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Indice
- Italiano: Luigi Pirandello
- Storia: Il Fascismo
- Educazione Fisica: Opera Nazionale Balilla
- Matematica: Campo di esistenza di una funzione
- Inglese: Telecommunications
- Elettronica: Modulazione PCM
- Sistemi: Interfaccia seriale RS232
I personaggi di Pirandello, infatti, sono di solito dei piccoli borghesi
dalla vita meschina, soffocati dalle convenzioni sociali, alle quali si
adattano con passiva inconsapevolezza. Ma talvolta, rivelando una
insospettabile voglia di vivere, essi prendono coscienza e
reagiscono mediante gesti apparentemente bizzarri, che però non
trovano sbocco se non nella valvola liberatrice della pazzia o nella
rassegnazione dolente e consapevole. Il tutto si conclude con la
constatazione dell’invivibilità di un’esistenza autentica, ma anche
dell’illusorietà di ogni ribellione.
La poetica dell’umorismo
Conseguente alla sua visione del mondo è la sua poetica: così come
l’arte tradizionale si è inspirata al principio dell’equilibrio per
rappresentare una vita e un mondo logicamente ordinati, l’arte
nuova deve rappresentare con altre forme il caos di una realtà
frantumata, l’intreccio di tragico e di comico che costituisce la vita
moderna.
Di qui la sua poetica dell’umorismo: l’umorista scava più in
profondità dello scrittore comico e di quello tragico perché,
intervenendo con la riflessione nell’atto di rappresentare la realtà,
ne smaschera le menzogne delle convenzioni sociali e degli
autoinganni. L’ “umorismo” è cioè <<il sentimento del contrario>>:
la contemporanea presenza nello scrittore del critico e del poeta,
che riproduce nell’opera i due volti della realtà, il comico e il
tragico, il riso e il pianto.
L’opera
I romanzi e le novelle.
In un primo tempo il mondo poetico di Pirandello si esprime
soprattutto in romanzi e novelle d’impostazione verista. Ma i toni
violenti e amari che li caratterizzano, l’ironia corrosiva e la
predilezione per le situazioni paradossali si andranno accentuando
nel tempo fino a stravolgere la stessa impostazione verista.
Egli privilegia sulla descrizione dell’ambiente la solitudine e
l’angoscia dell’individuo, le offese della vita, la dimensione
paradossale della vicenda.
Il fu Mattia Pascal (1904)
Chiude definitivamente con l’ottocento verista e fa
apparire in tutta la sua corrosiva e ironica
consapevolezza la dimensione inquieta e problematica
della visione del mondo e della poetica pirandelliana.
L’impossibilità di vivere in una forma e al contempo
l’impossibilità di fuggirne definiscono la dimensione
tragica e al coltempo comica delle non esistenza del fu Mattia
Pascal.
Romanzo dal quale traspare il dramma familiare dell’autore e suo
desiderio d’impossibile evasione.
Mattia Pascal vive un’esistenza quotidiana opprimente e senza
sbocchi, a causa soprattutto del suo matrimonio mal riuscito, finchè
un giorno trova la forza di fuggire dal suo “inferno familiare”.
A Montecarlo vince una grossa somma, poi legge sul giornale la
notizia della sua morte: un cadavere trovato in una roggia viene
identificato per quello di Mattia Pascal. Il caso gli offre dunque
l’occasione per rifarsi una vita.
Cambia così il proprio aspetto esteriore, assume il nome di Adriano
Meis, va a vivere a Roma. Ma il senso esaltante di liberazione dura
poco. “Uomo inventato”, privo di stato anagrafico, cioè di forma, il
Meis non riuscirà a ricostruirsi una vita. Gli ostacoli gli si presentano
ovunque improvvisi ed invalicabili: viene derubato e non può
denunciare il furto; non può possedere un cane perché dovrebbe
pagare l’apposita tassa; ama una ragazza e non può sposarla.
Non gli resta che inscenare il suicidio di Adriano Meis e ritornare alla
vita precedente. Ma anche questo sarà impossibile: infatti la moglie
si è risposata e tutti si sono abituati all’idea della sua morte.
Confinato allora in una condizione di morto-vivente, non gli resta
che essere il fu-Mattia Pascal e recarsi ogni tanto a pregare sulla
tomba dello sconosciuto che porta il suo nome.
