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Sintesi
Italiano: Montale, A mia madre
Francese: Chateaubriand, Memoires d'Outre tombe
Storia: Testimonianze degli orrori del nazismo
Inglese: Il ritratto di Dorian Gray
Latino: Seneca, de brevitate vitae
Filosofia: Nietzsche, eterno ritorno
Estratto del documento

L’immorta

lità Elisa

Gubinelli

5 °C Liceo

Classico “Stelluti” Fabriano A.S.

2011 - 2012

Post fata resurgo…

“dopo la morte torno ad alzarmi…”

-Eternità del Tempo:

Seneca “De Brevitate -

Vitae” Eterna

Nietzsche “ Eterno Bellezza :

Ritorno” Oscar

Wild

“ The Picture Of

Dorian Gray”

IMMORTALITA’

-Ricordo nella Memoria:

Eugenio Montale: “A Mia

Madre”

F.R de Chateaubriand:

“Memoires d’Outre-Tombe”

Orrori del Nazismo:

testimonianze

INDICE

INTRODUZIONE …….

…………………………………………………………… Pag. 1-2

MONTALE: “A mia madre”

………………………………………………….. Pag. 3-4

CHATEAUBRIAND: “Memoires d’Outre-Tombe” ……….

…………. Pag. 5

NAZISMO:TESTIMONIANZE …..

…………………………………………… Pag. 6-7

OSCAR WILDE:”Il Ritratto di Dorian Gray” …………………….

……. Pag. 8-9

SENECA:”De Brevitate Vitae”

……………………………………………… Pag. 10

NIETZSCHE: “EternoRitorno”

…………………………………………... Pag. 11-12

CONCLUSIONE…………………………………………………………

………… Pag. 13

BIBLIOGRAFIA e

SITOGRAFIA……………………………........................ Pag. 14

INTRODUZIONE:

Cos’è l’’immortalità? Il termine stesso può assumere

molteplici significati e da ciò deriva proprio la

complessità e la varietà delle interpretazioni di tale

concetto. “L'immortalità (o vita eterna) è il

concetto di sopravvivere in eterno, o per un periodo

di tempo indeterminato, senza affrontare la morte, o

superando la morte stessa” . Nella visione più

ottimistica si potrebbe pensare ad essa come alla

possibilità di viaggiare per il mondo e conoscerlo

tutto, conoscere le lingue, i popoli e i costumi e ad

avere un infinito tempo a nostra disposizione per

fare tutto ciò che vorremmo ed esaudire i mille

desideri che circolano nella nostra mente.

L’immortalità può essere intesa come superamento

di un limite, cioè quello della morte . Credere

nell’immortalità è una vera, autentica necessità della

natura umana. Tutti i popoli fin dall’antichità hanno

manifestato ,seppur in modi diversi, questa

credenza. L’uomo ne ha bisogno infatti, il

fondamento della fede non è l’istinto di

conservazione.

“perfezionamento” ma l’istinto di

L’uomo non può credere che ciò che fa abbia un fine

limitato, non riuscirebbe a vivere, non avrebbe

obiettivi. Se per esempio costruendo una casa

l’uomo non creda che possa durare in eterno, non la

costruirebbe, non avrebbe aspirazioni, ambizioni.

L’immortalità è un bisogno dell’immaginazione

dell’uomo non della natura umana. Essa esiste

unicamente come idea, fantasia umana,

semplicemente perché esiste il suo contrario: la

mortalità dell’uomo.

-1-

Questa sì che è reale sotto gli occhi di tutti, ogni

giorno; realtà sgradita e male accettata alla quale

l’uomo non potendo nulla oppone la speranza

fantasiosa dell’immortalità.

Ma Il pensiero di essa ci turba, ci porta a pensare

per sempre.

all’idea del Infatti

l’ immortale è un essere che, pur avendo avuto

origine nel tempo, è destinato a superare i limiti

della temporalità. Durante tutta la storia umana

molti hanno sperimentato ed espresso il desiderio di

vivere per sempre. Che forma avesse una vita

umana senza fine o infinitamente lunga, o se fosse

veramente possibile, è stato l'argomento, per secoli,

di una grande quantità di speculazioni, dibattiti e

opere d'immaginazione. Per affrontare questo tema

ho scelto varie interpretazioni dell’immortalità,date

dai differenti punti di vista degli autori e dei filosofi.

Attraverso le varie discipline giungeremo ad un

percorso che spiega il MIO modo di concepire

l’immortalità.

