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Introduzione Divulgazione Scientifica, tesina
La seguente tesina di maturità tratta del tema della divulgazione scientifica.
La scienza è uno strumento prezioso per trovare le strategie adatte al fine di evitare danni irreparabili a cose e persone. Il problema è che non viene comunicata in modo estensivo. Il potere decisionale, oltre alle modalità di cui parla Diamond, può esprimersi direttamente sullo sviluppo della ricerca. Gli scienziati, per avere accesso alle strumentazioni più adeguate, devono cercare finanziamenti. Questi possono venire dall’industria come dalle associazioni di donatori (le cosiddette charities), in entrambi i casi chi fa ricerca deve convincere qualcuno a dargli fiducia e mezzi materiali. Comunicare la scienza, allora, significa anche far sopravvivere quei settori che devono essere sviluppati, dimostrando la loro utilità per chi vi investe.
Collegamenti
Divulgazione scientifica, tesina
Filosofia - Ernst Cassirer, la filosofia delle forme simboliche; Howard Gardner, (psicologia), la teoria delle intelligenze multiple
Fisica - la Teoria della Relatività Generale
Greco - Euclide, Elementi
Inglese - Edwin A. Abbott, Flatland
Italiano - Primo Levi, Il Sistema Periodico
Latino - Lucrezio, De Rerum Natura
Scienze naturali - La placca della sonda Pioneer (geografia astronomica)
Storia - La Lega degli Sicenziati Atomici di Los Alamos
Storia dell'arte - René Magritte, L'Uso della Parola I
[1]
riportare, la quale rispecchierà, in modo più o meno volontario, il suo personale punto di vista . La
sua relazione, in quanto parziale, vizia la concezione che i destinatari hanno della problematica
esposta.
Una piena presa di coscienza di tale problematica, comunque, permette di ridurne l’entità. Per fare
ciò bisogna mantenere forti la collaborazione e il dialogo fra ricercatori, fare in modo che i membri
della comunità accademica siano informati gli uni sulle scoperte degli altri.
Una maggiore valorizzazione dell’opera divulgativa, può permettere una diffusione di una cultura
della scienza in più ampi strati della popolazione condizione necessaria ad un uso consapevole delle
tecnologie e alla presa di coscienza dell’importanza delle scelte del singolo in una società globale.
La comunità scientifica non può dare ai suoi prodotti divulgativi un’obiettività assoluta, ma può
scegliere i mezzi con cui distribuire le nozioni che produce, fare in modo che esse siano a
disposizione del maggior numero di destinatari possibile. In tale direzione si sono mossi organi e
iniziative dell’ultimo secolo. Per la drammaticità degli eventi che portarono alla sua nascita, si
ricorda la “Lega degli scienziati atomici”. Nell’agosto del ’45 su Hiroshima e Nagasaki vennero
sganciati due ordigni nucleari; nello stesso mese, uno scienziato del centro di ricerca di fisica
nucleare di Los Alamos (USA) venne esposto, durante un esperimento, a quantità di radiazioni tali
da provocarne la morte a seguito di atroci sofferenze. I suoi colleghi ne rimasero sconvolti,
fondarono un’associazione a cui aderirono circa cento scienziati. Questi si impegnarono in un’opera
di informazione e, facendo conoscere al pubblico gli orrori legati alla tecnologia dell’atomo,
riuscirono a fare forti pressioni sui vertici dello stato americano.
Perché esista comunicazione, tanto tra specialisti in diversi settori quanto tra specialisti e grande
pubblico, occorre fare una divulgazione di alto livello.
La seguente trattazione vuole proprio indagare la logica della comunicazione a carattere scientifico,
cogliere i segreti di un buon prodotto divulgativo ed applicarli. 2
[1] Questo è un problema sia etico che metodologico. Etico in quanto, affinché il prodotto risenta poco di
ciò, si deve presupporre l’onestà del divulgatore. Metodologico perché è teoricamente risolvibile elaborando
una teoria del metodo divulgativo, finalizzata alla realizzazione di opere trasparenti.
I. Comunicazione e linguaggio
Prima di calarsi nella questione della divulgazione scientifica, è bene rivedere i concetti cardine
della comunicazione.
Di seguito si danno le definizioni dei suoi elementi fondanti.
L’oggetto della comunicazione è chiamato messaggio.
I soggetti della comunicazione appartengono a due categorie: il mittente, cioè colui che trasmette il
messaggio, e il destinatario, ovvero colui che lo riceve.
Il messaggio viene trasmesso utilizzando un codice, ovvero un sistema di segni e regole che ne
stabiliscono la combinazione. Il codice deve essere noto tanto al mittente quanto al destinatario.
