vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Italiano: Dante Alighieri; Francesco Petrarca; Giosuè Carducci
Fisica: Isaac Newton
INTRODUZIONE
Motivazioni della scelta di trattare tale
argomento
Contenuto
L’IMPORTANZA DEL LATINO
Dal latino all’italiano
1.
2. La scientificità del latino
3. Quintiliano e i primi due libri dell’”Institutio oratoria”:
la base della pedagogia moderna
4. L’influsso latino nell’ambito giuridico
5. Le opere latine come modelli nella letteratura italiana
INTRODUZIONE B
a
Vannini Gloria V
I Liceo scientifico
n questa tesina tratterò di un argomento insolito:l’importanza del
T.Parentucelli
latino. Le motivazioni che mi hanno orientata a questa scelta
A.S. 2010/2011
sono diverse: la passione per tale lingua,coltivata nel mio
percorso di studi liceali, l’intenzione di proseguire il mio percorso
scolastico nel campo umanistico e il desiderio di fare apprezzare il
latino anche a coloro che non si sono mai avvicinati o appassionati
alla materia nonostante “De gustibus non est disputandum”. Proprio
per questa ragione il mio intento è mostrare l’incredibile importanza
della lingua latina, spesso sottovalutata, andando ad analizzare
quegli aspetti a cui il più delle volte non viene dato troppo rilievo.
Essendo l’argomento di straordinaria capacità, ho dovuto scegliere
solo alcuni influssi del latino sul mondo moderno. Essi sono: il latino
come lingua madre dell’italiano, la scientificità del latino, la
modernità della pedagogia di Quintiliano, l’influsso latino in ambito
giuridico e infine il latino nella letteratura italiana.
DAL LATINO ALL’ITALIANO
I l latino acquistò grande importanza con l'espansione dello stato
romano e in quanto lingua ufficiale dell'impero si radicò in gran
parte dell'Europa e dell'Africa settentrionale. Tutte le lingue
romanze discendono dal latino volgare, ma parole di origine
latina si trovano spesso anche in molte lingue moderne di altri ceppi:
questo perché anche dopo la caduta dell'Impero romano
d'Occidente, per più di un millennio il latino fu, nel mondo
occidentale, la lingua franca della cultura, della scienza e dei
rapporti internazionali, e come tale influì sulle varie lingue locali. La
lingua latina si è sviluppata grazie anche al contributo di tutte le
lingue dei popoli con cui è entrata in contatto durante l'epoca
romana, e in particolare con gli idiomi italici, con quello etrusco e
con quelli parlati nel Mediterraneo orientale (soprattutto il greco).
Del latino arcaico (fino al III secolo a.C.) rimangono tracce in alcune
citazioni degli autori e soprattutto in iscrizioni, che insieme alla
comparazione con altre lingue affini consentono una sua
ricostruzione assai parziale.
Restano solo frammenti anche dei testi letterari più antichi, quelli di
Livio Andronico, Nevio e Ennio, tutti risalenti al III secolo a.C., databili
quindi circa cinque secoli dopo la mitologica fondazione di Roma
(secondo Varrone avvenuta nel 753 a.C.). L'unica eccezione sono le
commedie di Plauto, che costituiscono dunque la principale fonte per
lo studio della lingua arcaica.
Col II secolo a.C. la letteratura latina si sviluppò, e soprattutto con
l'opera di Marco Porcio Catone il Censore nacque una prosa letteraria
latina. La lingua aveva, però ancora una certa rudezza, e non era
priva di influssi dialettali. Pertanto, l'uso del termine "latino arcaico"
è esteso al 75 a.C. circa.
Fu nel I secolo a.C., con l'estensione della cittadinanza romana agli
Italici e i cambiamenti sociali che ne derivarono, che a Roma sorse la
preoccupazione per la purezza della lingua. Anche sotto la stimolo
della speculazione linguistica greca, si avviò un processo di
regolarizzazione della lingua. In questi tempi fiorirono letterati come
Cicerone, che fu oratore e filosofo, oltre che politico o come Catullo e
i poetae novi, che rivoluzionarono la lingua poetica. La scrittura non
era ignota neppure ai condottieri come Cesare, ammiratissimo per il
suo stile terso.
