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Introduzione Storia dell'aviazione militare, tesina
Questa tesina di maturità ha lo scopo di ripercorrere nei suoi tratti fondamentali le vicende che hanno scritto la storia dell’aviazione militare. Senza entrare troppo nei particolari che meriterebbero libri interi per essere spiegati degnamente, tenterà di costituire un’analisi atta a mostrare come l’aeronautica abbia cambiato per sempre l’approccio dell’uomo nei confronti della guerra e come abbia consentito ad essa di diventare realmente totale. “È il fuoco, e il fuoco che arriva al momento e nel luogo giusti, che conta nella storia militare moderna”. Così Basil Henry Liddell Hart (Parigi, 31 ottobre 189 – Londra, 29 gennaio 1970), storico, militare e giornalista britannico descrive in Pensieri sulla guerra il fattore più importante della guerra moderna. Prima dei satelliti e dei missili balistici intercontinentali, l’aviazione ha reso possibile portare il fuoco ovunque, rendendo reale il concetto di guerra moderna.
A scanso di equivoci, l’autore intende chiarire che non è un guerrafondaio incallito, che il suo interesse per la storia delle armi è puramente accademico, storico e scientifico; è inoltre fermamente convinto che siano l’uomo che brandeggia un Kalasnicov e l’uso che ne fa ad essere malvagi, non l’arma in sé che è un oggetto inanimato che non spara da solo.
L’autore riporta prima di congedarsi una poesia di cui si è innamorato a prima vista, scritta dal tedesco Bertolt Brecht (1889-1956) a proposito della Luftwaffe nella guerra di Spagna. La tesina è monografica.
Tesina monografica di Storia sulla storia dell'aviazione militare e le due guerre mondiali
.Tuttavia l’interesse non fu soltanto accademico né tantomeno solo sportivo: infatti
nonostante i numerosi ostacoli e scetticismi iniziali (mostrando ben poca
lungimiranza il generale francese ed eroe della Prima Guerra Mondiale Ferdinand
Foch scrisse: “L’aviazione è un ottimo sport, ma è completamente inutile per i fini
dell’esercito”), anche i vertici delle forze armate dovettero rendersi presto conto
che ciò che veniva offerto loro era l’occasione di mutare per sempre il modo di
concepire la guerra introducendo le possibilità di annullare la “nebbia di guerra” e
di allargare il campo d’azione degli eserciti portando dovunque ed in qualunque
momento un attacco sul nemico, come asserì il generale italiano Giulio Douhet
nel 1909, quando paragonò l’importanza del controllo dell’aria a quello del mare.
A partire dal 1 novembre 1911, data in cui il sottotenente Giulio Gavotti eseguì il
primo bombardamento aereo della storia sganciando a bassa quota 3 bombe a
mano su un accampamento turco usando un Etrich Taube (colomba) di
fabbricazione tedesca del 1910, fu riconosciuta l’indubbia utilità militare
dell’aviazione e iniziò un periodo di rapido sviluppo tecnologico
dell’aerodinamica, della manovrabilità, dei motori e dei sistemi d’arma. 5
Il banco di prova dell’aviazione: la Grande Guerra
Dai primi ricognitori ai duelli tra caccia (1914-1917)
Allo scoppio della Grande Guerra, tutti i paesi belligeranti avevano aerei che
venivano delegati prevalentemente a compiti di ricognizione, precedentemente
affidati alla cavalleria, mirati all’individuazione delle forze terrestri nemiche
(grazie a cui i francesi scoprirono la conversione verso Est sulla Marna delle
truppe tedesche in contraddizione dell'originario piano Schliffen, riuscendo così
ad arginarne l'avanzata e ad effettuare un contrattacco efficace) e soprattutto
dell’artiglieria pesante; in virtù di tale incarico, i velivoli erano scarsamente
equipaggiati con armi efficaci contro altri aerei o contro il fuoco da terra (di
norma il pilota aveva con sé una pistola).
Aerei delle nazioni belligeranti nel 1914
Tutti gli eserciti si resero presto conto che anche il nemico faceva ricorso alla
nuova arma e dunque si iniziò a pensare a come abbattere gli aerei avversari; data
la sommaria inefficacia dell’artiglieria a terra, nacque l’aereo da caccia, con cui
inizialmente gli aviatori si sbizzarrirono inventando curiosi sistemi di difesa,
come la soluzione adottata dall'asso russo Alexander Alexandrovich Kazakov, cioè
funi alla cui estremità era appeso un gancio con cui bloccare le eliche degli altri
aerei, oppure dardi di acciaio atti a strappare le ali di tela del nemico.
