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Introduzione tesina Guerra di Valeria e guerra tesina
Nella mia tesina di maturità io vorrei parlare di qualcosa, o meglio, di qualcuno di cui non si parla mai, o quasi. Non di conflitti, perché se ne parla in continuazione, ma di coloro i quali sono stati coinvolti in prima linea; per rendere la guerra, e in questo caso, la Grande Guerra, “piccola”, e lasciare il giusto spazio a persone spesso dimenticate.
I soldati quindi, gli esseri umani che hanno combattuto nei continui scontri, che hanno patito stenti, umiliazioni, malattie, freddo, fame e soprattutto una perenne tensione psicofisica dovuta alla consapevolezza di sapersi sempre in bilico tra la vita e la morte, in un equilibrio precario ben rappresentato dai versi del poeta -soldato Giuseppe Ungaretti:
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Una sola frase, una similitudine che porta gli uomini impegnati in guerra ad essere foglie destinate a cadere per un colpo di fucile, un’immagine scarna e desolante della loro vita, riassunta come l’attesa della “caduta”.
È un’attesa che le parole “si sta” rendono chiara al poeta, la sua “Soldati”,ha un significato universale; è un monito che ci avverte che la nostra vita non è eterna, è una foglia che può staccarsi in qualsiasi momento.
Spesso ho pensato a questa nostra provvisorietà, “caducità”, e può sembrare strano, come può sembrare strano che una ragazza di diciotto anni si interessi ad un argomento così triste e decida di costruire intorno ad esso la propria tesina di Maturità. Eppure c’è un perché. Parlo dei soldati e dei reduci perché ammiro la loro forza, il fatto che combattendo in guerra e ad essa siano sopravvissuti mi paragono a loro, perché anche io nel mio piccolo ho combattuto senza tregue contro un nemico silenzioso ed agguerrito: un cancro maligno.
Malgrado dopo tanto tempo e dopo tante terapie molto debilitanti io sia ancora in cura, mi ritengo fortunata ed essere qui; alcuni mi chiamano lungo sopravvivente, altri con il corrispettivo inglese “cancer survivor” ma queste definizioni non le sopporto e non mi definiscono: io sono una guerriera combattiva, una soldatessa tenace, ma anche una reduce.
Infatti, i reduci di guerra e i reduci di tumore sono un esempio di come si può sopravvivere e ricominciare a vivere, a volte con grandi sforzi e difficoltà, dopo un evento drammatico o comunque tale da cambiare radicalmente la vita di chi si trova ad affrontarlo.
Nel mio caso ad esempio le cure mi hanno portato a dovermi trasferire per necessità, ad abbandonare gli studi che ho ripreso da privatista per potermi diplomare con i miei coetanei, ad adattarmi a situazioni completamente nuove e difficili.
Indubbiamente tutto questo mi ha fatto soffrire ma ha anche contribuito alla mia maturazione e consapevolezza che la vita si, è una foglia destinata a cadere, ma proprio per questo occorre impegnarsi per migliorarla di giorno in giorno, rendendola unica e apprezzandola in ogni sua sfaccettatura, anche quelle negative perché è da queste che si trova la forza per ricostruire la propria esistenza, proprio dalle macerie, da ciò che resta.
In parallelo mi sono posta degli interrogativi. Mi sono domandata come fa una persona a combattere una battaglia che le è stata imposta, come si fa ad andare incontro a un nemico che non si conosce ma che si deve per forza affrontare e come facessero i giovani che combattevano nelle trincee a sopportare la sofferenza e a essere sempre vicini alla morte. Le risposte le ho trovate nella guerra che ho affrontato battaglia dopo battaglia contro il grande e potente nemico cancro. Un nemico che ti tende gli agguati quando meno te lo aspetti, che ti ferisce, ti umilia e vuole annientarti nel corpo e nello spirito. In un primo tempo le sofferenze si subiscono poi se ne prende coscienza e consapevolezza e si reagisce. La reazione causa anche un cambiamento, il reduce che torna a casa è diverso da com’era prima, ha visto e subito il dolore e quindi il rapporto con la vita diventa umile, diverso da chi non ha visto una guerra. Anche il cancro è una grande guerra, una guerra mondiale, la cui leva è casuale ed è perciò inaspettata e crudele, il “cancer survivor” è umile alla vita, è conscio della brevità delle cose, di cui coglie sempre l’attimo…tutto fugge.
Consapevolezza ribadita da Ungaretti, il poeta soldato sopravvissuto, il quale riesce a cogliere la lacerazione provocata dalla realtà di una guerra sia collettiva sia individuale e tornato a casa ribadisce che l’uomo nella sofferenza è “presente alla sua fragilità” ma da questa cognizione “…subito riprende il viaggio, come dopo il naufragio un superstite lupo di mare…”
Ungaretti reduce, quindi si rende conto che il mondo di prima non gli appartiene più, di ciò che c’era “è rimasto solo qualche brandello”.
