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Informatica: l'intelligenza artificiale
Fisica: Albert Einstein (la Relatività)
2001 ODISSEA NELLO SPAZIO
Motivi della scelta dell’argomento:
La seguente tesina non ha l’obbiettivo di analizzare questo film sotto l’aspetto tecnico,
o utilizzare il contesto in cui è stato girato il film per approfondire la situazione storica
del ’68-’69, bensì vorrebbe partire da un lavoro artistico per arrivare alla comprensione
dello stesso, attraverso una chiave di lettura filosofica, mettendo in primo piano le
analogie tra il pensiero del regista e il pensiero niezscheano.
Cenni sul film:
« Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico del film, io
ho tentato di rappresentare un'esperienza visiva, che aggiri la comprensione
per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell'inconscio. »
Nel 1991 la pellicola è stata giudicata di rilevante significato estetico, culturale e
storico, e selezionata nella lista di film preservati nel National Film Registry della
Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. E’ stata inoltre insignita nel ’69 del premio
Oscar per i migliori effetti speciali, ricevendo inoltre altre 3 candidature per miglior
regia, miglior sceneggiatura originale e miglior scenografia.
Questo film, nato dal genio del regista americano Stanley Kubrick, è considerato una
delle pietre miliari del cinema fantascientifico, ma più in generale è classificabile come
una vera e propria opera d’arte, anche per la sua non convenzionalità e la sua
profondità. Kubrick, infatti, ha abituato il suo pubblico a film impegnati dal punto di
vista intellettuale, a tal punto che tutt’oggi lui stesso mantiene presso la critica la
fama di miglior regista moderno, anche per veri e propri cult cinematografici come
“Arancia Meccanica”, “Shining”, “Full Metal Jacket” e molti altri, nonostante sia già
scomparso dal 1999.
L’idea per il film nacque a Kubrick dopo aver letto un piccolo racconto di Arthur Clarke,
intitolato “La sentinella” che ha in sé alcuni elementi poi ripresi nella trama del film. La
pellicola fu girata nel 1968 e colpì immediatamente per la verosimiglianza delle
scenografie e per la fedeltà con cui furono realizzati astronavi e ambienti spaziali. Da
questo punto di vista rappresenta un prodotto eccezionale per il fatto di essere uno
degli unici esempi di fantascienza aderente in un certo senso alla realtà.
Dal punto di vista cinematografico può essere considerata un capolavoro per la regia,
ad hoc.
per il montaggio e persino per le colonne sonore scelte appositamente Una
delle più famose scene del film (l’ellisse temporale tra il periodo degli ominidi e il
2001) utilizza un espediente considerato tra i più geniali della storia del cinema: l’osso
con cui un ominide festeggia la vittoria contro la tribù rivale, nel suo ricadere a terra si
una celebre opera
“trasforma” in un’ astronave che danza nello spazio sotto le note di
musicale di Strauss: il “Così parlò Zarathustra”.
Considerazioni personali:
Sotto l’aspetto tecnico, il film presenta una regia all’apparenza “fredda”, nel senso che
(almeno nella prima parte) il mondo rappresentato sembra essere completamente
asettico. Ne risulta che il film appare per la prima metà privo di emotività. Questo
fatto, come ogni altra scelta presa Kubrick, è funzionale per veicolare il messaggio del
film, che verrà esposto in seguito.
Trama:
« Non ho dovuto cercare a tutti i costi l'ambiguità, era l'ambiguità ad essere
inevitabile. Credo che in un film come 2001, dove ogni spettatore pone le sue
emozioni e le sue sensazioni in rapporto con la materia narrata, un certo grado
di ambiguità sia prezioso, perché gli permette di completare da sé l'esperienza
visiva. In ogni caso, quando si ha a che fare con un ambito non verbale,
l'ambiguità è inevitabile. Ma si tratta dell'ambiguità di ogni arte, di un bel
brano musicale o di un dipinto: non c'é certo bisogno che il compositore o il
pittore "spieghino" le loro opere con delle istruzioni scritte. "Spiegarle" non
farebbe altro che fornire un superficiale valore "culturale" che non ha alcun
significato tranne che per i critici e gli insegnanti che devono guadagnarsi da
vivere. Le reazioni all'arte sono sempre diverse perché sono sempre
profondamente personali. [...]»