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Naturalmente tali improvvisazioni scomparvero non appena furono montate le
mitragliatrici: inizialmente collocate posteriormente e manovrate dal
mitragliere/ricognitore, si rivelarono limitate dalla struttura stessa dell’aereo e si
cercò dunque di realizzare velivoli in cui fosse il pilota stesso ad azionarle,
essendo disposte fisse sopra le ali per non interferire con il moto dell’elica, oppure
al posto dell’elica sul muso nel caso della trazione posteriore. Quest’ultima
soluzione in particolare risultava la migliore per precisione e facilità di sparo,
mostrando però i propri difetti in quanto penalizzante le prestazioni complessive
degli apparecchi; l’esercito francese tentò allora di riportare l’elica anteriore sui
propri monoposto corazzandola sul lato interno per deviare le pallottole: le
sollecitazioni eccessive causate dal rimbalzo però portarono a problemi tecnici
del motore troppo frequenti. Fu per queste ragioni che l’invenzione del
meccanismo di sincronizzazione di mitragliatrice ed elica ad opera degli ingegneri
del Kaiser (studiato a partire da un Tipo L francese guidato dall’asso Roland
Garros e catturato appunto per avaria) rappresentò un passaggio rivoluzionario
nella storia dell’aviazione. Il primo aereo a montare la nuova tecnologia fu il
Fokker Eindecker (monoplano) entrato a far parte del fronte nell’estate del ‘15, il
quale, sebbene tecnicamente non fosse nulla di eccezionale, cambiò radicalmente i
rapporti di forza nei cieli, nei quali fino ad allora gli Alleati avevano mantenuto
una certa superiorità.
Dalla primavera del 1916, inglesi e francesi furono capaci di schierare aerei che
surclassarono il Fokker E come gli F.E. 2b e i D.H. 2 (britannici) ma soprattutto i
francesi Nieuport 11 e 17 che fino all'apparire dello Spad S.7 furono i migliori
caccia che volarono sul fronte occidentale. Lo Spad S.7 poteva sfiorare i 200 km/h
al livello del mare e raggiungere i 3000 metri in poco meno di un quarto d'ora; il
suo successo fu tale che anche le aviazioni dei paesi alleati si dotarono di questo
aereo, che restò così in produzione fino al 1918. Questo pregevole esempio di
ingegneria aerea basava il proprio successo sul rivoluzionario motore radiale fisso
di 8 cilindri a V (fino ad allora rotativo) e sulla corazza che proteggeva la parte di
fusoliera che lo conteneva. La nuova disposizione dei cilindri permetteva di avere
un radiatore frontale a sezione circolare che migliorava notevolmente
l'aerodinamica del velivoli. 7
Privati della supremazia aerea, i tedeschi non rimasero a guardare: i loro
progettisti crearono alcuni dei migliori caccia di tutto il periodo bellico come i
biplani e triplani Albatros D.1, D.2, D.3 ed il Fokker DR.1. Oltre alla riconquistata
supremazia tecnica i tedeschi si imposero nel periodo invernale tra il 1916 e il
1917 anche per una rivoluzionaria ristrutturazione del corpo aereo. Si decise di
staccare le unità aeree dall'esercito creando squadriglie di caccia dette Jasta. La
nuova indipendenza conquistata dall'aviazione permetteva di progettare raid che
non fossero ideati unicamente per il supporto della fanteria. Si originarono così
dei grandi scontri tra caccia che resero tristemente famoso il mese di aprile del
1917, noto in Gran Bretagna come "Bloody April", aprile di sangue. In quel mese,
i Tedeschi reclamarono 151 abbattimenti di aerei inglesi. Di queste vittorie, ben 88
furono attribuite all'11° Jasta. In quella squadriglia volavano due dei più famosi
eroi dell'aviazione tedesca: il barone Manfred von Richthofen e Kurt Wolff.
Entrambi abbatterono 21 aerei durante il mese e l'ecatombe alleata terminò solo il
1° maggio quando al primo dei due fu concessa una licenza per festeggiare il suo
venticinquesimo compleanno.
