Anteprima
Vedrai una selezione di 9 pagine su 37
Epifanie, tesina Pag. 1 Epifanie, tesina Pag. 2
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 6
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 11
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 16
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 21
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 26
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 31
Anteprima di 9 pagg. su 37.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Epifanie, tesina Pag. 36
1 su 37
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Introduzione Epifanie,tesina



La seguente tesina di maturità liceo scientifico vuole analizzare le epifanie in Joyce e nella letteratura del primo novecento. I collegamenti che permette di sviluppare questa tesina scientifica sono:
Letteratura - Svevo, Proust e Joyce
Inglese - Joyce
Arte - Surrealismo
Inglese - Joyce
Filosofia - Bergson, Freud
Fisica - Einstein e relatività
Estratto del documento

X.

Sempre nel Manzoni:

« ...sopire e troncare, padre molto reverendo, troncare e sopire... »

(Alessandro Manzoni. I promessi sposi)

Il celeberrimo motto dei Moschettieri, dal romanzo di Alexandre Dumas padre,

è un altro esempio di chiasmo. Se lo scriviamo in questo modo:

« UNO PER TUTTI

TUTTI PER UNO »

(Alexandre Dumas. I tre moschettieri)

si può notare chiaramente la disposizione a X delle parole: basta infatti

tracciare due linee, una che unisca le parole "tutti" e un'altra che unisca le

parole "uno", per ottenere una X.

L’allitterazione è una figura retorica (dal latino littera, “lettera”) che prevede

7

la ripetizione ad inizio (e meno frequentemente all’interno) di parole, vicino

della stessa consonante (più raramente della stessa vocale), per produrre

oscura e piena di presagi che va ben oltre i confini della città di

Dublino che in tal modo si trasforma in una sorta di città-archetipo

e, ancora oltre, di città-sogno. 8

3. Disintegrazione del tempo nel flusso di coscienza in

Joyce, Svevo e Proust

particolari effetti di suono e di significato. E’ assai usata in poesia, soprattutto

per creare sulla pagina effetti fonici che riproducono le sensazioni di chi scrive

(in tal caso, l’allitterazione è assai vicina alla tecnica del fonosimbolismo e

all’onomatopea) o per sottolineare con particolar forza ciò che il poeta sta

dicendo ai suoi lettori. Spesso l’allitterazione è usata anche nel linguaggio

comune, soprattutto con funzione mnemonica o in espressioni d’uso diffuso.

Tra i molti esempi di allitterazione, si può ricordare quello di Francesco Petrarca

nel primo sonetto dei Rerum vulgarium fragmenta:

“Di me medesmo meco mi vergogno”) (v. 11)

dove l’insistenza sul suono “m” (e sui corrispondenti pronomi personali)

sottolinea la componente intima e narcisistica della poesia petrarchesca e

anche di tutto il Canzoniere. Nella Sera fiesolana di D’Annunzio, la ripetizione

nei primi due versi di “f” ed “fr” vuole riprodurre il fruscio delle foglie al vento.

Questa espressione venne utilizzata per la prima volta dal filosofo americano

8

William James nei suoi “Principi di Psicologia” (1890). Nella sua opera

monumentale egli contrasta fortemente la psicologia tedesca del tempo

sostenendo che non esiste una sensazione semplice, poiché la coscienza è un

continuo pullulare di oggetti e relazioni. La parte più importante dei Principi è

quella relativa a the “stream of thought” nella quale afferma che ogni pensiero

appartiene ad una coscienza personale e pertanto è in continuo movimento,

quindi lo stato mentale di ognuno varia continuamente, di conseguenza non

può essere studiato.

La persistenza della memoria, Salvator Dalì, 1931, New York,

Museum of Modern Art

La grossa novità portata da Joyce dal punto di vista della tecnica

narrativa e già presente in “Gente di Dublino”, sia pure in una

forma destinata ad evolvere sino a modalità estreme nelle opere

successive, è il cosiddetto “flusso di coscienza”, diretta

conseguenza del prioritario interesse che la narrazione rivolge, non

tanto ai comportamenti esterni dei personaggi, quanto piuttosto al

rapporto interno che ciascuno di essi intrattiene con il proprio

mondo interiore, lo stesso, che, in quegli anni, Freud andava

teorizzando come “Io”. E’, dunque, nel flusso di coscienza che

l’epifania trova la propria espressione, una rete di associazioni

mentali, idee, immagini, ricordi, sensazioni, sentimenti propri della

realtà interiore di ogni essere per descrivere i quali il narratore si

astiene da ogni mediazione e necessariamente va oltre la lingua e

la sintassi conosciute e comunemente usate. Occorre, infatti,

arrivare sino alle espressioni più intricate e nascoste dell'animo del

personaggio, delle quali egli stesso neppure è consapevole e

riportarle liberamente, così come si presentano alla mente prima di

essere selezionate e logicamente organizzate in frasi dalla

coscienza, la parte consapevole e razionale della mente, secondo la

teoria di Freud. In “Gente di Dublino” il flusso di coscienza è ancora

reso mediante il monologo interiore. Si tratta di un’associazione

consapevole di idee che riproduce il fluire dei pensieri, delle

sensazioni e dei sentimenti del personaggio, per lo più in prima

persona e senza interventi dell’autore. In tal modo quest’ultimo

apre una finestra sulla vita interiore del personaggio e sui suoi

meccanismi psichici, finalizzata all’autoanalisi del personaggio

stesso, alla presa di coscienza di quanto avviene in lui. Attraverso il

monologo interiore il soggetto porta alla luce, chiarifica e

razionalizza ciò che avviene nella sua mente. Nelle opere

successive Joyce porterà tale scelta linguistica a sempre maggiore

esasperazione, fino ad arrivare al flusso di coscienza estremo di “La

veglia di Finnegan”, in cui l'epifania si dilata e diventa soprattutto

esplorazione delle infinite potenzialità del linguaggio, che dà

significato alla realtà, spesso rendendo la lettura assai difficoltosa.

