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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: I robot industrial
Autore: Mengacci Riccardo
Descrizione: Introduzione sui robot industriali, illustrazione progetto con dati di costruzione e programmazione.
Materie trattate: storia, D.P.O., sistemi ed automazione, inglese,diritto
Area: tecnologica
Sommario: dpo, disegni progetto sistemi, lista programma di controllo e collegamenti penumatici diritto, le societ di capitali inglese breve pezzo dei robot storia, dalla rivoluzione industriale ai robot industriali
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1 I NTRODUZIONE CON LA STORIA
A partire dalla fine della seconda rivoluzione industriale (1850 circa), il mondo conosce un
forte sviluppo in tutti i settori lavorativi.
Verso l’inizio del 900, al termine della prima catastrofica guerra mondiale o di logoramento,
l’Italia, in particolare, subì una forte modernizzazione in campo industriale, rifacendosi ai
modelli occidentali degli Stati Uniti d’America.
Il settore più colpito fu quello automobilistico, che richiedeva come non mai una produzione di
massa, ovvero una produzione di beni di consumo rivolta ad un mercato sempre più ampio di
acquirenti. Per far si che queste richieste venissero soddisfatte, si cercava un metodo che
racchiudesse a se una produzione maggiore di pezzi comuni fra loro in un tempo piccolo e che
contemporaneamente manteneva un certo livello qualitativo, tutto questo prese il nome di
produzione di serie. Nacquero così le prime catene di montaggio, nella quale l’operaio era
chiamato ad eseguire un lavoro sempre uguale e a ritmo del nastro trasportatore, che ne
garantiva un prezzo molto ridotto.
La grande produzione di questo periodo, con modalità che perdurano fino al 1940, è tuttavia
caratterizzata da una notevole rigidità e da grande impiego di manodopera.
Nel corso del secondo conflitto mondiale lo sforzo bellico impone alle nazioni in lotta un
poderoso aumento delle capacità produttive al quale non tutte sanno o possono far fronte in
modo adeguato, per di più a causa della guerra la manodopera produttiva scarseggiava, sono
per tanto necessarie modalità totalmente diverse da quelle fino ad ora adottate.
La distruzione della flotta americana a Pearl Harbour e l’enorme dispiego di mezzi richiesto
dalla guerra in Europa e nel Pacifico, costringono a introdurre per la prima volta le macchine
automatiche.
Queste macchine sono in grado di compiere operazioni o successioni di operazioni
autonomamente e con grande velocità, essendo esse progettate per realizzare un unico
particolare; il loro automatismo viene realizzato meccanicamente grazie all’ausilio di camme,
leve e fine corsa,o elettronicamente grazie a relè e temporizzatori. Questa produzione
richiede grandi investimenti e lunghi tempi di avvicendamento, che in caso di cambiamento del
tipo di prodotto, si annullerebbero poiché la macchina diverrebbe inutilizzabile.
La società che esce dal conflitto mondiale però è pronta a ricevere questa mole di prodotti
che, al termine degli anni 70, arriva nelle case di tutti, anche di quelli meno abbienti, con
tecnologie più o meno superflue come elettrodomestici o veicoli di trasporto a motore.
Negli anni 80 l’elettronica supera le grandi limitazioni alle quali era soggetta in precedenza,
dando vita alle macchine utensili programmabili o più comunemente chiamate a controllo
numerico(C.N.). Queste macchine vengono in seguito affiancate nelle linee di produzione dai
primi robot industriali che, anch’essi programmabili, svolgono mansioni di interfaccia mento e
collegamento, sostituendo l’uomo in lavorazioni pericolose e ripetitive.
Si assiste così ad una grande novità, ovvero la flessibilità della programmazione di questi
ultimi che si adegua perfettamente alle condizioni di lavoro, alle nuove linee di produzione e ai
nuovi pezzi da lavorare.
