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Sintesi
Tra Magia e Leggenda...
Introduzione

Il termine magia fu coniato in Grecia per indicare prima la religione e poi l’arte dei Magi persiani che consisteva nell’efficacia e nella potenza dei loro riti utilizzati in funzione divinatoria, guaritrice e di fattucchieria. In seguito, con l’affermarsi del Cristianesimo, veniva definito magico ed eretico tutto ciò che andava contro le forme di religione tradizionali.
Per leggenda, invece, si intende un racconto molto antico di dubbia veridicità, come il mito, la favola e la fiaba, e che fa parte del patrimonio culturale di tutti i popoli, appartiene alla tradizione orale e nella narrazione mescola il reale al meraviglioso. La parola deriva dal latino “legenda” che significa "cose che devono essere lette", "degne di essere lette" e con questo termine, un tempo, si voleva indicare il racconto della vita di un santo e soprattutto il racconto dei suoi miracoli.
In seguito la parola acquistò un significato più esteso e oggi indica qualsiasi racconto che presenti elementi reali ma trasformati dalla fantasia, tramandato per celebrare fatti o personaggi fondamentali per la storia di un popolo, oppure per spiegare qualche caratteristica dell'ambiente naturale e per dare risposta a dei perché.
Questo argomento è sempre stato fonte di interesse per me ed è proprio per questo motivo che ho deciso di parlarne, approfondendolo e estendendolo a tutto ciò che ho studiato durante quest'ultimo anno scolastico. Per quanto possano sembrare primitivi la magia e le leggende hanno sempre influenzato l'uomo ed è sorprendente come continuino persino ai giorni nostri.
Italiano: La Chimera di Sebastiano Vassalli racconta della storia di Antonia, accusata di essere una strega e giustiziata poichè "troppo bella". E' l'esempio di come le credenze popolari possano insinuarsi nella mente dell'uomo a tal punto da rovinare la vita di un'altro essere umano. E, nella letteratura, una ripresa del modello manzoniano nel neorelismo nel 1900.
Greco: L'incantatrice di Teocrito, storia di Simeta che compie un rito magico per riconquistare l'amore di Delfi, l'uomo che l'ha prima sedotta e poi abbandonata.
Latino: Le Metamorfosi di Apuleio, nelle quali vi si racconta la storia di Lucio trasformato ,a causa di un errore, in asino piuttosto che in uccello. Lo stesso Apuleio venne accusato di essere un temibile mago che faceva uso di magia nera.
Inglese: The Waste land di Eliot il quale utilizza nelle sue opere il mythical method, raccontando la leggenda della ricerca del sacro Graal e del Fisher King .
Filosofia: Totem e tabù di Sigmund Freud dove influenzato dal filosofo Frazer, analizza il misticismo presente nelle popolazioni primitive, la relativa nascita delle religioni totemiche e di come ciò abbia influenzato le generazioni future.
Storia: Seconda guerra mondiale. Alcune teorie affermavano la presenza di un collegamento tra l'esoterismo e la figura di Hitler, il quale secondo alcuni era addirittura alla ricerca del sacro Graal per il quale avrebbe ordinato alcune spedizioni come quella del 1944 in Oradourt, paesino della Francia.
Geografia Astronomica: Il magnetismo terrestre e solare come causa scientifica delle affascinanti aurore boreali, sulle quali vengono narrate tantissime leggende riguardanti la loro origine specialmente nelle regioni nordiche, dove i popoli primitivi,incapaci di dare una spiegazione al fenomeno ne attribuirono cause divine.
La “Chimera” può essere classificata tra le prime opere della maturità di Sebastiano Vassalli. Egli offre in essa un quadro nichilistico della realtà storica, una visione pessimistica che emerge anche in altre sue opere. Rumore, violenza ed egoismo sono gli aspetti del nostro vivere moderno, che fanno maturare la convinzione di un mondo che si incammina irreversibilmente verso il degrado. Il migliore atteggiamento con il quale l’uomo può porsi nei confronti di una società satura di falsi valori è quello di non averne. Nel suo romanzo, Vassalli rappresenta un filo conduttore tra presente e passato, in questo caso quello di una giovane ragazza che in nome di estremi ideali religiosi si trasforma nella mitologica chimera che sputa fuoco, con testa di leone, corpo di capra e coda di serpente, capro espiatorio di una società in crisi. Ma la chimera è anche un sogno fantastico, l’illusione di perdersi in un mondo antico, di vagheggiare un luogo ancora inalterato dalla negatività dell’uomo, e scoprire però che questo non esiste e non è mai esistito, perché l’uomo era, è, e sempre sarà uomo. E sempre esisteranno anche persone come Antonia, la protagonista, colpevole solo di essere un’esposta, di essere bella in un mondo in cui la bellezza è sintomo di un intervento diabolico, di essere sensibile davanti alla terribile visione della povertà e della sofferenza umana. Cresciuta in un convento insieme ad altre esposte, il suo destino sembra essere già segnato a partire da tutta una serie di brevi ma significativi eventi che la accompagnano fino al giorno della sua esecuzione. Protagonisti di questo romanzo sono principalmente due: Il popolo e il Seicento. L’epoca del romanzo è caratterizzata dall’ingiustizia e dalla violenza che si manifesta nella persecuzione dei vagabondi e degli eretici, nella caccia alle streghe, ma anche all’interno delle mura domestiche e tra i vicini di casa. Ovunque nelle campagne all’inizio del Seicento la notte del sabato era una notte maledetta: infatti l’indole violenta della gente dell’epoca impediva alle donne di uscire di casa; ma anche all’interno delle mura domestiche non potevano considerarsi al sicuro, essendo soggette agli abusi dei padri e dei mariti. Ma il personaggio più accuratamente descritto è il popolo, con le sue paure, la sua povertà, ma anche la crudeltà di fondo che lo anima, la sua parte bestiale. Essa emerge in uno dei momenti più significativi della intera vicenda, nella processione alla quale partecipa una moltitudine di contadini, servi, camminanti esultanti, e che porterà Antonia al “dosso dell’albera”, dove si ritiene che ella abbia consumato i suoi atti peccaminosi, ma dove in realtà visse solamente una sfortunata storia d’amore, che pagherà con la vita. La chimera non esiste, e l’intero romanzo è un’argomentazione a favore di questa tesi: l’uomo la cerca quando ha paura del presente che lo circonda, trovandola solo nella sua immaginazione. Solo al termine del congedo Vassalli svela effettivamente il vero volto della chimera, “Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto”, ma che secondo una visione alquanto atea dell’autore non può esistere che nella mente di un uomo impaurito. La “ Chimera” può essere paragonata ai “Promessi Sposi”, perché entrambi s’ispirano ad un manoscritto, il quale è la fonte degli elementi storici sui quali è costruito il romanzo. Entrambi hanno la religione come tema dominante anche se vista con ottiche differenti. Proprio per alcune similitudini tra i due romanzi che Vassalli viene considerato una sorta di anti-Manzoni.

