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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: L'evoluzione delle abitudini alimentari
Autore: Angela De feo
Descrizione:
Materie trattate: egar,storia,alimentazione, letteratura italiana.
Area: umanistica
Sommario: Come tutti gli esseri viventi, gli uomini hanno bisogno di nutrirsi per sopravvivere, il genere umano ha fatto di questa necessità un'arte e , nel migliorare le proprie condizioni di vita, ha progressivamente raffinato le abitudini alimentari. In effetti quello che noi oggi mangiamo e prepariamo è il risultato di un'evoluzione culturale; le abitudini alimentari con l'avanzare dei secoli sono cambiate, basti pensare che più di diecimila anni fa l'uomo mangiava il cibo che trovava e mano a mano ha cominciato a selezionare gli animali da allevare e a produrre la farina e qualcosa di simile alla birra e al lievito. In passato si mangiava solo per un'esigenza di nutrimento, ma man mano che gli antichi Greci e Romani conobbero nuovi prodotti agricoli, nuove spezie ed anche nuove abitudini alimentari, si avvertì il bisogno di qualcosa di raro, sbalorditivo ovvero si ricercava il piacere, il gusto; difatti il gusto è in continua evoluzione poiché in passato si prediligevano sapori molto speziati e cibi molto cotti. La cucina romana e greca si trasformò in un'abbondanza di ingredienti e ben presto si resero conto che gli eccessi alimentari erano fonte di un gran numero di malattie come l'obesità ovvero una condizione patologica caratterizzata da un enorme accumulo di grasso nell'organismo. Il soggetto obeso viene definito tale quando supera del 20% il proprio peso ideale. Le cause dell'obesità possono essere molteplici e può assumere configurazioni differenti per cui possiamo distinguere: "l'obesità di tipo androide(che predilige gli uomini), con grasso localizzato nella zona addominale e viscerale e l'obesità di tipo ginoide(che predilige le donne) con grasso localizzato a livello delle cosce e dei glutei", fu proprio in questo periodo che nacquero i primi trattati di dietetica. Inoltre i romani impararono le tecniche della conservazione delle carni e della produzione dei salumi.
Alunno: De Feo Angela
Classe: VF
A.S: 2007/2008 Collegamento tra le seguenti discipline:
Egar
Storia
Alimentazione
Italiana
Letteratura
ISTITUTO PROFESSIONALE PER I SERVIZI ALBERGHIERI E DELLA RISTORAZIONE
“MANLIO ROSSI-DORIA”
Via Morelli e Silvati- 83100Avellino Tel 0825783331- Fax 0825248000
Posta elettronica: ipssarav@tin.it
Esame di stato
Storia dell’alimentazione
Alimentazione equilibrata
(dieta mediterranea)
D’Annunzio e la cucina
L’alimentazione durante il
fascismo.
(Rapporto tra D’annunzio e
Mussolini).
Fonti di finanziamento
Come tutti gli esseri viventi, gli uomini hanno bisogno di nutrirsi per sopravvivere, il genere umano
ha fatto di questa necessità un’arte e , nel migliorare le proprie condizioni di vita, ha
progressivamente raffinato le abitudini alimentari. In effetti quello che noi oggi mangiamo e
prepariamo è il risultato di un’evoluzione culturale; le abitudini alimentari con l’avanzare dei secoli
sono cambiate, basti pensare che più di diecimila anni fa l’uomo mangiava il cibo che trovava e
mano a mano ha cominciato a selezionare gli animali da allevare e a produrre la farina e qualcosa di
simile alla birra e al lievito. In passato si mangiava solo per un’esigenza di nutrimento, ma man mano
che gli antichi Greci e Romani conobbero nuovi prodotti agricoli, nuove spezie ed anche nuove
abitudini alimentari, si avvertì il bisogno di qualcosa di raro, sbalorditivo ovvero si ricercava il
piacere, il gusto; difatti il gusto è in continua evoluzione poiché in passato si prediligevano sapori
molto speziati e cibi molto cotti. La cucina romana e greca si trasformò in un’abbondanza di
ingredienti e ben presto si resero conto che gli eccessi alimentari erano fonte di un gran numero di
malattie come l’obesità ovvero una condizione patologica caratterizzata da un enorme accumulo di
grasso nell’organismo. Il soggetto obeso viene definito tale quando supera del 20% il proprio peso
ideale. Le cause dell’obesità possono essere molteplici e può assumere configurazioni differenti
per cui possiamo distinguere: “l’obesità di tipo androide(che predilige gli uomini), con grasso
localizzato nella zona addominale e viscerale e l’obesità di tipo ginoide(che predilige le donne) con
grasso localizzato a livello delle cosce e dei glutei”, fu proprio in questo periodo che nacquero i
primi trattati di dietetica. Inoltre i romani impararono le tecniche della conservazione delle carni e
della produzione dei salumi. Nel medioevo invece, furono introdotte molte spezie come lo
zafferano, la noce moscata, la cannella ecc; e questo fu il periodo ove si incominciò a produrre il
burro e il formaggio secco. Dal ‘400 nacque il gusto per la presentazione dei piatti infatti vi si
prestava particolarmente attenzione e fu alla fine del ‘500 che incominciò a svilupparsi la grande
cucina francese. Il ‘600 fu un secolo di transizione dalla grande cucina italiana a quella francese
e fu proprio in questo periodo che si aprì l’epoca dei cuochi e dei grandi architetti di banchetti.