L’immortalità è il ricordo che si lascia nella memoria degli

uomini. Alcuni poeti hanno creduto che solo attraverso questo è

possibile non dimenticare una persona e “sopravvivere“ così alla

morte. Ne è un’ esempio Montale che nella sua poesia esprime

l’importanza del valore terreno dell’esistenza contrapposta alla

visione della madre. -2-

EUGENIO MONTALE: “A mia madre”

è una poesia scritta alla fine del 1942, l’anno della morte

della madre Giuseppina Ricci. Questa perdita viene

rielaborata dall’autore in un modo che lo induce a riscoprire

il valore terreno dell’esistenza, nella sua irrepetibile

materialità. La poesia è inserita nella prima sezione

“Finisterre” “La bufera e altro”.

tratta da Il titolo della

sezione allude alla situazione all’estremo o al limite, di fine

della vita e della terra (“finis terrae”) provocata degli errori

del conflitto mondiale.

“Ora che il coro delle coturnici

Ti blandisce nel sonno eterno, rotta

Felice schiera in fuga verso i clivi

Vendemmiati del mesco, or che la lotta

Dei viventi più infuria, se tu cedi

Come un’ombra la spoglia

(e non è un ombra,

o gentile, non è ciò che tu credi)

chi ti proteggerà? La strada sgombra

non è una via, solo due mani, un volto,

quelle mani, quel volto, il gesto d’una

vita che non è un'altra ma se stessa,

solo questo ti pone nell’eliso

folto d’anime e voci in cui tu vivi;

e la domanda che tu lasci è anch’essa

un gesto tuo, all’ ombra delle croci.”

E’ autunno, sui colli del Mesco, si vendemmia. Ci troviamo in tempo

di guerra. Montale si rivolge alla madre, sepolta in un cimitero su

cui passa la rotta felice schiera delle coturnici(uccelli della famiglia

dei fagiani) per dirle che gli eventi storici e il naturale fluire della

vita minacciano la sua memoria. La via che conduce all'aldilà non

esiste, l'unico modo per sopravvivere è quello di riproporre alla

memoria dei superstiti i precisi connotati fisici («quelle» mani,

«quel» volto) che distinguevano in vita quelle determinate persone .

E anche la domanda che tu mi lasci, la tua richiesta, di non curarmi

del corpo ma dell'anima, ti distingue dalle altre persone morte.

-3-

In questo testo, scritto durante i difficili anni della seconda

guerra mondiale, l'autore si intrattiene in

un colloquio con la madre da poco

defunta. Intenzione dell'autore è

esprimere l'amore profondo per colei che

gli diede la vita, che sopravvive alla

morte grazie al ricordo che ha lasciato

dentro di lui. La poesia riassume i punti di

vista della madre e del figlio sul tema

dell’immortalità dell’anima. La madre

ritiene che il corpo sia “un’ombra” ,

l’aspetto esteriore di una realtà più vera,

quella dell’anima e dell’immortalità, e che

perciò la morte sia la via che conduce a

una vita eterna diversa da quella terrena. Alla posizione

trascendentale della madre egli ne contrappone una

immanente, fondata sul valore terreno dell’esistenza:

L’unica via futura dei morti è nella memoria dei vivi e

solo in essa la madre sopravviverà .

Anche Chateaubriand scrive per rimanere immortale. Egli vuole che

la sua memoria perduri nel tempo. E’ solo attraverso il ricordo di

quest’uomo che egli non sarà dimenticato.

-4 -

Chateaubriand : MEMOIRES D’OUTRE-TOMBE

« L'immortalité promise par la foi chrétienne ne lui suffit pas :

il veut être immortel par sa gloire,

dans la mémoire des hommes. »

François-René de Chateaubriand est l’auteur de « Mémoires

d’Outre- Tombe » 1848. Ils s’inspirent de la tradition de

l’autobiographie qui fait du « je » de l’écrivain le cœur de la

réflexion. Pour Chateaubriand, faire le récit de sa vie, c’est

avant tout le désir de perpétuer sa mémoire, fruit d’un

orgueil démesuré, qui implique une reconstruction pas

toujours fidèle de sa vie que l’œuvre d’art veut rendre

éternelle. En effet Chateaubriand veut que ses Mémoires

ne paraissent qu’après sa mort, d’où l’expression quelque

peu mystérieuse « d’outre- tombe ». Mais

ces Mémoires son aussi l’ « épopée d’une

âme et d’un siècle » dit-on. Elles sont « le

poème du souvenir, de la vieillesse et de

la mort », où transparait la personnalité

d’un homme aux prise avec l’histoire.