Nell'anno 155, in viaggio alla volta di Alessandria, Apuleio si ferma ad Oea dove incontra Ponziano, che lo convince a sposare sua madre, la vedova Pudentilla, tre anni dopo viene tratto in giudizio da i parenti di lei sotto l'accusa di aver indotto la donna al matrimonio, ricorrendo alle arti magiche. Il processo si celebra a Sabratha difronte al tribunale presieduto da Claudio Massimo. Apuleio pronuncia la propria autodifesa, la cosiddetta 'Apologia' o 'De Magia' non si sa come si concluse il processo, molto probabilmente con un verdetto di assoluzione. Il De Magia è l'unica orazione giudiziaria di etá imperiale a noi pervenuta, molto probabilmente l'intero discorso è frutto di una elaborazione successiva. L'imputazione che i parenti avevano attribuito ad Apuleio era assai grave: la magia cadeva sotto i provvedimenti di una legge sillana dell'81, che prevedeva anche la pena di morte. L'orazione si articola in 3 parti: nella prima parte Apuleio respinge tutta una serie di accuse minori; la seconda parte vede da prima Apuleio a sfatare le false credenze diffuse a proposito della magia, poi a confutare specifiche prove spiegando che le pretese pratiche illecite di magia sono tali soltanto per gli ignoranti e che in realtà si tratta di studi zoologici ed esperienze mediche. La terza parte entra nel merito particolare del suo matrimonio. Apuleio a dimostrazione del proprio disinteresse produce il testamento di Pudentilla che istituisce erede principale non il marito, ma il figlio Pudente. Durante il processo Apuleio riserva agli accusatori sarcastiche invettive, si rivolge al giudice Claudio Marcello poiché unico interlocutore in grado di apprezzare e condividere le sue ragioni in quanto sembra voler fondare l'autodifesa sull'esibizione della propria schiacciante superiorità culturale, infatti, rende il suo discorso ricco di citazioni letterarie e digressioni erudite. Come si vede l'Apologia sembra situarsi all'incrocio fra due differenti generi oratori, dentro la cornice di orazione giudiziaria si aprono vaste zone di eloquenza epidittica, tanto che si è persino dubitato dell'effettiva destinazione processuale dell'opera, volendo piuttosto riconoscere in esso una raffinata costruzione tutta letteraria, un compiaciuto "autoritratto del filosofo" in forma di conferenza. Anche a livello stilistico, nella tessitura dell'orazione si intrecciano gli influssi di modelli diversi. In primo luogo, Cicerone, punto di riferimento dell'oratoria giudiziaria. Ciceroniana è la struttura del periodare così come la tecnica dello smantellamento delle accuse soprattutto nell'incalzante perorazione finale. Ma l'ornamentazione retorica risente del gusto contemporaneo delle scuole, per esempio il gioco delle antitesi e l' accumulo di figure. Resta aperta la questione della reale posizione di Apuleio nei confronti della magia: non del tutto risolutiva appare infatti la distinzione tra le due specie di magia, che dovrebbero costituire il cardine dell'intero discorso. Labile, la distinzione è apparsa interessante in quanto sembra poter offrire una chiave interpretativa per le manifestazioni del magico nelle Metamofrosi. Il romanzo può essere letto come una sconfessione della magia deteriore o stregoneria e un'esaltazione di quella "magia" positiva che fa tutt'uno con la conoscenza del vero e con l'autentica devozione religiosa. Devozione riscontrabile fin da subito in questo romanzo, secondo dopo il Satyricon di Petronio, in quanto diviso in undici libri: questo numero presente più volte all’interno dell’opera ha un valore simbolico, infatti erano proprio undici i giorni che bisognava attendere per essere iniziati al culto di Iside. Protagonista della storia è Lucio che si reca in Tessalia e viene accolto dalla maga Panfile, dalla quale vuole essere trasformato in uccello dopo aver visto lei trasformarsi in gufo. A questo scopo si fa aiutare dall’ancella Photis, dopo averla sedotta. A causa di uno scambio di unguenti Lucio viene trasformato in asino. Alla fine del romanzo, dopo tanti avvenimenti, Lucio invoca la dea Iside , che allegoricamente rappresenterebbe la magia “bianca”, affinchè lo aiuti a ritornare umano e questa gli appare in sogno dandogli le istruzioni per la sua redenzione. Tutto il romanzo può essere letto sotto una chiave allegorica, ovvero come viaggio purificatorio per intraprendere una strada religiosa. è come se Apuleio stesso volesse distinguere la magia, intesa come stregoneria, distaccandosene dalla “magia” divina, religiosa.

