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Sintesi
Sintesi Curiositas, Tesina


In questa tesina viene descritto il concetto di curiositas che viene analizzato sotto vari aspetti.
La curiosità deriva dal latino curiosĭtas -atis, ovvero il desiderio di vedere, di sapere, per istruzione e amore della verità e della conoscenza, come stimolo intellettuale. La curiositas viene analizzata sotto varie sfaccettature attraverso un percorso multidisciplinare. In primo luogo la curiositas viene definita sia come atto di hybris sia come motore dell'innovazione. Il concetto di curiositas viene descritto in Italiano attraverso il canto XXVI dell'Inferno ed emblematiche sono le parole contenute in queste parole: " Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza". All'interno della seguente tesina di liceo scientifico viene spiegata la definizione di curiositas anche attraverso l'opera di Ovidio "Le Metamorfosi", in cui è riportato il mito di Amore e Psiche. In ambito artistico invece viene riportata la descrizione dell'opera scultorea realizzata dall'artista Antonio Canova, Amore e Psiche; la scultura viene spiegata nei dettagli. In inglese invece viene analizzata l'opera letteraria di Mary Shelley, "Frankenstein", in cui viene rappresentata la figura di Frankenstein, mostro dalle mille sfaccettature. In ambito filosofico invece è possibile analizzare l'opera "Slancio d'amore" di H. Bergsson, in cui si analizza il concetto di slancio d'amore, inteso in questo modo: "La vita è tendenza, e l’essenza di una tendenza è di svilupparsi a forma di ventaglio, creando, in virtù del suo stesso espandersi, direzioni divergenti tra cui si distribuirà il suo slancio". In geografia invece, in relazione alla curiositas, è possibile fare un collegamento con il concetto di materia oscura, che rimane uno dei misteri su cui si interroga da sempre l'uomo.
La tesina sulla curiositas continua con l'analisi dell'antimateria che viene presentata nell'ambito della fisica. Infine, ripercorrendo la storia, è possibile analizzare gli eventi storici che hanno garantito la conquista dello spazio.


Collegamenti

Curiositas, Tesina


Italiano: XXVI canto dell'Inferno.
Latino: La favola di Amore e Psiche.
Arte: Amore e Psiche.
Inglese: Frankenstein.
Filosofia: Bergson e lo slancio d'amore
Geografia: La materia oscura.
Fisica: L'antimateria.
Storia: La conquista dello spazio.
Estratto del documento

Marianna Schiavi VA

Liceo Scientifico A. Orsini

LA

CURIOSITAS:

VIZIO O VIRT

VIRTÙ?

Ù?

INDICE

LA CURIOSITAS COME LA CURIOSITAS COME

ATTO MOTORE

DI HỲBRIS DELL’INNOVAZIONE

ITALIANO

 FILOSOFIA

XXVI canto dell’Inferno Lo slancio d’amore

(Bergson)

p. 4 p. 12

LATINO

 La favola di Amore e

Psiche GEOGRAFIA

(Apuleio) La materia oscura

p. 7 p. 14

ARTE

Amore e Psiche FISICA

(Canova) L’antimateria

p. 8 p. 16

INGLESE

Frankenstein by Mary STORIA

Shelley La conquista dello

p. spazio

10 p. 17

INTRODUZIONE

curiosĭtas atis

curiosità s. f. [dal lat. - ] .

“ Desiderio di

vedere, di sapere, per istruzione e amore della verità e

della conoscenza, come stimolo intellettuale.”

“Fatti non foste a viver come bruti ma per

seguir virtute e canoscenza.”