The Film Director As Superstar, Kubrick, Biennale di Venezia /
Mondadori, 1997
Ad una prima visione il film sembra mantenere una trama lineare per ¾ della sua
durata, ma nell’ultima sua parte, il susseguirsi degli avvenimenti risulta essere
totalmente incomprensibile, anche per ammissione di Kubrick stesso, che non volle far
cogliere il senso del film nell’immediato, ma anzi, cercò in tutti i modi di far nascere
una riflessione nel pubblico, anche dopo l’accensione delle luci in sala.
Fortunatamente, ad aiutarci nella comprensione dei fatti, ci viene in soccorso il
romanzo pubblicato da Arthur Clarke dopo l’uscita nelle sale di quest’opera, intitolato
appunto “2001 odissea nello spazio”, che racconta i fatti che si svolgono nel film,
eccone una sintesi:
Una tribù di ominidi di migliaia di anni fa un giorno trova uno strano monolite nero. Da
quest’ultimo apprende come utilizzare delle ossa come armi e in questo modo inizia la
sua ascesa e riesce a conquistarsi una fonte d’acqua e del cibo da un'altra tribù.
Con una lunga ellissi si arriva al 2001, dove il dottor Heywood Floyd si reca su una
base lunare per visionare un reperto trovato sotto il suolo del satellite stesso: un
monolite nero. Nella completa segretezza Floyd, insieme a un gruppo di scienziati si
avvicina al manufatto per analizzarlo, ma in quello stesso istante l’oggetto invia un
forte segnale radio verso Giove. A questo punto, sapendo che il monolite doveva
essere stato realizzato da un’intelligenza aliena, viene organizzata una spedizione
spaziale, sulla nave Discovery, per indagare sulla possibile esistenza di vita
intelligente su Giove. Ignari di questa faccenda, gli astronauti David Bowmann e Frank
Poole iniziano la missione, accompagnati da un IA, HAL 9000: il computer di bordo.
Questa macchina pensante, durante il viaggio trova un malfunzionamento in un
elemento della nave, ma i due astronauti, non riscontrando niente di tutto questo,
pensano ad un improbabile ma possibile malfunzionamento di HAL. Se i due avessero
riscontrato la veridicità di questa supposizione avrebbero dovuto scollegare HAL.
Quest’ ultimo, venuto a sapere di tutto ciò, decide di fermare i due a tutti i costi: riesce
infatti ad uccidere Poole mentre era all’esterno della nave. Bowmann riesce però a
salvarsi e a scollegare il computer e dopo di ciò scopre l’esistenza di un
videomessaggio che lo informa del vero scopo della missione, cioè trovare tracce di
intelligenza aliena.
Giunto a Giove il superstite trova in orbita attorno al
pianeta gassoso un nuovo monolite e dopo essersi
avvicinato, l’oggetto lo proietta in un lungo viaggio
“psichedelico” che ha come meta finale una strana
stanza, dove Dave si vede invecchiare, morire e
rinascere con i suoi stessi occhi per poi tornare al
punto di partenza del viaggio: la Terra.
Analisi del film:
Come tutte le opere kubrickiane, anche “2001” risulta di difficile interpretazione. Per
poter comprendere il messaggio del film è necessario analizzare la pellicola con uno
sguardo attento ai dettagli che il regista mette in primo piano.
1) L’alba dell’uomo pre-uomo,
Inizialmente il film presenta la situazione del della forma evolutiva
precedente ad homo-sapiens, nella cui mente non albergava ancora alcuna
forma di razionalità. Questo ominide è minacciato dalla natura selvaggia che lo
circonda, la quale sembra in un certo senso caotica ed opprimente. Il mondo
non ha ancora visto nascere la società e le ideologie prodotte dall’uomo stesso.
monolite nero
E’ proprio per l’apparizione del (simbolo alquanto misterioso) che
l’uomo acquista quella razionalità, intelligenza e inventiva che gli permettono di
dominare rispetto agli altri animali. Con un magistrale lavoro di montaggio,
Kubrick ci suggerisce infatti che è il monolite stesso la causa dell’apprendimento
da parte dell’ominide, che capisce come utilizzare l’osso alla stregua di un’arma
e come affermarsi con la forza sul mondo.
