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Tesina - Premio maturità 2009
Titolo: Con il cuore a forma d'Africa
Autore: Milantoni Giulia
Scuola: Liceo delle scienze sociali
Descrizione: E' uno strano e struggente richiamo che non riesco a spiegare, perché non trovo le parole, mai sufficientemente appropriate e piene per dire semplicemente quanto amo l'Africa. La sua terra rossa, i sorrisi delle sue genti, occhi sorridenti ma anche tristi, case fatte di sabbia e fango, l'amore per la vita, gli odori prepotenti, e la lotta ogni giorno anche per un bicchiere d'acqua. I bambini in uniforme che vanno a scuola, madri con il loro carico di vestiti da lavare alla fontana d'acqua, uomini che si avviano a cercare un lavoro giornaliero, altre donne con bidoni carichi d'acqua, bambini scalzi che sguazzano tra i rifiuti in cerca di un gioco, famiglie che organizzano i loro banchetti ambulanti rumori, colori, odori, sempre diversi ma sempre uguali . Paesaggi che ti lasciano senza fiato, dove il caldo, il vero caldo non ti pesa, dove il paesaggio è formato solo da due colori, quello rosso della terra e quello verde degli alberi. Ogni tanto si incontrano piccoli villaggi, fatti di capanne di foglie, pietre e qualche pezzo di legno. Spiccano tra queste capanne gli abitanti, con i loro abiti variopinti, colori forti che rispecchiano la loro personalità . L'Africa non è solamente un continente, non è semplicemente una Terra antica. L'Africa è un mondo. Un mondo che noi occidentali non potremo conoscere mai a fondo. L'Africa è la terra delle contraddizioni, la patria della povertà e della fame, il luogo dove chiunque deve cercare, come primo obiettivo, di sopravvivere! Conoscere, o meglio, "capire" l'Africa nella sua vera essenza vorrebbe dire "viverla", essere pronti a mettersi in discussione, a vedere le cose senza voler a tutti i costi lavarsi la coscienza, significa commuoversi di fronte al sorriso di un bambino, riempirsi gli occhi dei paesaggi sconfinati, dei colori intensi, inebriarsi di odori pungenti, fermarsi ad ammirare la bellezza delle sue donne, che da quando nascono a quando muoiono sono sacrificate alla famiglia e ai figli che allevano con amore e rassegnazione. Conoscere l'Africa vuol dire capirne anche i pericoli e scoprire che l'arte di sopravvivere cambia il cuore dell'uomo, spingendolo a volte a commettere azioni che non hanno giustificazione. Conoscere l'Africa vuol dire immergersi nel flusso dell'esistenza, dove nascere e morire non sono eventi, ma semplicemente lo scorrere della vita.
Materie trattate: Scienze Sociali (la figura della donna), Italiano(La masai bianca), Storia(Nelson Mandela), Filosofia(Gandhi), Diritto(UNICEF), Matematica (dati statistici sull'infanzia)
Area: umanistica
MAASAI
I Maasai, mantengono una certa tradizione per l’abbigliamento, infatti, sono considerati il
simbolo del Kenya. I Masai (o Maasai) vivono sugli altopiani intorno al confine fra Kenya e
Tanzania, parlano il "maa", da cui il nome dell’etnia che è da loro pronunciato "maasai".
È difficile dire quanti siano, visto che non esistono censimenti accurati né in Tanzania né
in Kenya. La tendenza dei censimenti nei due paesi è quella di esagerare il numero di
persone appartenenti all’etnia.
Tra il 1883 e il 1902, i Masai soffrirono a causa della peste bovina e del vaiolo. Negli stessi
anni, una serie di siccità – non piovve totalmente nel 1897 e 1898 – portò alla morte di
gran parte del bestiame e forse di un terzo della popolazione. Allo stesso tempo, lotte
interne portarono alla scomparsa quasi totale di alcuni clan, quali i Laikipia, e a nuovi
rapporti tra i diversi clan. L’arrivo dei colonizzatori inglesi corrisponde a questo periodo di
debolezza sociale dei Masai che, con due trattati nel 1904 e 1911 videro il loro territorio
drasticamente ridotto Figura 38: Tipica Danza Maasai in Kenya.
