vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Filosofia-Freud, Wittgenstein
Inglese-Lewis Carroll, Victorian Age
Storia-Età Vittoriana
Storia dell'Arte-Surrealismo
“«tagliatele la testa!»
urlò la regina con quanta voce aveva.
Ma nessuno si mosse.
«chi si cura di te?»
disse alice.
[…] 4
«tu non sei che la regina di un mazzo di carte!».”
A queste parole, tutto il mazzo si sollevò in aria vorticosamente e poi si rovesciò sul-
la fanciulla. Con quest’ultima risposta che porta a termine le sue avventure, Alice di-
mostra di aver capito il meccanismo alla base del Paese delle Meraviglie e della ti-
rannia della Regina di Cuori: non è altro che la regina di un mazzo di carte.
La chiave interpretativa di Wittgenstein si evince proprio nell’applicazione della logi-
ca della situazione del linguaggio. Il filosofo infatti ritiene che ogni contesto, storico,
politico o sociale, sia riferito ai tempi, sia agli spazi, consegni al “visitatore” uno stru-
mento che è il linguaggio, che varia appunto sulla situazione dando una dignità ai
contesti stessi che non necessariamente la ricevono dai sensi.
“La totalità dei pensieri veri è un’immagine del mon-
5
do” .
4 Idem, pag. 92.
5 L. W , Tractatus logico-‐philosophicus e Quaderni 1914-‐1916, Einaudi, Torino, 1995.
ITTGENSTEIN
3
“LA chiave di Freud”
Simbologia del paese delle meraviglie
I
n questa sezione, mi riferirò alla dimensione onirica del romanzo di Lewis Carroll,
analizzando i vari simboli che è possibile trovare nel Paese delle Meraviglie.
In particolare, mi concentrerò sul tema della crescita (questo elemento è conti-
nuamente rappresentato dall’autore nelle varie modificazioni di statura della piccola,
dopo le quali, si sente stordita e confusa); infatti, tutto il viaggio di Alice può essere
visto come un percorso di crescita, di nuove esperienze. Nel finale della maggior
parte delle favole, il protagonista prende coscienza di particolari aspetti della vita che
prima ignorava, e anche Alice vive questa situazione: capisce che per poter vivere
nel migliore dei modi, bisogna sapersi adattare ad ogni contesto nel quale ci si viene
a trovare.
Tutto ciò avviene nell’inconscio, il padrone incontrastato del sogno, ma una volta
sveglia, avrà imparato e successivamente adattato il suo inconscio alla realtà, ca-
pendo che ogni situazione deve essere letta con il proprio codice. Ma con tutti questi
cambi repentini di situazione (e il modificare delle nostre azioni e comportamenti in
base a ognuno di questi), la personalità, che fine fa? Si rischia la nevrosi? Quale po-
trebbe essere una soluzione? Capire che ogni contesto ha una propria logica della
situazione; l’adattamento non deve compromettere la nostra personalità, bensì deve
essere parte di essa, bisogna individuare il proprio equilibrio.
Tra i simboli che incontra lungo il suo viaggio, il primo in assoluto è quello del Bian-
coniglio, che può rappresentare sia la curiosità di Alice che si fa strada attraverso la
conigliera per accedere in un mondo fantastico, ma anche il desiderio di avventura,
che nasconde dentro di sé, l’intrinseco desiderio di crescita, una crescita veloce e
frettolosa, come lui. 6
“«Povero me! Povero me! Arriverò in ritardo!»” .
Altro simbolo fondamentale, è quello iniziale della porta, l’ostacolo da superare per
crescere e non c’è altro modo di superarlo se non adattandosi, modificando la pro-
pria statura. In questa nuova dimensione, Alice deve avallare le sue conoscenze,
poiché queste cozzeranno con le varie situazioni che si troverà ad affrontare non
permettendole di passare ad un “livello successivo”; deve farsi umile e accettare
nuove regole per poter giocare. Questo provoca dolore e smarrimento iniziali, ma
successivamente seguirà una grande presa di coscienza, che le permetterà di fare
piccoli passi verso la maturità.
