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Latino: Seneca (De Providentia);
Filosofia: Arthur Schopenhauer;
Storia: Prima Guerra Mondiale;
Geografia Astronomica: i terremoti;
Storia dell'Arte: Edvard Munch;
Francese: Charles Baudelaire.
La sua produzione può essere suddivisa in tre fasi :
La giovinezza e i periodi lontani da Roma sono caratterizzati dagli studi della
ricerca del perfezionamento individuale;
L’attività pubblica segna l’inizio del suo interesse alla vita politica;
Nel ritiro finale, egli sviluppa una più profonda concezione dell’interiorità
dell’uomo.
Egli da una ricerca di se stesso e di che gli garantisse la felicità, passa a
un’ars vivendi
occuparsi dell’intera società, per dedicarsi infine ai posteri. dodici libri dalla struttura e
Nelle opere della prima fase troviamo i Dialogorum libri XII,
composizione vivace. Con il termine Seneca traduceva il greco che
dialogus, diatribè
significa «conversazione». anche tre
Questa prospettiva comunicativa spiega come trovino posto nei Dialoghi
la prima, la figlia dello stoico Cremuzio Cordo, che egli cerca di
Consolationes: Ad Marciam,
confortare per la morte del figlio; la seconda, dove consola un potente liberto
Ad Polybium,
per la morte del fratello; e la terza, la più originale, dove
Consolatio ad Helviam matrem,
Seneca consola la madre per la sua assenza durante l’esilio in Corsica.
Nella seconda fase troviamo due opere di stampo etico-politico e si riferiscono al momento
sviluppa il concetto di ‘beneficienza’
si Seneca come tutore di Nerone: il De beneficiis,
come principio coesivo di una società fondata su una monarchia illuminata; il De
dove Seneca cerca di vincolare il sovrano ai princìpi dello stoicismo e in
clementia,
contemporanea spera che la coscienza di Nerone si rifiutasse di governare tirannicamente
ma che invece cercasse il bene dei propri sudditi.
Deluso dal governo neroniano, Seneca decise di comporre per i singoli e le loro coscienze:
124 lettere in venti libri. Qui Seneca si propone come maestro di
Epistulae ad Lucilium,
spiritualità non solo per l’amico Lucilio ma anche per i posteri. Le prime lettere sono brevi
ma man mano aumentano in estensione sino ad arrivare alle ultime, veri e propri trattati.
Altre opere sono le dove tratta di fenomeni atmosferici e celesti.
Naturales questiones,
Nell’anno 54, subito dopo la morte di Claudio, Seneca compose una satira sulla morte
dell’imperatore intitolato Apocolocyntosis che dal greco richiama il termine
«divinizzazione». In una mescolanza di prosa e versi, si racconta spiritosamente di
Claudio che dopo la morte arriva sull’Olimpo e vuole entrare a far parte del consesso degli
dèi; su intervento di Augusto, però, la sua richiesta viene respinta. Condotto agli inferi e
sottoposto a un processo per i suoi assassinii, viene condannato dal giudice a giocare a
dadi con un bossolo sfondato e infine viene consegnato come schiavo a un liberto, lui che
tanto aveva valorizzato i liberti.
Settore fondamentale della produzione di Seneca sono le tragedie: si tratta di nove
tragedie e costituiscono le uniche tragedie superstiti della letteratura latine.
Queste tragedie ripropongono i temi mitici già in precedenza trattati da tragediografi greci
9 Montemurro Michelangelo VD
e latini arcaici, come le vicende di Ercole, il ciclo tebano, il ciclo troiano, oltre alle
celeberrime Medea, Phaedra, Thyestes.
Infine in queste opere ricompaiono gli interessi politici e filosofici di Seneca, oltre alla
critica alla violenza dei tiranni e lo studio dei vizi e delle passioni.
Nella sua vita pubblica, Seneca aveva cercato di ovvero di «giovare agli
iuvare mortalem,
altri uomini» : voleva essere utile agli altri compromettendosi direttamente con la realtà
del suo tempo. Dietro al tentativo di Seneca stava la possibilità di trovare un ruolo ai
nella partita che si giocava tra le tendenze autocratiche del principe e le
sapientes
aspirazioni della classe operatoria.
