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Sintesi

Introduzione Contaminazione ambientale da Cromo esavalente, tesina



La presente tesina di maturità tratta la contaminazione ambientale da Cromo esavalente, o Cr(VI), che si è rivelato un problema preoccupante a causa della forte mobilità nell’ambiente di questo inquinante estremamente tossico e cancerogeno. Seguendo questo filo conduttore vengono approfondite in una prima parte le modalità previste per la determinazione chimica della concentrazione di questa sostanza nelle matrici suolo e acqua, conoscendo i valori limite stabiliti per legge; in seguito si illustrano i metodi di bonifica dei siti inquinati, con particolare attenzione alle modalità di biorisanamento e ai fattori che ne condizionano la fattibilità. Nella seconda parte si discute dell’impiego di un ceppo batterico, Pseudomonas corrugata, in opere di bonifica biologica del cromo esavalente, soffermandosi sulle capacità di resistenza e di versatilità metabolica di questo microrganismo. La tesina permette il collegamento con le varie materie scolastiche.

Collegamenti


Contaminazione ambientale da Cromo esavalente, tesina



Chimica Analitica: Speciazione del cromo nel suolo e nelle acque.
Biologia: Biorisanamento e fattori limitanti.
Biochimica: Importazione del cromato nella cellula, meccanismi di resistenza e riduzione da parte di Pseudomonas corrugata.
Estratto del documento

Cromo esavalente 2 (15 per siti 5

industriali)

SPECIAZIONE DEL CROMO

La forma trivalente del cromo risulta molto stabile nel suolo. Il Cr(III), infatti,

tende a formare composti insolubili (come Cr(OH) ) e complessi poco solubili

3

con gli acidi umici. Il Cr(VI) invece, in competizione con altri anioni presenti nel

suolo (SO , HCO ), tende a non legarsi molto con le superfici minerali e ciò lo

42- 3-

rende estremamente mobile, assieme alla sua alta solubilità: tutto questo

implica che una contaminazione da Cr(VI) nel suolo può spesso comportare

anche una contaminazione della falda sottostante.

È quindi importante, al fine di una determinazione corretta, tenere presente le

proprietà che il Cr presenta nelle sue diverse forme. Molti campioni richiedono

inoltre un pretrattamento, operazioni preliminari atte a portare l’analita (contenuto

nel campione) nella sua forma più “determinabile”, ovvero la sua forma più adatta per

le tecniche di determinazione. Questo accade ad esempio per campioni di suolo,

acque reflue o anche sotterranee/superficiali, in cui le matrici possono essere

complesse e variabili.

CROMO TOTALE

PRETRATTAMENTO

- EPA 3050b (frazione assimilabile): Il metodo 3050 B prevede due diverse procedure

alternative, la prima per l’analisi del Cr totale mediante spettroscopia di assorbimento

atomico a fiamma (FAAS) o mediante spettroscopia di emissione a plasma ad

accoppiamento induttivo (ICP-AES), e la seconda da utilizzare prima dell’analisi

mediante AAS con fornetto di grafite (GF-AAS).

Questa metodica non è una digestione totale (per la maggior parte dei campioni): è

una digestione acida vigorosa, che solubilizza solamente la componente che può

proposito, quindi, gli elementi legati alle

diventare disponibile nell’ambiente. Di

strutture silicee non vengono generalmente solubilizzati con questa procedura

poiché non sono solitamente mobili nel suolo.

Digestione del campione: il campione essiccato (circa 1 g) viene trattato con

aggiunte ripetute di HNO3 e perossido di idrogeno (H O ) a caldo.

2 2

FAAS (AAS a fiamma): si aggiunge HCl al digestato e lo si riflussa; il digestato

finale viene diluito fino a un volume di 100 mL. Segue la determinazione.

GFAA (AAS con fornetto di grafite): si riduce il volume del digestato per

riscaldamento, poi lo si diluisce fino a un volume di 100 mL. Segue la

determinazione.

- EPA 3052 (frazione totale): Il metodo 3052 permette di ottenere la digestione

completa e quindi la determinazione dell’elemento totale mediante un attacco

con acido nitrico e acido fluoridrico concentrati e riscaldamento a 180 °C in

bomba di teflon in forno a microonde. 3

Questo metodo può essere applicato alla digestione a microonde (che si è

rivelato un metodo di mineralizzazione efficace e riproducibile) di matrici silicee

od organiche; è appropriato per applicazioni che necessitano una

mineralizzazione totale del campione, in modo da poter effettuare decisioni

specifiche riguardo ad un sito. I digestati sono adatti per analisi successive in

FAAS o GFAA.

Con la giusta combinazione di acidi la decomposizione totale del campione è

possibile per moltissime matrici.

