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Il valore rieducativo della pena. Per affrontare questi argomenti mi sono ispirata al pensiero di Cesare Beccaria espresso nel suo scritto del 1764 "Dei delitti e delle pene".
Diritto - idee guida della pena, art. 27 Cost. + altri articoli collegati
Italiano / Storia - "Dei delitti e delle pene" di Cesare Beccaria
Sociologia - Sutherland, Durkheim , Lemert, teoria della scelta razionale, dell'etichettamento, della subcultura, la criminalità dei colletti bianchi
Inglese - Esperienza carceraria di Oscar Wilde
ISTITUTO SUPERIORE “MARIE CURIE” – CERNUSCO SUL NAVIGLIO
ESAMI DI STATO 2015
Alunna: Alessandra Massa
Classe V sez. A
Anno scolastico 2014 – 2015
L’ISTITUZIONE CARCERARIA
Il valore rieducativo della pena
MATERIE COINVOLTE:
Storia – Professor Fernando Monte
Diritto – Professoressa Elena Martinotti
Scienze umane – Professoressa Elena Camplani
Inglese – Professoressa Valentina Bordoni
Premessa...................................................... pag.2
“Dei delitti e delle pene”
Cesare Beccaria ........................................... pag.3
Origine della pena ....................................... pag.4
Il carcere come istituzione .......................... pag.6
Le tre idee guida .......................................... pag.9
Conseguenze della pena ............................ pag. 11
Il concetto di rieducazione ........................ pag. 15
“The Ballad of Reading Gaol”
Oscar Wilde ............................................... pag. 19
Bibliografia e sitografia ............................. pag. 24
1
Volevo fare qualcosa di diverso, non banale, e che mi coinvolgesse, per
stupirmi, e per stupire la commissione.
Dopo una serie di ricerche su internet, ho iniziato a escludere i temi più
trattati.
Durante le lezioni iniziavo a interrogarmi su quale delle mie tante
curiosità potesse incastrarsi bene con il mio indirizzo di studi.
L’ispirazione mi è venuta durante una lezione di diritto in cui si è
parlato dell’art. 27 Cost. e da li ho capito che quello sarebbe stato il
tema adatto alla mia tesina!
Riflettendoci su, mi sono ricordata che negli anni precendenti avevamo
affrontato argomenti che si sarebbero collegati prefettamente al tema
trattato nell’articolo.
Man mano che mi documentavo, scoprivo cose sempre nuove e mi
appassionavo sempre di più all’argomento.
Ho deciso, così, di proporre il tema della devianza e della rieducazione.
Premetto, però, che non sono un'esperta, ed ammetto sinceramente che
al termine del mio percorso scolastico mi piacerebbe poter lavorare in
questo ambito. 2
“Dei delitti e delle pene” è un opuscolo, pubblicato nel 1764 da
Cesare Beccaria, e diviso in 42 brevi capitoli, ognuno dei quali tratta
un aspetto specifico.
Lo scopo con cui l’autore lo scrisse è di dimostrare l’assurdità e
l’infondatezza dal sistema giuridico vigente, un sistema penale
puramente repressivo e caratterizzato da ingiustificati rituali di
violenza. 3
Le leggi sono nate quando gli uomini, formando le prime società,
cercarono di garantirsi una pace duratura rinunciando ciascuno a un
po’ della propria libertà, ma siccome ci sono uomini che vogliono più
di ciò che gli spetta, si ebbe bisogno di creare delle sanzioni, per i
possibili trasgressori delle regole, per difendere il bene universale.
Per sanzione penale si intende un castigo, o pena, inflitto all’autore
di un fatto illecito. 4
“Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore
prima del fatto commesso.” Art.25 comma 2° Cost.
Questa norma sancisce il principio di legalità, definendo la pena come
effetto giuridico di un fatto criminoso.
Essa per definizione ha due funzioni: correggere il criminale per
riportarlo sulla retta via e garantire sicurezza alla società.
La pena consiste, per sua natura, in uno strumento afflittivo che può
essere strumentalizzato per il raggiungimento di fini diversi, a
seconda dello Stato e del periodo storico in cui ci si trova.
