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Sintesi
Storia: le Olimpiadi del 1936;

Filosofia: Friedrich Nietzsche (il superuomo);

Italiano: Primo Levi;

Scienze: il Dna;

Ed. fisica: alimentazione di gara.
Estratto del documento

consisteva di graziosi cottages in muratura, più ristoranti, sale di

ricreazione e sentieri per lo jogging. In occasione dei giochi alcune grandi

strade di Berlino vennero ribattezzate. Lo stadio non era semplice

contenitore di posti a sedere, ma una grandiosa concezione architettonica

ricca di colonne, capace di 100.000 posti. Nel programma dei

nazionalsocialisti rientrava il

tentativo di includere nella

loro festa pubblica – intesa a

trasmettere piacere e allo

stesso tempo ispirare

ottimismo, fede e l’idea della

necessità del duro lavoro –

tutti i tedeschi della

Germania. Alcuni aspetti dei giochi del 1936 segnarono un progresso

nell’elaborazione dei rituali totalitari. Un tentativo di attirare la

popolazione rurale tedesca alla festa fu “l’Olympia-Zug”, un corteo di

camion e rimorchi che percorse 10.000 chilometri circa per le campagne

del paese. I rimorchi trasportavano delle tende che, erette, diventavano

rappresentazioni di soggetti della Grecia classica, di atleti tedeschi, di arte

sportiva, modelli dei nuovi complessi sportivi a Garmisch e a Berlino,

nonché alcuni brevi film sonori degli atleti tedeschi in azione. Venivano

anche messe in mostra fotografie di propaganda nazista più convenzionale,

di esemplari e sorridenti battaglioni al lavoro, nonché delle panoramiche di

file e file di partigiani ai raduni di partito a Norimberga. Al di sopra di

tutto, la bandiera rossa bianca e nera del Terzo Reich, la svastica, era

onnipresente. Di molto maggiore interesse fu la “corsa della torcia

olimpica”, un’idea molto bella e originale, poiché non vi erano dei

prototipi né antichi né moderni. Vestite nei costumi ispirati da figure dei

vasi attici, ai primi di luglio del 1936 alcune ragazze greche con l’aiuto di

un’enorme lente Zeiss accesero una fiamma sul tempio di Era. Svariate

migliaia di staffette trasportarono poi la fiamma attraverso la Grecia, la

Bulgaria, la Jugoslavia, l’Ungheria, l’Austria e la Germania sino a Berlino

e, lungo la strada, furono oggetto d’interesse e parteciparono a suggestive

cerimonie seguite da milioni di persone. L’ultimo tedoforo era un biondo

berlinese vestito di bianco; ai suoi lati, tre per parte vi erano sei corridori

di colore vestiti di nero. Il gruppo avanzò velocemente all’unisono in

formazione a “V” fino allo stadio, dove il bel giovane lasciò gli altri e salì

da solo fino a un colossale braciere sistemato su un treppiede, e lì accese la

fiamma che dominò lo stadio per due settimane successive. Malgrado i

timori e le apprensioni, i nazisti, volendo evitare la vendetta degli altri

paesi, non ostacolarono la presenza di neri o ebrei nelle altre squadre. Di

fatto l’eroe sportivo dei giochi estivi fu Jesse Owens, un nero bellissimo e

ben piantato, proveniente dalla Ohio State University.

