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Fisica - il magnetismo
Come si possono osservare e classificare macchie e gruppi?
I primi a proporre un sistema metodico, scientifico ed organizzato sono stati gli
astronomi della Scuola di Zurigo, con il loro capostipite Rudolf Wolf, che nel
1848 propose il calcolo di un indice dell'attività fotosferica del Sole che, seppur
con qualche aggiustamento e variazione, ancora oggi è usato nella comunità
scientifica. Si tratta del cosiddetto Numero di Wolf, che si ottiene dalla semplice
formula: Rz = Kc(10G +F)
dove G rappresenta il numero totale di gruppi osservati, F quello totale di
macchie presenti (somma di tutte quelle rilevate per ogni gruppo) e Kc è un
coefficiente correttivo dipendente dall'osservatore, dal suo "entusiasmo" nel
contare macchie e gruppi e dallo strumento impiegato. Fino alla metà degli
anni 80 i numeri di Wolf calcolati da osservatori accreditati venivano raccolti ed
elaborati a Zurigo, mentre ora se ne occupa il SIDC (Solar Influences Data
Center) di Bruxelles, il quale attribuisce il coefficiente Kc ad ogni osservatore
come una sorta di "fattore di normalizzazione" in rapporto ai dati ottenuti da
tutti gli altri. Oggi molti osservatori contano separatamente le macchie ed i
gruppi che compaiono nell'emisfero Nord e Sud del Sole, calcolando due diversi
numeri di Wolf, Rn ed Rs, relativi ai due emisferi, per poter elaborare dati
statistici più fini sull'andamento delle macchie. Ovvio che alla fine Rz non è
altro che la somma di Rn ed Rs, ma statisticamente il calcolo separato è molto
importante ed ha molte ragioni per esistere, non solo per la statistica ma anche
per la Fisica Solare, per capire cosa determini la distribuzione delle macchie
negli emisferi. In tempi relativamente recenti è stato introdotto un altro indice
dell'attività solare, chiamato GSN (Group Sunspot Number) che però è un po'
più complicato da calcolare. Esistono poi indici, cosiddetti indiretti, che si
basano sugli effetti prodotti dall'attività solare sulla Terra e sugli altri pianeti
(effetti geomagnetici / eliosferici). Quello che si evince dall'analisi dei Numeri di
Wolf (e di molti altri indici diretti ed indiretti), oltre che dalle annotazioni degli
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astronomi andando indietro nel tempo è che l'attività del Sole è praticamente
ciclica: ogni 11 anni circa alterna un minimo ed un massimo (con conseguente
variazione del numero di Wolf), anche se questa regolarità non sempre è stata
minimo di Maunder,
così evidente: è famoso il cosiddetto nome dato ad un
periodo che va dal 1645 al 1715 circa, dove le macchie praticamente non
furono quasi osservate. Prende il nome dall'astronomo E.W. Maunder, che pur
vissuto più tardi scoprì che in quel periodo, e segnatamente durante 30 anni al
suo interno, gli astronomi dell'epoca riuscirono ad osservare solo 50 macchie,
contro le normali 40000 - 50000. Maunder ha dato il nome anche ad un
particolare diagramma, detto "a farfalla", dal quale si evince come le macchie
tendano a "migrare", nel senso della posizione in cui si manifestano, verso
l'equatore del Sole partendo dalle zone vicino ai poli, durante un ciclo di attività
(Legge di Sporer). Difficilmente comunque si osservano macchie oltre una certa
latitudine, anzi sono rarissime vicino ai poli. A voler essere più precisi, questa
periodicità ha un periodo doppio e segue quelle che in Fisica Solare sono
"Leggi di Hale".
conosciute come Infatti in ogni ciclo (inteso di 11 anni) le
Regioni Attive dell'emisfero Nord e quelle dell'emisfero Sud, pensate
semplicemente come dipoli magnetici, presentano una certa polarità (ad
esempio il polo positivo a sinistra e quello negativo a destra) esattamente
opposta, nel senso che la parte che precede ha polarità opposta rispetto a
quella che segue. Questa polarità si inverte nei due emisferi nel ciclo degli 11
anni successivi: quindi un vero ciclo di attività dura 22 anni circa. 5
Due grafici della cosiddetta “farfalla di Maunder”. Essa raffigura la
distribuzione delle macchie solari in latitudine. In ascissa vi è l'anno di
osservazione, in ordinata la latitudine delle rispettive macchie solari. Le
ricerche di Maunder hanno avuto inizio nel 1875 e sono terminate nel 1910.