L’alternativa a questo regime autocratico era il tentativo di Seneca di spingere il principe a
(mitezza) e il (l’azione filantropica) nei
esercitare spontaneamente la clementia beneficium
confronti dei sudditi. Seneca voleva che le classi alte trovassero la e la
securitas tranquillitas,
affinché potessero vivere in pienezza il loro ruolo.
Se questo tentativo si mostrò, fallimentare, più successo ebbe quello di sanare, negli amici
e nei discepoli, la spaccatura tra vita pubblica e vita privata.
Inoltre Seneca si assunse, nella società del suo tempo, il compito di fornire un esempio:
egli voleva filosofare e insegnare filosofia che per lui era un’ars cioè teoria e pratica
vivendi,
del vivere; egli pratica, e perciò insegna, ciò che serve a migliorare la vita dei singoli,
quindi quei principi che servono a mettere ordine nel disordine interiore dell’uomo, e di
conseguenza della società umana.
Per quanto riguarda la vita interiore, due sono i problemi dell’uomo cui Seneca cerca di
porvi rimedio :
- innanzitutto cerca di correggere la falsa valutazione di ciò che gli uomini ritengono bene
o male, un errore che proviene dall’educazione sbagliata, e dall’influsso negativo della
società;
- eliminare le passioni, poiché esse non permettono all’uomo di usare la ragione.
e la
Solo liberandosi di questi due ostacoli l’uomo può conquistare la tranquillitas securitas.
Ma per intraprendere questo cammino occorre che l’uomo rivolga l’attenzione su se stesso,
riconoscendosi come individuo bisognoso di una terapia morale.
Infatti, negli stessi anni di Seneca, Musonio Rufo ripeteva : “Chi vuol salvarsi deve vivere
curando continuamente se stesso”, e proprio sulla necessità di rivolgersi a se stesso,
pensiero ribadito anche da varie scuole filosofiche, Seneca insiste fortemente. Per
concludere, ciò che rende grave la condizione morbosa è la mancanza di precauzione,
l’incoscienza, e soprattutto il non rendersi conto di vivere nella malattia. Quindi il primo
passo verso la guarigione sta appunto nel prendere atto della propria situazione alterata,
che necessita di cure e di un radicale cambiamento di vita.
10 Montemurro Michelangelo VD
De Providentia
In questo suo trattato sulla provvidenza, Seneca – come recita il sottotitolo – affronta il
problema del perché le disgrazie tocchino agli uomini onesti e buoni, se esiste la
provvidenza divina. A parere di Seneca, dietro l’apparente irregolarità dei fenomeni esiste
la ferrea legge della causalità che provvede razionalmente.
Allora perché capitano disgrazie agli onesti, mentre i disonesti prosperano nel lusso e nella
salute? La risposta che Seneca si sente di dare a questo angosciante interrogativo è che la
sofferenza è esercizio che Dio ci infligge affinché la virtù umana possa esistere e
fortificarsi; quindi è un bene. Il male, le avversità, il dolore, la sofferenza sono prove a cui
l’uomo forte e onesto risponde con fermezza.
Nessuno è più infelice di colui al quale non è mai accaduto qualche male, perché solo il
dolore rivela grandi esempi di virtù. Non avere sperimentato il dolore è ignorare l’altra
faccia della natura, l’altra parte della condizione umana. La disgrazia, ribadisce, è
occasione di virtù. Dio, come un padre spartano, sottopone i figli a dure prove perché li
vuole liberi; vuole che l’uomo buono somigli a lui.
11 Montemurro Michelangelo VD
ARTHUR SCHOPENHAUER
Nasce a Danzica il 22 febbraio 1788.
Il padre è banchiere e la madre, una nota scrittrice
di romanzi. Viaggia in Inghilterra e in Francia e
dopo la morte del padre comincia a frequentare
l’Università di Gottinga, dove ha come maestro di
filosofia lo scettico Schulze. Influenzano
notevolmente il suo pensiero, le filosofie di
Platone e di Kant. Frequenta le lezioni di Fiche a
Berlino e nel 1813 si laurea all’Università di Jena.
Tra il 1814 e il 1818 Schopenhauer vive a Dresda
dove prepara la stampa della sua opera principale
che
Il mondo come volontà e rappresentazione
pubblica nel dicembre 1818 e che non ha alcun
successo.
Dal 1820 al 1832 insegna come docente libero
presso l’Università di Berlino con poca fortuna.