Il processo produttivo che arriva fino ai giorni d’oggi va solo perfezionando queste tecniche
senza alterarne il modo di produrre. Negli ultimi anni il lavoro delle macchine utensili viene
coordinato con quello dei robot industriali mediante computer supervisori, che possono
procedere autonomamente con pochissimi addetti lavoratori per lo più impegnati nella
sorveglianza. Antonelli G. - Burbassi R., Sistemi e automazione industriale, volume 3, Cappelli Editore, Bologna 2008
Mengacci Riccardo 5B-Mc
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2 D EFINIZIONE DI ROBOT
Il termine robot e, successivamente, il termine robotica nascono nell'ambito della finzione
letteraria. Infatti questo termine fu introdotto per la prima volta in un romanzo di Karel
Capek, derivante dalla parola ceca <<robota>> sta a significare “lavoro pesante” o “lavoro
forzato”. In seguito il termine viene utilizzato per definire vari dispositivi tecnologici che
sono regolati da una disciplina, denominata robotica.
Il termine robot, per la prima volta nella storia dell'umanità, ha saldato il desiderio di
costruire dei simulacri dell'essere umano al concetto di lavoro, di fatica e di rischio insito nel
lavoro stesso.
Successivamente alla nascita delle prime fabbriche automatizzate, il termine robot subisce
una trasformazione, includendo a se il termine industriale. Questo permette di identificare
questo apparato, il robot industriale, come strumento base delle industrie automatizzate,
capace di svolgere, con il solo ausilio di un programma, tutte le operazioni a lui consentite in
breve tempo e senza la supervisione di una persona fisica.
Oggigiorno il termine robot industriale è, grazie anche alle nuove tecnologie elettroniche,
affiancato al termine computer, poiché ogni robot è capace di interagire, tramite PLC o
simulatori virtuali, se non di essere programmato da questi ultimi. Altresì può essere
interfacciato da programmi come CAD-CAM, che ne facilitano la realizzazione e la
modificazione e correggono eventuali errori di svolgimento, cosa che fino ad ora causava uno
spreco di materie e di tempi.
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UNZIONAMENTO E STRUTTURA DI UN ROBOT INDUSTRIALE
Sulla base di ciò precedentemente scritto, descriviamo ,in beve, la costituzione di un robot
industriale, partendo dal presupposto che ogni tipo di robot svolge una determinata funzione o
più di esse.
Tutti quanti questi dispostivi, però, si prefiggono l’obbiettivo di aiutare e se necessario
sostituire l’uomo in alcune lavorazioni. Questo rappresenta fondamentalmente il loro
funzionamento, che quindi può variare in base alla loro struttura e ad alcune loro
caratteristiche di costituzione.
Riportiamo e analizziamo di seguito queste caratteristiche:
- struttura e più specificamente lo “spazio di lavoro”;
- giunzioni e i collegamenti tra i “bracci”;
- gradi di libertà;
- attuatori;
- parti terminanti, più comunemente chiamate “end effector”;
- sistemi di controllo.
STRUTTURA E SPAZIO DI LAVORO
Un comune robot industriale, o manipolatore, è composto da una serie di corpi rigidi connessi
da giunti, ovvero organi meccanici che permettono il movimento di questi ultimi, e da
dispositivi che ne determinano i movimenti chiamati attuatori.
Una estremità di questa catena è costituita dalla base, di norma fissata a terra, mentre
nell’altra estremità è presente l’end effector, ovvero uno strumento variabile.
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Nel manipolatore si individua una struttura portante che garantisce il posizionamento ed un
polso che conferisce destrezza, dando i gradi di libertà e di orientamento all’organo
terminale.
Con il termine spazio di lavoro si intende il volume raggiungibile da questi in una sua qualsiasi
posizione. Chiaramente questo dipende dalla posizione geometrica del manipolatore stesso,
dalla dimensione dei bracci, e dai limiti meccanici di alcuni giunti.
In alcuni casi si e soliti riferirci allo spazio di lavoro come ad un sottoinsieme dello spazio
raggiungibile, ed in particolare si fa riferimento all'insieme dei punti che il manipolatore può
raggiungere.
Grazie all’ausilio di sensori il funzionamento si dice di tipo “closed-loop”, ovvero anello chiuso
se si ha il controllo della posizione della macchina in ogni momento in alternativa si dice “ open-
loop”. E’ ovvio che il primo tipo garantisce un grado di correzioni maggiore mediante la
generazione di opportuni segnali, tendenti a minimizzare l’errore.
Nei robot più evoluti questi sensori possono essere anche esterni al robot, rappresentati da
videocamere, rilevatori di ostacoli ecc..