Plongé dans l’histoire de son temps, le protagoniste est un

homme qui vit entre deux mondes tristes : son passé,

peuplé d’insatisfactions et de douleurs intimes, et un avenir

qui ne promet rien. La voix du narrateur est détachée de

l’existence, comme si elle venait exactement d’outre-

tombe, sans illusions. Elle réfléchit sur la vie, sur les

souvenirs, sur la mort surtout et sur le temps, qui reste le

grand destructeur qui consomme la vie et les espoirs de

l’homme. Toutefois, dans se cadre désolé, Chateaubriand

semble laisser une place importante aux émotions, les

seules choses qui donnent une certaine noblesse à

l’existence des hommes, celles qui permettent, dans leur

fugacité de goûter quelques instants de honneur, qui

L’œuvre- d’art reste le seul moyen

devient vite nostalgie.

pour communiquer avec l’infini, avec le temps, pour

gagner la longue bataille de l’homme contre son destin d’

être mortel. -5-

La nostra memoria è segnata dal ricordo di tutti gli orrori compiuti

dal nazismo. Riporto ora qualche testimonianza di ebrei che sono

sopravvissuti ai campi di concentramento.

NAZISMO e i suoi ORRORI

Per non dimenticare mai tutti gli orrori compiuti dal

nazismo perché solo con il ricordo di tutto il male compiuto

ingiustamente si può fare in modo che non si ripeta più una

tragedia simile. La memoria è l’unico strumento che

abbiamo per scongiurare tale terribile possibilità.

“Imparai in fretta che lager significava

morte, fame, freddo, botte, punizioni;

significava schiavitù, umiliazioni, torture,

esperimenti. Fui mandata a lavorare in

una fabbrica di munizioni che non si

fermava mai, perché lavorava per la

guerra. Ci facevano marciare cantando

fino alla fabbrica e ritorno, al suono della

orchestrina delle prigioniere violiniste.

Sentivamo sulla strada dei rumori

familiari: suono di campane, di aerei di

passaggio, ma eravamo dimenticati dal

mondo fuori dal campo. Se incrociavamo dei giovani della Hitlerjugend, questi

ci sputavano addosso e ci insultavano. Dormivamo in 5, 6 per giaciglio,

utilizzando i nostri zoccoli come cuscino. Ci servivamo dei gabinetti in 20, 30

contemporaneamente e, senza un cucchiaio, dovevamo inghiottire a sorsate,

come animali, la zuppa orrenda che ci veniva data una volta al giorno. La lotta

per la sopravvivenza era senza quartiere: le prigioniere affamate e disperate

avrebbero fatto qualunque cosa per un pezzo di pane. Passavano i mesi e noi

obbedivamo ciecamente agli ordini, poiché volevamo vivere. Cercavamo di

non perdere almeno il nostro cervello. Io tentavo di sdoppiarmi,

immergendomi in un mondo irreale e mi sforzavo di non vedere e di non

sentire. Di non vedere i cadaveri nudi e scheletriti, ammucchiati in attesa di

essere bruciati; di non vedere le punizioni, la fiamma del camino, la neve

sporca, i fili spinati percorsi da corrente elettrica. Di non sentire di notte le

grida, i fischi, i comandi urlati; i racconti delle altre prigioniere sulle atrocità

viste o subite”

[ Testimonianza di Liliana Segre ]

“Ci sono cose che tutti vogliono dimenticare. Ma io no. Io della mia vita voglio

ricordare tutto, anche quella terribile esperienza che si chiama Auschwitz: due

anni in Polonia (e in Germania), due inverni, e in Polonia l’inverno è inverno

sul serio, è un assassino.., anche se non è stato il freddo la cosa peggiore.[…]

Tutto questo è parte della mia vita e soprattutto è parte della vita di tanti altri

che dai Lager non sono usciti. E a queste persone io devo il ricordo: devo

ricordare per raccontare anche la loro storia. L’ho giurato quando sono tornata

a casa; e questo mio proposito si è rafforzato in tutti questi anni, specialmente

ogni volta che qualcuno osa dire che tutto ciò non è mai accaduto, che non è

vero.” [Settimia Spizzichino, ”Gli anni rubati]

-6-

“Miei cari genitori,

se il cielo fosse carta e tutti i mari del mondo inchiostro, non potrei descrivervi

le mie sofferenze e tutto ciò che vedo intorno a me.

Il campo si trova in una radura. Sin dal mattino ci cacciano al lavoro nella

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