOGIA:Bianchi Adele, di Giovanni Parisio [1997] Psiche e Società , Cantoni Lorenzo, di Blas Nicoletta [2002] Teoria e pratiche della comunicazione FILOSOFIA:Chomsky Noam,[ristampa 2009] Regole e rappresentazioni,Emanuele Pietro [2007] I cento talleri di Kant,Lo Piparo Franco [2003] Aristotele e il linguaggio,Rivista Focus gennaio 2007, giugno 2007
Bibliografia: Bianchi Adele, di Giovanni Parisio [1997] "Psiche e Società ", Paravia Cantoni Lorenzo, di Blas Nicoletta [2002] "Teoria e pratiche della comunicazione", Apogeo Editore Chomsky Noam,[ristampa 2009] "Regole e rappresentazioni", BCDeditori Cavalieri Rosalia [2009] "Breve introduzione alla biologia del linguaggio", Editori Riuniti, university press Denes Gianfranco [2009] "Le basi neurologiche e la struttura del linguaggio", Zanichelli Emanuele Pietro [2007] "I cento talleri di Kant", Mondolibri Lo Piparo Franco [2003] "Aristotele e il linguaggio", Laterza Rivista "Focus" gennaio 2007, giugno 2007
Tra natura e cultura
Sebbene molti animali siano fisiologicamente in grado di usare la voce per comunicare una grande varietà
di messaggi semplici agli altri membri della propria specie, solo l’uomo è capace di produrre vere parole.
L’abilità unicamente umana di apprendere, parlare e comprendere il linguaggio verbale è profondamente
radicata nella struttura fisica del nostro corpo ed è il risultato straordinario della lunghissima storia
evolutiva che ha portato alla specie umana. Tale fondamento risiede nelle peculiarità del nostro cervello,
dei nostri organi di percezione e di produzione del parlato, nelle loro connessioni e nel modo in cui lo
sviluppo di queste strutture e dei circuiti che le mettono in comunicazione è a sua volta codificato nel
genoma umano( anche se non è ancora chiaro alla ricerca biologica come e dove). Nel nostro genoma non è
scritto quale lingua parleremo, bensì che sapremo parlare una lingua.
Esistono numerose prove a sostegno dell’ ipotesi che il cervello umano sia geneticamente predisposto
alla produzione e comprensione del linguaggio, indipendentemente dal fatto che si tratti di semplice
predisposizione o di “competenza linguistica” innata (abilità,in questo caso, di cui saremmo
geneticamente dotati come sa l’avessimo acquisita in precedenza). Questo, del resto, spiegherebbe
l’incredibile velocità con cui i bambini imparano a parlare semplicemente ascoltando la lingua parlata
nell’ambiente in cui crescono e la notevole somiglianza nelle modalità di acquisizione delle competenze
grammaticali di bambini diversi in lingue diverse.
Eppure questo meccanismo da solo non è sufficiente a fare di noi gli esseri parlanti che siamo. Esso si attiva,
infatti, a condizione che l’uomo venga a contatto con altre persone, e la particolare lingua parlata da
ciascun individuo dipenderà dall’ambiente linguistico e culturale in cui egli è cresciuto da bambino.
La capacità di acquisire pienamente una lingua per semplice esposizione ad essa sin dalla nascita, senza
ricorrere ad un addestramento specifico, è però una sorta di dispositivo “a tempo” che si realizza
nell’infanzia durante una ben precisa “finestra formativa”. Ciò vuol dire che è massima nei primi 4-5
anni di vita (età in cui è maggiore la plasticità cerebrale) ma si riduce drasticamente dopo la pubertà (in
particolare nel caso della prima lingua), a prescindere dal tipo di lingua considerata, fino ad atrofizzarsi,
soprattutto in assenza di stimoli linguistici, con l’avanzare dell’età.
Esisterebbe dunque un “periodo critico”, o addirittura dei “periodi critici” (riguardanti uno o più aspetti del
linguaggio) entro i quali l’organismo sarebbe in grado di sviluppare la competenza linguistica.
Una drammatica testimonianza di cosa può accadere se un bambino viene completamente deprivato del
linguaggio prima della pubertà ci viene offerta dai casi di enfants sauvages, quei bambini che per ragioni
diverse sono stati abbandonati, reclusi o emarginati, in alcuni casi allevati da animali, e hanno vissuto in
completo isolamento fino alla pubertà ed oltre.
E’ dunque provato che le caratteristiche biologiche del linguaggio umano, come quelle di qualsiasi altro
sistema di comunicazione, sono in sintonia con l’ambiente specifico entro il quale dovrebbe vivere l’uomo.