Nel quinto capitolo del romanzo, abbiamo l’incontro di Alice con Il Bruco, tra i due va
instaurandosi una conversazione basata sul tema della metamorfosi:
«chi sei?»
“
Disse il bruco.
6 L. C , op.cit., pag. 8.
ARROLL
4
[…]
Alice rispose con qualche timidezza:
«davvero non te lo saprei dire ora. So dirti chi fos-
si quando mi son levata questa mattina, ma d’allora
credo di essere stata cambiata parecchie volte».
«che cosa mi vai contando?»
Disse austeramente il bruco.
«Spiegati meglio».
«Temo di non potermi spiegare,»
disse alice,
«perché non sono più quella di prima, come vedi».
«Io non vedo nulla»
Rispose il bruco.
«Temo di non potermi spiegare più chiaramente. Perché
dopo essere stata cambiata di statura tante volte in
un giorno, non ci capisco più nulla!»
Spiegò alice.
«Non è vero!»
Disse il bruco.
«Bene, non l’ha sperimentato ancora,»
disse alice,
«ma quando ti trasformerai in crisalide, come ti ac-
cadrà un giorno, e poi diventerai farfalla, certo ti
sembrerà un po’ strano, non è vero?»
«Niente affatto!»
Rispose il bruco.
«Bene, tu la pensi diversamente»
Replicò alice,
«Ma a me parrebbe molto strano»
«A te!»
Disse il bruco con disprezzo,
7
«Chi sei tu?» .
Alice sa che le metamorfosi esistono e che ciò implica un cambiamento, ma a lei
suona strano e non vuole affrontarle, scarica tutto il loro peso sul bruco, come per in-
timorirlo, rivelandogli che presto o tardi si trasformerà in farfalla e questo gli sembre-
rà strano. Il Bruco, tuttavia, sa che il cambiamento fa parte della vita, e non ne è af-
fatto scioccato anzi, insiste che per lui non sarà affatto come ritiene Alice e continua
a chiederle: “chi sei tu?” Chi sei tu per dirmi che la metamorfosi non è un fatto natu-
rale come dovrebbe essere interpretato?.
Alla fine del capitolo sesto invece, abbiamo l’incontro di Alice con lo Stregatto:
“[…] «ma io non voglio andare fra i matti!»
osservò alice.
«oh non ne puoi fare a meno»
disse lo stregatto,
7 Idem, pagg. 33-‐34.
5
«qui siamo tutti matti. Io sono matto, tu sei matta»
«come sai che io sono matta?»
domandò alice. 8
«tu sei matta, altrimenti non saresti venuta qui»” .
Nelle sue affermazioni, il gatto potrebbe avere ragione in quanto, i matti sono tali non
sapendo di esserlo, hanno solo certezze e nessun dubbio. Se Alice si fosse posta
qualche dubbio all’inizio del suo viaggio nel vedere un coniglio in panciotto, molto
probabilmente non sarebbe finita nel Paese delle Meraviglie, ne sarebbe rimasta
fuori. La crescita avvenuta in seguito alla conversazione con lo Stregatto, sta proprio
nell’essersi posta dei dubbi, scongiurando una possibile malattia. Non essendo mat-
ta, alla fine del romanzo, riuscirà a capire le regole alla base di questo bizzarro Pae-
se e riuscirà a vincere la partita.
Finalmente, arriviamo all’ultimo capitolo, (mi avvarrò della scena di chiusura già trat-
tata nella precedente sezione). Per dichiarare la colpevolezza del Fante di Cuori, ri-
tenuto responsabile di aver rubato delle torte, la Regina di Cuori decide di processar-
lo e vengono chiamati a testimoniare alcuni dei personaggi principali come: il cappel-
laio matto, il leprotto marzolino ed infine Alice. La piccola bambina è la prima a tene-
re testa alla regina: “«tagliatele la testa!»
urlò la regina con quanta voce aveva.