Curiosità:
Una tradizione molto diffusa dei Masai sono le danze con salti. Questi balli vengono
utilizzati nelle cerimonie di benvenuto e nelle feste. Incominciano nell’accendere un
grande fuoco e poi iniziano a saltare, prima in modo normale poi sempre più in alto
finché non raggiungono un'altezza elevatissima.
Un altro costume è l'allungamento del lobo dell'orecchio. Iniziano con i bucarsi le orecchie
e poi a mano a mano mettono dei cerchietti dentro il lobo finché non raggiungono
grandezze dei cerchi grandissimi.
Dopo tolgono i cerchietti e si arrotolano il lobo sull'orecchio e rimettono i cerchi solo
nelle feste. I cerchi possono cambiare aspetto rispetto alla classe sociale: il capo tribù ha i
cerchi dorati, il figlio adornato di perline (tipiche nel Kenya) e tutti gli altri hanno dischetti
di bronzo rivestiti in pelle. manyatta
Vivono in capanne che loro chiamano ed hanno un recinto spinoso all’esterno
per proteggersi dagli animali selvatici, e un recinto spinoso all’interno per mettere il
bestiame alla sera. Nel secondo recinto vi sarà anche un reparto separato per vitelli e
agnelli. La prima casa sulla destra dell’entrata principale sarà la casa del capo famiglia, la
seguente quella della prima moglie. La prima casa sulla sinistra sarà quella della seconda
moglie, se presente. A seguire sono le casette per i bambini e le bambine. I figli vivono
con la madre fino a circa 5 anni di età, dopo dormono da soli. L’uomo dorme da solo e
visiterà la moglie quando necessario. Le singole case sono fatte con sterco mescolato a
fango e posto su di una struttura di rami flessibili. La forma è ovale con l’entrata bassa e
all’interno la casa è divisa in tre sezioni: al centro un focolare dove cucinare, ad un capo il
letto dell’occupante, dall’altro lato il letto per i bambini o un piccolo ripostiglio. L’altezza
massima della casa è di circa 1,5 metri.
È il padre a dare il nome ai figli, a volte la madre da o suggerisce il nome delle figlie.
Se arriva qualcuno di nuovo al villaggio, le donne anziane prendono le loro mani e ci
sputano sopra, il che costituisce un’attribuzione di onore particolare.
I Masai possono sposare tante donne quante ne riescono a mantenere ed è una cerimonia
molto coinvolgente perché arrivano centinaia di persone da ogni parte. Naturalmente la
sposa è giovanissima (non più di dodici o tredici anni) e viene accompagnata dalle altre
mogli.
Quando la prima bambina del figlio maggiore è abbastanza grande, viene affidata alla
madre di quest’ultimo per aiutarla a procurare la legna e l’acqua.
I Masai non possono mangiare quello che ha toccato o guardato una donna, infatti
mangiano prima loro dopo aver ucciso per esempio una capra. Non tagliano la gola, ma
viene soffocata perché il sangue non può scorrere prima che l’animale sia morto. I loro
avanzi vengono portati alle donne.
Le regole dell’ospitalità impongono di offrire a chiunque tè, zucchero ed acqua.
L’OMO è l’unico detersivo disponibile in Kenya che viene usato per la cura dei capelli e del
corpo.
C’è una festa molto importante tra i Masai ed è quella che sancisce il passaggio dei
guerrieri alla classe d’età successiva. Solo dopo questo rito potranno cercarsi una donna e
sposarsi.
La celebrazione avviene in un posto preciso in cui si raduneranno tutte le madri che hanno
il compito di costruire nuove capanne. Il tutto durerà tre giorni e fissano la data in base
alla posizione della luna. I festeggiamenti iniziano la sera dopo il rientro delle capre, e i
guerrieri per essere ammessi alla cerimonia hanno il compito di macellare un grande bue.