Lo scrittore giungerà, pertanto, a descrivere libere associazioni di

idee, in cui pensieri e sensazioni del personaggio sono registrati in

presa diretta, senza più il controllo razionale che caratterizza il

monologo interiore. I pensieri sono più intimi, irrazionali, vicini

all’inconscio. Questa tecnica narrativa riproduce l’incontrollato e

inconsapevole affiorare di pensieri, immagini, parole e associazioni

dalla profondità della psiche. L’autore ricorre ad espedienti

espressivi che possano rendere la destrutturazione del pensiero,

quali l’assenza di punteggiatura, la presenza di frasi lasciate in

sospeso, variazioni di registri linguistici e parole provenienti dai

campi semantici più disparati, talvolta inventate: una radicale

sperimentazione linguistica che impiega un registro espressivo

capace di vincere il filtro del simbolismo ordinario e di aderire alla

durata reale della psiche individuale. Nel riprodurre il succedersi

irrazionale di frammenti di pensieri, immagini, sensazioni, il flusso di

coscienza porta alla superficie in modo immediato la sfera

dell'inconscio. Il personaggio può restare fisicamente fermo e

muoversi con la mente a proprio piacimento nel tempo e nello

spazio poichè tali dimensioni spaziali e temporali perdono

consistenza materiale e assumono connotazione del tutto

9

soggettiva . Il tempo, perciò, non è più rappresentabile come una

linea retta ma come una spirale in cui i ricordi assumono diverse

forme e creano nuove realtà, che non è possibile identificare con

quelle originarie. Come dice Stephen Dedalus: “Il passato si

consuma nel presente, e il presente vive solo perché porta in sè il

seme del futuro” : le conseguenze del passato sono nel presente, e,

a sua volta, il presente determina il futuro. Ecco quindi che la storia

dell’Ulisse, benchè narri una vita intera, si svolge nella stessa città

in meno di 24 ore. E’ proprio in quest’opera che si ritrova una delle

migliori rappresentazioni del flusso di coscienza , che già un anno

prima aveva fatto la propria apparizione nel libro “La coscienza di

Zeno” di Italo Svevo.

La focalizzazione d’interesse sul rapporto interno con l’ Io e la

ricerca di verità universali in cui spazio e tempo risultano

completamente destrutturati, elementi che così profondamente

influenzano ed attraversano l’opera di Joyce, rispecchiano, in realtà,

in misura assai significativa la cultura scientifica, filosofica e

letteraria del suo tempo. Il flusso di coscienza ed il fattore tempo

assumono, infatti, importanza centrale, anche nelle opera di altri

grandi autori di quei primi decenni del Novecento. Fra i più

importanti e significativi vanno segnalati Italo Svevo, in Italia e

Marcel Proust in Francia.

Già dal titolo della sua opera più famosa “La coscienza di Zeno” è

facile comprendere come lo scrittore triestino, che aveva conosciuto

Joyce durante il suo soggiorno in Italia, considerasse al centro del

proprio libro non il personaggio, Zeno Cosini, ma la sua coscienza e

i suoi tentativi fallimentari di rappresentarsi in un'immagine stabile

10

di sé. Anche Svevo rinuncia all'uso del narratore esterno ed affida

Un esempio classico di stream of consciousness è allora il cosiddetto

9

“monologo di Molly Bloom” che chiude l’Ulisse: qui il flusso dei pensieri della

donna è riprodotto come una serie casuale ed ininterrotta di ricordi, sensazioni,

percezioni e desideri cui nessuno (né il personaggio né tantomeno l’autore)

pone ordine. Joyce costruisce poi il suo ultimo romanzo, Finnegans Wake

(1939), come la successione delle immagini che appaiono in sogno al

protagonista; la dimensione onirica abolisce del tutto la punteggiatura e la

sintassi, creando una lingua misteriosa, allusiva e completamente inedita.

LA COSCIENZA DI ZENO (1823) Il capolavoro di Svevo, che consacra l’autore

10

come uno dei padri del romanzo moderno, fu scritto per incoraggiamento di

James Joyce, dopo una pausa letteraria di 25 anni. Nel 1925 in Francia, scoppia

invece il racconto al protagonista, Zeno, il quale ripercorre la

propria vita in una sorta di memoriale con funzione terapeutica,

poiché il vizio del fumo stava ormai tormentando la sua esistenza.

Anche in questo romanzo il sentimento del tempo è decisamente

sconvolto perché posto in relazione al flusso di coscienza del

protagonista, al disordine, al fluttuare caotico della sua psiche. Il

tempo, conclude Zeno, “non è quella cosa impensabile che non si

arresta mai. Da me solo da me ritorna”. Il tempo, infatti, è quello

che vive nella coscienza del personaggio, dove il passato si

confonde con il presente, dove tutto ritorna sempre uguale e

diverso rispetto a ciò che è stato. Le vicende sono, infatti,

raggruppate in nuclei tematici (“Il vizio del fumo”, “La morte del

padre”, “Storia del mio matrimonio” etc.) e, non sono narrate

secondo un ordine cronologico lineare, ma secondo il tempo

soggettivo della memoria, facendo numerosi salti avanti ed indietro.

Malgrado le analogie di alcuni aspetti della tecnica narrativa

utilizzata e nonostante la stretta amicizia che legava Svevo e Joyce,

i due scrittori sono, in realtà, profondamente diversi, non solo per

quanto

Dettagli
Publisher
37 pagine
3 download