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Sintesi

Tesina - Premio maturità  2009

Titolo: Lo stato di diritto e la maturità  dell'umanità 

Autore: Delli carpini Danilo

Scuola: Liceo scientifico

Descrizione: Sull'origine dello stato, come organizzazione necessaria alla convivenza civile del popolo vi sono accenni significativi già  dai primi decenni del 1300, quando, nella sua Defensor Paci, Marsilio da Padova, compie il primo passo per quello che sarà  l'evoluzione laica dello stato. Nei secoli precedenti, il concetto di stato si era sempre fuso con quello di trascendenza, portando a identificare lo stesso monarca con la divinità , eccezion fatta per la parentesi romana, nella quale sembra che il diritto, inteso come organizzazione civile mediante leggi, si stesse organizzando in un filone non solo politico, ma anche letterario. Prendendo in esame la produzione di Seneca, ci accorgiamo, infatti, come le elaborazioni politiche che ruotavano intorno all'amministrazione dello stato volgessero a raffinarsi. Per l'oratore, lo stato doveva essere governato dai boni, come l'autore stesso esprimerà  nel De clementia, la guida dello stato è affidata al logos, la ragione universale, che rappresenta il vincolo sotto il quale si riuniscono tutti i popoli. La realtà  dei romani, era, infatti, cosmopolita; l'enorme estensione dell'impero fece in modo che i romani occupassero la minima parte della popolazione; questa situazione rese necessaria l'elaborazione di un raffinato sistema organizzativo. Nel suo modello esso concepisce lo stato come rivolto al popolo, e affida la gestione al princeps, un sovrano illuminato, la cui condotta è regolata dalla filosofia. Dopo l'avvento del clima religiosomistico del medioevo, la concezione di stato si avvicina sempre di più al divino; non vi sarà  più, nei dieci secoli che caratterizzeranno il medioevo, l'elaborazione o la ripresa del concetto di repubblica o di democrazia, fatta eccezione dei corpora medioevali, in cui il popolo tentò inutilmente di garantire i propri diritti. Eppure, agli inizi del XIV secolo, avremo una, anche se debole, presa di coscienza dell'uomo. Analizzando l'opera del Marsilio, possiamo infatti notare, come avanzino timidamente concezioni politiche laiche e volte alla salvaguardia del popolo più che del sovrano. Si dovrà  attendere fino al XVI secolo, affinchè elaborate teorie concettuali, riguardo lo stato prendessero vita. Il XVI secolo, intriso di fervori razionalisti, fu il luogo di coltura ideale per le teorie giusnaturaliste del diritto. Nel 1625 con la sua " De Iure Belli ac Pacis " , il filosofo e giurista belga Ugo Grozio formulò la teoria del "contratto sociale", lo stato infatti nasce da un "tacito contratto" con cui l'uomo per sua attitudine naturale, tende ad instaurare con i suoi simili una determinata comunità  politica e sociale. In questo modo il popolo "trasferisce" a un sovrano o un'organizzazione politica il diritto di garantire, anche coercitivamente gli interessi dei singoli cittadini. Ovviamente questa concezione rappresenta il primo abbozzo di quello che sarà  il diritto civile. La svolta decisiva si ebbe quando il filosofo e teologo Danese Samuel von Pufendorf concepì nel suo De Iure Naturae et Gentium Libri Octo, la concezione di stato e di diritto, come espressione della ragione umana in quanto tale e non oggettivistica, il popolo viene così a trovarsi nella situazione di subjectus, soggetto cioè alla stessa giurisdizione dell' individuo o dell' istituzione cui ha affidato il potere. Viene a delinearsi anche il concetto di pena, quale discriminazione delle zone di diritto; il distinguere cioè ,quelle disciplinate dallo stesso e quelle soggette alla libertà  dell' individuo.