Queste varianti influiscono anche sulle tecniche di volta in volta
utilizzate, ad esempio, si è passati dalle pene corporali a quelle
detentive. 5
L’istituzione totale è un luogo dove l’individuo risiede e lavora, per
un periodo di tempo piuttosto lungo, senza poter disporre della
libertà personale.
Il carcere è un’istituzione che intende proteggere la società da ciò che
si rivela pericoloso. Per questo motivo, il benessere dell’internato non
è la finalità immediata dell’istituzione.
6
In essa si ha, infatti, la rottura delle barriere, che separano le varie
sfere della vita, portandole ad essere svolte tutte nello stesso luogo e
sotto la stessa, ed unica, autorità.
“Un’istituzione totale può essere definita come il luogo di residenza e di lavoro di
gruppi di persone che – tagliate fuori dalla società per un considerevole periodo di
tempo – si trovano a dividere un situazione comune, in un regime chiuso e
formalmente amministrato.” Erving Goffman.
In questo modo la frontiera che l’individuo edifica, fra ciò che è e ciò
che lo circonda, viene invasa. Esso viene sottoposto a una serie di
umiliazioni, degradazioni e profanazioni del sè, che viene così
mortificato.
L’internato si trova a dover “resistere” alle pratiche di spoliazione,
utilizzando gli adattamenti secondari, ossia un insieme di pratiche
che, senza provocare direttamente lo staff, consentono agli internati
di ottenere qualche soddisfazione proibita.
All’interno vi è un sistema dei privilegi, ossia una struttura, su cui
l’internato fonda la sua riorganizzazione personale, composta da
“regole di casa”, “compensi” e “punizioni”.
7
In questo tipo di istituzione vengono rinchiusi devianti etichettati
come criminali.
A questo proposito, va evidenziato il fatto che devianza e criminalità
sono due termini che spesso vengono usati come sinonimi, ma in
realtà hanno un significato ben diverso tra loro.
Per devianza si intende un atto non conforme alle norme e ai valori
di una particolare società; mentre per criminalità si intende un’attività
che infrange la legge e per questo motivo chi la compie è soggetto a
punizioni.
Queste sono definizioni di tipo culturale, perciò variano a seconda
della società a cui si fa riferimento.
PS: E’ bene notare che tutti gli atti criminali sono devianti mentre
molte attività devianti non sono considerate criminali.
8
La pena deve, quindi, far comprendere al colpevole l’errore in modo
da consentirgli di ritornare nella società, di conseguenza, lo scopo
necessario resta la retribuzione.
Il principio retributivo, presuppone come già risolto il problema del
“perchè” bisogna punire e, si basa sull’idea che la sanzione penale
debba servire a compensare la colpa per il male commesso, perciò
implica il concetto di proporzionalità tra entità della sanzione e
gravità dell’offesa arrecata, quindi, tra misura della pena e grado della
colpevolezza. 9
L’idea della prevenzione generale si fonda, sull’ipotesi che la minaccia
della pena serva a distogliere gli individui dal compiere fatti
socialmente dannosi.
Secondo questo modello psicologico, si presume che l’uomo sia un
essere razionale che, prima di agire, ragioni sui pro e i contro della
possibilità di compiere un atto criminale. Questo bilanciamento, tra
vantaggi e svantaggi, dovrebbe essere risolto con la rinuncia al
compiere l’atto delittuoso, tutte le volte in cui la prospettiva di
sofferenza superi l’attrattiva di possibili guadagni connessi ad esso.
In sociologia, per descrivere questo fenomeno si parla di “teoria della
scelta razionale”. I sostenitori di essa affermano che il reato sia il
risultato di un’azione intenzionale, adottata attivamente dagli
individui, perchè convinti di poter ricavare maggiori benefici di quelli
che avrebbero se investissero il loro tempo e le loro risorse in attività
lecite.
Secondo questa teoria, i motivi che portano ad un’attività illecita sono
gli stessi che spingono a quella lecita, infatti, coloro che si dedicano
ad attività illecite non sono considerati diversi dagli altri.
10
Lo scopo della pena, quindi, non è quello di far soffrire il reo, ma di
convincerlo a non ricommettere il crimine, e, dissuadere il resto dei
cittadini dal compiere atti illeciti.
