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Estratto del documento

di Lorenzo Cesaretti

INTRODUZIONE

Un gruppo sempre più folto di scienziati sostiene che il futuro dell’ informatica non

avrà nulla a che vedere con i vecchi microchip fatti di miliardi e miliardi di

“semplici” transistor di silicio ma piuttosto sarà popolato da nuove macchine

raffinatissime costituite da molecole, raggi laser e superconduttori, funzionanti non

secondo le leggi “classiche” dell’elettronica, ma secondo quelle della meccanica

quantistica. Per comprendere come sono fatti questi nuovi computer introdurremo nel

prossimo capitolo questa branca della fisica. 2

CAPITOLO PRIMO

LA MECCANICA QUANTISTICA

La meccanica quantistica è un complesso di teorie fisiche formulate nella prima metà

del XX secolo che descrivono il comportamento della materia a livello microscopico,

a scale di lunghezza inferiori o uguali a quelle dell’atomo o alle energie tipiche delle

interazioni nucleari, dove cadono le ipotesi alla base della meccanica classica.

Questa nuova teoria fu elaborata per spiegare alcune contraddizioni tra modelli teorici

e dati sperimentali emerse alla fine del 1800: gli spettri di emissione degli atomi,

caratterizzati da una struttura discontinua, formata cioè da righe distinte, non

spiegabili mediante le leggi dell’elettromagnetismo classico (ad esempio in figura 1

gli spettri del sodio); il problema del “corpo nero”, cioè lo spettro della radiazione

emessa da un corpo caldo in funzione della frequenza , non spiegabile attraverso le

teorie classiche. Più precisamente un corpo nero è un corpo ideale che assorbe tutte le

onde elettromagnetiche che lo investono ed emette energia sotto forma di radiazione

continua di intensità crescente all’aumentare della temperatura. Praticamente un

corpo nero si ottiene con un involucro di pareti buone conduttrici di calore

internamente annerito con nerofumo; nell’involucro si pratica un piccolissimo foro in

libera comunicazione con l’esterno. A seguito delle riflessioni multiple sulle pareti

interne della cavità ogni radiazione che penetra attraverso questo foro è praticamente

tutta assorbita. L’elettromagnetismo classico non riusciva però a spiegare l’emissione

di energia di questo corpo, soprattutto a frequenze basse. Nel 1900 Planck riuscì a

risolvere la questione, ipotizzando che l’energia (E) emessa da corpi fossi 3

quantizzata, cioè fosse costituita da multipli discreti di una quantità fondamentale

(hν), detta quanto d’energia: E = hν (dove ν è la frequenza della radiazione, h è una

34

Χ

costante universale pari a 6,6 10‾ Js). Planck stesso fu quasi spaventato dal suo

concetto innovativo di quanto, tanto che lo definì una “fortunata violenza puramente

matematica contro le leggi della fisica classica”; la sua ipotesi infatti costituiva una

vera e propria rivoluzione concettuale: si stava passando da una logica di continuità

energetica dei fenomeni naturali (il continuo classico di Galileo, Leibniz, Newton,

Maxwell), ad una concezione di discontinuità, in cui l’energia emessa dai corpi

poteva essere scambiata sotto forma di tanti pacchetti proporzionali alla frequenza

mediante la costante di Planck.

Nel 1905 Einstein applicò l’ipotesi quantistica per interpretare l’effetto fotoelettrico

(l’emissione di elettroni da parte di una superficie metallica illuminata da una

radiazione elettromagnetica), affermando che la radiazione luminosa è composta da

pacchetti discreti di energia che interagiscono singolarmente con gli elettroni del

metallo; Einstein ipotizzò cioè un modello corpuscolare della luce, composta da un

insieme di quanti di energia, detti fotoni.