Nella generazione successiva, sotto il principato di Augusto, fiorirono
i maggiori poeti di Roma: Orazio, che primeggiò nella satira e nella
lirica, Virgilio, che si distinse nel genere bucolico, nella poesia
didascalica e nell'epica, Ovidio, maestro del metro elegiaco, e Tito
Livio nella storiografia.
Il periodo classico della lingua latina è ben conosciuto. Il latino
divenne importante come lingua ufficiale dell'Impero romano, usato
come lingua franca in particolare nella sua parte occidentale. Anche
in epoca imperiale si ebbero scrittori importanti: tra tutti si possono
ricordare Seneca, Lucano, Petronio, Quintiliano, Stazio, Giovenale,
Svetonio. Al di là delle differenze stilistiche, questi autori, vissuti tra
il I e il II secolo, mantennero per lo più invariata la lingua letteraria
classica.
Nel pieno II secolo da un lato nacque una moda culturale letteraria
che, scavalcando gli ormai classici augustei, guardava alla latinità
arcaica; e dall'altro, con autori come Apuleio, cominciò ad acquistare
sempre più importanza il latino volgare, la lingua parlata che
diventerà la base delle odierne lingue neolatine. Con la caduta
dell'impero romano, il latino venne ancora usato per secoli come
unica lingua scritta nel mondo che era stato romano. Nelle
cancellerie dei re, nella curia romana, nella liturgia della Chiesa
cattolica, nella produzione dei libri l'unica lingua era il latino; ma era
sempre più corrotto e sempre più influenzato dal linguaggio parlato.
Infatti, in un periodo difficilissimo da stabilire tra il tardo impero e
l'alto medioevo, il latino volgare aveva incominciato a differenziarsi
dando origine prima al protoromanzo e poi alle prime fasi di quelle
che sono le attuali lingue romanze (fra cui anche l'italiano).
Nel XIV secolo in Italia sorse un movimento culturale che,
parallelamente alla riscoperta e rivalutazione del mondo classico e
pagano, favorì un rinnovato interesse per il latino antico: esso
prende il nome di umanesimo. Cominciato già col Petrarca, ebbe i
suoi maggiori esponenti in Poggio Bracciolini, Lorenzo Valla, Marsilio
Ficino e Coluccio Salutati. La lingua classica divenne oggetto di studi
approfonditissimi che segnarono, di fatto, la nascita della disciplina
chiamata filologia classica.
LA scientificità DEL LATINO
P artendo dal presupposto che tradurre dal latino è
un'operazione "scientifica" per eccellenza, perché si procede
per ipotesi e successiva verifica della stessa come nelle
scienze sperimentali, appare significativo analizzare il
rapporto tra questa lingua e la scienza. Quali siano i primi scritti
scientifici è un argomento dibattuto. Durante il medioevo, la
produzione scientifica fu alquanto limitata (pur con notevoli
eccezioni), ed esclusivamente in latino. Con la rivoluzione scientifica
la letteratura assunse una dimensione nuova. Galileo pubblicò opere
in italiano, fondendo il valore scientifico con quello artistico
letterario. Tra il XVII ed il XX secolo il numero di pubblicazioni
scientifiche ebbe una crescita notevole. Fino al XIX secolo il latino
era ancora la lingua più utilizzata, anche se le pubblicazioni a
diffusione locale erano generalmente redatte nelle lingue nazionali.
In latino scrissero anche i primi scienziati moderni come Copernico e
Newton. Ne è un esempio la “Philosophiae Naturalis Principia
Mathematica” (I principi matematici della filosofia naturale) un'opera
in tre volumi di Isaac Newton, pubblicata nel 1687 scritta
interamente in latino. È unanimemente considerata una delle più
importanti opere del pensiero scientifico. In essa Newton enunciò le
leggi della dinamica e la legge di gravitazione universale. Inoltre è
opportuno ricordare che la nomenclatura stellare è in parte latina.
Essa è eseguita dall'Unione Astronomica Internazionale (UAI),
l'autorità internazionale riconosciuta per assegnare nomi alle stelle e
agli altri corpi celesti. Molte delle stelle più brillanti, oppure
interessanti per altri motivi, hanno nomi propri. La maggior parte
deriva dall'arabo (l'astronomia era molto sviluppata nel mondo arabo
mentre l'Europa era immersa nel Medioevo), ma ci sono alcuni nomi
derivati dal latino, dal greco e da altre fonti, tra cui anche l'inglese.