La cucina non si rivolgeva più solo agli aristocratici i quali coltivavano un gusto raffinato ispirato
alla cucina francese, ma anche alla gente del popolo la quale soleva mangiare pasti frugali. Dal
1700 si perfezionò la conservazione degli alimenti con l’uso del freddo come la
refrigerazione(che rallenta lo sviluppo batterico), la surgelazione e la congelazione(che bloccano
la proliferazione batterica), Pasteur introdusse la pastorizzazione un altro metodo di
conservazione ove l’alimento veniva portato ad una temperatura intorno ai 65-75°C con
distruzione di germi patogeni e riduzione della carica microbica, tuttavia le spore non vengono
distrutte; inoltre fu definito il riconoscimento della cucina francese grazie al grande Chef
Auguste Escoffier, il quale pose le basi della ristorazione moderna nel campo alberghiero e
ristorativo, e della cucina italiana grazie a Pellegrino Artusi ovvero il primo gastronomo che
codificò alcune delle tante specialità della nostra cucina regionale. Nel ‘900 un gruppo di cuochi
francesi inventarono la Nouvelle Cousine una cucina nuova basata non solo sulla preparazione
ma anche sulla decorazione del piatto per farsì che appaghi l’occhio ancor prima del palato
creando una promettente aspettativa nel piatto, perché nella degustazione di un piatto oltre alle
papille gustative concorrono anche altre sensazioni come quelle olfattive e visive. In questo
periodo la situazione alimentare però presentava sempre grossi problemi,difatti, sia nelle
campagne sia nelle città,il popolo viveva sulle soglie dell'indigenza(miseria). Una corretta
continuava ad essere esclusivo retaggio di gruppi sociali più abbienti, mentre la
nutrizione
maggior parte della popolazione mangiava più per sfamarsi che per nutrirsi. La maggior parte
della popolazione, infatti, combatte giornalmente la dura battaglia contro la fame, e il suo unico
desiderio è quello di poter mangiare tutti i giorni in modo soddisfacente, cosa assai rara. Infatti
una corretta nutrizione si consegue attraverso il conseguimento di obiettivi nutrizionali che
assicurano il mantenimento dello stato di salute dell’individuo e a fornire le indicazioni sulla
quantità di energia e di nutrienti che dovrebbero essere assunti sono i L.A.R.N (livelli di
assunzione raccomandati di nutrienti). Il termine dieta(tenore di vita) è in realtà sinonimo di
alimentazione corretta ed equilibrata, quella che una persona sana dovrebbe assumere ogni
giorno. Un esempio di dieta equilibrata e corretta è la Dieta Mediterranea la quale privilegia i
prodotti del bacino Mediterraneo quali il pane, la pasta(meglio se integrali),il riso, le verdure di
stagione, i legumi, la frutta d stagione, l’olio d’oliva, il pesce azzurro e con moderazione, le uova e
carne. La dieta mediterranea riduce notevolmente i rischi d’insorgenza delle malattie dette: “da
civilizzazione”. Gli alimenti tipici del bacino mediterraneo sono adatti anche per formare
facilmente “piatti unici”, capaci di fornire da soli l’apporto nutritivo degli usuali “primo e secondo”.
Ad esempio: “pasta e fagioli, lo spezzatino con patate, ecc”. In questo periodo(900) inoltre i
gruppi sociali più abbienti solevano consumare i propri pasti allestendo banchetti. In effetti la
tradizione di allestire banchetti è antichissima e per molti secoli il banchetto è stato un momento
molto importante della vita sociale di una famiglia o di una comunità, rappresentando la forma più
elegante e ricercata di consumare un pasto in comune.
Molti furono gli artisti, gli scrittori, i poeti che celebrarono le loro opere durante ricevimenti,
banchetti, ad esempio D’annunzio il quale era sempre alla ricerca del gusto, della bellezza e
nonostante fosse raffinato nel vestire, nei modi di fare ecc, i suoi gusti gastronomici erano semplici.
I dolci esotici, i cioccolatini, i vini speciali, i frutti rari, i bonbon, erano tutti destinati ai riti di
seduzione delle belle ospiti che il Vate accoglieva nella stanza della Musica del Vittoriale(ultima
dimora ove raccolse numerosi cimeli di guerra). Per la sua tavola personale D’Annunzio preferiva
carni fredde, cannelloni, patate fritte, cotolette, ma cotolette come le sapeva fare Albina
Becevello, la cuoca del Vittoriale ove rimase a nutrirlo fino alla morte del poeta avvenuta il 12
novembre 1938. D’Annunzio scriveva alla cuoca su semplici fogli di carta(i famosi 100 fogli
ritrovati al vittoriale) cosa desiderava mangiare oppure la lodava per un piatto ben riuscito.