L'incantatrice appartiene al corpus letterario di Teocrito e rientra nei così detti "mimi urbani" caratterizzati da uno sfondo cittadino a differenza degli idilli bucolici dove l'ambientazione è tipicamente agreste. Infatti, il rito magico descritto nell'incantatrice viene celebrato in riva al mare in una notte di plenilunio. La protagonista della vicenda è Simeta, che insieme all'ancella Tesili, personaggio muto, compie un rito magico per riconquistare l'amore di Delfi, l'uomo che l'ha prima sedotta e poi abbandonata. Alla cerimonia vera e propria, descritta in tutti i particolari e scandita da un verso-ritornello in funzione di formula magica, segue il racconto che la donna fa della sua i infelice storia, i cui diversi momenti sono anch'essi sottolineati dal ricorrere di un verso intercalare contenente un'invocazione a Selene. Teocrito nello scrivere quest'opera prende certamente spunto dal mimo "Donne che dicono di tirar giù la luna" del suo conterraneo Sofrone, proponendosi così come continuatore di una tradizione, ma al tempo stesso come suo innovatore tramite l'uso dell'esametro al posto della semplice prosa e attingendo il suo humus da quelle diffusissime forme d'arte drammatica popolare che precedono persino lo stesso Sofrone e che avevano indotto Aristotele a definire "connaturata negli uomini" la tendenza all'imitazione; però è anche vero che egli, nel cimentarsi in questo genere letterario, si rivela tipico esponente della poesia del suo tempo nell'impegno di certi mezzi stilistici e formali: oltre all'uso dell'esametro, quello del d'oro o letterario. Nell'incantatrice amore e magia si intrecciano in modo inquietante. Il verso intercalare che assume la funzione di formula magica, presenta un indubbio interesse di tipo antropologico e etnografico: i gesti che Simeta compie, gli oggetti che adopera, le parole che pronuncia riproducono realisticamente rituali presenti, in forme più o meno simili, in tutte le culture primitive e tutt'altro che scomparse anche in quelle apparentemente civilizzate come la nostra. Tema predominante in questo mimo è l'eros che ci viene presentato non solo nei suoi devastanti effetti, come accadeva nei poeti antichi, per esempio Saffo, ma anche come processo che ha una sua nascita e un suo progressivo sviluppo, oltre ad essere analizzato in tutte le sue implicazioni psicologiche ed emotive. Già Euripide aveva scandagliato l'animo femminile divorato dalle passioni irresistibili e rovinose come Medea che però era pur sempre un'eroina. Simeta è forse il primo personaggio veramente "borghese", come "borghese" è l'ambiente entro il quale si muove, quello appunto della città ellenistica. In questo scenario quotidiano Simeta leva il suo lamento di donna umiliata e offesa, piegata nel corpo e nell'anima da una passione che minaccia di traboccare nella vendetta e nell'odio. Un altro importante tema è quello della magia, caro alla letteratura ellenistica, come abbiamo visto nelle Argonautiche di Apollonio Rodio: Simeta tuttavia è ben diversa da Medea; è una ragazza semplice, di livello culturale non elevato e di estrazione sociale modesta, tanto che per vestirsi in onore della festa di Artemide deve chiedere in prestito il mantello alla sua amica. Per ottenere che l’amante torni da lei, si serve della torquilla, cioè della ruota magica (La torquilla prende il nome da una ninfa che, con la magia, era riuscita ad attirare su di sé l’attenzione di Zeus; perciò Era l’aveva trasformata nella torquilla, un uccelletto che, nel periodo degli amori, esegue un curioso rituale di corteggiamento, imprimendo al collo rapidi movimenti di torsione, simili a un percorso di andata e ritorno. Per questo motivo si credeva che la bestiola avesse la capacità di influire sulla persona amata, riportandola indietro, se veniva legata a una ruota, che portava il suo stesso nome e che veniva fatta girare velocemente avanti e indietro con un sistema di cordicelle) anche se quando scopre del tradimento del suo amato pensa per un momento di ucciderlo con un potente filtro che custodiva in un cofanetto, ricordando con questo gesto la terribile Medea. Tuttavia, nel rievocare e nell’analizzare il suo amore, Simeta sembra raggiungere una maggiore serenità. Il tormento della passione, la “malattia” d’amore, durante la narrazione, sembrano placarsi, lasciando spazio alla rassegnazione e alla stanchezza. Ora l’immagine dell’amante infedele si dilegua a poco a poco, per lasciare spazio alla sensazione struggente del tempo che passa, scandito dalla consapevolezza della propria solitudine, che tuttavia si placa lievemente alla vista del paesaggio lunare. In contrasto con il personaggio maschile, privo di qualsiasi processo evolutivo, la figura di Simeta, attraverso l’analisi della propria sofferenza, acquisisce una maturità e una consapevolezza prima sconosciute. Ora la fiducia nella magia è scomparsa e, dopo aver accennato ai terribili poteri del filtro assiro, Simeta contempla lo splendore lunare nella quiete della notte serena, senza pensare più ad evocare la dea per averla complice di stregonerie, ma perché sia testimone della rassegnazione con cui ella accetta il proprio destino.