QUINTILIANO E IL SUO APPORTO ALLA
PEDAGOGIA MODERNA
Q uintiliano visse e conobbe la sua massima fama nell’epoca
dei Flavi. Egli scrisse l’Institutio oratoria: un’opera in dodici
libri che tratta della formazione del futuro oratore e uomo di
cultura, a partire dalla prima infanzia. L'Institutio oratoria
inizia con l'esaminare da vicino, nei primi due libri, il tema educativo,
ritenendo che l'azione pedagogica (la teoria dell'educazione, che si
occupa di fissare scopi e metodi della formazione della personalità)
possa avere sugli allievi una ricaduta positiva. Quintiliano presta
grande attenzione al fanciullo e poi al ragazzo che si avvicina con
fiducia alla scuola; analizza, la psicologia infantile e adolescenziale
pronto a riconoscere le diverse personalità. Postosi il problema se sia
preferibile l'istruzione pubblica o quella privata, egli dimostra di
propendere in modo deciso per la prima, più adatta a stimolare
l'intelligenza, il senso comune e lo spirito di emulazione. È
significativo riflettere su questa sua idea perché è un evidente segno
del suo spirito innovativo: fino ad allora ma anche in seguito,era
ritenuto migliore l’insegnamento del precettore privato; basti
pensare all’”Emilio o dell’educazione” di Rousseau,opera del 1762,
nella quale viene ribadita l’impossibilità di un’educazione pubblica.
Quintiliano pone, inoltre, l’accento sull'importanza del
coinvolgimento della famiglia. Egli è nettamente contrario alle
percosse, che rimanevano il metodo più utilizzato nelle scuole
antiche. Quest’aspetto risulta una vera e propria dimostrazione della
sua modernità nel panorama del sistema educativo antico. Il maestro
deve nutrire per i suoi allievi sentimenti affettuosi e quasi "paterni",
meritandosi la loro stima e fiducia. Perciò deve essere scelto con
cura; non essendo solo un tecnico, ma prima di tutto un educatore, i
suoi costumi morali non saranno meno importanti del sapere. Un
buon insegnamento e un valido insegnante, sapranno condurre
l'allievo, a intraprendere con autonomia intellettuale il cammino
della peritia dicendi e dell'humanitas. L’insegnante secondo
Quintiliano deve avere fiducia nella capacità di apprendere degli
allievi, infatti “falsa enim est querela, paucissimis hominibus vim
percipiendi quae tradantur esse concessam” (E' falsa, infatti, la
lamentela,secondo la quale, a pochissimi uomini è concessa la
facoltà di recepire ciò che viene loro insegnato).
L’INFLUSSO LATINO NELL’AMBITO GIURIDICO
I l contributo dei romani all’elaborazione delle categorie del
giuridico è determinante, non è un caso che il diritto romano è
stato considerato per secoli quale vera e propria ratio scripta,
traguardo insuperato ed insuperabile nello sforzo umano di
regolare giuridicamente i rapporti sociali. Se si pensa alla grande
costruzione del diritto civile, è noto a tutti come, a distanza di
duemila anni, gli ordinamenti giuridici di molti paesi continuino ad
avvalersi degli istituti e delle categorie dogmatiche elaborate dalla
tradizione romanistica. Con l'espressione Diritto romano si indica
l'insieme delle norme che hanno costituito l'ordinamento giuridico
romano per circa tredici secoli, dalla data della Fondazione di Roma
(753 a.C.) fino alla fine dell'Impero di Giustiniano (565 d.C.).
La periodizzazione più diffusa del diritto romano è quella che
distingue quattro differenti stadi evolutivi:
Periodo arcaico: dalla fondazione di Roma (753 a.C.) all'emanazione
delle leges Liciniae-Sextiae (367 a.C.); storicamente, corrisponde al
periodo monarchico;
Periodo preclassico: dall'emanazione delle leges Liciniae-Sextiae fino
all'avvento del principato (27 a.C.); storicamente corrisponde al
periodo della Repubblica Romana;
Periodo classico: da Augusto (27 a.C.) fino all'avvento dell'imperatore
Diocleziano (284);
Periodo postclassico: dal regno di Diocleziano a quello di Giustiniano
(568).
Per soddisfare esigenze di chiarezza e di certezza del diritto,
l'imperatore d'Oriente Giustiniano raccolse e riorganizzò tutto il