Anch’io mi sono sentita così, a brandelli, usata da una guerra, stremata ma anche più forte, anche se la forza non è mai venuta meno. “Fatti forza”, queste sono state le prime parole che ha pronunciato il primo medico che mi ha vista e le ho ripetue spesso nei lunghi mesi delle terapie.
Collegamenti
Guerra di Valeria e guerra tesina
Italiano-
Ungaretti
.Storia-
La Prima Guerra Mondiale narrata dai soldati
.Inglese-
I War Poets
.Francese -
Maurice Genevoix et Guillaume Apollinaire
.La crisi dell'economia.
Matematica-
La pianificazione strategica delle risorse, ricerca operativa
.Educazione fisica-
La resistenza e la resilienza
.LA GUERRA DI VALERIA......................................................................................................................................................................
UNA GUERRA MONDIALE....................................................................................................................................................................
DALLA STRATEGIA MILITARE ALLA GESTIONE DELLE RISORSE.............................................................................................
LA CRISI DELL’ECONOMIA..................................................................................................................................................................
COME VIVEVANO I SOLDATI..............................................................................................................................................................
I “War poets” inglesi..................................................................................................................................................................................
Survivors................................................................................................................................................................................................
Sopravvissuti.........................................................................................................................................................................................
L'ESPERIENZA FRANCESE....................................................................................................................................................................
Carte postale...........................................................................................................................................................................................
Cartolina postale.....................................................................................................................................................................................
UNGARETTI, IL POETA-SOLDATO......................................................................................................................................................
Soldati.....................................................................................................................................................................................................
San Martino del Carso............................................................................................................................................................................
Fratelli....................................................................................................................................................................................................
GIROVAGO...........................................................................................................................................................................................
La resistenza e la resilienza........................................................................................................................................................................
Bibliografia.....................................................................................................................................................................................................
1 1
2 INTRODUZIONE
Io vorrei parlare di qualcosa, o meglio, di qualcuno di cui non si parla mai, o
quasi. Non di conflitti, perché se ne parla in continuazione, ma di coloro i quali
sono stati coinvolti in prima linea; per rendere la guerra, e in questo caso, la
Grande Guerra, “piccola”, e lasciare il giusto spazio a persone spesso
dimenticate.
I soldati quindi, gli esseri umani che hanno combattuto nei continui scontri, che
hanno patito stenti, umiliazioni, malattie, freddo, fame e soprattutto una perenne
tensione psicofisica dovuta alla consapevolezza di sapersi sempre in bilico tra la
vita e la morte, in un equilibrio precario ben rappresentato dai versi del poeta
-soldato Giuseppe Ungaretti:
Si sta come
d'autunno
sugli alberi
le foglie
Una sola frase, una similitudine che porta gli uomini impegnati in guerra ad
essere foglie destinate a cadere per un colpo di fucile, un’immagine scarna e
desolante della loro vita, riassunta come l’attesa della “caduta”.
È un’attesa che le parole “si sta” rendono chiara al poeta, la sua “Soldati”,ha un
significato universale; è un monito che ci avverte che la nostra vita non è eterna,
è una foglia che può staccarsi in qualsiasi momento.
Spesso ho pensato a questa nostra provvisorietà, “caducità”, e può sembrare
strano, come può sembrare strano che una ragazza di diciotto anni si interessi ad
un argomento così triste e decida di costruire intorno ad esso la propria tesina di
Maturità.
Eppure c’è un perché.
Parlo dei soldati e dei reduci perché ammiro la loro forza, il fatto che
combattendo in guerra e ad essa siano sopravvissuti mi paragono a loro, perché
anche io nel mio piccolo ho combattuto senza tregue contro un nemico
silenzioso ed agguerrito: un cancro maligno.
Malgrado dopo tanto tempo e dopo tante terapie molto debilitanti io sia ancora
in cura, mi ritengo fortunata ed essere qui; alcuni mi chiamano lungo
2
3 sopravvivente, altri con il corrispettivo inglese “cancer survivor” ma queste
definizioni non le sopporto e non mi definiscono: io sono una guerriera
combattiva, una soldatessa tenace, ma anche una reduce.
Infatti, i reduci di guerra e i reduci di tumore sono un esempio di come si può
sopravvivere e ricominciare a vivere, a volte con grandi sforzi e difficoltà, dopo
un evento drammatico o comunque tale da cambiare radicalmente la vita di chi
si trova ad affrontarlo.
Nel mio caso ad esempio le cure mi hanno portato a dovermi trasferire per
necessità, ad abbandonare gli studi che ho ripreso da privatista per potermi
diplomare con i miei coetanei, ad adattarmi a situazioni completamente nuove e
difficili.