“Ma la magia è cosa ben diversa; essa, in definitiva, non tiene conto degli spiriti, e si vale invece di speciali procedure, non della banale metodica psicologica. Ci renderemo facilmente conto che la magia costituisce la parte più originaria e più importante della tecnica animistica, dato che fra i metodi con cui si usa trattare con gli spiriti ci sono anche quelli magici, e la magia viene applicata anche in casi in cui secondo noi, non è stata ancora realizzata la spiritualizzazione della natura.”
da ‘Totem e Tabù’’, Sigmund Freud (p. 90)
Secondo Freud, l’uomo ha elaborato, nel corso della storia, tre sistemi di pensiero, ovvero tre grandi concezioni del mondo: quella animistica (mitologica), quella religiosa e per finire quella scientifica.
La prima è stata quella animistica. La psicoanalisi ritiene che gli uomini si siano impegnati nella creazione del loro primo sistema universale certamente non per una mero desiderio di speculazione. Freud sostiene che, è stato il bisogno pratico di padroneggiare il mondo ad aver alimentato lo sforzo speculativo.
Il sistema animistico infatti è corredato da insieme di istruzioni finalizzato ad assoggettare cose, animali, uomini o spiriti.
Tali istruzioni sono conosciute con i nomi di “incantesimo” e “magia” e possono essere considerate le tecniche dell’animismo. Per incantesimo si intende fondamentalmente l’arte di influenzare gli spiriti, trattandoli come se fossero uomini, cioè placandoli, accordandoseli, ingraziandoseli, intimorendoli, togliendoli il loro potere, assoggettandoli alla propria volontà ecc... La magia invece prescinde dagli spiriti, in quanto deve servire a diversi scopi: dominare la volontà dell’uomo, assoggettare i fenomeni naturali, proteggere da nemici e dai pericoli, conferire il potere di danneggiare i nemici. Tra le tecniche di magia più diffuse per colpire un nemico c’è quella che consiste nel farsi un’effigie di lui con un materiale qualsiasi e da quel momento, ciò che viene fatto all’immagine accadrà anche al nemico. Un’altra tecnica di magia molto usata è quella in cui, venuti in possesso dei capelli, unghie, parti degli abiti del nemico, si compie un atto ostile contro questi oggetti.
Il principio alla base della magia e del pensare animistico è quello della “onnipotenza dei pensieri” - contenuto nel terzo saggio dell’opera ‘Totem e Tabù’ - una proiezione della vita mentale interiore verso il mondo esterno. Questa costruzione immaginaria della realtà è riconoscibile anche nei pensieri ossessivi, nei disturbi deliranti e nelle fobie. Freud commenta che l'onnipotenza del pensiero è stata relegata al regno magico dell'arte.
L'ultima parte del terzo saggio conclude l'esistenza di un rapporto tra magia, superstizione e tabù, sostenendo che le pratiche del sistema animistico sono schermi che celano la repressione degli istinti dettata dalla società.
La società nel suo insieme svolge quindi una funzione “educativa” in quanto induce all’interiorizzazione di norme, divieti e di inibizioni. In Totem e Tabù Freud prende le mosse dell’antropologia evoluzionistica del Positivismo, richiamandosi alle opere di Frazer , Tylor e McLennan, e traendo da esse la documentazione a supporto delle sue tesi. Egli propone una spiegazione del totemismo e del tabù dell’incesto la quale, seppure oggetto di aspre critiche da parte della maggioranza degli antropologi, avrà notevole risonanza. Il totemismo indica l’insieme delle concezioni magico-religiose che associano a un animale, o comunque a un elemento della natura, una particolare sacralità, identificandolo con l’antenato comune di un clan. Ha l’importante funzione di determinare l’appartenenza di ogni membro di una comunità a uno dei segmenti in cui essa si suddivide. Freud fa proprie le teorie evoluzionistiche secondo cui la primitiva organizzazione sociale sarebbe stata costituita dall’orda promiscua, dominata da un adulto maschio che aveva il diritto esclusivo sulle donne, non permettendo ai giovani di congiungersi con esse. Ribellandosi a questo stato di cose, i giovani uccidono il padre cibandosi poi delle sue carni per assimilarne il potere e la forza. Questo gesto produce la nascita di un forte senso di colpa, da cui hanno origine i tabù, che rendono possibile l’organizzazione sociale, quello dell’incesto e quello dell’uccisione del sostituto paterno. Questo processo dà luogo alla coscienza morale. Poi avanza un'ipotesi sulla sopravvivenza del totemismo nella psiche infantile, sviluppando l'idea che il totem simboleggi il padre, che il bambino teme e venera allo stesso tempo. Un atteggiamento analogo sarebbe osservabile presso tutti i popoli nei confronti del capo o del re. Tenendo conto di questa ambivalenza fra odio e rispetto, invidia e venerazione dei sudditi, figli, verso il sovrano, padre, si può risalire alla situazione preistorica da cui hanno avuto origine le organizzazioni totemiche e quindi le prime istituzioni sociali, morali e religiose dell'umanità. Per comprendere il passaggio da una civiltà primitiva a una civilizzata bisogna spostare la questione sulla relativa origine della religione. L' animale totemico, già identificato simbolicamente con il padre, riceve un'ulteriore caratterizzazione simbolica che finisce per trasfigurarlo come Dio, vale a dire come il Padre. L’elemento di mediazione che consente questa serie di passaggi ,dai rituali totemici alle religioni monoteiste, è individuato nel pasto totemico, che rievoca l'evento originario dell'intera vicenda storica: l'uccisione del padre. Anche il cristianesimo rivela così la sua origine arcaica, esattamente nel desiderio di riconciliazione col padre offeso. Simbolo evidente della continuità tra la vicenda del sacrificio del Figlio e il primitivo pasto totemico sarebbe il sacramento dell'eucarestia, mediante cui i fratelli, nutrendosi del corpo del dio, celebrano il rito dell'espiazione per identificazione. “Il nostro sguardo” dice Freud “persegue attraverso il trascorrere dei tempi l'identità del banchetto totemico col sacrificio animale, col sacrificio degli dèi incarnati e con la Comunione, e riconosce in tutte queste solennità la conseguenza del crimine che ha tanto oppresso gli uomini (col senso di colpa) e del quale tuttavia essi dovettero andare così superbi. Ma il sacramento cristiano è, in fondo, una nuova eliminazione del Padre, una ripetizione dell'azione da espiare”.

Eliot was the greatest British-American poet of our century. The most significant and influential poem in his first creative stage is The Waste Land. Considered by some critics the poetic equivalent of Joyce’s Ulysses, the poem is the increasingly hallucinating description of a vast “waste” landscape, both physical and symbolic, in which myth and reality overlap. For this poem, Eliot drew above all on two famous works on anthropology, James Frazer’s The Golden Bough: A Study in Magic and Religion and Jessie L. Weston’s from Ritual to Romance. Frazer therefore provided information about primitive myth and sacrificial rituals to ensure the continuing cycle of the seasons.
But it was Weston’s book that actually inspired the main theme of the poem through her account of the Fisher King and the Grail legend. She in fact narrates how, in a kingdom called Waste Land, the ruler, the Fisher King, the country lies under a terrible curse; all sources dry up and the whole land becomes sterile. The curse can only be lifted by the arrival of a stranger, who, however, must know the meaning of the Grail symbols. The stranger arrives and starts on his quest for the Holy Grail, but in the end he fails. Jessie Weston sees the story of the Waste Land and of the Grail legend in terms of fertility rites and sexual symbolism, and it is on this interpretation that Eliot bases his poem. There is no plot in the poem, but only a sequence of images, sometimes ambiguous, apparently unconnected and open to various interpretations, but linked to each other by the technique of “association of ideas”.
All the fragmentary passages seem to belong to one voice relating to a multiple personality beyond the limits of space and time. He is Tiresias. The poem consist of five section:
“The Burial of the Dead”, which centres on the basic opposition between sterility and fertility, life and death;
“A Game of Chess”, which juxtaposes the present squalor to a past ambiguous splendor;
“The Fire Sermon”, where the theme of present alienation is rendered through the description of a loveless, mechanical, squalid sexual encounter;
“Death by Water”, which reinforced the idea of spiritual shipwreck;
“What the Thunder said”, which evokes religions from East and West: a possible solution is found in a sort of sympathy with other human beings.
All these fragmentary parts have one main theme running through them: the contrast between the fertility of a mythical past and the spiritual sterility and chaos of the present world.
The fragmentation of this poem reflects the decay of western civilization caused by World War I and by those forces operating under the name of modernity. The method used by Eliot is the same mythical method used by Joyce in Ulysses, it consists to express actual problems using the myth.
The style of The West Land is fragmentary because of the mixture of different poetic styles, thus reproducing the chaos of the present civilization. Eliot requires the active participation of the reader, by employing the technique of implication. Metaphor and symbol replace direct statement; to this purpose, Eliot adopted the technique of the objective correlative. The poet explain this technique in this way : “The only way of expressing emotion in the form of art is by finding an “objective correlative”; in other words, a set of object, a situation, a chain of event which shall be the formula of that particular emotion; such that when the external facts, which must terminate in sensory experience, are given, the emotion is immediately evoked.” Therefore if writers or poets or playwrights want to create an emotional reaction in the audience, they must find a combination of images, object, or description evoking that appropriate emotion. From the French Symbolism Eliot derived the technique of juxtaposition: squalid elements are juxtaposed whit poetic ones.