Il mezzo fisico che permette il passaggio del messaggio è detto canale.
La realtà, concreta od astratta, cui si riferisce il messaggio, è detta referente (o contesto).
Una possibile elaborazione grafica dei rapporti tra tali componenti è questa:
REFERENTE
MITTENTE CANALE MESSAGGIO DESTINATARIO
CANALE
CODICE
Per meglio chiarire la natura di tali componenti si propone il seguente esempio.
Si sta tenendo una conferenza sulla teoria della relatività ristretta. Il relatore è il prof. Titius, il
2
suo pubblico un gruppo di studenti. Un proiettore getta sulla parete la scritta E=mc . Quello che il
prof. Titius vuol dire è “massa ed energia sono grandezze fisiche equivalenti”.
Nella descrizione sopra
“massa ed energia sono grandezze fisiche equivalenti” è il messaggio
Il prof. Titius è l’emittente
Gli studenti sono i destinatari 3
2
E=mc è un gruppo di segni
Il linguaggio fisico-matematico è il codice
Il proiettore e la parete sono il canale
La teoria della relatività ristretta è il referente
In questo capitolo si effettuerà un’analisi chiarificatrice su una particolare tipologia di codice, la
lingua, e sui canali ad essa associati. Più avanti si vedrà anche come la scelta del codice da usare sia
strettamente legata alla sensibilità e alle propensioni del destinatario.
Ogni lingua è definita sistema di segni, in quanto gli elementi che la costituiscono non hanno
significazione presi singolarmente, ma sono fra loro solidali, cioè il valore dell’uno non risulta che
dalla presenza simultanea degli altri. (Saussure) La lingua non è un semplice insieme di segni, ma
un sistema di relazioni, fatto di elementi legati l’uno all’altro, i quali si condizionano a vicenda.
Per spiegare ciò, il linguista Ferdinand de Saussure usava la metafora del gioco degli scacchi. Se si
muove un singolo pezzo sulla scacchiera, l’equilibrio di tutto l’insieme si modifica e cambia anche
l’andamento della partita.
Vediamo ora cos’è un segno dal punto di vista linguistico. Esso può con una certa efficacia essere
definito come la combinazione di due componenti, il significante e il significato.
Il significante è la parte concreta, materiale del segno. Può essere una successione di suoni o di
lettere, oppure un’elaborazione grafica o ideografica.
Il significato coincide col concetto a cui il segno rimanda.
Il legame tra significante e significato è certo convenzionale, cioè concordato tra i soggetti della
comunicazione. Se esso sia anche puramente arbitrario oppure no rimane oggetto di un dibattito
apparentemente irrisolvibile. (Cassirer)
In ogni caso tale vincolo non è nemmeno strettamente necessario, come testimonia il fatto che esista
una pluralità di vocabolari, diversi per ogni lingua, come si vede nello schema sottostante. 4
In ogni caso, è certo che un segno non si identifica con la realtà a cui fa riferimento. Esso è un
prodotto della cultura, uno strumento che cambia in funzione dei bisogni e degli usi dei vari contesti
in cui si sviluppa una lingua.
Questo è vero non solo per la lingua parlata ma, come ha cercato di sottolineare il pittore surrealista
[1]
René Magritte, riguarda anche il linguaggio delle icone e della pittura .
Dato il vasto insieme di segni, a volte di significato simile, contenuti in una qualsiasi lingua, per
comunicare il mittente deve operare una selezione di quelli più coerenti con ciò che vuole
trasmettere. Perché il messaggio sia coerente e dotato di senso, egli deve poi attuare una
combinazione dei segni.
Per esempio, dovendo descrivere a parole questa situazione: 5
Possiamo scegliere, per soggetto, predicato ed oggetto, fra più termini affini:
Un ragazzo un libro
legge
Un giovane sfoglia un rotocalco
Uno scolaro scorre
Una ragazza un giornale
ecc. ecc. ecc.
E combinare in modi diversi le varie scelte:
Un ragazzo un libro
legge
Un giovane sfoglia un rotocalco
Uno scolaro scorre
Una ragazza un giornale
Alla fine diciamo “un ragazzo legge un libro”. Vediamo in base a cosa abbiamo stabilito che frase
utilizzare. Si è scelto il maschile e generico un ragazzo, in quanto non ci sono segni specifici o
chiari che mi indichino una ragazza; viene associato al verbo più comune legge, piuttosto che ai
meno pensabili sfoglia o scorre; per lo stesso motivo preferisco libro a giornale o rotocalco.
