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Sintesi

Introduzione Magia, tesina



La seguente tesina di maturità tratta del tema della magia.
Con il termine “magia” si indica una ipotetica tecnica che si prefigge lo scopo di influenzare gli eventi e di dominare con la volontà i fenomeni fisici e l’essere umano, ma se ci riflettiamo la magia e il mistero sono intorno a noi e hanno sempre accompagnato, in forme diverse, l’uomo nel suo cammino fino ai giorni nostri.

Collegamenti


Magia, tesina



Latino - Apuleio
Greco - Teocrito
Italiano - Luigi Pirandello
Storia - Hitler tra Esoterismo ed Occultismo
Filosofia - Kierkegaard
Geografia Astronomica - La Luna
Fisica - L'elettricità
Matematica - Lo studio di una funzione
Estratto del documento

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Ora offro la crusca. Tu, Artemide, anche l’adamante

dell’Ade smuoveresti, e se altro c’è di più saldo.

Testili, le cagne latrano per la città;

la dea è nei trivii; presto, fa’ risuonare il bronzo.

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Ecco, tace il mare, tacciono i venti,

ma non tace la mia pena dentro il mio cuore;

tutta ardo per lui, che di me misera

ha fatto una donna perduta, non più vergine, invece che sposa.

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Come questa cera io struggo con il favore della dea,

così si strugga d’amore all’istante Delfi di Mindo.

E come gira vorticosamente questo rombo di bronzo a opera di Afrodite,

così quello si aggiri presso la mia porta.

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Tre volte io libo, e tre volte, o veneranda, pronuncio queste parole:

che sia una donna a giacere al suo fianco, o sia anche un uomo,

egli tanto ne abbia di oblio, quanto dicono ne abbia avuto Teseo

un giorno a Dia per Arianna dei riccioli belli.

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Ippomane è una pianta d’Arcadia: per essa tutte

le puledre sui monti infuriano, e le veloci cavalle.

Così possa vedere anche Delfi. Ed entri egli in questa casa

Simile ad un folle, fuori dalla nitida palestra.

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Delfi ha perduto questa frangia del suo mantello,

ed io ora la sfilaccio e la getto nel fuoco selvaggio.

Ahimè. Amore tormentoso, perché nero sangue dal mio corpo

hai tutto bevuto, attaccandoti come palustre sanguisuga?

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

Pesterò una salamandra e domani gli porterò un beveraggio funesto.

Ma ora, Testili, prendi queste erbe magiche e impastale

sopra la sua soglia, fintanto che è ancora notte,

[…]

e di’ bisbigliando: «Impasto le ossa di Delfi».

Torquilla, attira tu alla mia casa quell’uomo.

[…]

Ero già a metà della strada, dov’è la dimora di Licone,

quando vidi Delfi, e insieme a lui Eudamippo, che camminavano.

La barba l’avevano più bionda dell’elicriso,

e i loro petti rifulgevano molto più di te, o Luna,

perché avevano appena lasciato la bella fatica della palestra.

Appendi, veneranda Luna, donde venne il mio amore.

Come lo vidi, all’istante impazzii, e di me misera il cuore

fu lacerato. La bellezza svanì, e di quella processione

non m’importò più nulla, né so come casa

sia ritornata; ma un ardente morbo mi devastava,

e giacevo nel letto per dieci giorni e per dieci notti.

Appendi, veneranda Luna, donde venne il mio amore.

E spesso il mio corpo diventava del colore del tapso,

e dal capo mi cadevano tutti i capelli; non mi rimanevano

ormai più che la pelle e le ossa. E da chi non andai,

la casa di quale vecchia trascurai, che facessi incantesimi?

Ma nulla era di sollievo, e il tempo passava veloce.

Appendi, veneranda Luna, donde venne il mio amore. 8

E così alla schiava feci questo aperto discorso:

«Su, Testili, trovami un rimedio al malanno che m’opprime;

il Mindio tutta mi possiede, misera! Va’ dunque,

e tienilo d’occhio alla palestra di Timageto:

è quello il posto che frequenta, là gli è caro intrattenersi.

Appendi, veneranda Luna, donde venne il mio amore.

E quando ti accorgi che è solo, fagli un cenno discreto,

e digli: “Simeta ti chiama”, e conducilo qui».