Secondo molti storici il Nazismo avrebbe avuto una influente cultura esoterica che ne avrebbe caratterizzato le azioni; questa cultura sembra partire proprio dal fondatore del partito, Adolf Hitler. Conquistò il potere cavalcando lo scontento e l'orgoglio ferito del popolo tedesco, a causa della sconfitta nella prima guerra mondiale e della grave crisi economica che affliggeva la Repubblica di Weimar. Sfruttando la sua abilità oratoria e l'insoddisfazione delle classi medie e dei disoccupati, arrivò alla Cancelleria, nel gennaio del 1933. Dopo una rapida ascesa politica, il movimento nazista prese le redini del potere in Germania, assumendo il controllo totale dello Stato. La politica estera hitleriana divenne via via sempre più aggressiva: ignorando i vincoli imposti dal trattato di Versailles, nel corso di pochi anni venne riarmato l'esercito, il 7 marzo 1936 fu rimilitarizzata la zona di confine con la Francia (la Renania), il 12 marzo 1938 fu sancita l'annessione dell'Austria, e con la Conferenza di Monaco, il 1º ottobre 1938, l'annessione della regione dei Sudeti (Cecoslovacchia) e, il 13 marzo 1939, quella di Boemia e Moravia. Poco prima dell'inizio del conflitto, il 23 agosto 1939, la Germania aveva stipulato un patto di non aggressione (Patto Molotov-Ribbentrop) con l'Unione Sovietica, mentre ripresentava le sue pretese territoriali su parte della Polonia. Questa rigettò tali pretese e la Germania, il 1º settembre 1939, la invase con un pretesto. Con questo fatto Francia e Gran Bretagna dichiararono l’inizio della seconda guerra mondiale. L’Unione Sovietica occupò la Polonia Orientale per poi proseguire verso altri stati , Lituania, Lettonia, Estonia e Finlandia. Nel 1940 anche la Germania riprese l’iniziativa e occupò altri paesi, Norvegia, Danimarca, Belgio, Olanda e Francia. In questi stati i nazisti imposero governi collaborazionisti cioè fatti da persone disposte a collaborare con gli invasori. Il 10 giugno 1940, l’ Italia dichiarò guerra alla Francia e alla Gran Bretagna. La prima ormai stava crollando e l’iniziativa dell’Italia fu per lei un colpo molto duro. Mussolini aveva paura che la guerra stesse per finire e temeva che l’ Italia potesse rimanere fuori dal tavolo dei vincitori, ma aveva sottovalutato la forza della Gran Bretagna e non tenne conto che gli Stati Uniti potessero entrare in guerra, e questo si rivelò un grave errore. L’esercito italiano disponeva di armamenti limitati e oltretutto arretrati. Le prime iniziative dell’Italia rivelarono subito l’insufficienza delle sue forze armate. Il tentativo di strappare Malta agli inglesi fallì. Dopo iniziali successi, anche l’ attacco contro i possedimenti inglesi dell’Africa settentrionale fu fermato. Ma il fallimento più grave fu il tentativo di invasione della Grecia. Sia in Africa che in Grecia solo l’intervento dei tedeschi consentì di riprendere la conquista. Con la sconfitta della Francia, Hitler era riuscito ad imporre il dominio tedesco sull’Europa. Restava solo la Gran Bretagna a contrastarlo; infatti il governo inglese, guidato da Churchill, respinse le proposte di pace avanzate dal Furher. Vista l’impossibilità di raggiungere un accordo, Hitler decise di invadere la Gran Bretagna. Per due mesi l’aviazione britannica ( la RAF = Royal Air Force) e quella tedesca si scontrarono nella battaglia d’Inghilterra. La RAF riuscì ad infliggere pesanti perdite ai tedeschi. Perciò il 17 settembre Hitler rinunciò al progetto di invadere la Gran Bretagna. Le forze nazi-fasciste mantenevano l’iniziativa ma era ormai svanita l’idea di una guerra lampo. Nel 1941 la Germania intervenne a sostegno delle truppe italiane in Africa e nei Balcani. Ma lo sforzo maggiore dell’esercito tedesco fu l’invasione dell’ URSS. Dopo l’accordo per la spartizione della Polonia, Hitler aveva deciso di tornare al suo programma iniziale: la conquista di spazio vitale ai danni dell’Unione Sovietica e distruzione dello Stato comunista. Il 22 giugno 1941 iniziò l’invasione, seguendo il cosiddetto “piano Barbarossa”, che prevedeva il rapido annientamento di ogni resistenza sovietica. Il 7 dicembre 1941 un inatteso intervento causò una svolta decisiva nella guerra. Il Giappone attaccò e distrusse quasi metà della flotta degli Stati Uniti ,mentre le navi erano ancora nel porto. Gli Stati Uniti e l’Inghilterra dichiararono guerra al Giappone. Nel giro di pochi mesi i giapponesi riuscirono ad occupare vastissimi territori. Dopo l’iniziale sorpresa, però, gli Stati Uniti riuscirono a rovesciare la situazione. Un generale inglese ottenne l'importante vittoria di El Alamein che costrinse gli italo- tedeschi ad abbandonare l Africa. L’armata rossa, intanto aveva bloccato un imponente attacco tedesco. Infine, con la lunga battaglia di Stalingrado, i sovietici riuscirono a sconfiggere i nazifascisti. L’armata tedesca e il corpo di spedizione italiano furono costretti a ritirarsi disordinatamente. Dopo la vittoria in Africa, le forze anglo- americane controllavano il Mediterraneo. Così, nel 1943 gli Alleati sbarcarono in Sicilia. Essi venivano accolti dalla popolazione come dei liberatori. Gli italiani volevano la fine della guerra ma erano anche stanchi del fascismo. Nel marzo 1943 vi furono molti scioperi operai contro il di esso. Di fronte a questa situazione il Gran Consiglio del Fascismo votò la sfiducia a Mussolini era il 25 luglio 1943. Lo stesso giorno il re informò il duce che aveva affidato l’incarico di formare un nuovo governo al maresciallo Pietro Badoglio. Subito dopo Mussolini venne arrestato. Il nuovo 1° ministro firmò a in Sicilia l’armistizio con gli Alleati. Ma nessuno diede al popolo e all’esercito le indicazione per affrontare la nuova situazione. I tedeschi occuparono l’Italia centrale e settentrionale e il 12 settembre liberarono Mussolini. Hitler consentì al duce di fondare nel nord la Repubblica sociale italiana, con sede a Salò. Ora l’Italia era divisa in due: Il centro nord sotto la repubblica di Salò e il sud dove sopravviveva il Regno d’Italia. Gli Alleati il 6 giugno 1944, prendevano terra in Normandia con la più grande flotta da sbarco, così che i tedeschi dovettero ritirarsi. Alla metà di settembre la Francia era completamente liberata. Ad est, intanto, la Germania doveva subire una forte controffensiva russa. Nel 1945 la sorte della Germania appariva segnata. Il 30 settembre Hitler si tolse la vita. Nella Berlino  occupata dai Russi, il 7 Maggio 1945 l’ammiraglio Donitz firmava la resa senza condizioni della Germania. L’Italia era stata liberata pochi giorni prima, il 25 aprile 1945. La resa del Giappone avvenne solo dopo che due bombe atomiche avevano distrutto le città di Hiroshima e Nagasaki. Il 2 settembre 1945 però anche lui firmò la resa.

