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Sintesi
storia - le origini della mafia
geografia - la cina
letteratura - sciascia e saviano
tecnica - le plastiche
francese - l'inquinamento
scienze - il riciclo
inglese - le droghe
scienze motorie - le droghe
Estratto del documento

intermediari, ecc., che controllava

l’andamento dei lavori, la quantità e la

qualità dei raccolti, la riscossione di

affitti e gabelle.

Questa sorta di “classe media” già

utilizzata dall’aristocrazia siciliana in

funzione antiborbonica, venne usata

contro la classe bracciantile e

contadina allo scopo di conservare i

privilegi aristocratici minacciati dalle

leggi dello Stato unitario, tendenti a

ridurre l’estensione dei latifondi.

Sfruttando la diffusa ostilità verso

un’autorità statale lontana e staccata

dalla situazione siciliana, la Mafia si

trasformò, diventando un organismo

sostitutivo dell’ordine legale, e

intervenne nell’amministrazione della

giustizia e nella gestione dell’economia,

avviando una serrie di attività al limite

della legalità(o del tutto illegali) da cui

gli affiliati e le loro famiglie traevano

sostentamento. Da qui si sviluppò anche

la struttura della mafia siciliana- simile

per molti aspetti alla ‘ndrangheta

calabrese e alla camorra campana-

organizzata per “famiglie” o “cosche”,

autonome e parallele, composte da un 2

numero relativamente basso di

componenti e guidate da uno o più capi.

Lo spirito mafioso poggiava su di un

rigido codice d’onore e sull’omertà1

; i

conflitti, le contese, i reati, andavano

regolati all’interno della comunità,

facendo ricorso alla mediazione, ma

anche all’intimidazione e alla violenza. I

rapporti con le autorità dello Stato

venivano condannati e veniva punito

soprattutto, anche con la morte, il

passaggio di informazioni alla giustizia.

Fenomeno sottovalutato

Negli ultimi decenni del XIX sec., la

debolezza delle istituzioni dello Stato

unitario –fortemente voluta del resto

dalle classi dirigenti siciliane, mafiose e

non- causò un inarrestabile processo di

infiltrazione mafiosa negli apparati

pubblici e amministrativi e nel tessuto

socioeconomico, processo che è andato

consolidandosi dopo la seconda guerra

mondiale.

Per molto tempo il fenomeno mafioso fu

sottovalutato dallo Stato, che si limitò

ad alcune inchieste parlamentari sulle

condizioni del Mezzogiorno –in

particolare quella di Sonnino e

Fianchetti, La Sicilia nel 1876- che non

ebbero alcun seguito pratico.

Un altro decisivo salto di qualità fu

compiuto dalla mafia tra il XIX e il XX

1

Omertà=obbligo del silenzio per coloro che vengono

in contatto con “cose della mafia”

secolo, grazie al controllo

dell’emigrazione in America; infatti se

da una parte la mafia gestì

l’emigrazione clandestina e procurò,

attraverso propri canali, sistemazione e

lavoro agli emigrati, dall’altra stabilì una

vera e propria testa di ponte sul

continente americano, che non tardò a

cerare una serie di lucrose attività

criminali.

Il primo a sferrare un vero e proprio

attacco alla criminalità mafiosa fu il

Prefetto Cesare Mori, DATA , investito

di poteri eccezionali da Mussolini:

l’azione repressiva del governo fascista

in realtà non servì ad estirpare le cause

del fenomeno mafioso, favorendone anzi

la commistione con una classe politica

che prosperava nel sottogoverno e che

si sarebbe ancor più diffusa dopo il

crollo del fascismo.

Mafia e politica

Il rapporto tra mafia e mondo politico

si concretizzò all’indomani del secondo

conflitto mondiale, con l’infiltrazione di

rappresentanti delle cosche mafiose nel

potere locale e in seguito anche

nazionale. In quegli anni la mafia visse

un’ulteriore trasformazione diventando

sempre più ramificata ed efficiente:

oltre a controllare un ampio serbatoio

elettorale, utilizzato per ottenere dai

politici locali e nazionali attenzioni e

favori, estese la propria sfera di

influenza ad altre attività, come appalti

e concessioni edilizie, usura, mercato di

manodopera, consorzi, dopo che in

tempo di guerra aveva monopolizzato il

contrabbando e la gestione delle

forniture militari. Dopo aver concesso

uno strumentale sostegno al

separatismo siciliano2

, in funzione

2

separatismo siciliano= 3

essenzialmente antistatale, la mafia

scese in campo con il centro politico

nazionale, interpretando efficacemente

il ruolo anticomunista che le veniva

assegnato sull’isola. La mafia fu infatti

in prima linea nella repressione violenta

delle proteste contadine e dell’attività

dell’opposizione e dei sindacati; sua fu

ad esempio l’organizzazione della strage

di Portella delle Ginestre (1947),

attuata dagli uomini di Salvatore

Giuliano, che causò undici morti e

sessantacinque feriti tra i braccianti

riuniti per festeggiare il Primo Maggio.

Cosa Nostra

Il periodo della guerra determinò

cambiamenti anche per altre ragioni: già

dal 1943 avevano cominciato a rientrare

in Sicilia i mafiosi italo-americani. Il

fenomen

o si era

radicato

negli

Stati

Uniti

sulla scia

delle

emigrazi

oni di

fine

Ottocento, aveva prosperato durante il

proibizionismo3

e si era strutturato in

una potente organizzazione criminale

con diramazioni internazionali: i legami

con Cosa Nostra (il nome della mafia

americana) portarono la mafia siciliana

ad allargare i propri interessi e la

propria sfera d’azione, trasformando

successivamente l’isola nel più

importante centro mediterraneo per il

3

proibizionismo=

traffico internazionale di armi e di

droga.

In Sicilia le cosche locali si radicarono

nel nuovo tessuto del parastato e degli

enti regionali che offrivano nuove

occasioni di potere e ricchezza. Si

moltiplicarono nel frattempo violenze e

crimini di stampo mafioso e sanguinosi

regolamenti di conti che testimoniavano

della guerra tra le cosche per la

supremazia e per il controllo del

territorio. Fu in questo periodo che si

parlò per la prima volta di una

“commissione” o “cupola”4

, con compiti

di coordinamento e mediazione tra le

varie cosche, e che la mafia adottò una

nuova e più strutturata organizzazione.

Le antiche cosche legate ad un ferreo

“codice d’onore” lasciarono il posto alla

nuova “mafia imprenditrice”, che

operava nel commercio della droga,

nella prostituzione e nei sequestri,

divenendo sempre più feroce.

La lotta alla mafia

Ma la sfida allo Stato, sempre più

scoperta e sfrontata, iniziò a generare

una serie di contromisure: dal 1962

venne istituita la prima Commissione

Parlamentare d’inchiesta sulla mafia in

Sicilia (la Commissione antimafia), che

tuttavia non produsse risultati

apprezzabili; per rendere più efficaci le

isure di prevenzione furono varate

nuove leggi che introdussero il reato di

“associazione di stampo mafioso” e che

definirono giuridicamente il delitto di

mafia (1982). Strumenti più efficaci

vennero forniti alle forze dell’ordine e

alla magistratura, come ad esempio la

possibilità di sequestrare i patrimoni

dei mafiosi e di sciogliere i Consigli

4

cupola= 4

Comunali e Provinciali sospettati di

collusione5

. Venne quindi esercitato un

maggiore controllo sul riciclaggio del

denaro6

e si rafforzarono gli apparati

repressivi:nacque nel 1982 l’Alto

Commissariato per la lotta alla mafia e

nel 1983 venne istituita una nuova

Commissione Parlamentare Antimafia,

tuttora in funzione. Tutte queste

misure culminarono nel 1986 nel

“maxiprocesso” istruito contro la mafia

dal giudice Giovanni Falcone. Intanto si

era scatenata una violenta lotta contro

i rappresentanti del governo,

investigatori e agenti delle forze

dell’ordine, giudici, uomini politici e

sindacalisti, comuni cittadini: nel corso

degli anni Ottanta e nei primi Novanta

furono uccisi, tra gli altri, il deputato

democristiano Piersanti Mattarella, il

giudice Rocco Chinnici, il giornalista

Giuseppe Fava, direttore del giornale “I

Siciliani” cui ha collaborato anche

Antonio Roccuzzo (che abbiamo

incontrato a scuola durante la Carovana

antimafie), il giudice Rosario Livatino.

5

collusione=

6

riciclaggio=

Infine, con l’omicidio dei giudici

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino

(1992), che con più successo avevano

combattuto contro la mafia, la sfida

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