GIUNZIONI (O GIUNTI)
Ciascuno di questi organi meccanici (giunti) consente uno (e uno solo) grado di libertà tra due
bracci. Chiamiamo variabile di giunto la coordinata associata a questo grado di mobilità.
Schematizziamo ora i due tipi di giunto che possiamo incontrare:
I giunti rotoidali consentono il movimento rotativo, come si vedi in figura, dei bracci collegati
da esso mentre i giunti prismatici consentono solo il movimento di traslazione lungo l’asse.
Sulla base delle possibili combinazioni di giunti si definisce la configurazione cinematica di un
robot e si individuano le quattro categorie fondamentali, riportate di seguito:
-configurazione cartesiana (3 giunti prismatici)
-configurazione cilindrica (2 giunti prismatici, 1 rotoidale)
-configurazione sferica (1 giunto prismatico, 2 rotoidali)
-configurazione antropomorfa (3 giunti rotoidali)
GRADI DI LIBERTA’
Il numero degli assi di movimento ovvero la quantità di movimenti singoli, che un robot
industriale è in grado di compiere, identifica i “gradi di libertà” della macchina, dai 3-4 delle
macchine più semplici, fino ai 9-10 gradi di quelle più complesse, ed anche oltre per quelle
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applicazioni richieste dal cliente, un numero però ancora lontano dall’uomo, considerando che
soltanto la mano ha 23 gradi di libertà.
ATTUATORI
Gli attuatori presenti in un robot, servono per muovere i bracci in diverse posizioni e possono
essere di varia natura, questo ne determina un funzionamento diverso e adatto a diverse
mansioni. Si dividono in:
- attuatori elettrici, come ad esempio motori brushless o passo-passo che permettono un
interfaccia diretta con un computer che ne calcola l’angolo di rotazione in base alla tensione
fornita;
- attuatori pneumatici, tipici dei robot industriali, poiché in grado di eseguire solo
posizionamenti ON/OFF dettati dall’operatore o dal controllore che ne garantiscono un
funzionamento ripetitivo, come una produzione in serie;
- attuatori oleodinamici, che sono generalmente usati per lavorazioni di materiali pesanti, o nel
caso delle macchine agricole. Questi sono in grado di regolare la fuoriuscita del pistone grazie
al fluido che in questo caso è comprimibile, l’olio.
END EFFECTOR
Di norma definito end-effector, derivante dall’inglese “end” ovvero fine e “effector” ovvero
effetto compiuto, è il dispositivo con cui il robot interagisce con l’ambiente.
Descrive quell’utensile che compie un lavoro alla fine di tutti i procedimenti precedentemente
compiuti. Questo utensile può essere qualsiasi tipo di strumento, scelto in base al lavoro che
devo compiere (fresa, saldatore, pinza, ventosa ecc.).
Si tratta di un dispositivo molto specializzato, e quindi, poco flessibile, cioè in grado di
svolgere pochi compiti, dotato di scarsa sensorizzazione e semplice struttura cinematica.
SISTEMI DI CONTROLLO
Si definiscono tali tutti quei dispositivi dalla quale il robot preleva informazioni per attuare la
sua movimentazione e lo svolgimento delle sue azioni.
Questi ultimi possono andare dai sistemi di controllo manuale, comunemente usati per gli
attuatori oleodinamici ai più moderni PLC, che immagazzinano i dati in una memoria e ordinano
al robot stesso di eseguirli, senza la supervisione dell’uomo e per un infinito numero di
ripetizioni, usati per lo più nei sistemi pneumatici delle produzioni industriali.
Inoltre si possono avere grazie agli attuatori elettrici sistemi personalizzati di interfaccia,
che consentono all’operatore di identificare i componenti con una sigla su un computer.
Con le moderne tecnologie si è arrivati a sistemi integrati come il C.I.M. che rappresenta
l’integrazione automatizzata tra i settori dell’azienda al fine di minimizzare i costi e i tempi di
sviluppo, la qualità e la flessibilità. Mengacci Riccardo 5B-Mc
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TRUCTURE OF A ROBOT
The word robot was first coined by Czech playwright Karel Capek and it comes from the
Czech word “robotnic” that means slave or a serf.
A common industrial robot or manipulator, is made up of a set of links connected by joints, or
mechanical parts that allow the movement of this, and devices that cause motion called
actuators. The links are rigid members.