A causa del loro carattere misterioso ed inspiegabile le aurore sono state spesso origine di miti e superstizioni curiose e diverse. I vichinghi pensavano che i suoi colori derivassero dalla luce che si rifletteva sugli scudi delle Walchirie. Esse erano le messaggere del dio Odino che arrivavano dal Walhalla in sella ai loro cavalli per designare coloro che sarebbero stati uccisi in battaglia. Una volta nel Walhalla, le Walchirie portavano corni colmi di birra agli Einherjar, i guerrieri uccisi.
Le striature luminescenti erano le loro lance, le scintille intermittenti i riflessi dei loro scudi e i loro archi e il Bfröst (arcobaleno), il mitico ponte attraverso il quale le anime dei defunti passavano nell'aldilà.
I bagliori che si osservavano in cielo segnalavano che le messaggere erano al lavoro, indice di una battaglia in atto da qualche parte. Gli eschimesi della Groenlandia e del nord del Canada ritenevano invece che esse rappresentassero il regno dei morti. Quando le loro luci cambiavano velocemente voleva dire che dei loro amici stavano provando a mettersi in contatto con i loro familiari in vita.
In realtà la comprensione del meccanismo di formazione dell’aurora è stato possibile grazie a una rivoluzione nelle conoscenze scientifiche sull’ambiente magnetico della Terra. Per molto tempo si è supposto che il campo magnetico terrestre fosse essenzialmente un campo di dipolo, in cui le linee di forza del campo magnetico decorrono, dal polo sud al polo nord, simmetricamente rispetto all’asse geomagnetico. Ma la Terra non è immersa nel vuoto; essa è continuamente investita dal vento solare, un plasma diluito di ioni idrogeno (protoni) e di elettroni emessi dalla corona solare. Negli anni sessanta i fisici iniziarono a rendersi conto del fatto che il vento solare può estendere e trasportare il campo magnetico della corona fino alle frange più lontane del sistema solare, dando così origine al campo magnetico interplanetario. Questo campo magnetico può fondersi con le linee di forza del campo geomagnetico che hanno origine nelle regioni polari della Terra. Questo fenomeno, chiamato riconnessione magnetica avviene con la massima efficienza quando il campo magnetico del vento solare è orientato verso sud, ossia quando è antiparallelo al campo terrestre. Le particelle del vento solare fluiscono lungo il confine della magnetosfera, la magnetopausa, e attraversano le linee del campo magnetico. Gli ioni positivi e gli elettroni, avendo carica elettrica opposta, sono deflessi in direzioni opposte e generano una corrente elettrica. Infatti la magnetopausa costituisce un gigantesco generatore che trasforma l’energia cinetica delle particelle del vento solare in energia elettrica.
Questo meccanismo alimentato dall’interazione tra il vento solare e la magnetosfera è il “generatore aurorale”. Il meccanismo del generatore spinge gli ioni positivi verso il lato del piano dell’alba equatoriale della magnetopausa, formando una sorta di terminale positivo; mentre gli elettroni sono deflessi verso il lato del crepuscolo o terminale negativo. Nei plasmi rarefatti permeati da linee del campo magnetico gli elettroni, si muovono lungo traiettorie elicoidali che si avvolgono intorno alle linee di forza del campo magnetico. Il passo della traiettoria elicoidale dell’elettrone tende a diminuire via via che l’elettrone si avvicina alla Terra, dove il campo è più intenso. Il suo moto diventa puramente circolare a quote molto superiori alla ionosfera, e a quel punto l’elettrone è riflesso verso l’alto. Tuttavia le aurore indicano che gli elettroni sono in grado di penetrare in profondità nella ionosfera. Il processo comincia quando gli elettroni delle correnti alternate formano con il campo fasci sottili, laminari. Quando nella magnetosfera viene "pompata" abbastanza energia e i fasci laminari raggiungono un’intensità sufficientemente elevata, intorno ai fasci si sviluppa un particolare campo elettrico, la cosiddetta “struttura di potenziale aurorale” a una quota compresa tra i 10 mila e i 20 mila chilometri.
La regione interna alla struttura sembra suddividersi in strati aventi carica positiva e negativa, che danno origine a un campo elettrico molto intenso. Sembra che gli elettroni vengano accelerati verso il basso dal campo elettrico associato al doppio strato. Nel momento in cui arrivano all’estremità inferiore della struttura di potenziale aurorale essi possiedono un’energia di alcune migliaia di elettronvolt, sufficiente per farli penetrare fino a una quota dove l’atmosfera è abbastanza densa da rendere le manifestazioni aurorali visibili ad occhio nudo.
Estratto del documento

