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Sintesi Christo e Jeanne Claude tesina
“Christo e Jeanne Claude sono arte: artificiale, costruita, fatta dall’uomo. Abbelliscono il mondo reale, acuiscono la nostra visione, ci rendono più consapevoli e attenti e, infine, cambiano il nostro modo di vedere le cose.”
Marina Vaizey
Con questa citazione della critica inglese Marina Vaizey possiamo riassumere nella tesina tutto l’operato artistico della coppia, di vita e di arte, Christo Vladimiroff Javacheff e Jeanne-Claude Denat de Guillebon.
Perché mappa? Perché Christo e Jeanne-Claude portano in sé elementi fondamentali della nuova ricerca artistica: il lavoro dell’artista non si basa più sulla sola osservazione e descrizione del mondo che lo circonda ma, attraverso un lungo lavoro concettuale e progettuale, va ad esplorare i più intimi anfratti della materia e dell’essere, portando alla luce nuove visioni del medesimo oggetto. Nella tesina di maturità inoltre vengono effettuati alcuni collegamenti interdisciplinari.
Collegamenti
Christo e Jeanne Claude tesina
Arte - Christo e Jeanne Claude, John Cage.
Letteratura Inglese - James Joyce.
Filosofia - Nietzsche.
LE FASI DELLA PRODUZIONE ARTISTICA
Le parti che anticipano la vera e propria realizzazione sono le più lunghe di tutto il progetto, queste fasi
complessivamente possono durare moltissimi anni come ad esempio nel casso dell’impacchettamento del
Reichstag, durato 27 anni. Queste parti verranno chiamate fasi, anche se nono sono nettamente staccate
temporalmente ma convivono per tutto il tempo di preparazione dell’opera.
La prima fase è la progettazione a questa fase prende parte principalmente Christo, accompagnato a volte
da figure professionali. Qui si trova l’elemento che andrà modificato e si cominciano a fare i progetti, i bozzetti
e viene inoltre fatto ampio uso del fotomontaggio per avere un’ide un po’ più concreta di quello che avverrà.
Durante questa fase vi è inoltre l’importante scelta dei materiali, questi dovranno rispondere alle necessità
dei giochi di luce, alle necessità ambientali –le opere di Christo sono fatte in modo da non lasciare il minimo
segno della loro presenza dopo la rimozione, quindi oltre a non danneggiare l’ambiente durante la
permanenza, i materiali devono essere anche “semplici” da smaltire in totale ecosostenibilità.
Quindi la scelta dei materiali in questa fase, che sono sempre materiali industriali come barili, tessuti
industriali, corde di materiale artificiale, ci mostra che il lavoro che Christo e la compagna intraprendono a
modifica del paesaggio si naturale che urbano è sempre caratterizzato dall’uso di elementi caratteristici della
modernità che, nel caso del paesaggio naturale, vanno a creare un perfetto connubio fra natura e artificiosità,
a rappresentare quasi le contraddittorietà della società moderna.
La seconda fase è la “burocratizzazione”, ovvero far sì che le opere possano essere eseguite. Di questo si
occupa principalmente Jeanne-Claude, anima comunicativa della coppia. Poiché l’arte in considerazione non
prende spazi propri delimitati ma prende “in prestito” spazi altrui, Christo e Jeanne-Claude devono ottenere
il possedimento dai legittimi proprietari, che nell’esempio del Reichstag era tutta la nazione tedesca, mentre
in un altro esempio quello di over the river, un work in progress sul fiume Colorado, la coppia ha dovuto
parlare e ottenere i permessi da ogni singolo proprietario terreno. Per fare questo Jeanne-Claude fa largo
uso sia dei progetti riguardanti l’opera in progresso, sei delle foto e dei progetti dei lavori precedenti.
La terza fase è la comunicazione che non dura solo durante la preparazione dell’opera ma anche dopo. Parte
integrante della loro arte è infatti il rapporto con il pubblico, essi vogliono che le loro idee scendano nella
pubblica arena, dove possono essere ispezionate, dibattute e valutate da ogni angolatura, in un modo che è
più che profondamente democratico, in linea con la società occidentale del tempo. Implicitamente dunque i
due artisti abbattono la figura dell’artista elitario, che si eleva al di sopra del suo pubblico.
CARATTERISTICHE DELL’ARTE DI CHRISTO E JEANNE CLAUDE.