Contemporaneamente viaggia in Francia e in Italia e, a causa di un’epidemia che lo
costringe a lasciare Berlino, si trasferisce definitivamente a Francoforte sul Reno, dove
morirà il 22 settembre 1861. : Schopenhauer si pone come punto di incontro tra
RADICI CULTURALI DEL SISTEMA
Platone, Kant, l’illuminismo, il romanticismo, l’idealismo, e la spiritualità indiana. Da Platone
riprende la teoria delle idee, intese come forme eterne sottratte alla caducità dolorosa del
nostro mondo. Da Kant riprende l’impostazione soggettivistica della sua gnoseologia.
Dall’Illuminismo riprende il filone materialistico e il considerare la vita psichica come
fisiologia del sistema nervoso.
Dal romanticismo Schopenhauer trae alcuni temi di fondo del suo pensiero come
l’irrazionalismo, l’importanza dell’arte e della musica, l’infinito, ossia la concezione
dell’esistenza nel mondo di un principio assoluto di cui le varie realtà sono solo manifestazioni
passeggere ; e il dolore, che sul piano filosofico si occupa di riscattare il negativo con il
positivo, mentre Schopenhauer appare orientato verso una visione pessimista della realtà.
Bestia nera del suo pensiero filosofico può essere considerato l’Idealismo, il quale indica
spregiativamente «filosofia che a parere suo non è al servizio della verità,
delle università»,
ma piuttosto finalizzato ad interessi volgari quali il successo e il potere, che tornerebbero utile
allo Stato e alla Chiesa. 12 Montemurro Michelangelo VD
Riguardo al rapporto tra Schopenhauer e la tradizione filosofico-religiosa, fortemente
interpretato e dibattuto dai critici, è fuor di dubbio che:
- è stato il primo filosofo a tentare il recupero di alcuni motivi del pensiero dell’estremo
oriente;
- ha fatto uso nei suoi scritti di alcune espressioni ed è stato un ammiratore della cultura
orientale. : Il punto di partenza della filosofia di Schopenhauer è la distinzione
IL VELO DI MAYA
Kantiana tra «fenomeno» e «noumeno», ovvero tra “cosa così come appare” e “cosa in sé”, ma
con un’accezione diversa. Mentre per Kant il fenomeno è la realtà che possiamo conoscere e il
noumeno è un qualcosa che rappresenta un limite della mente umana, per Schopenhauer il
fenomeno è illusione, sogno, che nell’antica sapienza indiana era detto «velo di Maya», ovvero
quella realtà celata dietro questo velo ingannevole e che il filosofo ha il compito di scoprire.
Inoltre mentre per il criticismo il fenomeno è l’oggetto della rappresentazione che esiste fuori
della coscienza, il fenomeno schopenhaueriano è rappresentazione che esiste solo dentro la
coscienza. : ha due aspetti fondamentali: da un lato c’è il soggetto
LA RAPPRESENTAZIONE
rappresentante, dall’altro c’è l’oggetto rappresentato. Soggetto e oggetto esistono solo
all’interno della rappresentazione e nessuno dei due precede o può sussistere indipendente
dall’altro, e quindi non ci può essere soggetto senza oggetto.
Così, se il materialismo è falso perché nega il soggetto riducendolo all’oggetto (o materia),
allora anche l’idealismo è sbagliato perché compie il tentativo opposto di ridurre l’oggetto al
soggetto.
Schopenhauer ammette l’esistenza di solo tre forme a priori: spazio, tempo e causalità, questa
è l’unica delle dodici categorie da lui presa in considerazione perché tutte le altre sono
riconducibili a questa.
Per Schopenhauer dire materia è dire azione causale. La causalità assume forme diverse a
seconda dell’ambito in cui opera:
- principio del divenire, che regola i rapporti tra gli oggetti naturali;
- principio del conoscere, che regola i rapporti tra premesse e conseguenze;
- principio dell’essere, che regola i rapporti spazio-temporali e aritmetico - geometriche;
- principio dell’agire, che regola le connessioni tra un’azione e i suoi motivi.
: Schopenhauer paragona le forme a priori a dei vetri sfaccettati che
LA VITA E’ SOGNO
deforma la visione delle cose; la vita è dunque un sogno, ossia un tessuto di apparenze
ingannevoli, ma al di là del sogno e del fenomeno esiste la realtà vera sulla quale l’uomo non
può fare a meno di interrogarsi: “L’uomo è un animale metafisico che è portato ad interrogarsi