Nel 1913 Bohr propose un modello atomico planetario in cui gli elettroni negativi

ruotano intorno al nucleo positivo su differenti orbite discrete stazionarie

corrispondenti a diversi livelli energetici quantizzati. Questo modello permetteva la

spiegazione della struttura discreta degli spettri di emissione: gli atomi possono

scambiare energia solo mediante salti degli elettroni tra le diverse orbite, quindi sono

emesse solo righe spettrali aventi frequenze ν = (E - E )/h corrispondenti alle

nm n m

transizioni permesse tra i livelli energetici E ed E tipici dell’atomo.

n m

L’ INFLUENZA DELLA MECCANICA QUANTISTICA SULL’ INFORMATICA

Perché la meccanica quantistica influenza anche l’informatica? Per rispondere a

questa domanda dobbiamo fare riferimento alla legge di Moore, formulata da Gordon

Moore negli anni ’60: ogni diciotto mesi la potenza di calcolo dei processori in media

raddoppia. Ciò è possibile grazie all’ingegno umano: i computer sono diventati

sempre più veloci perché gli ingegneri sono riusciti a miniaturizzare sempre più i

circuiti e le porte logiche che ne costituiscono il nucleo. Se dimezziamo l’ingombro di

un componente di base, ne possiamo inserire il doppio nello stesso spazio, e quindi

raddoppiare la velocità di calcolo. In base alla legge di Moore, tra breve l’ordine di

grandezza di componenti informatici dovrebbe scendere fino a diventare quello di un 4

atomo, raggiungendo quindi la scala di lunghezza governata dalle leggi della

meccanica quantistica.

Il grafico precedente mostra l’aumento del numero dei transistor nei circuiti integrati

dei computer dal 1971 al 2004: la legge ipotizzata da Moore è stata confermata in

linea di principio, anche se il ritmo di crescita è stato un po’ più lento in quanto i

processori anziché ogni 18 mesi sono raddoppiati di velocità ogni 24 mesi.

Due sono i principi della meccanica quantistica che risultano determinanti per un

computer quantistico: il principio di indeterminazione e il principio di

sovrapposizione.

PRINCIPIO DI INDETERMINAZIONE

Questo principio fu formulato nel 1927 da Werner Heisenberg, ed esprime

l’impossibilità di conoscere nello stesso tempo con precisione assoluta la posizione e

la quantità di moto di una particella quantistica. Il principio di indeterminazione

esprime il modo in cui sono legati i livelli di precisione con cui si possono

determinare queste due grandezze complementari: una qualsiasi misura che renda più

esatto il valore di una certa grandezza, automaticamente fa diminuire la precisione

con cui si può conoscere la complementare. La misura è nei fatti un’azione che 5

disturba il sistema, introducendo un’inevitabile livello di indeterminazione sul valore

rilevato. Ha scritto Heisenberg: “Nella discussione di alcune esperienze occorre

prendere in esame quella interazione tra oggetto e osservatore che è necessariamente

congiunta ad ogni osservazione. Nelle teorie classiche questa interazione veniva

considerata o come trascurabilmente piccola o come controllabile in modo da poterne

eliminare l’influenza per mezzo di calcoli. Nella fisica atomica tale ammissione non

si può fare perché, a causa della discontinuità degli eventi atomici, ogni interazione

può produrre variazioni parzialmente incontrollabili o relativamente gravi” (I principi

fisici della teoria dei quanti).

PRINCIPIO DI SOVRAPPOSIZIONE

Questo principio afferma che i sistemi microscopici si trovano in uno stato quantistico

costituito dalla sovrapposizione, cioè dalla combinazione lineare in termini

matematici, di tutti i possibili stati in cui esso può esistere; è uno stato non definibile

secondo le regole della logica classica che rappresenta tutte le proprietà potenziali di

un sistema quantistico che viene poi determinato in seguito ad un processo di misura.

A priori si può conoscere solo la probabilità che una misura riveli uno degli stati

possibili del sistema. A chi non è mai capitato, guardando attraverso il vetro di una

finestra, di vedere non solo il paesaggio esterno ma spesso anche la propria

immagine, più o meno nitidamente? Questo fenomeno, troppo spesso osservato con

indifferenza, è in realtà uno straordinario esempio per entrare direttamente in contatto

con il mondo quantistico. La luce, come detto in precedenza, è costituita da fotoni.