La speculazione filosofica sul linguaggio umano, sin dall’inizio, ha mostrato per varie ragioni un’attenzione
maggiore per i connotati culturali del linguaggio, minimizzando il peso della componente naturale. Questo
vero e proprio “tabù anti-biologico” (come lo ha definito D.Parisi in Fondamenti biologici del linguaggio),
intrapreso da filosofi come Platone ed Aristotele ai tempi dell’Antica Grecia, è riuscito ad influenzare il
pensiero di W. Von Humboldt, spingendosi in seguito fino al più recente Martin Heidegger. Tuttavia nel
corso del Novecento i risultati scientifici ottenuti in ambiti disparati come l’antropologia, l’etologia e le
neuroscienze hanno rivoluzionato la filosofia contemporanea: la svolta “mentalista” imposta da Chomsky
riconosce nella facoltà del linguaggio un pezzo del nostro patrimonio genetico, definendola inoltre capacità
innata e naturale. 3
Cap.1 - Biologia del linguaggio
1.1 METODI D’INDAGINE
Per svilupparsi, ogni disciplina scientifica deve trovare il contesto temporale e culturale adeguato e lo
studio delle basi anatomiche e funzionali: il linguaggio non fa eccezione. Tale periodo si colloca verso la
prima metà dell’Ottocento quando, soprattutto in Francia e in Germania, trovarono ampia diffusione le
teorie frenologiche di Gall,che propose una base neurologica per le facoltà morali e cognitive. Per quanto
1
0F
riguarda il linguaggio, egli postulò che la memoria per le parole o lessico (Wortsinn) fosse localizzata in
corrispondenza della zona cerebrale situata sotto l’orbita sinistra e, in una zona immediatamente
superiore, la componente motoria del linguaggio. Nonostante la mancanza di prove che dessero uno status
di scientificità alla frenologia, la diffusione delle idee di Gall fu fondamentale per promuovere una ricerca
sulle basi neurologiche del linguaggio. L’approccio anatomo-clinico fu il primo ad essere utilizzato; più
recentemente sono state introdotte sofisticate tecniche di neuroimmagine.
Metodo anatomo-clinico: i disturbi cognitivi presenti in un paziente al momento
dell’osservazione clinica sono correlati alla sede della lesione cerebrale riscontrata
nell’autopsia e da ciò si deduce che, in condizioni normali, quella zona rappresenti la base
neurologica della componente o delle componenti colpite dal danno cerebrale. Un contributo
fondamentale, grazie all’utilizzo della suddetta tecnica, fu portato dal neurologo francese
P.P.Broca.
Metodi di bioimmagine
metodi di indagine morfologica:
- l’applicazione di metodi computerizzati nel trattamento dell’
informazione ottenuta da apparecchi radiologici sempre più sofisticati ha portato alla
realizzazione di due strumenti di indagine neuroradiologica che permettono di diagnosticare,
con sorprendente accuratezza in vivo, la sede di una lesione cerebrale e di indagare, nei
soggetti normali, la eventuale
presenza di differenze
anatomiche fra i due emisferi
cerebrali che possano spiegare
in termini anatomici le
differenze funzionali: la TAC
(tomografia assiale
computerizzata), che sfrutta
fasci di radiazioni X, e la RM
(risonanza magnetica), che
utilizza un potente campo
magnetico. Rispetto alla TAC,
la RM permette di ottenere
una migliore risoluzione e la Figura 1: Immagine RM della corteccia cerebrale in sezione sagittale; vista mediale.
possibilità di rilevare immagini
secondo qualsiasi piano desiderato, ortogonale ed obliquo.
Frenologia: teoria secondo la quale le varie facoltà psicologiche sono localizzate in determinate aree dell’encefalo, il
1
cui sviluppo si può dedurre dalla forma esterna del cranio. 4
metodi di indagine funzionale:
- sono tecniche che consentono di definire in tempo reale, sia nei
pazienti sia nei soggetti sani, le zone cerebrali che si attivano durante l’esecuzione di un
compito cognitivo, la tomografia a emissione di positroni (PET), e la risonanza magnetica
funzionale (RMf).
registrazione e stimolazione intracranica:
- la stimolazione elettrica di zone della corteccia
cerebrale durante il corso di interventi chirurgici a pazienti svegli è stata usata, a scopo clinico,
per localizzare le aree cerebrali deputate al linguaggio così da evitarne l’ablazione in corso di
interventi per la rimozione di focolai epilettici.
stimolazione magnetica transcranica (TMS):
- è una tecnica non invasiva di stimolazione
cerebrale; consiste nell’applicazione in soggetti sani di un campo magnetico di forte intensità
creando una “lesione virtuale” così da inattivare per una frazione di secondo le zone cerebrali
sottostanti specifici processi cognitivi.
potenziali evento-correlati:
- è una tecnica non invasiva ed economica applicata allo studio delle
modificazioni dell’attività elettrica cerebrale, rispetto allo stato di riposo, durante l’esecuzione
di compiti cognitivi e in particolare durante l’elaborazione del linguaggio.