Owens vinse i 100 metri, nei quali eguagliò il

record olimpico, e i 200 metri; vinse anche come

staffetta nei 400 metri, nonché nel salto in lungo

nel quale stabilì un nuovo record olimpico. Il

pubblico allo stadio urlava: “Yes-sa Ov-ens” (così

infatti suonava il suo nome alla tedesca) quasi più

del nome di Hitler. Benché non fosse né un’atleta

né un tifoso, colui che in realtà vinse i giochi del

’36 fu il Fuhrer del Terzo Reich. Malgrado alcune

paure iniziali, i luogotenenti di Hitler, e tra loro

Carl Diem e Theodor Lewald, avevano dimostrato

a tutto il mondo che i nuovi tedeschi erano organizzatori capaci, generosi,

rispettabili e amanti della pace. Inoltre tutti i sistemi di punteggio

escogitati dai giornalisti all’opposto degli ideali olimpici( che affermano

che lottare e più importante che vincere) mostravano che per la prima volta

nella quarantennale storia dei giochi che i vincitori non erano americani,

ma tedeschi. Notevole fu anche che tutti i calcoli mostravano che gli

italiani del fascista Mussolini erano terzi, precedendo di molto i

democratici francesi; e anche i giapponesi, portatori di un’ideologia

patriottica e aggressiva, dominavano il paese che aveva inventato lo sport,

la Gran Bretagna. A partire dalla metà degli anni Trenta le manifestazione

sportive venivano trasmesse, di loro si scriveva su tutto il globo e i risultati

erano dappertutto interpretati come simboli portentosi. L’indicazione

poteva essere questa: che il totalitarismo e la sottomissione della volontà

individuale allo Stato aggressivo preannunciavano dei segni più concreti di

successo nella guerra, che molti temevano imminente. Mancano prove

conclusive del fatto che i vincitori dei giochi del 1936 fossero galvanizzati

da questi successi sportivi a ricercare vittorie politiche più sostanziali;

sappiamo però che Hitler in particolare fu molto galvanizzato dal trionfo,

da tutti riconosciuto, sia all’interno che sulla scena internazionale, della

sua festa, basata sui rituali pagani (benché molto nuovi) dello sport

moderno. Fu così che i giochi olimpici moderni assunsero la forma matura,

finanziati da uno Stato nazionale per portare avanti la politica interna ed

estera di quello Stato. Gli italiani e i giapponesi, tra gli altri, avevano

dimostrato in modo conclusivo che lo sport anglosassone, che si era

evoluto a partire dal volgere del secolo, non era specifico a una cultura, ma

che il programma sportivo moderno, così come l’industria moderna, si

prestavano ovunque all’impiego razionale delle risorse umane e alla

programmazione a lungo termine. La cornice teatrale e i simboli

“olimpici” erano tuttora in corso di aggregazione e di solidificazione;

tuttavia era stato elaborato un rituale sufficiente a permettere che le

manifestazioni fossero presentate in forme accettate e seducenti. Ora il

mondo era consapevole dell’esistenza di una nuova gamma di strumenti

atti a creare eroi.

Friedrich Nietzsche: La figura del superuomo

L’oltre-uomo è figura che vive interamente di un potente senso di

liberazione. Una liberazione che fa tutt’uno con il sì integrale alla vita,

perché una vita che è assenza di significato è anche un terreno libero sul

quale edificare e forgiare nuovi valori. La creazione di valori nuovi,

senza alcun fondamento nell’essere: questa è la forma nella quale l’oltre-

uomo benedice la vita, amando il suo destino (amor fati). Nell’oltre-uomo

è l’intera realtà a condensare la sua propria cifra, perché l’intera realtà si

vuole, eternamente, ed il suo divenire accidentale, casuale e caotico è però

anche un divenire necessario. È il tema dell’eterno ritorno dell’identico,

che Nietzsche intuì durante una passeggiata lungo le rive del lago di

Silvaplana, in alta Engadina, nell’agosto del 1881. Nell’infinità del tempo,

ogni singola disposizione di cose ed eventi, per quanto del tutto casuale, è

destinata a ripetersi infinite volte. La ricombinazione casuale degli

elementi della realtà la riporta infinite volte all’essere.. Diverso è però il

senso della dottrina dell’eterno ritorno in Nietzsche: la realtà che reduplica

all’infinito ogni suo frammento non è l’espressione di un invincibile

Logos, ma di una volontà che vuole se stessa. Nell’uomo che benedice la

vita è la vita a benedire, nella forma consapevole, se stessa. E, alla fine,

tutto riconduce al mistero del tempo: è scardinata la concezione lineare del

tempo, ossatura della mentalità radicalmente storica dell’uomo

occidentale,perché la benedizione della vita è l’ineffabile intuizione

dell’eterno che è in ogni frammento del tempo, frammento che non può

essere detto primo più che ultimo.

Friedrich Nietzsche:Vita

Nietzsche, Friedrich Wilhelm (Röcken 1844 - Weimar 1900), filosofo,

poeta e filologo classico tedesco, uno dei pensatori più importanti del XIX

secolo. Figlio di un pastore luterano, rimasto orfano in tenera età,

Nietzsche venne allevato dalla madre e dalla sorella. Dopo essere stato

ammesso alla celebre scuola teologica di Pforta, contrariamente alle

aspettative della madre, che l'avrebbe voluto pastore, Nietzsche studiò

filologia classica alle università di Bonn e Lipsia, diventando professore

della disciplina all'università di Basilea a soli 24 anni; in quell'epoca si

delinearono sempre più chiaramente le sue inclinazioni filosofiche. Fu

amico del musicista Richard Wagner, ma in seguito il loro rapporto

degenerò progressivamente e si ruppe nel 1878; da alcuni anni, tuttavia,

Nietzsche era malato e sofferente di crisi nervose; la salute cagionevole lo

aveva costretto al congedo dall'insegnamento nel 1876.