I KIKUYU
Kikuyu o Gikuyu che sono il gruppo etnico più numeroso del Kenya, parlano la lingua
gikuyu o kikuyu. Il loro territorio tradizionale è il fertile altopiano centrale del Kenya, che
essi coltivano.
Nella religione tradizionale kikuyu esiste un solo dio, chiamato Ngai o Mogai, adorato
anche da Maasai e Kamba.
I KAMBA
Kamba
I (al singolare Mukamba, al plurale Akamba), sono uno dei maggiori gruppi etnici
del Kenya. Risiedono nell’area situata ad est di Nairobi. mbai muvia
I Kamba sono suddivisi in 25 clan totemici patrilineari ( ) ulteriormente divisi in ,
ovvero famiglie estese congiunte che comprendono tre o quattro generazioni. I principali
clan kamba sono quelli degli Ulu, dei Kikumbuliu o Kibwezi, dei Kitui e dei Musoni. I
membri di un clan condividono un totem comune, un animale sacro, rispettato come un
membro del clan, protetto dall’assoluto divieto di uccisione e da un tabu alimentare.
I LUO
I Luo (anche detti Lwo) sono una famiglia di gruppi
etnici relazionati fra loro che vivono in un'area che si
estende dal sud del Sudan fino al Kenya occidentale e
alla parte nord della Tanzania. Come per i Kikuyo e i
Kamba, anche i Luo indossano abiti non più
tradizionali, salvo occasioni particolari (ricorrenze, celebrazioni), ma abiti occidentali. Le
etnie non finiscono qui.
Queste persone parlano una lingua Sudanese orientale (Nilotica), una branca della famiglia
linguistica Nilo-Sahariana; I Luo in Kenia, che chiamano loro stessi Joluo (oppure Jaluo,
persone di Luo) sono la terza comunità dopo i Kikuyu e i Luhya.
Le etnie non finiscono qui. Esistono, anche se in cifre minori, i Luhya; I Samburu che
vivono oggi principalmente nel nord del Kenya, vicino al lago Turkana, nella regione Rift
Valley; i Gyrama; Mijikenda; i Kelenjin. Nel paese vivono anche esigue minoranze di
asiatici, europei e arabi.
LA DONNA: le braccia dell’Africa
Mogli
Madri
Infaticabili lavoratrici
Le donne africane sono le spine dorsali della società. Sulle loro spalle gravano il peso e le
responsabilità del vivere quotidiano.
in Africa se educhi un bimbo educhi un uomo, se educhi
Un proverbio ugandese recita:
una bimba educhi una nazione.
CONDIZIONE DELLA DONNA
Possiamo intuire la sostanziale differenza tra uomo e donna, nonostante molte siano le
etnie, e quindi modi differenti di vivere la giornata. Parlare della condizione della donna in
Africa non è questione da poco, nascono polemiche quando parliamo dell’emancipazione
femminile nella nostra realtà, l'argomento si fa ancor più complesso quando le realtà da
considerare e trattare sono tanto frammentate e diversificate.
Se in occidente lavoro significa spesso emancipazione, realizzazione personale e
autonomia, nei paesi africani la questione diventa vitale, parlare di lavoro porta il discorso
sulla vita stessa delle donne, il loro valore e la loro sopravvivenza. A questo proposito si
può parlare di mani invisibili che silenziosamente, da sempre, costruiscono l'Africa, ne
strutturano la società.
