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Filosofia - La vita inautentica nella filosofia di Heidegger
Inglese - The Picture of Dorian Gray
Fisica - Effetti della corrente elettrica sul corpo umano
∆Q
proporzionale alla quantità di carica che attraversa la sezione di un conduttore e
∆t = . Si
inversamente proporzionale all’intervallo di tempo impiegato. La formula è
misura in ampere (A) e il suo verso è convenzionalmente quello delle cariche positive. La
corrente può essere continua se è costante nel tempo, quindi la carica Q e il tempo t sono
= ∆ ).
direttamente proporzionali (∆ Se invece la corrente elettrica varia nel tempo
parleremo di corrente variabile o alternata. Per misurare l’intensità di corrente si usa uno
strumento chiamato amperometro, che va inserito in serie nel circuito considerato.
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Effetti sul corpo umano
Quando una corrente elettrica attraversa un corpo umano può produrre effetti pericolosi,
che consistono generalmente in alterazioni delle varie funzioni vitali, lesioni al sistema
nervoso, ai vasi sanguigni, all’apparato visivo e uditivo o all’epidermide. Il corpo umano,
infatti, è estremamente sensibile alle correnti elettriche provenienti dall’esterno, poiché le
sue attività biologiche sono governate da impulsi elettrici, con cui le correnti
interferiscono. Un forte pericolo è determinato dall’effetto Joule, che consiste nella
trasformazione di energia elettrica in energia termica. La corrente elettrica in un
conduttore incontra una resistenza R, che ostacola il passaggio delle cariche elettriche.
L'energia elettrica che viene convertita in calore per effetto Joule è data dalla formula
∆
= ∆ =∆ ∆ = (Legge di Joule). Anche il corpo umano possiede una
resistenza elettrica, che può dare vita all’effetto Joule, che a sua volta può causare gravi
ustioni o bruciature.
Gli effetti fisiologici della corrente alternata a frequenza industriale sono:
• Insensibilità fino a circa 1 mA;
• Formicolii dovuti a correnti minori di 5 mA;
• Contrazione dei muscoli della mano (tetanizzazione) con correnti maggiori di 15 mA;
• Tetanizzazione dei muscoli del torace e del diaframma con correnti tra 15 e 30 mA. La
corrente elettrica che attraversa i muscoli che controllano il movimento dei polmoni
può provocare la contrazione involontaria di questi muscoli e alterare il normale
funzionamento del sistema respiratorio, determinando difficoltà respiratorie e una
possibile morte per asfissia;
• Fibrillazione ventricolare del cuore con correnti superiori a 50 mA. Il cuore si contrae
in modo disordinato, non garantendo la circolazione sanguigna normale e quindi
l’ossigenazione di organi e tessuti;
• Arresto del funzionamento del cuore con correnti superiori a 5 A. Possono provocare
anche bruciature e carbonizzazione dei tessuti, che presentano una maggiore
resistenza.
La corrente continua invece non determina la tetanizzazione dei muscoli se non a 100
mA, perché mancano gli impulsi che sollecitano le fibre muscolari. Nel momento in cui,
però, cessa la corrente, l’impulso corrispondente determina una dolorosa contrazione.
Molto grave è l’effetto elettrolitico della corrente continua, in particolare nel sangue,
poiché lo rende incapace di trasportare ossigeno.
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Gli effetti della corrente elettrica sul corpo umano dipendono quindi dall’intensità, ma
anche dalla durata e dal percorso che segue nel corpo. In particolare la fibrillazione
cardiaca, che è l’effetto più pericoloso dell’elettricità, può essere innescata in ogni
individuo da quantità di corrente diverse. Il percorso seguito dalla corrente, però, ha una
grande influenza sulla probabilità d’innesco. Per questo motivo è stato definito un “fattore
di percorso” F che indica, a parità di corrente, la probabilità che si inneschi la fibrillazione
dei diversi percorsi seguiti dalla corrente, considerando come riferimento il percorso
mano sinistra-piedi preso uguale a 1. Il percorso mano-mano risulta il meno pericoloso
(0,4), mentre il contatto mano sinistra-torace (1,5) il più pericoloso. Naturalmente, la
probabilità di innesco della fibrillazione aumenta se si resta a contatto con la corrente
esterna per molto tempo.
Maledizioni senza perdono
Nella saga di Harry Potter la magia viene normalmente usata a fin di bene. Tuttavia esiste
anche una magia oscura di cui si servono gli antagonisti della serie. I tre principali
incantesimi di questa magia malvagia, Avada Kedavra, Maledizione Imperius e
Maledizione Criuciatus, vengono chiamati “Maledizioni senza perdono”, sia per i loro
effetti sulla vittima sia perché il loro artefice è condannato a una vita di reclusione ad
Azkaban, la prigione dei maghi. Tutti e tre gli incantesimi riproducono gli effetti
dell’elettricità sul corpo umano,
dalla semplice contrazione dei
muscoli alla morte, poiché ogni
magia sembra tenere sotto l’effetto
di una corrente elettrica la vittima.
La maledizione Imperius permette
di assumere il controllo totale sui
movimenti fisici di una persona. Si ispira, anche se parzialmente, alla contrazione dei
muscoli dovuta al passaggio di energia nel corpo, rendendo la vittima inerte e facile
“marionetta” dei maghi oscuri. Può essere contrastata, ma sono necessarie una grande
abilità magica e una grande forza di volontà. Allo stesso modo risulta estremamente
difficile allontanarsi dalla fonte di corrente durante la tetanizzazione.