Indubbiamente tutto questo mi ha fatto soffrire ma ha anche contribuito alla mia
maturazione e consapevolezza che la vita si, è una foglia destinata a cadere, ma
proprio per questo occorre impegnarsi per migliorarla di giorno in giorno,
rendendola unica e apprezzandola in ogni sua sfaccettatura, anche quelle
negative perché è da queste che si trova la forza per ricostruire la propria
esistenza, proprio dalle macerie, da ciò che resta.
In parallelo mi sono posta degli interrogativi. Mi sono domandata come fa una
persona a combattere una battaglia che le è stata imposta, come si fa ad andare
incontro a un nemico che non si conosce ma che si deve per forza affrontare e
come facessero i giovani che combattevano nelle trincee a sopportare la
sofferenza e a essere sempre vicini alla morte. Le risposte le ho trovate nella
guerra che ho affrontato battaglia dopo battaglia contro il grande e potente
nemico cancro. Un nemico che ti tende gli agguati quando meno te lo aspetti,
che ti ferisce, ti umilia e vuole annientarti nel corpo e nello spirito. In un primo
tempo le sofferenze si subiscono poi se ne prende coscienza e consapevolezza e
si reagisce. La reazione causa anche un cambiamento, il reduce che torna a casa
è diverso da com’era prima, ha visto e subito il dolore e quindi il rapporto con la
vita diventa umile, diverso da chi non ha visto una guerra. Anche il cancro è una
grande guerra, una guerra mondiale, la cui leva è casuale ed è perciò inaspettata
e crudele, il “cancer survivor” è umile alla vita, è conscio della brevità delle
cose, di cui coglie sempre l’attimo…tutto fugge.
Consapevolezza ribadita da Ungaretti, il poeta soldato sopravvissuto, il quale
riesce a cogliere la lacerazione provocata dalla realtà di una guerra sia collettiva
sia individuale e tornato a casa ribadisce che l’uomo nella sofferenza è
“presente alla sua fragilità” ma da questa cognizione “…subito riprende il
viaggio, come dopo il naufragio un superstite lupo di mare…”
3
4 Ungaretti reduce, quindi si rende conto che il mondo di prima non gli appartiene
più, di ciò che c’era “è rimasto solo qualche brandello”.
Anch’io mi sono sentita così, a brandelli, usata da una guerra, stremata ma anche
più forte, anche se la forza non è mai venuta meno. “Fatti forza”, queste sono
state le prime parole che ha pronunciato il primo medico che mi ha vista e le ho
ripetute spesso nei lunghi mesi delle terapie.
LA GUERRA DI VALERIA
Se chiudo gli occhi mi rivedo, una sedicenne come tante, con una lunga chioma
bionda che aspetta, seduta su di una sedia di un pronto soccorso, in una mattina
d’inverno. Mia madre era venuta a prendermi a scuola per portarmi al pronto
soccorso perché avevano telefonato dal laboratorio analisi dove avevo fatto il
prelievo il giorno prima dicendo che i miei valori del sangue erano sballati e che
probabilmente avevo una brutta infezione e dovevo farmi visitare subito. In quel
momento le mie uniche preoccupazioni erano che la mia compagna di banco non
mi aveva restituito il libro che le avevo prestato e che non sarei andata a pranzo
con le amiche.
A mezzogiorno avevo fatto già la tac e mia madre e mio padre osservavano i
medici parlottare animosamente tra di loro dopo avermi visitato. Non avevo
soltanto una pallina sul lato sinistro del collo la quale era stata catalogata dal
medico di base già un mese prima come innocua ghiandola infiammata ma una
massa proprio sopra il cuore che aveva deviato la trachea. Loro sospettavano un
linfoma ma dato che l’ospedale era sprovvisto di un reparto di ematologia mi
mandarono in un’altra struttura dove sarei stata visitata subito.
L’ospedale era grande strutturato a padiglioni perciò bisognava sapere bene dove
entrare perché le strutture non erano in comunicazione fra di loro. Era un luogo
triste, che non faceva presagire niente di buono. I miei genitori sembravano due
alieni, una iniziava a parlare e poi si interrompeva, incapace di continuare,
l’altro ascoltava i medici senza proferir parola, erano inebetiti dalle parole dei
medici. Mi ricoverarono per togliere il linfonodo e per fare gli altri esami che
confermarono il linfoma, per la precisione Hodgkin con una massa bulky
mediastinica. I medici mi dissero in maniera molto chiara in cosa consisteva la
mia malattia e che avrei dovuto affrontare dei cicli di chemioterapia ma anche
che non potevo essere curata in quella struttura perché ero minorenne e quindi
mi mandarono al pediatrico. Ero ancora troppo presa da tutte queste novità, per
così dire, che l’unica frase che mi rimase impressa per davvero fu: “Perdera