Anteprima
Vedrai una selezione di 8 pagine su 33
I numeri e l'infinito Pag. 1 I numeri e l'infinito Pag. 2
Anteprima di 8 pagg. su 33.
Scarica il documento per vederlo tutto.
I numeri e l'infinito Pag. 6
Anteprima di 8 pagg. su 33.
Scarica il documento per vederlo tutto.
I numeri e l'infinito Pag. 11
Anteprima di 8 pagg. su 33.
Scarica il documento per vederlo tutto.
I numeri e l'infinito Pag. 16
Anteprima di 8 pagg. su 33.
Scarica il documento per vederlo tutto.
I numeri e l'infinito Pag. 21
Anteprima di 8 pagg. su 33.
Scarica il documento per vederlo tutto.
I numeri e l'infinito Pag. 26
Anteprima di 8 pagg. su 33.
Scarica il documento per vederlo tutto.
I numeri e l'infinito Pag. 31
1 su 33
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Tesina - Premio maturità  2008

Titolo: I numeri e l'infinito

Autore: Nancy Stazi

Descrizione: un viaggio tra il finito e l'infinito e la razionalità  dei nuemri

Materie trattate: scienze della terra,chimica,italiano,filosofia,matematica,informatica

Area: scientifica

Sommario: Archimede, nel terzo secolo a.C., diede il primo esempio concreto di calcolo in cui il numero di cose realmente esistenti, anche se piccolissime, non è infinito. Egli infatti, utilizzando il suo complesso sistema di numerazione, elaborò una stima del numero dei granelli di sabbia presenti in tutto l'universo (intendendo per universo la sfera delle stelle fisse di cui Aristarco aveva indicato le dimensioni). Archimede volle dimostrare in questo modo l'errore di coloro che, ai suoi tempi, ritenevano il numero dei granelli di sabbia un esempio di infinito. Il calcolo su cui si basò Archimede, è evidente, prevede un universo assolutamente finito. Alla luce delle conoscenze scientifiche attuali non possiamo sapere in realtà  se l'universo sia infinito, ma sono stati elaborati alcuni modelli interpretativi. Nel 1929, l'astronomo inglese Edwin Hubble, dopo avere stimato le distanze delle galassie e la loro velocità , osservando spettroscopicamente lo spostamento verso il rosso (redshift), concluse che le galassie sono in costante allontanamento tra di loro, e che la velocità  del loro allontanamento (o recessione) è direttamente proporzionale alla loro distanza, misurata dalla Terra, non certo perché la Terra sia un punto privilegiato dell'universo, ma perché è il punto dal quale possiamo effettuare le misurazioni. Si immagini un palloncino sul quale sono incollati dei coriandoli: gonfiando il palloncino i coriandoli si allontanano tra di loro: ciascun coriandolo vede gli altri allontanarsi da sè come se fosse posto al centro. Il paragone universo-palloncino e galassie-coriandoli è evidente. Senza abbandonare l'esempio, supponiamo che i coriandoli si possano muovere sulla superficie del palloncino: il loro universo sarebbe costituito dalla sola superficie bidimensionale del palloncino. Essi si potrebbero muovere solo su quella superficie, e non concepirebbero l'esistenza di una terza dimensione (l'altezza): il "sopra' e il "sotto' non hanno infatti alcun significato in una superficie a due dimensioni. Quando il palloncino si gonfia, i coriandoli, vedendo allontanarsi gli altri coriandoli, immaginano che il centro dell'espansione sia posto sulla superficie del palloncino stesso, ma non si rendono conto che in realtà  il centro di espansione (che ovviamente è il centro del palloncino) si trova al di fuori di quella, in un'altra dimensione. E' a tre dimensioni, infatti, che si espande il palloncino, e la curvatura del suo spazio ne produce la superficie.

Estratto del documento

estensione e durata finite, mentre negli altri due modelli sembrerebbe essere infinito.

Ma attenzione: in queste ultime due eventualità si avrebbe un espansione infinita dello

spazio, e non un espansione nello spazio infinito. Insomma, anche il modello a ipersella

non prevede un universo infinito in atto, ma semplicemente un universo che continua ad

espandersi divenendo sempre più grande.