Nel passato mentre gli uomini pensavano alla guerra e al potere, le donne si
rimboccavamo le maniche per la ricostruzione del paese e per la protezione dei propri
figli. Le donne hanno un ruolo importantissimo all’interno di queste comunità. Si
occupano della casa/capanna, dell’approvvigionamento dell’acqua, della preparazione del
cibo, della cura dei piccoli animali, della mungitura delle capre, della trasformazione del
latte in prodotti derivati, della gestione dei bambini. Ma approvvigionare l’acqua può voler
dire ore di cammino per arrivare al pozzo più vicino o al fiume e trasporto di pesi
importanti. Preparare il cibo vuol dire raccogliere la legna, macinare i cereali, cuocere il
cibo, attività da ripetere quotidianamente, non essendoci armadi o magazzini che
consentano di avere riserve. Occuparsi della casa vuol dire costruire la casa capanna,
tessere le stuoie necessarie per il rivestimento della struttura, preparare le suppellettili e
gli utensili necessari per la gestione quotidiana della capanna.
Le donne in Africa le troviamo anche all’interno dei cantieri edili, il loro compito sta nel
rifornire gli uomini di ghiaia e sabbia per fare il cemento. Trasportano il materiale, che
non è per niente leggero. Il lavoro delle donne inizia all’alba e termina quando tutto il
resto della famiglia è a riposare.
Resta il fatto che l'Africa sub sahariana è una delle regioni al mondo in cui le donne,
indipendentemente dall'età, lavorano di più. Le ore di lavoro di una donna senegalese che
vive nelle zone agricole possono arrivare a diciotto e la situazione non cambia di molto
per chi vive nei paesi vicini. Per milioni di donne il lavoro è la vita e questa vita si divide
fra lavori domestici e agricoli, raccolti da portare al mercato, oltre, naturalmente,
all'educazione dei figli. Da non sottovalutare un altro dato molto preoccupante, è il
pericolo di rimanere vedove e con figli a carico; difficilmente la donna troverà lavoro,
proprio appunto perché il suo posto è a casa.
Si ricordi che il valore primo di una donna, quello per cui essa viene data in sposa e per la
quale la sua famiglia riceve una dote dal marito, è, oltre alla sua forza lavoro, la sua
fertilità.
All'uomo spetta tradizionalmente il lavoro cosiddetto pesante, (la caccia, la pesca, la
costruzione delle capanne, l'abbattimento degli alberi...) ma alla donna spetta in genere
l'intera gestione del lavoro all'interno della casa e, in caso, della campagna. L'essiccazione
e la conservazione delle carni, quindi, è affar suo, come la cura dell'eventuale orto e la
cottura e vendita del cibo per arrotondare, come accade di frequente, le magre entrate
familiari. Oltre alla preparazione dei cibi (che impegna numerose ore al giorno) e, come
già detto, avrà il compito quotidiano e pesantissimo di andare tutti i giorni a prendere
l'acqua al pozzo (spesso lontano diversi chilometri dal villaggio) e procurare la legna da
ardere (impresa anche questa spesso gravosa, vista la vastità dei territori deserti o in via
di desertificazione); non è raro che la donna si impegni nella vendita e in altre attività il
cui reddito servirà totalmente ai fabbisogni della famiglia, mentre i guadagni dell'uomo
spesso non sono messi a disposizione dei bisogni comuni e le donne non gestiscono le
proprie entrate. La maggior parte delle donne che vivono nelle campagne (ma non solo)
sono date in spose a un’età giovanissima e cominciano a far figli quando sono poco più
che delle bambine; questo, aggiunto alla frequenza delle gravidanze e al fatto che non
esista riposo per la donna gravida (che continua a faticare fino alle ultime settimane prima
del parto) porta a un tasso altissimo di mortalità. Una cifra per tutte: 160.000 donne
africane muoiono ogni anno durante il parto (o nelle settimane seguenti) o dopo aborti
clandestini ad alto rischio.
Per non parlare delle complicazioni che possono seguire il parto, le infezioni e le malattie
che una pressoché assente copertura sanitaria non riesce a prevenire e curare. Possiamo
considerare questa situazione come un vortice che non si ferma: donna- lavoro-
gravidanza- lavoro- parto- lavoro- vita o morte.
L'Africa dell'Ovest e del Centro conosce i più alti tassi di fecondità del mondo e oltre il
10% delle ragazze del Camerun e della Nigeria partorisce prima dei 15 anni. Molte donne