Gli effetti sul clima.
E' oggi chiaro quanto gli aspetti della superficie solare, con i suoi fenomeni così
imponenti nei periodi di massima intensità, possano avere delle grandi
ripercussioni anche sul clima del nostro pianeta. Nei periodi di forte attività
delle macchie, si presentano regolarmente intense tempeste magnetiche,
dovute, in massima parte, all'azione del vento solare. Frequenti anche
magnifiche aurore boreali o australi che si spingono fino a latitudini inconsuete.
Si assiste anche ad intense variazioni, a volte lente, a volte più rapide, della
densità elettronica della ionosfera, capaci di determinare un'anomala
propagazione delle onde elettromagnetiche, specialmente nel campo delle
onde della radio. O ancora, variazioni, a volte molto evidenti, nella crescita
annuale delle piante, variazioni studiate oggi dalla dendrologia, un ramo
speciale della biologia botanica. Esistono anche variazioni climatiche a lungo
periodo e variazioni specifiche nei vari fattori meteorologici. Tutto è però
ancora allo studio e non sono state elaborate teorie sicure. Anche l'organismo
umano sembra essere interessato in molti organi ed apparati, dall'aumento
dell'attività solare. Sono ormai parecchi gli studiosi che si stanno interessando
a questo campo di ricerca della biologia, così avvincente ma anche così difficile
da esaminare. Lo scienziato russo Tchijewsky pubblicò già nel lontano 1915 una
"Influenza periodica del sole sulla biosfera",
monografia intitolata nella quale
stabiliva un parallelo molto interessante tra i processi fisici che avvenivano
nello spazio (primo fra tutti l'attività solare) e i fenomeni del mondo vivente,
specialmente sulla società umana. 6
Le proprie ostinate teorie ed opinioni scientifiche, in contrasto con quelle
ufficiali del tempo, gli valsero, al tempo di Stalin, perfino la deportazione in
Siberia. Dopo la riabilitazione, Tchijewsky si mise al lavoro su un'opera intitolata
"La terra nell'universo". Dai suoi lavori e da quelli di molti altri sembra anche
che possa esistere una certa correlazione tra il ciclo delle macchie solari e lo
sviluppo di epidemie, di suicidi, di episodi acuti cardiovascolari, come l'infarto
del miocardio, delle ischemie e degli ictus cerebrali, dell'aumento degli
incidenti sul lavoro e di quello prodotti dal traffico automobilistico, delle crisi
allucinatorie negli schizofrenici, nonché di molte guerre e sommovimenti
sociali, come invasioni di popoli, rivoluzioni più o meno estese, colpi di stato
ecc. Molti ricercatori e studiosi delle varie discipline umane non sono concordi
nel confermare tutto ciò. E' tuttavia molto probabile che l'attività solare possa
influenzare la circolazione generale dell'atmosfera nel suo complesso, con
periodi caratterizzati da maggiori quantità di precipitazioni, durante gli anni
precedenti il massimo, oppure caratterizzati da siccità prolungate in località di
norma favorite da un regime pluviometrico normale, o ancora da inverni rigidi o
estati molto calde, ecc.
Ma tutto rimane ancora in discussione, sia per la scarsa ricerca in questo
campo, sia per il fatto che due secoli di osservazioni sono ancora insufficienti
per poter affermare con un certo rigore scientifico-statistico, che quanto
affermato possa essere veramente valido.
Altri fenomeni connessi al numero di macchie solari..