D’annunzio adorava la frutta, gli piaceva il riso, ogni sorta di pesce e carne alla griglia, era goloso
di uova precisamente amava le frittate, inoltre non resisteva alla tentazione di dolciumi, era
moderato invece nell’uso di cafè e tè. D’Annunzio in un suo telegramma celebrò la ricetta di una
semplice bistecca alla brace adoperando un linguaggio raffinato, ciò ci fa capire che pure una
semplice bistecca alla brace egli la esaltava rendendola un’opera d’arte. D’Annunzio inoltre influì
notevolmente sulla vita politica infatti incitò l’Italia ad andare in guerra ed inoltre con il suo gusto
estetizzante influenzò il Fascismo. Sotto il fascismo l’ alimentazione degli italiani iniziò ad essere
scarsa ben prima delle, peraltro limitate, sanzioni economiche votate dalla Società delle Nazioni
alla fine del ’35 in seguito all’aggressione italiana all’Etiopia. I problemi alimentari cominciarono
dal pane, elemento base della dieta nazionale. Appena salito al potere, Mussolini dovette
registrare un allarmante calo della produzione di frumento e nonostante la cosiddetta “battaglia
del grano” l’incremento della produttività agricola risultò insufficiente e circoscritto soprattutto al
Nord: nel 1933 la farina prodotta ammontava a 380 grammi quotidiani a testa.
Specialmente al Sud, si ricorreva a surrogati della farina di frumento; il pane era prodotto con
una miscela di farina di lenticchie, d’orzo e di cicerchie.
Ma anche nel resto dell’Italia, il pane bianco era privilegio di pochi e la propaganda si affrettò a
screditarlo. Vi è gente che da anni non ha una occupazione regolare. Vi sono famiglie che per intere
settimane si sono nutrite alla meglio con un po’ di patate lesse. Durante i mesi del gran freddo,
erano installate a Venezia, Padova e Rovigo delle cucine ambulanti per distribuire la zuppa alla
popolazione affamata”. Anche la pasta era insufficiente e, per limitare le importazioni di frumento,
venne incoraggiato il consumo di riso che, invece, era in sovrabbondanza. A tal fine la propaganda
fascista condusse una violenta quanto assurda campagna denigratoria contro spaghetti e
maccheroni che vide scendere in campo il futurista Filippo Tommaso Marinetti ormai in guerra
contro la pastasciutta, incurante dei cortei popolari di protesta che si svolsero a Napoli e del
dissenso del giornalista Paolo Monelli che ebbe a definire la pasta “l’ideale vivanda dei
combattenti”. Nelle riviste femminili le donne italiane trovarono ricette per riciclare bucce e torsoli di
mele, gambi di prezzemolo e di cavolfiore perché nulla andava buttato via, tutto poteva trasformarsi
in surrogati; si trovò persino la maniera per fare la crema senza uova, la marmellata senza zucchero,
l’insalata senz’olio e le costolette senza carne, mentre la farina di castagne suppliva il colore del
cioccolato. Fece la sua comparsa un manifesto murale in cui si vedeva un soldato con casco
coloniale che, battendo una mano sulla spalla di un borghese seduto ad un tavola ben fornita,
ammoniva: “Se tu mangi troppo derubi la patria!”. I pranzi ufficiali erano ben diversi, ecco ad
esempio il menu di una colazione offerto a Mussolini nel corso di una sua visita in Libia: “ caviale
molossol, fegato d’oca, ristretto imperiale, spigola alla mare nostrum con salsa maionese, capponi di
Monza con carciofi all’indigena e piselli tripolini, Bomba Faccetta nera, pasticceria assortita, frutta
e cafè. Spumante e vini italiani. Nei ristoranti e nelle trattorie, che lo stato di guerra aveva
declassato a mense popolari, per chi disponeva di soldi il “rancio unico” (minestra, verdura, frutta)
poteva riservare succulente sorprese: la “verdura” dello spartano pasto tesserato poteva diventare
tacchino o pollo nascosto da una montagna di fagioli o piselli. Inoltre D’Annunzio al Fascismo
fornì gli schemi delle celebrazioni esteriori, i discorsi eccessivi e vuoti, i messaggi e i motti, l’uso del
gagliardetto, la teatralità dei gesti, le pose istrionesche del capo, il saluto col braccio alzato, la
cintura con il pugnale, il grido alalà, la camicia nera con i teschi, tutto ciò doveva caratterizzare il
Fascismo. Mussolini da D’Annunzio oltre ad apprendere tali atteggiamenti, apprese anche la
mancanza di senso storico, il fastidio o il disprezzo per il lavoro umile, diuturno, oscuro ma fatto per
il bene della patria, l’improvvisazione, la faciloneria, la sottovalutazione e il disprezzo degli avversari,