Nel 1889 fu colto da una grave forma di pazzia da

cui non si riprese mai; visse errando per l'Europa,

spesso ospite di amici e protagonista di complicate

vicende umane e sentimentali. Ricoverato dapprima

in clinica e poi curato dalla sorella Elisabeth, morì

nel 1900. Le opere

Nietzsche attinse ispirazione anche dalle opere di

Arthur Schopenhauer (da cui in un primo momento

ne condivide la filosofia per poi distaccarsene, si

parla infatti in Nietzsche di nichilismo attivo) e

dalla musica di Richard Wagner.

Tra le sue opere si ricordano: La nascita della

tragedia dallo spirito della musica (1872),

Considerazioni inattuali (1872-74), Così parlò

Zarathustra (1883-85), Al di là del bene e del male

(1886), Genealogia della Morale (1887), L'Anticristo (1988), La Gaia

Scienza (1882), Ecce Homo (1889).

Il sistema di Nietzsche

Partendo dal presupposto che Nietzsche voleva che le sue opere fossero

lette solo da lettori attenti che avessero il tempo necessario per assimilare

le teorie espresse, Nietzsche propone una filosofia sperimentale basandola

su di un sistema che è coerente fino ad un certo punto

(le conseguenze della morte di Dio).

Dionisiaco e Apollineo

Per esprimere la propria concezione estetica

Nietzsche ricorre alle figure mitiche greche. Secondo

Nietzsche la tragedia è la massima espressione

artistica e culturale della civiltà ellenica poiché in

essa si incontrano le due grandi forze che animano lo

spirito greco: l'Apollineo e il Dionisiaco. Apollineo

simboleggia l'inclinazione plastica, la tendenza alla forma perfetta, mentre

dionisiaco simboleggia l'energia istintuale, l'eccesso, il furore. Per

Nietzsche però a prevalere è il dionisiaco poiché l'apollineo è l'illusione

mentre il dionisiaco fa vedere all'uomo tutto l'abisso della sua condizione:

la vita è un gioco crudele di nascita e morte, è l'esperienza del caos.

La morte di Dio e le sue conseguenze

Secondo Nietzsche "Dio è morto" nel cuore dell'uomo e su questo grande

annuncio Nietzsche basa tutto il suo sistema filosofico traendone delle

logiche conseguenze. Varie sono le possibilità che si presentano all'uomo

dopo la morte di Dio: vivere la morte di Dio come la morte di tutti i valori

e vivere nell'angoscia; ragionare la morte di Dio come l'inizio di una nuova

epoca, come una liberazione; trovare una terza via nella quale l'uomo

capisca che deve andare avanti, ma nella quale ci sia anche una decadenza

dei valori poiché Nietzsche si presenta come il filosofo dell'ateismo.

Il nichilismo

Fra le tematiche più ricorrenti negli scritti di Nietzsche, ricchi di percorsi

argomentativi tra loro correlati, è rintracciabile la deriva etica e la

destituzione dei valori fondamentali per la vita individuale (rappresentati

soprattutto dal cristianesimo), fatto che egli definisce nichilismo termine

usato in un'accezione positiva dal filosofo tedesco per indicare la

negazione della morale consolidata e la sua sostituzione con un nuovo

sistema di valori; l'annientamento dei fondamenti morali e religiosi della

civiltà occidentale viene sintetizzata nella celebre affermazione: "Dio è

morto". Nietzsche è un grande scrutatore dell'animo umano poiché

analizza la decadenza dei valori. Per Nietzsche esistono due forme di

nichilismo: forte e debole. Il nichilismo debole critica gli uomini che

hanno ancora un legame fittizio e falso con la religione ("l'ultimo uomo").

Il nichilismo forte afferma che dopo la morte di Dio ci sono due forme di

uscita: l'eterno ritorno e il superuomo (e in questo offrire una via d'uscita

dal nichilismo si distacca da Schopenhauer).

L'eterno ritorno

Secondo Nietzsche la concezione di una storia lineare è fallace poiché la

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