È principalmente Christo l’artista, mentre Jeanne-Claude l’organizzatrice: lei si era laureata in filosofia e
diceva di essersi avvicinata all’arte per amore: «se lui fosse stato un dentista io sarei diventata una dentista».
Le grandi opere che hanno realizzato sono firmate da entrambi, mentre i disegni preparatori (la cui vendita
serve a finanziare i progetti) solamente da lui.
L’operato artistico di Christo e Jeanne-Claude mostra alcuni caratteri fondamentali:
La libertà, la coppia non accetta mai commissioni, le opere nascono sempre da riflessioni della coppia, in
modo da non avere limitazioni alla propria espansione artistica. Inoltre la loro arte è definita dalla stessa
Jeanne-Claude come “un grido di libertà”, essa infatti non è contenuta fra delle mura o degli spazi ristretti e
dedicati, ma abbraccia il nostro stesso contesto di vita.
L’uso di nuovi spazi, infatti l’arte di Christo non si ritaglia il suo spazio nel mondo come può essere per la
scultura, ma “prende in prestito” spazi già occupati, che hanno una storia loro.
La temporaneità, come detto prima le opere di Christo sono temporanee, sono volutamente fragili come lo
è d’altronde la natura, e questo dona alle opere un valore estetico aggiunto poiché esse sono uniche, non
accadranno mai più se non in quel piccolo arco di tempo, un po’ come succede nella vita. Inoltre essendo
temporanee esse non cadranno vittima dell’usura, rimarranno nella memoria nel loro momento di massimo
splendore. Le uniche cose che le rende eterne sono dunque la memoria dello spettatore che per sempre le
assocerà al loro luogo di erezione e i media, come la fotografia, il cinema. Infatti le numerose fotografie fatte
dagli spettatori e dal fotografo ufficiale Wolfgang Voltz -che definisce le sue fotografie come una parte
integrante del corpo dell’opera- e i documentari cinematografici saranno i veri testimoni della bellezza che
solo “pochi” hanno potuto vivere.
La mancanza di un messaggio, infatti le opere di Christo portano solo meraviglia –con la grandezza, i giochi
di luce, la bellezza e la novità delle forme- e, in particolare per gli impacchettamenti, memoria, memoria di
ciò che quell’edificio, quella statua ha significato nel tempo, riportando agli occhi del passante abituale
l’importanza di quell’elemento che ormai era divenuto quotidiano.
La luce, che come si è detto ha importanza fondamentale sull’effetto finale, viene ricercata costantemente
durante la fase di progettazione e di scelta dei materiali da Christo che appunto cerca i tessuti che hanno le
qualità di ricezione della luce che siano adatte ai giochi di luce ricercati. Come detto anche dallo stesso
Christo, alcune sue opere, in particolare il Reichstag, una volta ricoperte davano un effetto che gli ricordava
i dipinti sulla Cattedrale di Rouen fatti da Monet, l’intensificazione delle luci e delle ombre durante le varie
ore del giorno e della notte riuscivano a creare sempre nuove forme e nuove sfaccettature del medesimo
oggetto.
La mobilità dell’opera, al contrario della scultura tradizionale e dell’architettura le opere di Christo, proprio
per la scelta di usare tessuti industriali, sono “mobili”, si muovono col vento che come con la luce, crea
sempre nuove sfaccettature dell’oggetto e ci permette inoltre di vedere elemento naturale, non solo di
sentirlo. (By using the fabric for our creations, we cannot only feel the wind, but we can see it – Christo)
La non commerciabilità, le opere infatti non prevedono alcun biglietto per essere viste (come si potrebbe?)
e i fondi vengono ottenuti solamente dalla vendita delle fotografie e dei progetti.
L’ecosostenibilità le opere di Christo sono progettate affinché i materiali non rovinino né lascino segni sugli
elementi a cui vengono applicate, inoltre i vari tessuti sono scelti in modo che sia possibile smaltirli con
facilità.
La sensualità, i progetti di Christo sono fatti per interagire con il pubblico, lo devono attirare, devono invitarlo
ad avvicinarsi, a viverlo. Il movimento che il visitatore crea toccando l’opera fa parte della creazione stessa.