Più complicato è il discorso per quanto riguarda il tempo. Ci si chiede infatti: cosa

c’era prima del Big-Bang? Come poteva il tempo non scorrere? Questa domanda parte

da una concezione errata del tempo, considerato come qualcosa di assoluto ed

oggettivo quando in realtà non lo è affatto. Come affermava anche Einstein il tempo è

relativo e soggettivo: é rallentato dalla presenza di massa, è inscindibile dallo spazio e

come questo viene deformato, scorre diversamente per osservatori appartenenti a

sistemi di riferimento diversi. Prima del Big-Bang non c’era spazio e dunque non c’era

tempo. E se anche accettiamo la teoria del Big-Bang come punto di spazio nullo e

massa infinita, la massa infinita rallenterebbe infinitamente il tempo, tanto da non

permettergli di scorrere. Il tempo ha dunque un limite iniziale. Quanto a quello finale,

il discorso è lo stesso che per quanto riguarda lo spazio: si tratta di un infinito in

potenza.

Il problema dell’infinità dell’universo non ha una soluzione definitiva.

In ogni caso, se di infinito è fatta la realtà, è molto improbabile che si tratti di un

infinito tridimensionale come quello che noi immaginiamo pensando ad un universo

infinito. Più verosimile, invece, è l’ipotesi di un infinito al di sopra della terza

dimensione, se non addirittura di un infinità di dimensioni superiori.

L'ATOMO

e le sue particelle

LA TEORIA ATOMICA DI DALTON

Lo studioso inglese J.Dalton all'inizio del XIX secolo, attraverso l'ingegnosa

interpretazione delle leggi fondamentali della chimica a quel tempo note arrivó alla

conclusione che la materia é discontinua cioé formata da perticelle. Sulla base di

queste tre leggi Dalton nel 1803 formuló la prima teoria atomica della materia. Tale

teoria puó essere cosí schematizzata:

o La materia non é continua, ma é composta da particelle che non possono

o essere ulteriormente divisibili né trasformabili:gli atomi;

o Gli atomi di un particolare elemento sono tutti uguali tra loro e hanno la

o stessa massa;

o Gli atomi di elementi diversi hanno massa e proprietá differenti;

o o Le reazioni chimiche avvengono tra atomi interi e non tra frazioni di essi;

o o In una reazione chimica tra due o piú elementi gli atomi, pur conservando

o la propria identitá , si conbinano secondo rapporti definiti dando luogo a

composti. IL MODELLO ATOMICO DI THOMSON

Nel modello atomico di Thomson, formulato nel 1898, da J.J.Thomson, si ammetteva

che l'atomo, piuttosto che la sferetta solida e compatta ipotizzata da Dalton, fosse

un aggregato di particelle piú semplici. Alla luce dei pochi dati sperimentali in suo

possesso, J.J.Thomson ipotizzó che l'atomo fosse costituito da una sfera omogenea

carica di elettricitá positiva in cui gli elettroni erano distribuiti in maniera uniforme e

senza una disposizione spaziale particolare.

IL MODELLO ATOMICO DI RHUTERFORD

Rhuterford ipotizzó che la massa e la carica positiva fossero concentrate in una parte

molto piccola dell'atomo chiamata nucleo, e che gli elettroni si trovavano nella zona

periferica, a grande distanza dal nucleo.

Questa ipotesi nasceva da un'importante esperienza, effettuata da due allievi di

Rutherford. Una lamina sottilissima di metallo veniva bombardata con particelle alfa

veloci; uno schermo rivelatore indicava poi i punti di arrivo della particelle alfa,

permettendo quindi di stabilirne la traiettoria dopo il passaggio attraverso la lamina.

Se fosse stato valido il modello di Thomson, cioé se l'atomo avesse avuto una

struttura omogenea, la particelle alfa avrebbero dovuto comportarsi tutte nello

stesso modo, perché in qualunque punto avessero colpito la lamina metallica avrebbero

trovato situazioni equivalenti.