In questo senso la minaccia della pena adempie una funzione morale-
pedagogica o di orientamento culturale degli individui. La forte
disapprovazione sociale favorisce l’identificazione della maggioranza
dei cittadini con il sistema di valori protetto dall’ordinamento
giuridico, facilitando in ciascuno di noi la formazione di un “Super-
Io”, o coscienza morale, osservante i comandi della legge.
11
Nella nostra società, ad un altissimo numero di persone succede,
almeno una volta nella vita, di violare una norma in modo più o meno
grave, ma, un conto è commettere un atto deviante, un altro è
suscitare per questo una reazione sociale e venire accusato come
deviante. In questo secondo caso, avendo acquisito un’etichetta, i
suoi comportamenti passati vengono riesaminati e reinterpretati,
pertanto, lo si guarda e lo si tratta in modo diverso dagli altri.
Gli studiosi della teoria dell’etichettamento sostengono che per
capire la devianza è necessario tenere conto non solo della violazione,
ma anche della creazione e dell’applicazione delle norme. Il reato non
è altro che il prodotto dell’interazione, tra coloro che creano e che
fanno applicare le norme, e coloro che le infrangono.
Howard Becker sostiene che i gruppi sociali, stabilendo le regole, la
cui infrazione costituisce la devianza, contribuiscano alla formazione
di essa. Da questo punto di vista la devianza non è altro che la
conseguenza dell’applicazione delle regole, e delle sanzioni al
trasgressore, e il deviante, uno a cui l’etichetta è stata applicata con
successo.
Edwin Lemert distingue tra devianza primaria e devianza secondaria.
Con la prima si riferisce a quelle violazioni delle norme che hanno un
rilievo marginale e che vengono, di conseguenza, presto dimenticate.
12
Ciò significa che chi compie certe azioni non considera se stesso un
deviante, né viene considerato dagli altri come tale. Nel caso della
devianza secondaria, ossia quando l’atto di una persona suscita una
reazione di condanna da parte degli altri, i quali lo considerano un
deviante, e di conseguenza egli riorganizza la sua identità ed i suoi
comportamenti, sulla base delle conseguenze prodotte dal suo atto.
La stigmatizzazione che lo ha colpito lo farà sentire sempre più
isolato dal resto della società, e lo spingerà ad entrare in contatto con
altri devianti. Ulteriori sue infrazioni delle norme, provocheranno
reazioni sociali sempre più forti che lo indurranno, a proseguire la
carriera di deviante. Per far si che ciò non avvenga, la funzione di
prevenzione speciale tende ad impedire che chi si è già reso
responsabile di un reato torni a delinquere anche in futuro.
Bisogna tenere presente, però, che finchè una persona è considerata
innocente, cioè non è ancora stata dichiarata sicuramente colpevole,
non deve essere privata della libertà, a meno che non ci sia il rischio
di fuga o di inquinamento delle prove, come viene dichiarato nei
seguenti articoli della Costituzione italiana:
“La responsabilità penale è personale.
L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.”
Art. 27 comma 1° e 2° Cost.
13
“La libertà personale è inviolabile.
Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione
personale, nè qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto
motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge.
In casi eccezionali di necessità ed urgenza, indicati tassativamente dalla legge,
l’autorità di pubblica sicurezza può adottare provvedimenti provvisori, che devono
essere comunicati entro quarantotto ora all’autorità giudiziaria e, se questa non li
convalida nelle successive quarantotto ore, si intendono revocati e restano privi di
ogni effetto.
È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a
restrizioni di libertà.
La legge stabilisce i limiti massimi della carcerazione preventiva.”
Art. 13 Cost.
Di conseguenza il sovrano ha il dovere di punire chi minaccia la
libertà altrui, ma deve stare ben attento a non infliggere una pena che
non derivi da necessità, altrimenti il popolo si ribellerà.
Oggi si concorda nell’osservare che la minaccia di una pena
eccessivamente severa, o comunque sproporzionata, susciti
sentimenti di insofferenza nel potenziale trasgressore.
14
Questo grado di proporzione consente al reo di avvertire la pena