Digestione del campione: circa 0,5g del campione sono trattati con 9mL di

HNO concentrato e 3 mL di HF per 15 minuti, riscaldando attraverso un

3

dispositivo a microonde a 180°C. Dopo il raffreddamento il campione può

essere filtrato, centrifugato o lasciato decantare, e in seguito viene diluito e

analizzato.

DETERMINAZIONE

- EPA 7190: Il metodo 7190 prevede la determinazione del cromo totale

mediante spettroscopia di assorbimento atomico a fiamma (acetilene-

protossido di azoto) con un intervallo ottimale di concentrazione di 0,5 – 10

mg/l di Cr.

Questo metodo è applicabile per un gran numero di metalli diversi, in acque

potabili, salate, superficiali o di falda, e in campioni acquosi di reflui, suolo,

sedimenti e fanghi; per campioni che provengono da matrici solide (es. suolo) o

da acque non limpide è necessario un intervento di

pretrattamento/solubilizzazione.

Il campione viene analizzato in AAS . Anche se i passaggi possono variare da

strumento a strumento, in generale si deve scegliere una lampada appropriata

per l’analisi (nel nostro caso, a catodo cavo contenente Cromo) e la si accende,

rispettando la sua corrente di operazione; si allinea lo strumento

(monocromatore, fotomoltiplicatore e testa del bruciatore rispetto al raggio

della lampada), poi si regola il flusso di combustibile/comburente che

alimentano la fiamma.

Una volta tarato lo strumento, si costruisce una retta di taratura (assorbanza

contro concentrazione) attraverso l’analisi di standard a concentrazioni

crescenti. Quando la matrice in analisi è complessa, si può ricorrere al metodo

delle aggiunte, in cui a soluzioni di campione tal quale si aggiungono quantità

note e crescenti di una soluzione concentrata di analita: in questo modo si

annulla l’effetto matrice, che può interferire falsando l’assorbanza dell’analita.

In seguito, si esegue l’analisi del campione e se ne determina la

concentrazione.

CROMO (VI)

PRETRATTAMENTO

L’estrazione del Cr(VI) proveniente da composti del cromo (disciolti, adsorbiti e

precipitati) in suoli, sedimenti, fanghi e acque reflue deve essere tale da

solubilizzare tutte le forme di Cr(VI), e da non indurre né riduzioni del Cr(VI)

nativo [Cr(VI) Cr(III)] né ossidazioni del Cr(III) nativo [Cr(III) Cr(VI)].

 

4

- EPA 3060a: prevede una digestione alcalina per agitazione (1 ora) del

campione con una soluzione 0,5 M NaOH / 0,28 M Na CO (pH 11,5 o superiore)

2 3

per agitazione a 90-95°C in presenza di tampone fosfato e Mg , in grado di

2+

sopprimere l’ossidazione del Cr(III) a Cr(VI).

DETERMINAZIONE

Un metodo comune e affidabile per l’analisi del Cr(VI) proveniente da un

digestato alcalino è la determinazione spettrofotometrica UV-VIS con

difenilcarbazide.

Il metodo 3060a prevede, dopo filtrazione dell’estratto, la determinazione

spettrofotometrica del Cr(VI), come complesso con la difenilcarbazide (540

nm), mediante spettrofotometria diretta (UV-Vis, EPA 7196A) o a seguito di

cromatografia ionica per isolare il Cr(VI) sotto forma di cromato (EPA 7199)

- EPA 7196a: in soluzione acida, il cromo esavalente viene determinato

colorimetricamente tramite reazione con difenilcarbazide, con la formazione di

un composto rosso-viola che assorbe a 540 nm. Questo metodo è semplice,

selettivo e sensibile, ma risente di interferenze quali l’assorbimento a 540 nm

di Mo(VI) e Mercurio, e la riduzione del Cr (VI) e Cr(III) a causa di composti

riducenti.

- EPA 7199: Questo metodo prevede la separazione dei composti di Cr (VI)

tramite cromatografia a scambio ionico alla quale può seguire una

derivatizzazione post-colonna (ovvero l’inserimento del gruppo funzionale della

difenilcarbazide) per la determinazione con un rivelatore spettrofotometrico UV-

VIS, oppure una rivelazione con rivelatore conduttometrico. La cromatografia

ionica presenta il vantaggio di consentire la separazione del Cr (VI) da altre

specie potenzialmente interferenti.

Il campione o l’estratto (proveniente dalla digestione alcalina) viene filtrato su

una membrana da 0,45 µm; il filtrato è portato pH 9,0-9,5 con una soluzione

tampone, e in seguito iniettato in un cromatografo con precolonna (con fase

stazionaria apolare, in modo da trattenere eventuali composti organici). Dopo

la corsa cromatografica, la determinazione avviene tramite un rivelatore UV-VIS

(previa derivatizzazione) oppure con un rivelatore conduttometrico.