Area: umanistica

Materie trattate: LAtino: Seneca e il concetto di sovrano illuminato Storia: la grande guerra e le grandi dittature quali espresisoni di nazionalismo e mutamento delle ottiche di nazione. Ed.civica: la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino Filosofia: hegel e la concezione di necessità  storica dello stato Italiano: D'annunzio e la razionalità  che scompare Storia dell'arte: munch e van gogh l'estremizzazione dell'irrazionalità  Fisica: il passaggio tra il macroscopico e il microscopico, quale esèpressione della razionalità  umana Inglese: Oscar Wilde è il culto della bellezza

Bibliografia: • Gian Biagio ConteEmilio Pianezzola Corso integrato di Letteratura Latina vol.4 L'età  imperiale. Le Monnier 2004 • Francesco Maria Feltri Maria Feltri Maria Manuela Bertazzoni I Giorni e le idee vol.2 . 2006 SEI • M. De Bartolomeo V. Magni Voci della filosofia vol.2. 2006 Atlas • Elio Bonifazi Alberto Pellegrino Stato e società  civile 1995 EBF • G.Squarrotti G. Genghini G. Balbis A. Pardini V. Boggione Letteratura 2006 Atlas • G.P. Parodi M. Ostili G.Mochi Onori L'evoluzione della fisica 2006 Paravia • A. Cottino M. Dantini S. Guastalla La Storia Dell'arte vol. 3 2004 Archimede edizioni • M. Ansaldo English in Literature vol.3 2005 De Agostini

Estratto del documento

Elaborazione concettuale nel corso della storia degli elementi di diritto e di stato

INTRODUZIONE

Sull’origine dello stato, come organizzazione necessaria alla convivenza civile del popolo vi sono accenni significativi

già dai primi decenni del 1300, quando, nella sua Defensor Paci, Marsilio da Padova, compie il primo passo per quello

che sarà l’evoluzione laica dello stato. Nei secoli precedenti, il concetto di stato si era sempre fuso con quello di

trascendenza, portando a identificare lo stesso monarca con la divinità, eccezion fatta per la parentesi romana, nella

quale sembra che il diritto, inteso come organizzazione civile mediante leggi, si stesse organizzando in un filone non

solo politico, ma anche letterario. Prendendo in esame la produzione di Seneca, ci accorgiamo, infatti, come le

elaborazioni politiche che ruotavano intorno all’amministrazione dello stato volgessero a raffinarsi. Per l’oratore, lo

stato doveva essere governato dai boni, come l’autore stesso esprimerà nel De clementia, la guida dello stato è

affidata al logos, la ragione universale, che rappresenta il vincolo sotto il quale si riuniscono tutti i popoli. La realtà dei

romani, era, infatti, cosmopolita; l’enorme estensione dell’impero fece in modo che i romani occupassero la minima

parte della popolazione; questa situazione rese necessaria l’elaborazione di un raffinato sistema organizzativo. Nel suo

modello esso concepisce lo stato come rivolto al popolo, e affida la gestione al princeps, un sovrano illuminato, la cui

condotta è regolata dalla filosofia. Dopo l’avvento del clima religioso\mistico del medioevo, la concezione di stato si

avvicina sempre di più al divino; non vi sarà più, nei dieci secoli che caratterizzeranno il medioevo, l’elaborazione o la

ripresa del concetto di repubblica o di democrazia, fatta eccezione dei corpora medioevali, in cui il popolo tentò

inutilmente di garantire i propri diritti. Eppure, agli inizi del XIV secolo, avremo una, anche se debole, presa di

coscienza dell’uomo. Analizzando l’opera del Marsilio, possiamo infatti notare, come avanzino timidamente concezioni

politiche laiche e volte alla salvaguardia del popolo più che del sovrano. Si dovrà attendere fino al XVI secolo, affinchè

elaborate teorie concettuali, riguardo lo stato prendessero vita. Il XVI secolo, intriso di fervori razionalisti, fu il luogo di

coltura ideale per le teorie giusnaturaliste del diritto. Nel 1625 con la sua “ De Iure Belli ac Pacis “ , il filosofo e giurista

belga Ugo Grozio formulò la teoria del “contratto sociale”, lo stato infatti nasce da un “tacito contratto” con cui

l’uomo per sua attitudine naturale, tende ad instaurare con i suoi simili una determinata comunità politica e sociale. In

questo modo il popolo “trasferisce” a un sovrano o un’organizzazione politica il diritto di garantire, anche

coercitivamente gli interessi dei singoli cittadini. Ovviamente questa concezione rappresenta il primo abbozzo di

quello che sarà il diritto civile. La svolta decisiva si ebbe quando il filosofo e teologo Danese Samuel von Pufendorf

concepì nel suo De Iure Naturae et Gentium Libri Octo, la concezione di stato e di diritto, come espressione della

ragione umana in quanto tale e non oggettivistica, il popolo viene così a trovarsi nella situazione di subjectus, soggetto

cioè alla stessa giurisdizione dell’ individuo o dell’ istituzione cui ha affidato il potere. Viene a delinearsi anche il

concetto di pena, quale discriminazione delle zone di diritto; il distinguere cioè ,quelle disciplinate dallo stesso e quelle

soggette alla libertà dell’ individuo. Per la svolta finale, si dovrà attendere il 1748, anno in cui, il filosofo francese