1

Il sommo poeta Dante Alighieri considera l’uomo un essere in cui è insito, per

natura, il bisogno di conoscenza. Ma che cosa spinge l’uomo ad andare oltre

l’apparenza, a superare il confine del sapere? Gli antichi la chiamavano

“curiositas”, oggi il suo appellativo è curiosità. Ho scelto come topos letterario

del mio percorso di esame “la curiositas” perché è un argomento che trovo

particolarmente affascinante e sempre attuale. Sin dalle sue origini l’uomo è

stato spinto da questo istinto, insito nella sua natura, ad indagare ciò che

andava al di là della sua comprensione, ciò che non riusciva a spiegarsi, ciò che

può essere definito strano, inusuale, curioso. E’ stata la curiosità a spingere

l’uomo a scoprire, a inventare, a capire, ad evolversi continuamente: è il

carburante della scienza e del progresso. Ma la curiosità è anche semplice e

pura corsa verso l’ignoto, atta a svelare i misteri e infrangere le barriere della

razionalità. Fatto sta che la scienza, l’arte, la letteratura... tutta l’opera umana

è riconducibile allo stesso istinto, allo stesso desiderio di conoscere, che porta

all’innovazione , al cambiamento e alla costante messa in discussione di sé. Ma

è davvero possibile lasciare a briglie sciolte questa infinita sete di conoscenza?

O c’è bisogno di porre dei freni ad essa?

LA CURIOSITAS COME

ATTO

DI HỲBRIS

La storia ci insegna che l’uomo è sempre stato spinto dalla fiamma perenne

della sua curiositas ad andare oltre i propri limiti ,senza rispettare quel confine

che lo separa dall’ignoto, senza sapere che la mera curiosità, l’ingenuo

desiderio di vedere l'insolito, la ricerca guidata dalla superbia, portano alla

rovina e alla distruzione. 2

XXVI canto dell’Inferno

« "O frati," dissi, "che per cento milia

perigli siete giunti a l'occidente,

a questa tanto picciola vigilia

3

d'i nostri sensi ch'è del rimanente

non vogliate negar l'esperïenza,

di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,

ma per seguir virtute e canoscenza". »

(vv. 112-120)

Parlando di “curiositas”, non si può non

fare riferimento a colui che è diventato,

nell’immaginario collettivo, simbolo di

conoscenza e ricerca del sapere, colui che

instancabilmente ha cercato nuove strade

e spostato in continuazione i traguardi di

quel suo inarrestabile e metaforico viaggio

verso ciò che era ancora sconosciuto.

Stiamo parlando di Ulisse, l’eroe itacese,

il cui viaggio e la cui figura sono diventati

topos letterari che hanno accompagnato

la cultura europea e mondiale,

dall’Odissea alle centinaia di opere ad

essa ispirate. L’eroe partecipò alla guerra

di Troia e dovette in seguito affrontare un

lungo viaggio di ritorno verso la sua isola,

Itaca, tempestato di disavventure a causa

dell’ira di Poseidone, uno dei suoi

principali antagonisti.

Celebre è la raffigurazione che ne dà il

padre della lingua italiana, Dante, nella

sua più celebre opera, la “Divina Commedia”. E’ infatti nel XXVI canto

dell’inferno che incontriamo Odisseo, condannato alla tribolazione eterna nella

bolgia dei consiglieri di frode, a causa della sua astuzia, tanto celebrata nei

secoli, e degli inganni che grazie ad essa riuscì a perpetrare, dal Cavallo di

Troia al furto del Palladio. Ma se per la maggior parte di noi, risulta difficile