Storia di un mito: gli assi e il loro asso
L'abilità dei piloti si sommava alla migliore qualità tecnica degli aerei tedeschi. Il
Fokker DR.1 pilotato da von Richthofen possedeva due mitragliatrici
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sincronizzate e un'instabilità intrinseca della carenatura che lo rendeva migliore di
qualunque velivolo avversario sotto ogni punto di vista. Eppure solo l'enorme
esperienza del barone permise la nascita di un mito che dura tutt'oggi.
L'aristocratico era tanto sicuro delle proprie capacità da dipingere il suo aereo di
uno sgargiante colore rosso, facilmente individuabile, mentre molti altri suoi
contemporanei sperimentavano delle fantasiose colorazioni mimetiche a più
tonalità. Da questo fatto egli trasse il soprannome di "Barone Rosso" con cui
divenne tristemente famoso per le vedove dei piloti avversari abbattuti.
Nonostante il gran numero di vittime che egli causò (ben 80, record imbattuto per
tutta la durata della guerra), la sua lealtà di gentiluomo della nobiltà tedesca gli
fece guadagnare un grande rispetto presso il nemico. Il 21 aprile 1918, giorno in
cui fu abbattuto, nonostante ufficialmente la vittoria fu attribuita al capitano
canadese Roy Brown, da un modulo di comunicazione ufficiale della 53a Batteria
AFA (Australian Field Artillery, artiglieria da campo australiana) si intuisce che
molto probabilmente il colpo al petto che risultò mortale fu sparato da terra
proprio dagli artiglieri di quel reparto; si salva così il mito del grande "Barone
Rosso", che non sarebbe stato sconfitto da nessun aviatore neppure nel momento
della sua morte, la quale fu annunciata ai connazionali da un caccia inglese che
lasciò cadere sul campo base dell’11° squadriglia il messaggio seguente: “Al
Corpo d’aviazione tedesco: il capitano barone Manfred von Richthofen è stato
ucciso in battaglia e seppellito con tutti gli onori militari”. La fama e la
correttezza del pilota tedesco furono infatti così grandi che i suoi funerali furono
organizzati dalla Royal Air Force con un picchetto d'onore e alla presenza di tutti i
più famosi assi dell'aviazione alleata. Le vicende di von Richthofen possono
servire per comprendere come quegli uomini coraggiosi che combattevano
nell'aria negli anni della Prima Guerra Mondiale fossero molto più che semplici
piloti militari: nobili e membri dell’arma della cavalleria, erano dei veri e propri
pionieri e in quanto tali mostravano un coraggio e una tenacia che rende un eroe
anche l'ultimo tra loro.
Sorte simile toccò anche a Francesco Baracca, l’asso degli assi italiani con 34
aerei abbattuti alla guida di uno Spad S.13 di fabbricazione francese, il quale fu
colpito la sera del 19 giugno 1918 da un proiettile di fucile austriaco sulle pendici
del Montello mentre mitragliava le postazioni austro-ungariche in appoggio alla
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fanteria italiana. Lo stemma araldico di Baracca, un cavallino nero guardante
verso destra, fu regalato nel 1923 dalla madre dell’asso, la contessa Paolina
Biancoli, ad Enzo Ferrari, che descrive così l’incontro: “Fu essa a dirmi un
giorno: - Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo.
Le porterà fortuna. - (...) Conservo ancora la fotografia di Baracca, con la dedica
dei genitori con cui mi affidano l’emblema. (…) Il cavallino era ed è rimasto
nero; io aggiunsi il fondo giallo canarino che è il colore di Modena”.
Furono gli assi ad inventare e codificare le regole del combattimento aereo:
abituati alle regole della cavalleria, la loro formazione li aiutò molto ad ideare le
prime manovre di battaglia aerea con predilezione per l’aggiramento e l’agguato,
sfruttando il sole e le nuvole. Usata ancora oggi è la “virata Immelmann” creata
dal tedesco Max Immelmann, imitata in seguito da tutti.
La chiusura del conflitto: prova superata
L'ultimo anno di guerra fu caratterizzato dalla costruzione di avanzati aerei da
caccia sia da parte degli Imperi centrali sia da parte degli Alleati: modelli come i
tedeschi Fokker D.7 e D.8, o gli anglo-americani S