La maledizione Cruciatus viene usata come strumento di tortura, poiché provoca
un'agonia immensa alle vittime. Anche questa magia si ispira vagamente al dolore
provocato dai vari effetti dell’elettricità sul corpo umano e in particolare a quelli della
corrente continua. 23
L’incantesimo che più di tutti riproduce gli effetti della corrente elettrica sul corpo umano
è l'Avada Kedavra, la più potente delle tre Maledizioni Senza Perdono. È conosciuta
anche come "l'Anatema che Uccide", proprio per la sua capacità di dare la morte. Quando
viene scagliata emana un lampo di luce verde, simile a un laser, accompagnato da un
sibilo di vento come il muoversi di un'entità invisibile e da un rumore sordo e incombente,
che spesso viene identificato come il rumore della morte. È considerata la maledizione
peggiore che esista, poiché infligge la morte istantanea. Il suo effetto è quello di una
corrente elettrica talmente forte da porre fine immediatamente al funzionamento del cuore
e, di conseguenza, quello di tutte le funzioni vitali.
Esperimenti di L. Galvani
Altri importanti effetti dell’energia elettrica sul corpo
umano furono scoperti e studiati da Luigi Galvani, fisiologo,
fisico e anatomista italiano. Vissuto alla fine del XVIII
secolo a Bologna, oggi è ricordato soprattutto come lo
scopritore dell'elettricità biologica. In particolare gli anni
’80 furono importanti per la sua attività scientifica, descritta
dallo stesso Galvani nel De viribus electricitatis in motu
muscolari del 1792, un opuscolo in cui illustra tutti i
processi che portarono alla scoperta dell'elettricità animale.
Alcuni fisiologi avevano mostrato sperimentalmente che
uno stimolo applicato a un nervo causa la contrazione del muscolo ad esso collegato.
Galvani si accorse del fenomeno per la prima volta nel 1781, mentre dissezionava una
rana, e scrisse: «Dissecai una rana, la preparai e la collocai sopra una tavola sulla quale
c'era una macchina elettrica, dal cui conduttore era completamente separata e collocata
a non breve distanza; mentre uno dei miei assistenti toccava per caso leggermente con la
punta di uno scalpello gli interni nervi crurali di questa rana, a un tratto furono visti
contrarsi tutti i muscoli degli arti come se fossero stati presi dalle più veementi
convulsioni tossiche. A un altro dei miei assistenti che mi era più vicino, mentre stavo
tentando altre nuove esperienze elettriche, parve dì avvertire che il fenomeno succedesse
proprio quando si faceva scoccare una scintilla dal conduttore della macchina. Ammirato
dalle novità della cosa, subito avvertì me che ero completamente assorto e meco stesso
d'altre cose ragionavo. Mi accese subito un incredibile desiderio di ripetere l'esperienza e
di portare in luce ciò che di occulto c'era ancora nel fenomeno». Galvani, nel suo
laboratorio domestico, aveva preparato una rana, con i nervi crurali e il midollo isolati,
posta ad una certa distanza da una macchina elettrica. Durante lo scocco di una scintilla
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uno dei suoi assistenti toccò per sbaglio con un bisturi il nervo crurale interno della rana e
ci fu un'intensa contrazione dei muscoli delle zampe dell'animale. La cosa strana era che
non c'era nessun filo collegante l'apparecchio al cadavere dell'animale, le cui zampe si
erano comunque contratte con forza. Galvani capì che la reazione non era dovuta
semplicemente a uno stimolo fornito dal bisturi. Infatti, ritentò l'esperimento
assicurandosi che il generatore fosse inerte e i muscoli rimasero assolutamente immobili,
dimostrando la natura elettrica dell’evento. In alcune occasioni però, quando veniva
tenuto per l'impugnatura senza toccare la lama, persino il bisturi di metallo non dava
luogo ad alcuna reazione. Se la rana stava semplicemente reagendo all'elettricità artificiale
trasmessa tramite l'aria, allora l'intensità della contrazione doveva dipendere dalla
distanza della scintilla. Galvani provò a ripetere l'esperimento diverse volte, ogni volta ad
una distanza differente, fissando al midollo spinale di una rana un gancio di metallo,
collegato a un lungo filo metallico. In questo modo capì che l'elettricità generata dallo
strumento non rappresentava la causa principale dello scatto muscolare. L'elettricità
"artificiale" era soltanto un segnale, un input che stimolava una "elettricità animale"
naturale che scorre spontaneamente nei nervi. Suggerisce proprio l'idea che il muscolo
della rana sia capace di accumulare e scaricare una sorta di elettricità organica. Galvani si
era reso conto che vi era una relazione limitata tra l'intensità della carica elettrica e lo
sviluppo delle contrazioni. Se la forza della scarica veniva aumentata oltre un certo valore
non venivano prodotte contrazioni più forti e, al contrario, quando si riduceva l’intensità
dello stimolo al di sotto di un certo livello le contrazioni potevano cessare. Allora nella
mente dello studioso bolognese era sorto il dubbio che le contrazioni muscolari non
fossero dovute a scariche elettriche esterne, ma derivassero invece da una forza interna,
propria dell’animale, stimolata dalla forza elettrica esterna.