GLI INTELLETTUALI E IL FASCISMO
Nell'età fascista la posizione degli intellettuali e
combattuta e non è per niente univoca:
__ Ci sono intellettuali fondamentalmente contrari al fascismo.
Quotidiani e riviste diventano tribune e strumenti di questa
"educazione”: il popolo va educato a crescere culturalmente in
modo che si possa emancipare dal potere.
__ Altri intellettuali decidono invece di aderire al fascismo.
Pirandello è tra questi: all’inizio segue il fascismo e approva i
suoi propositi ma poi, quando scopre che dietro questa cultura
non c'e altro che il nulla, lo lascia perdere, pur mantenendo la
tessera del partito che gli garantiva, fra l'altro, numerosi benefici.
__ Ci sono infine gli antifascisti che non hanno il coraggio di
incriminarlo.
Durante il regime fascista il Minculpop (Ministero per la cultura
popolare) censura molte opere, tra le quali numerose che a prima
vista sembravano rivoluzionarie ma che in realtà non lo erano. Gli
intellettuali, sentendosi quindi censurati, non sono pin liberi di
scrivere quello che vogliono.
IL FASCISMO
Il fascismo è un movimento politico creato da Benito Mussolini il 23 marzo 1919 . Ha dato
impronta alla storia d'Italia fino al 1945. Si presentò come la sola forza in grado di assicurare
l'ordine ottenendo cosi garanzie e finanziamenti cospicui da agrari e industriali. Nel 1919 il poeta-
soldato Gabriele D'Annunzio raggiunse la città di Fiume con un corpo di "legionari", scatenando una
grave crisi internazionale che fu risolta per via diplomatica dal nuovo presidente del Consiglio
Giovanni Giolitti. Nel 1920, infatti, egli concluse con la Jugoslavia il Trattato di Rapallo: Fiume
divenne "Stato indipendente"; l'Italia ottenne Zara; la Jugoslavia ebbe in cambio la Dalmazia.
Subito dopo la I Guerra Mondiale l'inflazione aveva tagliato drasticamente i salari determinando
nel 1919-1920 un periodo turbolento chiamato Biennio rosso per I'ondata di scioperi nell'industria
e nell'agricoltura e di occupazioni delle fabbriche e delle terre. Il Biennio rosso finì con
l'apparente vittoria dei lavoratori. In realtà, invece il controllo sindacale non si realizzò mai e il
Movimento operaio iniziò il suo declino. Nel 1921 la minoranza filosovietica dei socialisti fondò
il Partito comunista italiano, guidato da Antonio Gramsci e Amedeo Bordiga. Del nuovo partito
faceva parte anche Palmiro Togliatti. Nel 1919 Benito Mussolini aveva fondato i Fasci di
combattimento, un'organizzazione paramilitare, raccogliendo un gruppo di ex combattenti, molti
dei quali avevano occupato Fiume con D'Annunzio, li vesti in camicia nera e avevano due
parole d'ordine: nazionalismo e antisocialismo. Nel 1920, a Bologna, essi affrontarono i socialisti
in uno scontro a fuoco; questo evento, noto come i "fatti di Palazzo D' Accursio", segnò l'atto di
nascita del fascismo che, grazie alla parzialità della polizia e della magistratura, godette fin
dall'inizio dell'impunità. Nel 1921 Giolitti indisse nuove elezioni e promosse una coalizione, i
Blocchi elettorali nazionali, di cui facevano parte anche fascisti. I Blocchi vinsero e Mussolini
entrò in Parlamento con trentacinque deputati. Nello stesso anno i Fasci di combattimento
si trasformarono in Partito nazionale fascista. Il 28 ottobre 1922 Mussolini compì la Marcia su
Roma e entrò nella capitale con 30000 fascisti. II re Vittorio Emanuele III ordinò all'esercito di non
sparare e il 30 ottobre incaricò Mussolini di costruire il nuovo governo. Nelle elezioni del 1924 il
fascismo ottenne una larghissima maggioranza, grazie però a numerose irregolarità. Il deputato
socialista Giacomo Matteotti, che le aveva denunciate in Parlamento, fu rapito e ucciso. Il
paese s'indignò, ma i deputati dell'opposizione si limitarono ad abbandonare per protesta il
Parlamento ("secessione dell'Aventino") e il duce ne approfittò per annullare tutti i poteri delle
Camere. Dopo di che si procedette alla costruzione di una dittatura personale, attribuendo poteri
straordinari al capo del governo. Nel 1925 il partito mussoliniano deviò bruscamente verso
forme di totalitarismo assoluto, che comportarono la soppressione della libertà, dei partiti e dei
sindacati e la trasformazione del Gran Consiglio del Fascismo in organo dello stato.