In corrispondenza di questa presa di coscienza, il neo-nato uomo costituisce
anche il primo abbozzo di morale. Come si può vedere nella scena della lotta tra
le due tribù, infatti, quella che ha “acquisito” la conoscenza dal monolite compie
giusto,
un atto che ritiene non per soddisfare proprie pulsioni o propri istinti ma
per affermarsi sugli altri. Lo stesso filosofo Nietzsche afferma, infatti, che la
morale nacque nell’uomo quando quest’ultimo cominciò a considerare le “virtù”
virtù buone e giuste
della classe dominante come (nello specifico la classe dei
guerrieri, che affermò la giustizia della propria forza). L’istintualità degli ominidi
li portava a dare prove della loro forza con l’unico fine di soddisfare un proprio
bisogno primario: bere dallo stagno, invece ora la tribù di uomini si preoccupa di
affermare il proprio dominio sugli altri, arrivando addirittura ad uccidere. Questa
prospettiva risulta alquanto pessimistica: da questa scena e dalla sequenza
successiva (in cui l’uomo lancia l’osso che si tramuta in un astronave), Kubrick
sembra sostenere come la nostra società e i rapporti tra gli uomini siano nati
non dal sostegno reciproco o dalla bontà, ma dalla violenza e dal dominio sugli
altri.
Già da questi primi punti è visibile la vicinanza tra questa prospettiva e quella di
“Genealogia della Morale”
Nietzsche, il quale nella sua opera sottolinea come la
morale attuale sia in realtà il prodotto di una trasvalutazione dei valori
giusti
considerati per gli uomini del passato: la forza e l’affermazione di sé.
Anche per il filosofo tedesco la morale nasce come mezzo per affermare e per
“eternizzare” il dominio di una determinata classe (i guerrieri e
successivamente la casta sacerdotale). Più nello specifico i valori morali
risultano essere “il risultato di determinate prospettive di utilità per il
mantenimento ed il rafforzamento delle forme di dominio umano, e sono
falsamente proiettati nell’essenza delle cose.”
«..Il giudizio di “buono” non procede da coloro ai quali viene data prova di
“bontà”! Sono stati invece gli stessi “buoni”, vale a dire i nobili, i potenti, gli
uomini di condizione superiore e di elevato sentire ad avere avvertito e
determinato se stessi e le loro azioni come buoni [..]. Si sono per primi arrogati
il diritto di foggiare valori, di coniare le designazioni dei valori: che cosa
importava loro l’utilità! » Nietzsche, Genealogia della Morale
Per di più, i valori morali attuali, quelli cioè veicolati dal cristianesimo, essendo il
prodotto di un rovesciamento dei valori di forza, gioia e accettazione della vita,
hanno portato ad una svalutazione della vita stessa, che da Platone in poi è
stata considerata solamente come una “gabbia per l’anima”, una prigione in
preparazione ad un bene superiore: il bene del
“mondo vero”. Questa prospettiva di una vita
oltre la vita per Nietzsche, non è nient’altro
favola
che una architettata dal maestro di
Aristotele e mantenuta come verità
imprescindibile dal cristianesimo. Il Filosofo, in
Genealogia della
seguito alla pubblicazione di
Morale, e quindi nella tarda fase del suo pensiero in cui attua uno
“smantellamento” totale dei valori etici e metafisici, in corrispondenza con la
Il Crepuscolo degli Idoli
pubblicazione de arriva a delineare le tappe del crollo di
mondo vero,
questo che da Kant (considerato solo come un postulato per l’agire
morale) in poi ha perso gradualmente
l’importanza che aveva nel passato, fino ad
Zarathustra,
arrivare al tempo dello dove
l’umanità ha abbandonato l’ombra
ingombrante di questo peso.
«Il mondo vero lo abbiamo eliminato: quale
mondo è rimasto? Quello apparente, forse ?..Ma no! Con il mondo vero
abbiamo eliminato anche quello apparente! (Mezzogiorno; momento
dell’ombra più corta; fine dell’errore più lungo; culmine dell’umanità; INCIPIT