Montesquieu, pubblicò il suo: “ Lo spirito delle leggi”. In questo audace testo, che fu messo addirittura all’indice dei

libri proibiti, il filosofo delinea la completa separazione dei poteri dello stato. Per avere uno stato di diritto i poteri

fondamentali, che Montesqui identifica in: legislativo, esecutivo e giudiziario, non debbono coesistere nello stesso

individuo o la stessa istituzione. La mediatrice fra il popolo e l’ente governativo è identificata nella legge, che riesce a

mediare fra le diverse tendenze individuali e porre la base per una pacifica convivenza civile. Analizzata l’evoluzione

storico\concettuale del termine stato, procederemo ad esaminare quella filosofica: cosa ha portato alla necessità di

formulare elaborazioni sempre più complesse del concetto di stato?. Il percorso filosofico a partire dalle tendenze

razionalistiche della schiera cartesiana, ci portano ad osservare come la ragione prenda sempre più possesso

dell’uomo. Cartesio infilerà lo stiletto nel cuore della filosofia, con la sua concezione soggettivistica della ragione, le

idee, infatti, per essere considerati universali, come per esempio quelle di estensione e movimento, necessitano di

essere innate,la conoscenza del tutto, viene così ad assumere una valenza gnoseologica puramente soggettiva. Lo

stato assume così la valenza necesaria per frenare le tendenze individualistiche del popolo.

Seneca; Il logos che governa il tutto

Nel suo utopico programma politico, ispirato ai principi di

equità e moderazione, il filosofo traccerà le fondamenta

delle concezioni stataliste. Per l’oratore, anche se la

legittimità del principato non deve essere messa in

discussione, ma comunque essere regolato da un criterio

“razionalista”, in modo da salvaguardare i cittadini. Come

scriverà nel De Clementia, la guida dell’impero, affidata al

logos, dovrà trattenere il sovrano dal governare in modo

dispotico, ma esprimere un atteggiamento di “ filantropica

benevolenza”. La formazione del sovrano è affidata alla

filosofia, che diventa così l’ispiratrice e la garante della

direzione politica dello stato. L’educazione del principe, diviene in questo modo fondamentale, per

imprimere nella sua mente i valori necessari al buon governo. Anche se l’iniziale concezione

senechiana, mediante la quale alla singola figura del sovrano, debba essere contrapposto un

senato; il quale possa porre una sorta di moderazione filosofica alla sua condotta, viene vanificata;

l’autore sosterrà sempre il modello del saggio stoico come parte attiva della vita politica. Nel suo

capolavoro “ De beneficis”, un trattato riguardante la natura e modalità degli atti di beneficenza,

l’autore trasferisce nella morale individuale il progetto di una società equilibrata. Questo appello,

rivolto soprattutto alle classi privilegiate, ha come intento quello di restaurare i rapporti umani e

sociali, per garantire l’integrità dello stato; anche se comporta necessariamente il fallimento del

progetto dl “sovrano illuminato”. Possiamo notare come il diritto romano, e la concezione di

“politica”, abbia raggiunto uno stadio abbastanza elevato durante il periodo romano; molti

intellettuali classicisti, attingeranno da questa civiltà le basi teoriche del diritto moderno.

La dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino; l’emblema della presa di

coscienza I Rappresentanti del Popolo Francese, costituiti in Assemblea

Nazionale, considerando che l’ignoranza, l’oblio o il disprezzo

dei diritti dell’uomo sono le uniche cause delle sciagure

pubbliche e della corruzione dei governi, hanno stabilito di

esporre, in una solenne dichiarazione, i diritti naturali,

inalienabili e sacri dell’uomo, affinché questa dichiarazione,

costantemente presente a tutti i membri del corpo sociale,

rammenti loro incessantemente i loro diritti e i loro doveri;

affinché maggior rispetto ritraggano gli atti del potere

legislativo e quelli del potere esecutivo dal poter essere in ogni

istanza paragonati con il fine di ogni istituzione politica; affinché i reclami dei cittadini, fondati da ora innanzi su dei

principi semplici ed incontestabili, abbiano sempre per risultato il mantenimento della Costituzione e la felicità di tutti.