trovare elementi negativi nell’impresa di Ulisse, celebrato da sempre come

eroe in ogni aspetto, proprio Dante lo condannò per l’arroganza nel cercare di

conoscere qualcosa che agli uomini era proibito. Dante infatti, che non aveva

mai potuto leggere direttamente l’Odissea, ma che era comunque venuto a

4

conoscenza della storia del suo protagonista attraverso la lettura delle

Metamorfosi dell’Odusia

di Ovidio, e di Livio Andronico, inventò quasi

completamente la storia di un ultimo viaggio di Ulisse, le cui vicende sono

proferite da egli stesso nel canto. Secondo queste vicende, Ulisse non tornò

mai ad Itaca, ma dopo essere stato trattenuto un anno nei pressi di Gaeta dalla

maga Circe, continuò ad esplorare il Mediterraneo fino ad arrivare alle colonne

d’Ercole, che nella letteratura classica indicano il limite estremo del mondo, e

sono metafora del limite della conoscenza, oltre le quali Dante colloca il monte

del Purgatorio. Ulisse si avventura così nel suo viaggio verso l’ignoto, spinto

dall’ardore di “divenire del mondo esperto”, anche a costo di sacrificare valori

sacri come gli affetti domestici. Ai compagni ricorda che l’essenza dell’uomo

consiste proprio nel “seguir virtute e canoscenza” ma l’insegnamento che

Dante trae dall’episodio è quello di frenare l’ingegno, di non lasciarlo correre

liberamente, senza la guida della virtù, se non ci si vuole privare del bene

concesso dalla Grazia. Quello proposto attraverso il racconto del suo ultimo

viaggio è dunque un exemplum negativo, di un uso errato dell’intelligenza e

della volontà di conoscere, che porta alla rovina. Per questo, attraverso le

parole dell’eroe stesso, il viaggio di Ulisse è definito “folle”. Dante non giudica

“folle” l’atto di Ulisse in sé, ma ciò che rappresentava, la sfida alle leggi divine,

motivo per il quale Ulisse da eroe, diventa empio. Dante, come afferma nel

Convivio, non disapprovava affatto l’amore per la conoscenza di Ulisse, la sua

curiosità, ma da uomo medievale, e in più in un contesto quale quello della

Divina Commedia, non può sorvolare quello che nel personaggio di Ulisse, nella

visione del poeta, da amore per la conoscenza diventa Hỳbris, tracotanza,

eccesso, sfida verso gli dei. Nel medioevo cristiano l'aggettivo sapiente non

implicava un giudizio morale necessariamente positivo ed era importante, se

non indispensabile, distinguere tra vera sapienza e vana sapienza, cioè tra la

sapienza che si rivolgeva a Dio e quella invece che aveva come fine le cose

terrene. Per l'uomo medievale era fondamentale stabilire il valore positivo o

negativo della conoscenza, il fine cui essa tende. La sapienza, se non è rivolta a

Dio, è stoltezza, è superbia, e quindi Ulisse non si trova tra coloro che

seguirono le giuste vie della sapienza, ma è dannato nelle Malebolge.

5

La favola di Amore e Psiche

Il romanzo della letteratura latina che meglio

rispecchia la metafora della curiositas sono le

Metamorfosi di Apuleio . Il suo titolo in latino è

Metamorphoseon libri XI ma era già noto sin

dall’antichità col titolo di Asinus aureus. L’opera

accoglie in sé generi letterari diversi, dalla

storiografia alla biografia, dalla satira menippea al

racconto mitologico e all’epica. La sua struttura è

inoltre intrecciata e complessa, dato che all’interno

di un racconto principale si sviluppa una lunga

serie di racconti-digressione, autonomi rispetto alla narrazione centrale. Questa

narra delle vicende di Lucio (che alla fine del romanzo si scoprirà essere la

personificazione dello stesso autore), che a causa della sua troppa curiositas

verso i riti magici della donna che lo ospita, finisce per trasformarsi per errore

in asino, ed è costretto a superare una lunga serie di disavventure per

riappropriarsi delle sembianze umane. Particolare importanza, all’interno delle

Metamorfosi di Apuleio, è data alla favola di Amore e Psiche, che ne occupa

ben due libri. Questa novella costituisce la chiave d’interpretazione del

romanzo, e rappresenta “l’ardente volontà profanatrice di conoscere e sapere”

(G.B. Conte) che spinge l’uomo all’errore, lasciandolo in balìa della sensualità,