1.2 IL CERVELLO CHE PARLA
Uno sguardo sul sistema nervoso…
Per farci un’idea più precisa del modo in cui l’attività linguistica umana è innestata nel nostro cervello è
necessario introdurre alcuni concetti fondamentali sulla struttura e sul funzionamento del sistema nervoso.
Cominciamo col dire che le varie funzioni del corpo vengono regolate da una fitta rete di rapporti
intercorrenti tra il sistema nervoso centrale (SNC) e il sistema nervoso periferico (SNP). Il SNC comprende
due parti principali: l’encefalo e il midollo spinale, collegati al SNP da fasci di nervi che si diramano in tutto il
corpo.
Le cellule costitutive del sistema nervoso sono i neuroni. Si pensa che il cervello ne contenga
circa 100 miliardi e che quasi 10 miliardi si trovino nella corteccia cerebrale, sottile strato
superficiale di sostanza grigia ripiegato su se stesso. Queste unità strutturali hanno la funzione
di raccogliere le informazioni (impulsi nervosi) e di trasmetterle ad altre cellule dell’organismo
e comunicano tra loro grazie a processi elettrochimici, tramite contatti specializzati chiamati
sinapsi, i quali liberano speciali molecole chimiche note come neurotrasmettitori.
Il cervello, la parte più cospicua del sistema nervoso, è suddiviso in 3 regioni: il romboencefalo (che
comprende midollo allungato, ponte e cervelletto), il mesencefalo e il
prosencefalo,costituito da diencefalo e telencefalo. Quest’ultimo forma i
due emisferi, quello destro e quello sinistro, ciascuno dei quali è suddiviso
in 4 lobi destinati a svolgere funzioni specifiche: il lobo frontale (area
motoria), il lobo parietale (area sensoriale), il lobo temporale (area
uditiva)e il lobo occipitale(area visiva).
L’emisfero sinistro è da tempo riconosciuto come quello della parola.
Andiamo a vedere più precisamente quali sono le strutture cerebrali responsabili della nostra
capacità di usare il linguaggio verbale. 5
Breve introduzione all’anatomia del linguaggio
La scoperta delle aree specializzate per il linguaggio si deve in particolare a due neurologi dell’Ottocento: il
francese Paul Broca e il tedesco Karl Wernicke.
Nel 1861 Broca riportò, in una seduta della Società di Antropologia di Parigi, l’osservazione anatomo-clinica
di un paziente deceduto all’età di 51 anni e che circa 30 anni prima aveva perso la parola, con una riduzione
della capacità espressiva praticamente totale ; il paziente rispondeva ad ogni domanda con lo stereotipo
tan tan e non era in grado di ripetere alcuna parola ma comunicava in maniera sostanzialmente efficace
attraverso i gesti e/o variando l’intonazione del monosillabo. Quando, tuttavia, i suoi interlocutori non
comprendevano la sua mimica, andava facilmente in collera e aggiungeva al suo vocabolario una colorita
imprecazione, sempre la stessa (Sacrè Nom de Dieu!)
Di contro, la sua comprensione uditiva era normale, non dimostrava un deficit motorio nei movimenti dei
muscoli fono-articolatori in compiti non verbali quali la masticazione e la deglutizione e la sua capacità
intellettiva era considerata normale. Mounsieur Leborgne era deceduto per cause extracraniche e,
all’esame autoptico, Broca riscontrò gli esiti di una vasta lesione emisferica cerebrale centrata sul lobo
frontale e,in particolare, del piede della terza circonvoluzione frontale (fig. 2), la stessa che trovò
all’autopsia di un secondo paziente che, in seguito ad un ictus insorto un anno prima, poteva pronunciare
solo cinque parole: oui, non, toujuors, tois (una storpiatura di trois,tre, che usava per esprimere qualunque
numero) e Lelo, cattiva pronuncia del suo nome, Le Long.
Il neurologo presentò le due osservazioni così commentando:
“[…]l’integrità della terza circonvoluzione frontale (e forse della seconda)
sembra indispensabile per esercitare la facoltà del linguaggio articolato”.