Così dissi, ed essa andò e condusse nella mia casa

Delfi dal corpo splendente; e io come lo sentii

che oltrepassava la soglia della porta con passo leggero,

appendi, veneranda Luna, donde venne il mio amore.

tutta gelai più della neve, e dalla fronte

il sudore mi scorreva copioso, simile a molle rugiada,

né riuscivo a proferir parola, nemmeno quanto balbettano

i bambini nel sonno, chiamando la mamma,

ma mi irrigidii nel bel corpo come fossi una bambola.

Appendi, veneranda Luna, donde venne il mio amore.

Teocrito propone una situazione topica, quella della gelosia, che appartiene a tanta parte della

letteratura greca: una donna, Simeta, nel cuore della notte, compie una serie di pratiche magiche

con l’aiuto della serva. Simeta è stata tradita dal suo uomo ed è presa da due sentimenti conflittuali,

la passione e il desiderio di vendetta, e in base a questi due opposti sentimenti ricorre

alternativamente alla magia bianca o alla magia nera. Per un verso desidera che il suo amante

muoia, per cui nel suo monologo fa riferimento ai vari atti di magia per auspicare la sua morte: «Ora

con sacrifici voglio legarlo. Orsù, Selene, a te sommessi incantesimi dirò […]. Salve Ecate tremenda,

sino al termine siimi compagna; fa’ questi farmaci non più deboli di quelli di Circe né di quelli di

Medea». I propositi di Simeta sono propositi di morte; allude a Medea e ai filtri di cui ella si servì per

procurare la morte dei figli e della rivale. Però al tempo stesso Simeta si rivolge alla Luna e quindi

introduce un elemento sentimentale che le permette di rievocare la sua storia d’amore,

dall’innamoramento iniziale al primo incontro vero e proprio, fino all’infelicità. Pertanto nell’Idillio

di Teocrito convivono il desiderio di distruzione e un dolce sentimento di pietà, sia per l’uomo che

per se stessa. E mentre Simeta invoca la Luna, elenca le sue pratiche magiche e i filtri che va

preparando: farina d’orzo da cospargere, le ossa di Delfi, l’alloro da bruciare, la crusca, le erbe

dell’Arcadia, una salamandra pesta etc… L’intero rito magico è scandito da un ritornello o, se

vogliamo, da un verso formulare alla maniera di quelli omerici: «Torquilla, porta quell’uomo a casa

mia!». La torquilla era una ninfa che con la magia era riuscita ad attirare su di sé l’attenzione di Zeus,

ma per questa ragione era stata punita da Era e trasformata in un uccelletto che nel periodo degli

amori esegue un rituale di corteggiamento. Simeta la invoca perché è il simbolo della magia che ha

la capacità di influire sulla persona amata.

La parte finale del componimento si lega a quella iniziale: Simeta è stata informata del

tradimento del fidanzato e ritorna al progetto originario, cioè quello di ucciderlo: «Di me si è

dimenticato? Ora con questi filtri lo legherò. E se mai ancora mi tormenta, la porta dell’Ade batterà».

9

{CIÀULA E IL MISTERO DELLA SCOPERTA}

Ho selezionato questo brano, ricavato dalle Novelle per un anno di Luigi Pirandello, perché, a mio

giudizio, illustra efficacemente la tematica che intendo sviluppare nel mio percorso. Sappiamo che

l’opera di Pirandello è attraversata da alcuni temi tipici dei primi decenni del Novecento: il doppio,

l’identità, la maschera ecc. A pensarci bene, tutte queste tematiche possono trovare un comune

denominatore in una tematica più ampia, ossia il mistero. Nell’indagine sull’uomo, non sembrò

forse misterioso a Pirandello che egli tenti sempre di apparire quel che non è o che emerga

un’immagine che non sempre corrisponde alla realtà? Non è un mistero lo sdoppiamento

dell’identità, a volte anche la mancanza di un vero e proprio volto? Ma nel caso del protagonista

della nostra novella l’elemento misterioso è ancora più evidente perché ha la capacità di

modificare la percezione del mondo attorno a lui.

L. Pirandello, Ciàula scopre la luna, da Novelle per un anno

[…] Attraversando le gallerie, quella sera, non gli era venuto il solito verso della cornacchia, ma un gemito

raschiato, protratto. Ora, su per la scala, anche questo gemito gli venne meno, arrestato dallo sgomento

del silenzio nero che avrebbe trovato nella impalpabile vacuità di fuori.

La scala era cosí erta, che Ciàula, con la testa protesa e schiacciata sotto il carico, pervenuto all’ultima

svoltata, per quanto spingesse gli occhi a guardare in su, non poteva veder la buca che vaneggiava in alto.