La costituzione della camera dei fasci e delle Corporazioni e un lento ma continuo processo di
guerra e alla creazione di un impero coloniale e invase l’Etiopia, attirandosi la condanna della
fascistizzazione dell'intero paese, a livello politico, sociale e civile (Balilla, Opera nazionale
dopolavoro). Il passaggio al regime fu completato net 1926 con le "leggi fascistissime" che
abolirono i1 diritto di sciopero, istituirono il tribunale speciale, il confino di polizia, la pena di
morte e I'Ovra, una polizia politica che agiva autonomamente dalla magistratura. II confino
avveniva in condizioni durissime e colpi 15000 persone tra cui numerosissimi gay. Gli
antifascisti furono ridotti al silenzio. Mussolini trasformò lo Stato liberale in Stato autoritario e
cominciò a farsi chiamare duce. La costituzione del regime proseguì con la creazione di strutture
fasciste parallele a quelle statali come la Milizia, che aveva la stessa struttura dell'esercito, e
ponendo il Partito sotto lo stretto controllo di Mussolini. Nel 1929 tra il Vaticano e Mussolini fu
firmato il Concordato o Patti lateranensi che pose fine al contrasto tra Stato e Chiesa che si
protraeva dal giorno della presa di Porta Pia. Grazie a quest’accordo, il Papa riconobbe
I'esistenza dello Stato italiano con Roma capitale, ricevette una forte somma in risarcimento dei
territori perduti, la religione cattolica divenne la religione ufficiale dello Stato e la Città del
Vaticano uno Stato indipendente. Sul piano economico il duce n el 1925 passò al protezionismo,
esaltando il valore morale dell'autarchia, e allo statalismo, che fu realizzato attraverso l'Iri. Questa
svolta depresse l'iniziativa imprenditoriale, alimentò la corruzione e, togliendo alle aziende ogni
incentivo alla competitività, determinò un aumento dei prezzi. La battaglia per la lira rivalutò
la moneta italiana e abbassò i prezzi delle materie prime favorendo l'industria pesante ma
danneggiò le esportazioni, le piccole e medie aziende e la nascente industria turistica.
Mussolini aveva il mito di un ritorno al mondo rurale e dall'autosufficienza del paese, per
raggiungere il quale gli parvero funzionali la battaglia del grano e una campagna demografica
che fornisse manodopera per l'agricoltura, ma anche facesse apparire l’Italia, un paese forte e
bisognoso di espandersi. Il duce ritenne giunto il momento di pensare alla creazione di un
impero coloniale e invase l’Etiopia. La guerra d'Etiopia continuò, dal 1935 al 1936 e si concluse
con la conquista di Addis Abeba, quindi con la vittoria dell'esercito italiano, che usò contro i civili gas e
lanciafiamme. Subito dopo fu proclamata la nascita dell'Impero coloniale italiano costituito da
Etiopia, Libia, Eritrea e Somalia.
OPERA NAZIONALE BALILLA
L'Opera Nazionale Balilla fu un'istituzione fascista a carattere parascolastico, fondata nel 1926 e
sciolta nel 1937, quando per ordine di Mussolini essa confluì nella Gioventù italiana del littorio
(GIL), alle dirette dipendenze del Partito Fascista.
L'Opera prese il nome da Giovan Battista Perasso detto Balilla, il giovane genovese che secondo la
tradizione avrebbe dato inizio alla rivolta contro gli occupanti austriaci nel 1746: un'immagine di
modello rivoluzionario cara al regime fascista.
ORIGINI
Il fascismo delle origini si concepiva come un movimento di rottura rispetto allo Stato liberale
giolittiano e le sue istituzioni, compresa la scuola. Già nel 1919 un futurista e fascista, Filippo
Tommaso Marinetti aveva proposto l'istituzione di "scuole di coraggio fisico e patriottismo" in cui
"gli oramai preistorici e trogloditici corsi di greco e di latino" sarebbero stati rimpiazzati da
esercitazioni modellate su quelle degli Arditi durante la Prima Guerra Mondiale.
Contemporaneamente, tra il 1919 e il 1922 si formano i primi nuclei studenteschi fascisti: le
Avanguardie Giovanili Fasciste e i Gruppi Universitari Fascisti.
FONDAZIONE
Dopo la marcia su Roma, il nascente regime mussoliniano si pose il problema di fascistizzare la