6

della casualità, del disordine. Il racconto narra di Psiche, una bellissima

fanciulla che non riesce a trovare marito, e che diventa l'attrazione di tutti i

popoli vicini che le offrono sacrifici e la chiamano Venere (o Afrodite). La

divinità, saputa l'esistenza di Psiche, gelosa per il nome usurpatole, invia suo

figlio Eros (o Cupido) perché la faccia innamorare dell'uomo più brutto e avaro

della terra e sia coperta dalla vergogna di questa relazione. Ma il giovane Dio si

innamora lui stesso della splendida ragazza, la conduce con sé in un castello

incantato e la sposa senza rivelare né il suo nome né la sua natura divina,

ponendo la condizione che Psiche non vedesse mai lo sposo, che le si

avvicinava soltanto nel corso della notte. Psiche, mal consigliata dalle invidiose

sorelle, una notte accende una lucerna per guardare il viso dello sposo. E’

questa bramosia di conoscenza ad esserle fatale: una goccia d'olio cade dalla

lampada e ustiona il suo amante, che “d'improvviso silenzioso si allontana in

volo dai baci e dalle braccia della disperata sposa”. Tutto ciò provoca l’ira di

Venere, che impone a Psiche una serie di prove durissime per potersi

ricongiungere ad Amore. Infine, superate le numerose prove con l’aiuto della

magia e vinta l’ira di Venere, Psiche viene assunta tra gli dei e resta per

l’eternità la sposa di Amore. La centralità occupata dalla favola anche nella

struttura stessa del romanzo, è quindi da ricondurre alla tematica da essa

affrontata. Psiche, infatti, è il simbolo dell’anima che, presa dalla curiositas di

vedere ciò che non le è consentito, perde il suo stato di felicità ed è costretta a

una serie di sofferenze per recuperare “il paradiso perduto”. E’ evidente

l’omologia fra la condizione di Psiche e quella di Lucio, il quale, per soddisfare

la sua sete di conoscenza delle arti magiche, è stato trasformato in asino e

dovrà vivere una serie di disavventure prima di recuperare lo stato umano. La

curiositas viene quindi vista come un vero e proprio peccato, piuttosto che una

virtù, e con il suo racconto l’autore volle sottolinearne questo aspetto, e

metterne in guardia i lettori. Ma alla fine del romanzo si scoprirà che Lucio è

un’allegoria dell’autore, e questo può portare a diverse interpretazioni. In un

certo senso, pur giudicando in maniera negativa la troppa curiositas, è come se

Apuleio ammettesse di non riuscire a fare a meno di essa, di quell’istinto che lo

porta ad indagare oltre

le porte del

conoscibile.

La curiositas fa

parte dell’essere

umano, è rintracciabile

nelle sue gesta così come

nella hỳbris di Psiche.

Amore e

Psiche 7

1788-1993, conservato al Louvre, Parigi

Antonio Canova, il massimo esponente del Neoclassicismo europeo, realizzò

questo gruppo scultoreo tra il 1788 e il 1793, ed è oggi esposto al Louvre di

Parigi. Questa fu solo una delle tre versioni da egli realizzate di quest’opera, ma

è probabilmente la più famosa e acclamata dalla critica. L'opera rappresenta,

con un erotismo sottile e raffinato, il dio Amore mentre contempla con

tenerezza il volto della fanciulla amata, ricambiato da Psiche da una dolcezza di

pari intensità. L'opera rispetta i canoni dell'estetica di Winckelmann; è una

scultura statica, che esprime quieta grandezza e non pathos. Le due figure

sono infatti rappresentate nell'atto subito precedente al bacio, un momento

carico di tensione, ma privo dello sconvolgimento emotivo che l'atto stesso del

baciarsi provocherebbe nello spettatore. La gestualità e il movimento

introducono anche la dimensione del tempo eternizzato dall'artista in un attimo

sublime, che rimane in sospeso. Anche i personaggi, nei corpi adolescenziali e

con le loro forme perfette, sono idealizzati secondo un principio di bellezza

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