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Storia: La Resistenza dietro il filo spinato
Geografia: L'Argentina
Scienze: L'avitaminosi
Arte: Alberto Giacometti
Ed. Fisica: Le Olimpiadi del 1936
Musica: Il sopravvissuto di Varsavia di A. Shoemberg
Inglese: Il campo di Mauthausen
Tedesco: Breve descrizione del protagonista
Tecnologia: L'energia degli alimenti
La Resistenza dietro il filo spinato
L'8 settembre 1943 l’Italia si arrese, il re e Badoglio firmarono l’Armistizio
e il giorno seguente scapparono da Roma andando a Brindisi che era già
stata liberata dagli alleati. L'Italia si ritrovò abbandonata a se stessa. Il 12
settembre Hitler fece liberare Mussolini e lo convinse a porsi a capo della
Repubblica di Salò (RSI). Dopo questo avvenimento l'Italia si ritrovò divisa
in due: a Nord i nazisti e i fascisti fedeli al Duce mentre a sud cominciava la
risalita degli alleati. Il confine fra queste due potenze era la linea Gustav che
passava per l'abbazia di Montecassino.
Le forze italiane quindi si ritrovano allo sbando. I tedeschi riescono in pochi
giorni a disarmare e catturare un imponente numero di militari italiani
dislocati nella penisola e nei Balcani. I militari italiani si ritrovano di fronte
ad una dura scelta: il nazifascismo o i lager, meno di 800.000 aderiscono al
nazifascismo mentre tutti gli altri vengono deportati; chi resisteva nei lager
veniva reputato traditore dai nazisti e veniva preso di mira dai soldati
tedeschi. Inoltre veniva negato loro lo status di prigionieri di guerra e
quindi venivano privati di tutte le tutele previste dalla Convenzione di
Ginevra.
Per volere di Hitler, questi prigionieri, chiamati anche “schiavi di Hitler”,
vennero quindi denominati “Internati Militari Italiani”.
Le condizioni di vita nei lager per gli IMI erano certo migliori di quelle di
altri prigionieri (ebrei ecc…) anche se in meno di due anni morirono tra il 5 STORIA
e il 10% dei prigionieri e quelli che sopravvissero rimasero segnati
profondamente sia nel fisico che nella psiche. Solo dopo moltissimi anni
dalla fine della guerra si comprenderà come anche i prigionieri italiani nei
lager attuarono e fecero parte della resistenza ai regimi nazifascisti, grazie al
loro coraggio e alla volontà di sopravvivere alla loro prigionia. 6/21
LA LIBERAZIONE
L'Italia quindi si ritrovava a dover affrontare una "guerra civile". Il 13
ottobre 1943 fu dichiarata guerra alla Germania che fino a cinque giorni
prima era alleata. Successivamente nel gennaio 1944 gli alleati liberarono
Roma e cominciarono a risalire verso la Toscana spostando così la linea di
confine e arrivando quasi a Firenze (sulla linea Gotica).
Dopo alcuni mesi di blocco a causa dell'inverno gli alleati ripresero la
marcia verso nord. Quando gli alleati arrivarono nella pianura padana
(Milano) fu proclamata la liberazione dell' Italia, il 25 aprile 1945.
Francesco Novo venne liberato pochi giorni prima, l’11 aprile 1945, mentre
si trovava nel Campo di Concentramento di Nordhausen ma la storia degli
internati non finisce con la liberazione dei campi. La rimpatriata infatti,
avvenne a singhiozzo e soprattutto grazie ai treni messi a disposizione dalla
Croce Rossa. Molte migliaia di giovani, purtroppo, non riuscirono a STORIA
sopravvivere. 50.000 militari italiani (su 600.000 internati) non fecero più
ritorno a casa! L’attesa in Germania fu lunga e snervante e quella specie di
libertà, nella pratica fu una prigionia attenuata ma odiosa, accompagnata dal
silenzio quasi totale del governo italiano e dalle incomprensioni con gli
Alleati che tendevano a considerare gli Imi con diffidenza, spesso
equiparandoli nel trattamento ai prigionieri tedeschi. Certo con la
liberazione le condizioni di vita degli ex internati erano migliorate, ma la
sensazione di completo abbandono da parte del governo italiano, l’ansia
dovuta ai continui rimandi dei rimpatri, l’essere costretti a condurre una vita
sospesa, lontana dalla Patria e dai propri cari, con scarse e vane notizie di
quanto accadeva in Italia, rendeva l’attesa insopportabile. Una volta rientrati
in Italia, gli ex internati si ritrovarono, contrariamente agli osannati
partigiani, senza lavoro e senza onore e tutti si chiusero in un doloroso
silenzio. 7/21
L’Argentina GEOGRAFIA
L’Argentina dopo la seconda guerra mondiale ha accolto varie categorie di
disoccupati italiani, tra cui molti Internati Militari e reduci di guerra, che
una volta tornati in patria si ritrovarono senza lavoro e quindi furono
costretti a emigrare.