no fino al giorno della sua esecuzione. Protagonisti di questo romanzo sono principalmente due: Il po-

polo e il Seicento. L’epoca del romanzo è caratterizzata dall’ingiustizia e dalla violenza che si manife-

sta nella persecuzione dei vagabondi e degli eretici, nella caccia alle streghe, ma anche all’interno delle

mura domestiche e tra i vicini di casa. Ovunque nelle campagne all’inizio del Seicento la notte del sa-

bato era una notte maledetta: infatti l’indole violenta della gente dell’epoca impediva alle donne di

uscire di casa; ma anche all’interno delle mura domestiche non potevano considerarsi al sicuro, essen-

do soggette agli abusi dei padri e dei mariti. Ma il personaggio più accuratamente descritto è il popo-

lo, con le sue paure, la sua povertà, ma anche la crudeltà di fondo che lo anima, la sua parte bestiale.

Essa emerge in uno dei momenti più significativi della intera vicenda, nella processione alla quale par-

tecipa una moltitudine di contadini, servi, camminanti esultanti, e che porterà Antonia al “dosso del-

l’albera”, dove si ritiene che ella abbia consumato i suoi atti peccaminosi, ma dove in realtà visse sola-

mente una sfortunata storia d’amore, che pagherà con la vita. La chimera non esiste, e l’intero roman-

zo è un’argomentazione a favore di questa tesi: l’uomo la cerca quando ha paura del presente che lo cir-

conda, trovandola solo nella sua immaginazione. Solo al termine del congedo Vassalli svela effettiva-

mente il vero volto della chimera, “Colui che conosce il prima e il dopo e le ragioni del tutto”, ma che secondo

una visione alquanto atea dell’autore non può esistere che nella mente di un uomo impaurito. La “ Chi-

mera” può essere paragonata ai “Promessi Sposi”, perché entrambi s’ispirano ad un manoscritto, il

quale è la fonte degli elementi storici sui quali è costruito il romanzo. Entrambi hanno la religione

come tema dominante anche se vista con ottiche differenti. Proprio per alcune similitudini tra i due

romanzi che Vassalli viene considerato una sorta di anti-Manzoni.

4 Nell'anno 155, in viaggio alla volta di Alessandria, Apuleio si ferma

ad Oea dove incontra Ponziano, che lo convince a sposare sua ma-

dre, la vedova Pudentilla, tre anni dopo viene tratto in giudizio da i

Latino parenti di lei sotto l'accusa di aver indotto la donna al matrimonio,

ricorrendo alle arti magiche. Il processo si celebra a Sabratha di-

fronte al tribunale presieduto da Claudio Massimo. Apuleio pronun-

Apologia cia la propria autodifesa, la cosiddetta 'Apologia' o 'De Magia' non si

sa come si concluse il processo, molto probabilmente con un verdet-

Apuleio to di assoluzione. Il De Magia è l'unica orazione giudiziaria di etá

di imperiale a noi pervenuta, molto probabilmente l'intero discorso è

frutto di una elaborazione successiva. L'imputazione che i parenti

avevano attribuito ad Apuleio era assai grave: la magia cadeva sotto

i provvedimenti di una legge sillana dell'81, che prevedeva anche la

pena di morte. L'orazione si articola in 3 parti: nella prima parte

Apuleio respinge tutta una serie di accuse minori; la seconda parte

vede da prima Apuleio a sfatare le false credenze diffuse a proposi-

to della magia, poi a confutare specifiche prove spiegando che le

pretese pratiche illecite di magia sono tali soltanto per gli ignoranti

e che in realtà si tratta di studi zoologici ed esperienze mediche. La

terza parte entra nel merito particolare del suo matrimonio. Apu-

leio a dimostrazione del proprio disinteresse produce il testamento

di Pudentilla che istituisce erede principale non il marito, ma il fi-

glio Pudente. Durante il processo Apuleio riserva agli accusatori sar-

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castiche invettive, si rivolge al giudice Claudio Marcello poiché unico interlocutore in grado di apprez-

zare e condividere le sue ragioni in quanto sembra voler fondare l'autodifesa sull'esibizione della pro-

pria schiacciante superiorità culturale, infatti, rende il suo discorso ricco di citazioni letterarie e digres-

sioni erudite. Come si vede l'Apologia sembra situarsi all'incrocio fra due differenti generi oratori, den-

tro la cornice di orazione giudiziaria si aprono vaste zone di eloquenza epidittica, tanto che si è persi-

no dubitato dell'effettiva destinazione processuale dell'opera, volendo piuttosto riconoscere in esso

una raffinata costruzione tutta letteraria, un compiaciuto "autoritratto del filosofo" in forma di conferen-

za. Anche a livello stilistico, nella tessitura dell'orazione si intrecciano gli influssi di modelli diversi. In

primo luogo, Cicerone, punto di riferimento dell'oratoria giudiziaria. Ciceroniana è la struttura del pe-

riodare così come la tecnica dello smantellamento delle accuse soprattutto nell'incalzante perorazione

finale. Ma l'ornamentazione retorica risente del gusto contemporaneo delle scuole, per esempio il gio-

co delle antitesi e l' accumulo di figure. Resta aperta la questione della reale posizione di Apuleio nei

confronti della magia: non del tutto risolutiva appare infatti la distinzione tra le due specie di magia,

che dovrebbero costituire il cardine dell'intero discorso. Labile, la distinzione è apparsa interessante

in quanto sembra poter offrire una chiave interpretativa per le manifestazioni del magico nelle Meta-

mofrosi. Il romanzo può essere letto come una sconfessione della magia deteriore o stregoneria e

un'esaltazione di quella "magia" positiva che fa tutt'uno con la conoscenza del vero e con l'autentica

devozione religiosa. Devozione riscontrabile fin da subito in questo romanzo, secondo dopo il Satyri-

con di Petronio, in quanto diviso in undici libri: questo numero presente più volte all’interno dell’ope-

ra ha un valore simbolico, infatti erano proprio undici i giorni che bisognava attendere per essere ini-

ziati al culto di Iside. Protagonista della storia è Lucio che si reca in Tessalia e viene accolto dalla maga

Panfile, dalla quale vuole essere trasformato in uccello dopo aver visto lei trasformarsi in gufo. A que-

sto scopo si fa aiutare dall’ancella Photis, dopo averla sedotta. A causa di uno scambio di unguenti Lu-

cio viene trasformato in asino. Alla fine del romanzo, dopo tanti avvenimenti, Lucio invoca la dea Isi-

de , che allegoricamente rappresenterebbe la magia “bianca”, affinchè lo aiuti a ritornare umano e que-

sta gli appare in sogno dandogli le istruzioni per la sua redenzione. Tutto il romanzo può essere letto

sotto una chiave allegorica, ovvero come viaggio purificatorio per intraprendere una strada religio-

sa. È come se Apuleio stesso volesse distinguere la magia, intesa come stregoneria, distaccandosene

dalla “magia” divina, religiosa.