Il crossover di vari stili artistici, architettura, ingegneria, scultura e addirittura pittura, infatti alcune opere
possono essere definite veri e propri quadri, come nell’esempio di Surrounded Islands che, viste dagli
elicotteri, unico modo di vedere l’opera nella sua interezza, non potevano che far pensare alle Ninfee di
Monet. I lavori di Christo e Jeanne-Claude, unendo l’urbanistica alla scultura, l’ingegneria alla
performance artistica, intervengono sul paesaggio e lo modificano in modo provvisorio
– IlPost.it
Surrounded Islands, Biscayne Bay, Greater Miami, Florida, 1980-83 Photo: Wolfgang Volz © 1983 Christo
John Cage
Nella sua prima mostra personale del 1961 presso la Galerie Haro Lauhus a Colonia Christo e Jeanne-Claude
incontrano un altro personaggio letteralmente unico, non ascrivibile a qualsivoglia categoria umana o
musicale, John Cage. Infatti come Christo, che non è inseribile pienamente in una sola categoria artistica, per
quanto sia stato inserito ufficialmente nella Land Art, le composizioni di Cage non sono etichettabili
ermeticamente in una singola categoria.
John Cage, compositore statunitense nasce a Los Angeles nel 1912 e muore nel 1992 (l’anno 2012 è stato
interamente dedicato a questo noto artista), studia prima negli Stati Uniti e poi in Francia, come allievo di
Dillon e Lèvy per il pianoforte, e di Weiss e Schönberg per la composizione. Ha insegnato alla Cornish School
di Seattle, al Mills College di Oakland, al Chicago Institute of Design, al Black Mountain College, alla New
School for Social Research di New York e in altre scuole nel periodo dal 1936 al 1960. Intorno a questi ultimi
anni inoltre il compositore trova approvazione e sostegno presso il movimento Fluxus, il cui nome latino
“flusso” racchiude la poetica del gruppo che produce un arte in continuo sviluppo, di continua
sperimentazione e che vanta personaggi come George Maciunas e Yoko Ono. Rispetto ad altri compositori
contemporanei quali Boulez e Stockhausen, Cage elabora un linguaggio intimo e rivoluzionario partendo dalla
dissacrazione totale delle "regole" musicali classiche e tradizionali.
Le composizioni di Cage si contrapponevano alla crescente diffusione dello strutturalismo professato dai
compositori post-weberniani che minacciava di trasformare l'espressione musicale nel risultato di un freddo
calcolo - non senza una certa dose di nichilismo latente.
La poetica del compositore ha molto a che spartire con quella della coppia Christo e Jeanne-Claude ed
entrambi vengono visti come punto di svolta nell’arte del Novecento, infatti nel suo libro No such thing as
silence, 2010 Kyle Gann è arrivato a postulare l'esistenza di due mondi musicali, uno prima e uno dopo 4'33'',
del 1952, una “composizione” che richiede ad uno strumentista una performance cronometrata senza
suonare nulla.
Le composizioni di Cage infatti sono libere poiché escono dagli “spazi” che sono tradizionalmente legati alla
musica, la sua opera si presenta come un modo di cercare di superare il campo musicale dei suoi anni (la
musica seriale) per approdare in altri territori. A differenza dei suoi contemporanei lavora verso un recupero
del contenuto musicale, il suono, non prima però di averlo privato di qualsiasi sostegno, di avergli tolto le
parole d’ordine della sintassi, i comandi che a detta sua “servono solo a chiedere a qualcuno di fare cose tipo
andare a comprare delle carote.” Il suono perde quindi ogni messaggio, è solo suono, come la materia negli
impacchettamenti di Christo, essa viene privata di ogni elemento decorativo che la contraddistingua nei suoi
caratteri architettonici, ad esempio il Reichstag dopo l’azione dell’artista, non è più un edificio rinascimentale,
ma solo un oggetto d’arte, con connotati differenti.
Quindi con entrambi gli artisti abbiamo una totale rielaborazione di quello che fu, trasformandolo in qualcosa
che è in continuo divenire. Se con Christo gli edifici impacchettati, diventati oggetti d’arte, non sono più
immobili, fermi nella loro staticità di costruzioni architettoniche ma in continuo movimento per la forza del
vento e dei passanti che toccano i tessuti, e in continua mutazione per effetto della luce, così la musica in
Cage non è più “immobili” nella sua gabbia fatta di quelle strutture portanti della musica occidentale, ma va
ad abbracciare quel flusso mutevole composto da tutti quei suoni che fanno parte della vita.
Dato l’impressionante numero di opere composte da John Cage, mi limiterò a portare solo tre esempi:
4’33”
4’33” fa parte delle composizioni che seguono all’esperienza per cui fu lasciato da solo all’interno di una
camera iperbarica, Cage fu confrontato con i suoni del suo sistema nervoso e quello del suo sangue circolante