La maggior parte si stanziò nell’area vicino alla capitale di Buenos Aires
che costituisce la parte più fertile e produttiva del paese. Infatti Buenos
Aires se fosse in Italia potrebbe essere considerata la più grande città
d’Italia per numero di abitanti di origine italiana e anche grazie a queste 8/21
origini europee la religione più diffusa è quella cattolica.
L’Argentina è lunga circa 3700km infatti si può dividere in due diverse
tipologie di climi e ambienti:
a nord, al confine con il Brasile c’è un clima molto caldo e tropicale: infatti
c’è una foresta tropicale; invece a sud, nella regione della patagonia, il clima
è totalmente diverso. La zona più a sud di questo stato è chiamata terra dei
fuochi cioè una fascia di terra molto fredda che fu “scoperta” dalla
spedizione dei marinai di Magellano che notarono dei fuochi accesi nella
terra che servivano ai pescatori per tornare a terra: a questo fatto è dovuto il
suo nome.
L'economia Argentina si sta risollevando dopo un grave periodo di crisi.
Uno dei più famosi piatti argentini è il Lasardo, un piatto a base di carne
bovina che è la principale risorsa del settore primario. Anche l'industria si
sta riprendendo grazie alle risorse minerarie e alla costruzione di nuove
centrali nucleari e dighe per l'energia idroeletttrica. Infine il turismo è molto
sviluppato sopratutto lungo la costa atlantica. GEOGRAFIA
9/21
L’avitaminosi
La malnutrizione dei campi di concentramento, porta a parlare di alcune
conseguenze dovute alla carenza di elementi importanti per il nostro
organismo.
L’avitaminosi per esempio, è la mancanza totale di una o più vitamine anche
se a volte si tratta di carenza parziale, cioè di ipovitaminosi, termine usato
impropriamente, come sinonimo di avitaminosi. SCIENZE
Cause dell’avitaminosi
Possono essere dovute a carenza di apporti alimentari, insufficiente
assorbimento digestivo o impiego difettoso di alcune vitamine da parte
dell’organismo.
Sintomi dell’avitaminosi
L’avitaminosi A si manifesta principalmente con sintomi oculari:
emeralopia (indebolimento o perdita della vista al buio) e xeroftalmia
(diminuzione della trasparenza della cornea).
L’avitaminosi B1 ha come espressione principale il beriberi.
L’avitaminosi B2, o ariboflavinosi, comporta disturbi oculari (diminuzione
dell’acuità visiva, fotofobia per sensibilità anormale alla luce) e lesioni
mucocutanee (screpolatura delle labbra). 10/21
Per l’avitaminosi B6 sono note varie manifestazioni negli animali, ma non
esiste alcuna forma di avitaminosi B6 caratteristica in patologia umana.
L’avitaminosi B12 non esiste come tale, ma la malattia di Biermer è
caratterizzata del mancato assorbimento della vitamina B12, dovuto
all’alterazione della mucosa gastrica.
L’avitaminosi C confermata causa lo scorbuto e, nei lattanti, la malattia di
Barlow.
L’avitaminosi D ha come conseguenza il rachitismo nei bambini,
l’osteomalacia (affezione caratterizzata da rammollimento osseo) negli
adulti e in determinate circostanze tetania, indipendentemente dall’età.
L’avitaminosi K comporta fenomeni emorragici.
L’avitaminosi PP causa la pellagra.
Danni alla pelle e alle mucose
Nel bambino si ha ritardo dell’accrescimento; in seguito compaiono
manifestazioni distrofiche a carico delle mucose e della cute. Le labbra si
screpolano, compaiono fissurazioni e ragadi, specialmente agli angoli della
bocca. Si parla di cheilite per indicare queste alterazioni caratteristiche. La
lingua si arrossa, e anche qui compaiono fissurazioni.