5

BONIFICA DEI SITI CONTAMINATI

Verificato il superamento delle CSC (Concentrazione Soglia di Contaminazione,

stabilite per legge) dell’inquinante, inizia un iter che prevede la

caratterizzazione ambientale del sito potenzialmente contaminato e l’analisi

sito-specifica dei rischi; questi studi sono necessari per la definizione delle CSR

(Concentrazioni Soglia di Rischio), oltre le quali si presenta un danno

ambientale e sanitario non accettabile. Il superamento delle CSR definisce un

sito inquinato, ed è compito delle autorità competenti stilare un progetto di

bonifica di tale sito.

La bonifica di siti contaminati da cromato può essere eseguita tramite

l’applicazione di metodologie fisico-chimiche (come per esempio l’installazione

di barriere reattive contenenti ferro zerovalente in acque sotterranee

contaminate) che, oltre ad essere costose, spesso a loro volta provocano danni

ambientali.

Metodi fisico-chimici:

- Rimozione: tramite lavaggio in situ o ex situ, ma le acque di lavaggio devono

essere poi gestite

- Immobilizzazione: solidificazione/stabilizzazione o vetrificazione del cromo in

modo che il Cr(VI) si blocchi e non possa diffondersi, ma ciò comporta una forte

alterazione di proprietà fisiche, chimiche, biologiche

-Riduzione da Cr(VI) a Cr(III) tramite agenti riducenti: il Cr(VI) non viene

eliminato ma diventa Cr(III)

BIORISANAMENTO

La riduzione del Cr(VI) da parte di batteri è un’alternativa di risanamento poco

invasiva (poiché, se eseguita in situ, non altera le proprietà del suolo) e

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competitiva economicamente. Tuttavia, per un biorisanamento efficace è

necessario che un microrganismo sia in grado di resistere all’inquinante e di

effettuare la riduzione da Cr(VI) a Cr(III).

Quando vi è una sufficiente presenza di popolazione microbica con queste

caratteristiche, la riduzione biologica avviene naturalmente (biorisanamento

pool

passivo). I batteri presenti nel suolo, infatti, costituiscono un con elevata

versatilità metabolica e fisiologica. Nonostante la presenza di composti

xenobiotici tossici come il Cr(VI) comporti nei primi giorni di esposizione una

diminuzione della popolazione, a lungo termine questa tende ad aumentare,

perché la sostanza organica rilasciata dalle cellule morte delle specie sensibili

all’inquinante funge da nutriente per le specie più resistenti (avviene quindi

una selezione). Di fatto, questo significa una diminuzione della biodiversità.

In suoli contaminati con elevate concentrazioni di Cr(VI), il maggior contributo

alla detossificazione è dovuto a processi di riduzione aerobia, e per questo il

biorisanamento può essere favorito con l’aerazione del suolo (bioventilazione).

Se invece la popolazione microbica autoctona che è in grado di resistere al

Cr(VI) e di ridurlo è bassa, ne consegue la lentezza del processo naturale di

bioriduzione; non necessariamente, infatti, un microrganismo presenta

entrambe queste caratteristiche fenotipiche. Si sono quindi studiati diversi

ceppi batterici allo scopo di individuare quelli che potrebbero inserirsi in una

nicchia ecologica biodisponibile (ovvero adattarsi alle condizioni chimico-

fisiche-biologiche dell’ambiente), nell’eventualità di un intervento di

bioaugmentation. Si deve inoltre tenere in considerazione l’importanza della

disponibilità di nutrienti, fattore chiave nella riduzione del Cr(VI) e della

maggior parte degli inquinanti: se vi è una scarsa disponibilità di nutrienti si

opera con una biostimolazione, ovvero con l’aggiunta di fonti di carbonio quali

acidi organici, letame e melassa, oltre ad eventuali nutrienti specifici per i

ceppi batterici utilizzati.

Fino ad oggi si è approfondito lo studio di ceppi batterici resistenti per il

biorisanamento dei suoli contaminati da Cr(VI), in modo da poter eseguire un

intervento di bioaugmentation ad alta efficienza. Per la selezione di questi

ceppi si devono sia valutare le risposte dei microrganismi a determinate

variazioni ambientali, sia approfondire i meccanismi coinvolti nella resistenza al

Cr(VI), oltre a verificare la possibilità di riduzione dell’inquinante.

FATTORI CHE INFLUENZANO LA RIDUZIONE MICROBICA

Per poter biorisanare con efficacia un suolo contaminato da Cr(VI) è necessario

conoscere, oltre alle caratteristiche del suolo, anche il fenotipo dei

microrganismi da impiegare, poiché devono sopravvivere e mantenersi

metabolicamente attivi nel suolo. Seguendo questa considerazione, sono state

svolte ricerche per caratterizzare dei ceppi batterici iper-resistenti al Cr(VI) e

capaci di ridurlo, che hanno previsto l’identificazione dei ceppi, la valutazione

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