Ma nessuno si mosse.
«chi si cura di te?»
disse alice.
[…] 9
«tu non sei che la regina di un mazzo di carte!»” .
Alice è finalmente riuscita a smascherare tutta l’illusione nella quale era intrappolata;
interpreta il simbolo e dopo averlo compreso, cresce. Prima di capire tutto ciò, pen-
sava che tutto quello che stava vivendo fosse realtà… e se una volta tornata nella
sua realtà, fosse fuggita da un sogno per approdare ad un altro? Chi ci dice che la
vita non rappresenta un sogno del quale non riusciamo ancora a comprenderne la
logica alla base?
8 Idem, pag. 47.
9 Idem, pag. 92.
6
“LA CHIAVE DI PIRANDELLO”
fuga nel paese delle meraviglie
T ipica del pensiero pirandelliano è la vita rappresentata come un continuo dive-
nire, un imponente flusso magmatico attraverso il quale ogni cosa cambia con-
tinuamente stato. Distaccandosi dal flusso, ci si cristallizza in una forma indivi-
duale: questo è ciò che avviene all’identità dell’uomo; non fa parte del flusso vitale,
ma se ne tira fuori, irrigidendosi e fissandosi in una realtà che essa stessa si da.
Alice, inserendosi in un preciso contesto culturale, quello dell’età Vittoriana in Inghil-
terra, si è distaccata dal flusso magmatico e da qui è cominciata la sua cristallizza-
zione in una forma, alla quale si andranno ad aggiungere le altre impostegli da fami-
glia e società.
Infatti non ci si impone forme solo in maniera autonoma, ce ne vengono assegnate
tante quante sono le diverse prospettive con cui veniamo percepiti dalle persone con
cui viviamo in contatto nel nostro contesto sociale. Ciascuna di queste forme, è una
maschera che indossiamo in base alle varie situazioni che ci troviamo ad affrontare.
Ma sotto questa maschera, chi c’è? Ci sono tutti, non c’è nessuno, troviamo un fluire
continuo d’identità sempre diverse in ogni istante.
Tutte queste diverse forme che ci vengono imposte, sono avvertite come un carcere,
dal quale l’uomo difficilmente riesce a liberarsi; la società è una grande trappola che
lo isola dal flusso della vita, conducendolo lentamente alla morte. Le uniche possibili
vie di fuga sono: l’immaginazione e la follia, elementi sui quali mi concentrerò per in-
terpretare il romanzo di Carroll.
In un pomeriggio assolato, annoiandosi nello stare accanto alla sorella intenta a leg-
gere un libro senza figure, Alice, inconsapevole dell’essersi appisolata, incontra il
Bianconiglio che la guida nella la sua tana, attraverso la quale, quasi arrivando nel
luogo dove camminano a capo in giù, approda al Paese delle Meraviglie…
“«Se io avessi un mondo come piace a me, là tutto sa-
rebbe assurdo: niente sarebbe com'è, perché tutto sa-
rebbe come non è, e viceversa! Ciò che è, non sarebbe
10
e ciò che non è, sarebbe!»” .
…entra cosi in un mondo nuovo, sconosciuto, riuscendo a fuggire momentaneamen-
te dal carcere della società. Vive avventure fantastiche, grazie alle quali conosce
personaggi bizzarri o meglio, matti! Per tutta la durata del sogno, dando libero sfogo
all’immaginazione, riesce momentaneamente a fuggire.
La fuga, tuttavia, non può durare a lungo, quella della sua realtà di tutti i giorni, è una
prigionia troppo forte per sottrarvisi grazie ad un semplice sogno; non approda a so-
luzioni definitive quali quelle di Belluca ne Il treno ha fischiato (da Novelle per un an-
no) o di Vitangelo Moscarda in Uno, Nessuno e Centomila, vero eroe pirandelliano
riuscito nell’ impresa più grande di tutte, sganciarsi dalle forme. Già durante il suo