6 L'incantatrice appartiene al corpus letterario di Teocrito e rientra

nei così detti "mimi urbani" caratterizzati da uno sfondo cittadino a

differenza degli idilli bucolici dove l'ambientazione è tipicamente

Greco agreste. Infatti, il rito magico descritto nell'incantatrice viene cele-

brato in riva al mare in una notte di plenilunio. La protagonista del-

la vicenda è Simeta, che insieme all'ancella Tesili, personaggio mu-

L’ Incantatrice to, compie un rito magico per riconquistare l'amore di Delfi, l'uo-

mo che l'ha prima sedotta e poi abbandonata. Alla cerimonia vera e

Teocrito

di propria, descritta in tutti i particolari e scandita da un verso-ritor-

nello in funzione di formula magica, segue il racconto che la donna

fa della sua i infelice storia, i cui diversi momenti sono anch'essi sot-

tolineati dal ricorrere di un verso intercalare contenente un'invoca-

zione a Selene. Teocrito nello scrivere quest'opera prende certamen-

te spunto dal mimo "Donne che dicono di tirar giù la luna" del suo con-

terraneo Sofrone, proponendosi così come continuatore di una tra-

dizione, ma al tempo stesso come suo innovatore tramite l'uso del-

l'esametro al posto della semplice prosa e attingendo il suo humus

da quelle diffusissime forme d'arte drammatica popolare che prece-

dono persino lo stesso Sofrone e che avevano indotto Aristotele a

definire "connaturata negli uomini" la tendenza all'imitazione; però

è anche vero che egli, nel cimentarsi in questo genere letterario, si

rivela tipico esponente della poesia del suo tempo nell'impegno di

certi mezzi stilistici e formali: oltre all'uso dell'esametro, quello del

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d'oro o letterario. Nell'incantatrice amore e magia si intrecciano in modo inquietante. Il verso interca-

lare che assume la funzione di formula magica, presenta un indubbio interesse di tipo antropologico e

etnografico: i gesti che Simeta compie, gli oggetti che adopera, le parole che pronuncia riproducono

realisticamente rituali presenti, in forme più o meno simili, in tutte le culture primitive e tutt'altro

che scomparse anche in quelle apparentemente civilizzate come la nostra. Tema predominante in que-

sto mimo è l'eros che ci viene presentato non solo nei suoi devastanti effetti, come accadeva nei poe-

ti antichi, per esempio Saffo, ma anche come processo che ha una sua nascita e un suo progressivo svi-

luppo, oltre ad essere analizzato in tutte le sue implicazioni psicologiche ed emotive. Già Euripide ave-

va scandagliato l'animo femminile divorato dalle passioni irresistibili e rovinose come Medea che però

era pur sempre un'eroina. Simeta è forse il primo personaggio veramente "borghese", come "borghese" è

l'ambiente entro il quale si muove, quello appunto della città ellenistica. In questo scenario quotidia-

no Simeta leva il suo lamento di donna umiliata e offesa, piegata nel corpo e nell'anima da una passio-

ne che minaccia di traboccare nella vendetta e nell'odio. Un altro importante tema è quello della ma-

gia, caro alla letteratura ellenistica, come abbiamo visto nelle Argonautiche di Apollonio Rodio: Simeta

tuttavia è ben diversa da Medea; è una ragazza semplice, di livello culturale non elevato e di estrazione

sociale modesta, tanto che per vestirsi in onore della festa di Artemide deve chiedere in prestito il

mantello alla sua amica. Per ottenere che l’amante torni da lei, si serve della torquilla, cioè della ruota

magica (La torquilla prende il nome da una ninfa che, con la magia, era riuscita ad attirare su di sé l’at-

tenzione di Zeus; perciò Era l’aveva trasformata nella torquilla, un uccelletto che, nel periodo degli

amori, esegue un curioso rituale di corteggiamento, imprimendo al collo rapidi movimenti di torsione,

simili a un percorso di andata e ritorno. Per questo motivo si credeva che la bestiola avesse la capacità

di influire sulla persona amata, riportandola indietro, se veniva legata a una ruota, che portava il suo

stesso nome e che veniva fatta girare velocemente avanti e indietro con un sistema di cordicelle) an-

che se quando scopre del tradimento del suo amato pensa per un momento di ucciderlo con un poten-

te filtro che custodiva in un cofanetto, ricordando con questo gesto la terribile Medea. Tuttavia, nel

rievocare e nell’analizzare il suo amore, Simeta sembra raggiungere una maggiore serenità. Il tormen-

to della passione, la “malattia” d’amore, durante la narrazione, sembrano placarsi, lasciando spazio alla

rassegnazione e alla stanchezza. Ora l’immagine dell’amante infedele si dilegua a poco a poco, per la-

sciare spazio alla sensazione struggente del tempo che passa, scandito dalla consapevolezza della pro-

pria solitudine, che tuttavia si placa lievemente alla vista del paesaggio lunare. In contrasto con il per-

sonaggio maschile, privo di qualsiasi processo evolutivo, la figura di Simeta, attraverso l’analisi della

propria sofferenza, acquisisce una maturità e una consapevolezza prima sconosciute. Ora la fiducia nel-

la magia è scomparsa e, dopo aver accennato ai terribili poteri del filtro assiro, Simeta contempla lo

splendore lunare nella quiete della notte serena, senza pensare più ad evocare la dea per averla compli-

ce di stregonerie, ma perché sia testimone della rassegnazione con cui ella accetta il proprio destino.

8 “Ma la magia è cosa ben diversa; essa, in definitiva, non tiene conto degli spi-

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