Curvo, quasi toccando con la fronte lo scalino che gli stava sopra, e su la cui lubricità la lumierina vacillante

rifletteva appena un fioco lume sanguigno, egli veniva su, su, su, dal ventre della montagna, senza

piacere, anzi pauroso della prossima liberazione. E non vedeva ancora la buca, che lassú lassú si apriva

come un occhio chiaro, d’una deliziosa chiarità d’argento.

Se ne accorse solo quando fu agli ultimi scalini. Dapprima, quantunque gli paresse strano, pensò che

fossero gli estremi barlumi del giorno. Ma la chiaría cresceva, cresceva sempre piú, come se il sole, che egli

aveva pur visto tramontare, fosse rispuntato.

Possibile?

Restò – appena sbucato all’aperto – sbalordito. Il carico gli cadde dalle spalle. Sollevò un poco le braccia; 10

aprí le mani nere in quella chiarità d’argento.

Grande, placida, come in un fresco, luminoso oceano di silenzio, gli stava di faccia la Luna.

Sí, egli sapeva, sapeva che cos’era; ma come tante cose si sanno, a cui non si è data mai importanza. E che

poteva importare a Ciàula, che in cielo ci fosse la Luna?

Ora, ora soltanto, così sbucato, di notte, dal ventre della terra, egli la scopriva.

Estatico, cadde a sedere sul suo carico, davanti alla buca. Eccola, eccola, eccola là, la Luna… C’era la Luna! La

Luna!

E Ciàula si mise a piangere, senza saperlo, senza volerlo, dal gran conforto, dalla grande dolcezza che sentiva,

nell’averla scoperta, là, mentr’ella saliva pel cielo, la Luna, col suo ampio velo di luce, ignara dei monti, dei piani, delle

valli che rischiarava, ignara di lui, che pure per lei non aveva più paura, nè si sentiva più stanco, nella notte ora piena

del suo stupore.

Uno dei primi elementi da notare nel racconto di Pirandello è che quanto ci viene detto dal titolo

appare soltanto nell’ultimissima parte del brano: il succo della vicenda, cioè il mistero della scoperta,

occupa solo l’ultimissimo segmento della novella. È come se l’autore volesse preparare il lettore.

Pirandello, quindi, crea un piacevole effetto suspense, ritardando il più possibile la “scoperta”. È la

tecnica narrativa del mistero. Come si vede, l’elemento del mistero appartiene sia alla storia sia alla

maniera con cui la storia è raccontata. Tutta la novella è quasi una lunga digressione in preparazione

dell’evento finale. Tutto si carica di mistero, anche l’ambientazione: nel racconto di Pirandello

prevale il paesaggio notturno o, comunque, numerosi sono i riferimenti alla notte; anche il fatto che

i protagonisti lavorano in una miniera inserisce un ulteriore elemento di mistero: si tratta del classico

topos del luogo chiuso, sconosciuto, inesplorato. Eppure non è questo che spaventa Ciàula. Anzi, il

ragazzo mostra di avere una certa dimestichezza con i sotterranei poiché vi era abituato sin da

bambino. Tutta la meraviglia del protagonista, invece, deriva dall’inattesa scoperta della luce nelle

ore notturne. Pirandello oppone, quindi, un “lessico delle tenebre” a un “lessico della luce” e,

paradossalmente, fa sorgere il mistero dalla luce e non dalle tenebre. Si tratta del mistero della

meraviglia, della scoperta di ciò che è inatteso. Possiamo parlare di un fenomeno misterioso e quasi

magico, cioè quello che permette all’uomo la conoscenza delle cose: in una novella che si presenta

come il simbolo del tema della solitudine dell’individuo e della sua impossibilità di comunicare con

gli altri, Pirandello consegna alla luna il compito di avere pietà di Ciàula, questo povero ebete al

quale però rimane la grande possibilità di sbalordirsi, di stupirsi, di compiere la magia delle cose

belle. 11

{THE WIZARDING WORLD OF HARRY POTTER}

The magic is a very common theme in the contemporary literature. One of the most important

novels, that exalts the magical arts, is the famous Harry Potter.

Harry Potter is a series of fantasy novels divided into seven volumes, created by J. K. Rowling at

the beginning of the 90’s and materialized between 1997 and 2007.

J. K. Rowling’s “Harry Potter” saga illustrates the tendency of many contemporary novelists who

use young people as the heroes of their novels. Children are not described in their psycological

development but play instead roles which are central to the plot and incidents of the story.

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