In realtá le particelle alfa si comportarono in modo diverso: per la maggior parte

passarono senza subire nessuna deviazione, ma alcune vennero deviate secondo vari

angoli e alcune vennero addirittura respinte. Questo comportamento spinse

Rutherford a formulare la sua ipotesi; le perticelle che non venivano deviate erano

quelle che passavano abbastanza distanti dai nuclei. Quelle che si avvicinavano ai

nuclei venivano deviate per effetto della repulsione elettrica, visto che sia le

particelle che i nuclei sono positivi; tanto piú si avvicinavano ai nuclei, tanto piú

fortemente venivano deviate. Quelle che andavano direttamente verso i nuclei

venivano respinte: queste ultime erano poche, perché il il nucleo occupa una parte

molto piccola rispetto allo spazio occupato da un atomo e quindi la propabilitá che una

particella si dirigesse proprio contro un nucleo era bassa.

IL MODELLO ATOMICO DI BOHR

Il nuovo modello di atomo fu proposto da Niels Bohr nel 1913.

Alcuni anni prima Max Planck aveva introdotto un concetto che non faceva parte della

fisica classica, quello di quantizzazione. Se una grandezza é puó assumere soltanto

determinati valori e non altri. Planck aveva dovuto introdurre questo concetto per

spiegare un altro fenomeno che aveva costituito un rompicapo per i fisici: la radiazione

del corpo nero. Bohr pensó che un'ipotesi analoga potesse permettere di spiegare i

fenomeni che riguardano gli atomi. Il modello di Bohr si basa su alcune ipotesi

fondamentali:

o PRIMA IPOTESI: Nell'atomo gli elettroni ruotano intorno al nucleo su

o orbite circolari. Ognuna di queste orbite ha un raggio ben determinato.

o SECONDA IPOTESI: Il momento angolare degli elettroni é quantizzato.

o Esso puó assumere soltanto certi valori (valori permessi), ma non puó assumere i

valori intermedi fra quelli permessi.

Dopo aver introdotto queste ipotesi, Bohr studia la situazione dell'elettrone

utilizzando le leggi della fisica classica. L'elettrone é soggetto alla forza di attrazione

del nucleo. Questa forza provoca il suo moto di rotazione e quindi costituiscela forza

centripeta. Gli elettroni nelle loro orbite possiedono una certa quantitá di energia;

essi infatti sono in moto, e quindi hanno energia cinetica; inoltre hanno energia

potenziale dovuta all'attrazione elettrostatica tra elettrone e nucleo.

· TERZA IPOTESI: Finché un elettrone rimane nella sua orbita, non

• emette e non assorbe energia.

Per passare da un'orbita con energia minore a un'orbita con energia maggiore (cioé da

un'orbita piú interna a una piú esterna), l'elettrone deve ricevere dall'esterno una

quantitá di energia corrispondente alla differenza di energia fra le due orbite; se

invece passa da un'orbita con energia maggiore a un'orbita con energia minore,

l'elettrone emette una quantitá di energia pari alla differenza di energia fra le due

orbite. L'energia viene emessa o assorbita sotto forma di radiazione

elettromagnetica. Esiste una relazione matematica fra i valori di energia delle orbite

di partenza e di arrivo e la frequenza della radiazioni:

E1-E2 = h v

dove:

E1 é l'energia dell'orbita sulla quale si trovava l'elettrone all'inizio

E2 é l'energia dell'orbita sulla quale si é portato l'elettrone

h é la costante di Planck

v é la frequenza della radiazione emessa o assorbita

L'ipotesi di Bohr sulla struttura dell'atomo spiega quindi perché gli spettri di

emissione degli atomi sono spettri discontinui, a righe: ogni riga corrisponde a un ben

determinato valore di energia, che a sua volta corrisponde alla differenza di energia

fra due orbite.Quest’ultimo modello è quello che più si avvicina al modello vero e

proprio.infatti nell’età moderna si è arrivati ad affermare che:

L'atomo è composto da un nucleo a carica elettrica positiva e da uno o più elettroni a

carica elettrica negativa che orbitano attorno ad esso (in realtà gli elettroni,

seguendo le leggi della meccanica quantistica, non seguono un'orbita ellittica e

regolare come i pianeti, ma formano un caotico e irregolare intreccio di scie ad

altassima velocità che avvolgono il nucleo atomico in una sorta di nube).Il nucleo

atomico, a sua volta, è composto da due tipi di particelle: i protoni e i neutroni. I

protoni hanno carica elettrica positiva e i neutroni carica elettrica nulla.Visto e

considerato che l'atomo ha complessivamente una carica elettrica nulla, i protoni sono

sempre accompagnati da un uguale numero di elettroni in modo da annullare a vicenda

le rispettive cariche.E interessante sapere come le dimensioni del nucleo siano

estremamente minime rispetto al limite delle orbite tracciate dagli elettroni: se

paragoniamo le dimensioni di un atomo alle dimensioni di una stanza, il nucleo sarà

grande più o meno come una briciola di pane e gli elettroni compiranno le loro orbite

rasentando i muri.

L'elettricità e le quattro forze. Da quando l'esperimento determina la validità delle

leggi della fisica, sappiamo che cariche elettriche uguali si respingono e cariche

elettriche diverse si attraggono.

e del suo scetticismo, i fisici hanno dedotto tale legge dalla

Con buona pace di Hume

ripetuta abitudine della materia a reiterare in modo costante i suoi comportamenti.Si

era constatato che, strofinando l'ambra con un panno, il panno stesso veniva attratto

dalla materia strofinata: ciò era possibile perché gli atomi superficiali dell'ambra

perdevano elettroni (più leggeri dei protoni). L'ambra risultava così a prevalenza di

cariche positive (i protoni erano la maggioranza), mentre il panno, carico degli

elettroni sottratti, risultava a prevalenza di cariche negative.La legge dell'attrazione

elettrica (da electrum=ambra) poneva e pone tutt'ora un quesito fondamentale: come

possono i protoni, che hanno carica elettrica uguale, rimanere uniti tra loro così

saldamente?

I fisici hanno dedotto dallo stato della materia l'esistenza di quattro forze

determinanti:

1. La prima forza è la forza nucleare forte , è la forza che permette ai protoni di

rimanere uniti tra loro, la sua azione incollante è la più forte delle quattro, in quanto

riesce a tenere uniti l'uno contro l'altro protoni con la stessa carica;

2. La seconda forza è la forza nucleare debole , è responsabile del decadimento di

alcune particelle nucleari (non tutti gli atomi sono stabili al loro interno, capita, per

alcuni di essi, che perdano per strada qualche particella e che sprigionino così

dell'energia, oltre a dare origine a nuove particelle), il decadimento di un atomo è

detto radioattività;

3. La terza forza è la forza elettromagnetica, tiene uniti gli elettroni al nucleo ed è

più debole della prima forza;

4. La quarta forza è la forza di gravità, è la più debole di tutte, in quanto per essere

determinante necessita della presenza di grandi masse di materia.

I Quark. Non tutte le particelle che compongono l'atomo sono particelle elementari,

ciò vuol dire che alcune particelle sono a loro volta composte da altre particelle più

piccole.

In particolare il protone e il neutrone sono composti da tre particelle dette quark.

Potrebbe essere interessante sapere che il nome di tali particelle è preso da un passo

del Finnegans Wake di James Joyce, e sarebbe la contrazione di question mark,

ovvero punto interrogativo.

I quark sono in tutto sei, essi si distinguono per massa e carica elettrica.

1. Quark Up (quark su), detto anche quark-u. Ha massa di 9 per 10 alla meno 30,

ovvero 9 preceduto da 30 zeri, carica elettrica pari a due terzi di quella del protone.

2. Quark Down (quark giù), detto anche quark-d. Ha massa di 1.8 per 10 alla meno 29,

carica elettrica pari a meno un terzo di quella del protone.

3. Quark Strange (quark strano!), detto anche quark-s. Ha massa di 3.5 per 10 alla

meno 28, carica elettrica pari a meno un terzo di quella del protone.

4. Quark Charm (quark incanto!?), detto ache quark-c. Ha massa di 2.3 per 10 alla

meno 27, carica elettrica pari a due terzi di quella del protone.

5. Quark Bottom (quark sotto), detto anche quark-b. Ha massa di 7.7 per 10 alla meno

Dettagli
Publisher
33 pagine