La lingua mette a nostra disposizione un’ampia scelta di materiale. Questo è dato ordinatamente,
diviso nella nostra memoria in classi organizzate per schemi (paradigmi) di ordine lessicale,
fonologico e sintattico. Per esprimerci scegliamo segni dalle varie classi, dunque li combiniamo
nella catena parlata o scritta, tenendo conto della connessione dei segni e del loro accordo
morfologico (singolare o plurale, femminile o maschile). 6
Graficamente, la risultante delle due operazioni può essere rappresentata come segue
asse della combinazione
(o asse sintagmatico)
un ragazzo legge un libro
uno scolaro sfoglia un rotocalco asse della selezione
una ragazza scorre un giornale ( o asse paradigmatico)
ecc. ecc. ecc.
La selezione può estendersi, sempre con gli stessi criteri, non alle parole di una singola
proposizione, ma a quelle di tutte le proposizioni formulabili. In tal caso si adotta una lingua
settoriale o sottocodice. Un sottocodice è composto in gran parte da tecnicismi, cioè da termini che
si riferiscono ad una data realtà professionale. Esso può avere ulteriori suddivisioni, ad esempio lo
stesso linguaggio può essere utilizzato secondo più registri. Un registro definisce lo stile a livello
non solo a livello lessicale, ma anche morfologico e sintattico. I vari registri possono essere
generalizzati in due macrocategorie, applicabili ad ogni linguaggio. Esiste un registro formale,
caratterizzato da toni più alti, distaccati, da una sintassi più complessa e una terminologia più
ricercata; c’è poi un registro informale, più spontaneo, immediato, sintatticamente più semplice e
caratterizzato da un vocabolario più semplice. (Treré/ Gallegati) 7
[1] Per approfondire si veda l’opera “L’uso della parola 1” in appendice. Nel dipinto capeggia il disegno di
una pipa, con sotto la didascalia, in apparente contraddizione con l’immagine, “Questa non è una pipa”.
Magritte vuole chiarire che il significante (l’immagine) e il significato (l’oggetto che rappresenta) sono due
cose diverse. La pittura, che ha il suo sistema di simboli, non può pretendere di riprodurre alcunché di reale.
Al massimo, essa può far riflettere sulla natura del linguaggio, evidenziando che esso è una realtà separata
dagli oggetti materiali.
II. Il linguaggio della scienza
1. Linguaggio e conoscenza [1]
Secondo il filosofo neokantiano Ernst Cassirer la caratteristica fondamentale e forse esclusiva del
linguaggio umano è la sua struttura proposizionale. Esso non si limita a riferire le sensazioni che
il soggetto prova (linguaggio emotivo), bensì descrive oggetti. Le componenti fondamentali del
linguaggio proposizionale sono i simboli. I segni (o segnali) hanno un carattere puramente
operativo (il fischio di un addestratore, che comunica un comando a un cane, è un segno), i simboli
sono dotati in più di un carattere designativo e rappresentativo. I simboli non hanno una realtà
materiale; non sono semplicemente usati per parlare, ma anche per pensare. Essi possono essere
analizzati e composti, presentano una plasticità che permette di usarli come materiale per il
processo immaginativo.
La scienza stessa si articola mediante dei simboli, analizzare il linguaggio della scienza equivale ad
analizzare la concezione della realtà che esprime 8
Sarebbe un errore che pensare il linguaggio scientifico, dunque la stessa scienza, sia uno specchio
esatto delle cose: un sistema simbolico è qualcosa che si pone fra il piano della sensazione e quello
dell’azione, è la realtà quale noi ce la raffiguriamo. Esso segue un’evoluzione guidata dalle
necessità della cultura e non può assumere una forma definitiva. (Cassirer)
Come abbiamo visto nel capitolo I, ogni codice è fatto di segni e di regole. Vediamo meglio come
devono essere nel linguaggio scientifico.
2. Il lessico scientifico
Ogni nozione scientifica è fatta di affermazioni rigorose ed univoche. Per esprimere un tal tipo di
sapere occorre un linguaggio in cui ogni segno rimandi in modo inequivocabile ad un solo oggetto
dotato di proprietà note e definite.
Un linguaggio scientifico deve dunque avere una funzione referenziale: occorre un codice che
permetta una descrizione puramente oggettiva dei fenomeni trattati. Questo non può coincidere con
nessuna lingua comunemente parlata, poiché ognuna porta con sé il punto di vista parziale
dell’insieme di soggetti che la parla. In ogni lingua comune le notazioni simboliche dei vocaboli
sono infatti influenzate dalla cultura e dal contesto storico. Ad esempio, considerando le parole
usate per indicare l’oggetto “luna” in latino ed in greco antico, emergono due modi completamente
[2]