Questi ultimi attraversano il vetro per mostrare il paesaggio; ma non è detto. Il mondo

quantistico delle particelle non è un mondo di certezze ma di possibilità. Il fotone che

colpisce il vetro può attraversarlo, ma può anche esserne riflesso: il fotone ha una

certa probabilità di passare o meno attraverso il vetro. È proprio questo il principio di

sovrapposizione: se un’ entità quantistica può assumere due valori o essere in due

stati sarà in una sovrapposizione dei due, con una probabilità non nulla di essere

nell’uno o nell’altro. In una sovrapposizione, a differenza di un miscuglio, non si può

dire che un corpo si trovi realmente in uno stato o nell’altro; la sovrapposizione

contiene tutti i casi possibili, ma non equivale ad alcuno di essi. Possiamo concludere

che lo stato di una particella è dato dalla sovrapposizione di tutti i suoi possibili stati

futuri, ciascuno “pesato” con una probabilità. 6

CAPITOLO SECONDO

TEORIA QUANTISTICA DELL’ INFORMAZIONE

La teoria dell’ informazione è la teoria matematica che si occupa della trasmissione,

dello stoccaggio, e dell’elaborazione dei dati, aspetti che riguardano molto da vicino

il computer, sia classico che quantistico.

L’informazione è fondamentalmente di natura fisica, in quanto ogni elaborazione di

dati richiede un supporto fisico. Questa affermazione, per quanto possa sembrare

ovvia, risulta molto interessante se si considera la possibilità di utilizzare supporti che

non ubbidiscono alle leggi classiche della meccanica.

L’unità minima di informazione è il bit (dall’ inglese “binary unit”) definito come la

quantità di informazione equivalente alla scelta tra due alternative possibili. Il termine

bit viene utilizzato anche per indicare il congegno in cui l’informazione stessa viene

immagazzinata, ma in questo caso bit sta per “binary digit”, poiché il ricorso al

sistema binario è il più conveniente per gli elaboratori elettronici.

La teoria dell’informazione è piuttosto intuitiva: il massimo numero di messaggi

diversi che si possono trasmettere utilizzando un oggetto che può trovarsi in uno di un

insieme di N stati distinguibili risulta proprio uguale a N. Attraverso un sistema che

può trovarsi solo in 2 stati che possono essere rappresentati dalle due cifre 0 e 1, non

è possibile, a livello classico inviare più di due messaggi diversi: ad esempio Alice

trasmetterà un bit di informazione corrispondente allo stato (0) per comunicare a Bob

che l’indomani potranno incontrarsi, uno corrispondente allo stato (1) per fargli

sapere che ciò non è possibile. Bob esegue una misura e, a seconda dell’

informazione, riconosce in modo chiaro il messaggio di Alice. Se si considera un

sistema quantomeccanico oltre allo stato e (0 e 1 sono in notazione

bra-ket, usata in meccanica quantistica per descrivere uno stato quantistico), a causa

del principio di sovrapposizione esso può trovarsi in qualsiasi loro combinazione

lineare (a + b , con a e b che indicano rispettivamente la probabilità di

trovarlo in uno stato o nell’altro).

Questo è un concetto poco intuitivo, per capirlo meglio possiamo fare un esempio: il

bit classico è come una moneta che una volta lanciata, cadrà a terra mostrando

inesorabilmente una delle due facce, mentre il qubit (abbreviazione di bit quantistico)

può essere immaginato come una moneta che una volta lanciata cadrà a terra

continuando a ruotare su sé stessa senza arrestarsi fino a che qualcuno non la schiacci 7

con una mano bloccandone la rotazione e obbligandola a mostrare una delle due

facce.

La realizzazione di un bit quantistico

Isidor Isaac Rabi, premio Nobel per la fisica nel 1944, fu il primo a indicare il modo

attraverso il quale scrivere l’informazione in un sistema quantistico, utilizzando atomi

di idrogeno. Immaginiamo un atomo di idrogeno nello stato fondamentale, cui

corrisponda una quantità di energia E . Per scrivere un bit 0 su questo atomo non si fa

0

nulla; per scrivervi 1 si eccita l’atomo portandolo a un livello energetico superiore,

E . Ciò si ottiene immergendolo in una luce laser costituita da fotoni aventi energia

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