L’apparizione di fenomeni d’aurora è connessa al livello di attività solare. Al di
sotto del Circolo Polare Artico il numero di notti in cui si vedono aurore boreali è
ben correlato col numero di macchie sul Sole. In generale la frequenza di
osservazione delle aurore boreali dipende anche dalla distanza dell’osservatore
dai poli magnetici terrestri. Le aurore boreali sono più frequenti alle latitudini
più elevate e sono rare all’equatore, infatti a basse latitudini la geometria delle
linee di forza del campo magnetico terrestre scherma l’atmosfera dalle
particelle emesse dal Sole che causano le aurore boreali. In 70 anni di normale
attività solare e possibile osservare almeno 500, ma forse anche 1000, aurore
boreali nelle regioni europee densamente popolate. Ma ben poche aurore
boreali furono viste in Europa tra il 1645 e il 1715. Perfino in Scandinavia, dove
oggi è possibile vedere aurore boreali quasi ogni notte, se ne osservarono così
poche da essere ritenute fenomeni eccezionali e portentosi. Durante il minimo
di Maunder ci fu un periodo di 37 anni in cui non fu registrata neppure
un’aurora boreale su tutta la Terra. Quando finalmente se ne vide una in
Inghilterra nel marzo del 1716, alla fine del minimo di Maunder, l’astronomo
Edmund Halley, che era allora Astronomo Reale, si sentì in dovere di scrivere
un articolo per cercare di spiegare il fenomeno. Egli confessò di non avere mai
visto aurore boreali in precedenza, nonostante che avesse già 60 anni e avesse
sempre cercato di osservarne una: Halley non sapeva di essere vissuto
durante la maggior parte del minimo di Maunder. Oltre ai resoconti sulle aurore
boreali e sulle macchie solari, le descrizioni dell’aspetto della corona solare
durante le eclissi totali forniscono un altro genere di informazione per verificare
il livello di attività del Sole nel passato. Quando ci sono molte macchie la forma
della corona, tenue atmosfera esterna del Sole, é molto diversa da quella che si
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osserva quando ce ne sono poche. Le macchie solari sono sede di intensi campi
magnetici sulla superficie del Sole, e quei campi magnetici modellano i pallidi
bianchi pennacchi coronali che si vedono attorno al Sole durante un’eclissi
totale. Quando ci sono sul Sole molte macchie, e pertanto intensi campi
magnetici concentrati, la corona è tutta solcata da pennacchi che si estendono
dal Sole. Quando sono presenti meno macchie solari, il numero di pennacchi
coronali diminuisce. In fase di minimo delle macchie la corona vista durante
un’eclissi totale appare debole e con pochi pennacchi limitati alla regione
equatoriale.
Approfondimento: vento solare e aurore polari.
Il vento solare è un flusso di particelle atomiche emesse a grande velocità dalla
corona. È formato da ioni, in maggior parte protoni, e in minor parte nuclei di
elio ed elettroni. Il vento solare si spinge a circa 100 volte la distanza media
Terra-Sole. Le particelle elettricamente cariche del vento solare sono catturate
dal campo magnetico terrestre e sono costrette a muoversi in una zona detta
magnetosfera. Essa è un “involucro” protettivo e impedisce che la Terra sia
colpita dalle particelle cariche del vento solare, che potrebbero arrecare ingenti
danni agli organismi. Le particelle cariche si muovono attorno alle linee di forza
del campo magnetico terrestre con traiettorie a spirale che le portano verso i
poli magnetici. Qui il moto delle particelle si inverte e la traiettoria va verso
l'altro polo dove poi nuovamente si invertirà. Quando il vento solare è
particolarmente attivo, aumenta il numero di particelle elettricamente cariche
che si avvicinano alla superficie terrestre in corrispondenza dei poli magnetici,
da cui sono attirate. Si originano così le aurore polari. Le particelle si
muovono ad altissima velocità e quando penetrano nella ionosfera, dove i gas
sono rarefatti e ionizzati, interagiscono con l'azoto e con l'ossigeno che,
eccitandosi, emettono i loro spettri caratteristici. L'ossigeno è responsabile dei
colori rosso e giallo-verde, mentre l'azoto dei colori blu e violetto. Non solo la
Terra ma qualsiasi altro pianeta che abbia un campo magnetico
sufficientemente intenso e un'atmosfera presenta aurore polari.
Tre diversi esempi del fenomeno delle aurore polari. 8
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Schema illustrativo dell'andamento del vento solare.
Il vento solare viene spinto radialmente dal Sole che
contemporaneamente ruota attorno al proprio asse. Ciò provoca una
traiettoria a spirale del vento.
Gli spettri.
Una luce policromatica è una luce formata da un insieme di radiazioni