In conseguenza, l’Assemblea Nazionale riconosce e dichiara, in presenza e sotto gli auspici dell’Essere Supremo, i

seguenti diritti dell’uomo e del cittadino:

Art. 1. Gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti. Le distinzioni sociali non possono essere fondate che

sull’utilità comune.

Art. 2. Il fine di ogni associazione politica è la conservazione dei diritti naturali ed imprescrittibili dell’uomo. Questi

diritti sono la libertà, la proprietà, la sicurezza e la resistenza all’oppressione.

Art. 3. Il principio di ogni sovranità risiede essenzialmente nella Nazione. Nessun 7corpo o individuo può esercitare

un’autorità che non emani direttamente da essa.

Art. 4. La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non nuoce ad altri; così, l’esercizio dei diritti naturali di ciascun

uomo ha come limiti solo quelli che assicurano agli altri membri della società il godimento di questi stessi diritti.

Questi limiti possono essere determinati solo dalla legge.

Art. 5. La legge ha il diritto di vietare solo le azioni nocive alla società. Tutto ciò che non è vietato dalla legge non può

essere impedito, e nessuno può essere costretto a fare ciò che essa non ordina.

Art. 6. La legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di concorrere, personalmente o

mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che

punisca. Tutti i cittadini essendo uguali ai suoi occhi sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi

pubblici secondo le loro capacità, e senza altra distinzione che quella della loro virtù e dei loro talenti.

Art. 7. Nessun uomo può essere accusato, arrestato o detenuto se non nei casi determinati dalla legge, e secondo le

forme da essa prescritte. Quelli che procurano, spediscono, eseguono o fanno eseguire degli ordini arbitrari, devono

essere puniti; ma ogni cittadino citato o tratto in arresto, in virtù della legge, deve obbedire immediatamente;

opponendo resistenza si rende colpevole.

Art. 8. La legge deve stabilire solo pene strettamente ed evidentemente necessarie e nessuno può essere punito se

non in virtù di una legge stabilita e promulgata anteriormente al delitto, e legalmente applicata.

Art. 9. Presumendosi innocente ogni uomo sino a quando non sia stato colpevole, se si ritiene indispensabile

arrestarlo, ogni rigore non necessario per assicurarsi della sua persona deve essere severamente represso dalla legge.

Art. 10. Nessuno deve essere molestato per le sue opinioni, anche religiose, purché la manifestazione di esse non

turbi l’ordine pubblico stabilito dalla legge.

Art. 11. La libera comunicativa dei pensieri e delle opinioni è uno dei diritti più preziosi dell’uomo; ogni cittadino può

dunque parlare, scrivere, stampare liberamente, salvo a rispondere dell’abuso di questa libertà nei casi determinati

dalla legge.

Art. 12. La garanzia dei diritti dell’uomo e del cittadino ha bisogno di una forza pubblica; questa forza è dunque

istituita per il vantaggio di tutti e non per l’utilità particolare di coloro ai quali essa è affidata.

Art. 13. Per il mantenimento della forza pubblica, e per le spese di amministrazione, è indispensabile un contributo

comune: esso deve essere ugualmente ripartito fra tutti i cittadini, in ragione delle loro sostanze.

Art. 14. Tutti i cittadini hanno il diritto di constatare, da loro stessi o mediante i loro rappresentanti, la necessità del

contributo pubblico, di approvarlo liberamente, di controllarne l’impiego e di determinarne la quantità, la ripartizione

e la durata.

Art. 15. La società ha il diritto di chieder conto ad ogni agente pubblico della sua amministrazione.

Art. 16. Ogni società in cui la garanzia dei diritti non è assicurata, né la separazione dei poteri determinata, non ha

costituzione.

Art. 17. La proprietà essendo un diritto inviolabile e sacro, nessuno può esserne privato, salvo quando la necessità

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