Altre alterazioni riguardano l’occhio: il soggetto comincia ad avvertire SCIENZE
bruciore e a lacrimare per esposizione alla luce; si manifestano ben presto
lesioni corneali e, nei casi più gravi, cataratta. 11 / 2 1
Alberto Giacometti
Alberto Giacometti (10/10/1901-11/01/1966) è vicino al Surrealismo per
il senso di solitudine e di allontanamento dalla realtà suggerito dalle sue
figure filiformi, ma anche all’Espressionismo per l’emotività
drammatica trasmessa dai suoi personaggi.
Le figure umane di Giacometti sembrano scheletri corrosi dal tempo,
che rappresentano la drammatica e assurda condizione esistenziale
dell’uomo moderno. Queste figure e ciò che vogliono rappresentare,
fanno pensare a quei numerosi internati, ridotti a larve umane, per la
fame, per il lavoro e per l’annullamento della loro persona.
La figura di questa scultura infatti, rozzamente rifinita, possiede una
strana potenza. Attraverso la forma innaturalmente allungata, la scultura ARTE
vuole trasmettere il senso della solitudine e dell’assoluta separazione tra
gli individui e sottolineare la fragilità della condizione umana.
Diversamente da molti scultori, Giacometti non partiva da un blocco di
materiale da sbozzare e scalpellare fino a trovare la forma voluta, ma da
uno scheletro di metallo a cui aggiungeva materiale prima di passare alla
fusione.
Per Giacometti l’arte non ha né presente né passato, tutto è sempre
contemporaneo, “tutto si fa simultaneo”, perché non è il tempo, ma
l’anima che ci fa sentire un’opera o un autore, vicini o lontani, vivi o
morti. È per questo che si rifà anche all’arte primitiva della preistoria. 12/21
Giacometti fa proprie le problematiche esistenzialistiche; non a caso della
sua pittura è stato interprete attento Sarte, che ne ha colto i riferimenti
all’inaccessibilità degli oggetti e delle distanze esistenti tra gli uomini. Lo
strumento stilistico scelto per tradurre in immagini le apparenze della realtà
visibile è, in pittura, un segno che si infittisce e si dirada per esprimere la
trama di relazioni degli oggetti fra loro e con loro nello spazio circostante,
mentre in scultura grumi di materia apparentemente informi si coagulano
lungo fondamentali linee di forza.
Un giorno, racconta nel ’61 a un amico, “uscendo, sul boulevard, ho avuto
l’impressione di essere davanti a qualcosa di mai visto […]. Sì, di mai visto:
l’ignoto totale, meraviglioso. Il boulevard Montparnasse, assumeva una
bellezza da mille e una notte, fantastico, totalmente sconosciuto […] e al
tempo stesso il silenzio, una specie di incredibile silenzio […] tutto aveva
l’aria di un’immobilità assoluta […] come se il movimento non fosse più
che una successione di punti di immobilità . Una persona che parlava non
esprimeva più un movimento, erano delle immobilità che si succedevano,
completamente staccate l’una dall’altra, momenti immobili che avrebbero
potuto durare, dopotutto delle eternità, interrotti e seguiti da altre immobilità
[…]. Si incrociano, si sorpassano, […] senza vedersi, senza guardarsi”. ARTE
13/21
Le Olimpiadi del 1936
La decisione dello svolgimento dei Giochi Olimpici a Berlino venne presa il
13 maggio 1931, ma quando Adolf Hitler venne nominato Cancelliere.
Molte furono le richieste di spostare altrove le Olimpiadi; nonostante ciò il
Comitato Olimpico Internazionale fu irremovibile. FISICA
ED.
Il governo tedesco non badò a spese: lo stadio olimpico in Berlino venne
realizzato in materiali pregiati con una struttura dalle forme classiche di
memoria greco-romana, mentre la piscina fu ampliata e gli atleti poterono
godere di uno sfarzoso villaggio olimpico. Tutto questo portò a un'
Olimpiade organizzata perfettamente e mai come prima i Giochi
coinvolsero il pubblico: furono venduti oltre quattro milioni di biglietti. 14/21
L'occasione olimpica venne celebrata dal film Olympia della famosa regista
Leni Riefenstahl che rimane probabilmente il più importante film olimpico
mai girato; così il cinema si configurò come uno dei più efficaci medium di
cui Hitler si servì. La comunicazione olimpica assunse quindi un ruolo
preponderante nell'intento di nazificazione del Cancelliere tedesco, tanto da
trasformare i Giochi olimpici in una potente arma di propaganda. Questa
edizione fu anche la prima ad essere ripresa dall'occhio delle telecamere