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Tesina - Premio maturità 2008
Titolo: Che si parli
Autore: Nicola Narciso
Descrizione: e' esposta un'analisi del linguaggio: il pensiero del filosofo wittgestein, i mezzi per trascendere la mera e cruda parola (mito, favola, metafora, poesia), il linguaggio in psicologia.
Materie trattate: filosofia, latino, letteratura italiana, psicologia
Area: umanistica
Sommario: Motivazioni: La tematica del linguaggio ha sempre destato in me grande interesse. Attingendo dal tema generale dell'area di progetto ("La società dell'immagine: essere o apparire?"), la mia riflessione, seppur restando ancorata all'aspetto della rappresentazione della realtà , si è spostata sull'ambito del linguaggio. Un'occasione come quella del colloquio orale d'esame, ove viene richiesta l'elaborazione individuale di un'idea, di un ragionamento, mi è sembrata l'opportunità migliore nella quale poter originare, forse per la prima volta concretamente, un mio personale lavoro di ricerca e analisi. CHE SI PARLIâ⬦ 1. Il linguaggio secondo Wittgestein: Tractatus logico-philosophicus (â⬦tutto ciò che può essere detto, si può dire chiaramente. Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacereâ⬦) 2. Mezzi tramite cui trascendere la cruda parola: o Il mito ââ¬" Significato del Mito della caverna di Platone; o La favola ââ¬" Jean De La Fonteine: favola della formica laboriosa e della cicala scansa fatiche; o Le metafore ââ¬" Dalle Confessiones di S. Agostino: riflessione sul concetto di tempo; o La poesia ââ¬" analisi e differenze del linguaggio di Montale ed Ungaretti. Analisi delle poesie Non chiederci la parola e Il porto sepolto;
Motivazioni:
La tematica del linguaggio ha sempre destato in me grande
interesse. dell’area di progetto (“La società
Attingendo dal tema generale
dell’immagine: o apparire?”), la mia riflessione, seppur
essere
restando ancorata all’aspetto della rappresentazione della realtà, si
è spostata sull’ambito del linguaggio.
Un’occasione come quella del colloquio orale d’esame, ove viene
richiesta l’elaborazione individuale di un’idea, di un
ragionamento, mi è sembrata l’opportunità migliore nella quale
poter originare, forse per la prima volta concretamente, un mio
personale lavoro di ricerca e analisi.
CHE SI PARLI…
1. Il linguaggio secondo Wittgestein: Tractatus logico-philosophicus
(…tutto ciò che può essere detto, si può dire chiaramente. Su ciò di
cui non si può parlare, si deve tacere…)
2. Mezzi tramite cui trascendere la cruda parola:
–
o Il mito Significato del Mito della caverna di Platone;
–
o La favola Jean De La Fonteine: favola della formica laboriosa e
della cicala scansa fatiche;
–
o Le metafore Dalle Confessiones di S. Agostino: riflessione sul
concetto di tempo;
–
o La poesia analisi e differenze del linguaggio di Montale ed
Ungaretti. Analisi delle poesie Non chiederci la parola e Il porto
sepolto;
Non chiederci la parola (Ossi di seppia, 1925)
Non chiederci la parola che squadri da ogni lato
l'animo nostro informe, e a lettere di fuoco
lo dichiari e risplenda come un croco
Perduto in mezzo a un polveroso prato.
Ah l'uomo che se ne va sicuro,
agli altri ed a se stesso amico,
e l'ombra sua non cura che la canicola
stampa sopra uno scalcinato muro!
Non domandarci la formula che mondi possa aprirti
sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.
Codesto solo oggi possiamo dirti,
ciò che non siamo, ciò che non vogliamo.
Il porto sepolto (Il porto sepolto, 1916)
Vi arriva il poeta
E poi torna alla luce con i suoi canti
E li disperde
Di questa poesia
Mi resta
Quel nulla
Di inesauribile segreto.
La psicologia dell’età evolutiva: sviluppo del linguaggio secondo
3. Piaget e Vygotskij. all’opera
Ragionando attorno al linguaggio, è certamente opportuno volgere la mente
del matematico e filosofo austriaco Ludwig Wittgenstein. Egli fu un grane pensatore
del Novecento; si occupò principalmente di filosofia del linguaggio e da tali suoi
interessi maturò la capitale opera intitolata Tractatus logico - philosophicus che
segnò inevitabilmente il pensiero filosofico successivo in ambito logico e linguistico.
Nel Tractatus, Wittgestein afferma e sostiene che il linguaggio, in quanto insieme di
proposizioni dotate di senso, non è altro che la rappresentazione della realtà. Esso è
composto di elementi minori (le parole) anch’essi dotati di senso; ad ogni parola
corrisponde un fatto, un elemento della realtà. Vi è, quindi, una perfetta adeguazione
logica tra parole e cose: il mondo è la totalità dei fatti, il linguaggio è la totalità
delle proposizioni che significano i fatti.
Nell’opera si conclude che tutto ciò che può essere detto, si può dire chiaramente, Su
ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
Analizzando l’opera ed il pensiero di Wittgestein, si deduce del
che all’interno
linguaggio sono contenuti tutti gli elementi che permettono una sufficiente ed
esaustiva rappresentazione della realtà; ogni proposizione dotata di senso, e quindi
ogni parola, si lega con esatta logica a ciascun fatto reale. Da ciò deriva che il
linguaggio ha la capacità di esprimere ogni fenomeno. Ciò che il linguaggio non è in
grado di esprimere è perciò noumeno, ovvero inesprimibile poiché non esistente in
quanto fatto del reale. Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere.
quindi, concetti come “la morte”, “il sentimento”,
Secondo Wittgenstein,
“l’angoscia”, “il tempo”, di cui, sì esistono le parole ma esse non rimandano
(ad esempio, la parola “morte” non richiama un fatto
logicamente ad un fatto
determinato, bensì suggerisce solamente una condizione ignota di cui non si può
avere conoscenza. La parola “albero”, invece, richiama chiaramente il fenomeno
riconoscibile come vegetale dotato di radici, tronco, foglie eccetera) sono di vacua
consistenza e perciò di essi non vi è possibilità, né senso, di trattare.
L’uomo, però, fin dalle prime testimonianze scritte e raffigurative di cui siamo in
possesso, si è sempre interrogato su questioni ineffabili come, appunto, la morte, la
possibile presenza di un’entità suprema, i limiti della conoscenza, le origini della
vita…
Però, nonostante la difficoltà concreta di esprimere ed esteriorizzare tali intuizioni,
guizza nella mente, l’uomo
quasi fossero un lampo che velocissimo ed inconsistente
creativo ha sempre trovato un mezzo alternativo alla semplice e cruda parola per
rappresentare il flusso dei propri pensieri.
Si pensi al mito, primordiale ma efficace mezzo mediante cui è possibile convertire in
un’idea. Nell’antichità, il saggio proponeva modelli teorici di moralità,
immagini
concetti filosofici, grandi interrogativi alle menti meno adatte al ragionamento sotto
forma di mito.
È di grande impatto il Mito della caverna (è omessa la narrazione dei vari passaggi
del mito) con cui Platone si propose di delineare il profilo dell’uomo capace di
ragionare, attribuendo di conseguenza a questi il compito di diffondere la sapienza
attraverso i propri simili non ancora in possesso della luce guida della ragione.
Si pensi, ancora, alla fiaba che ha il compito di presentare ai fanciulli, incapaci di
astrazione, grandi tematiche esistenziali in chiave visiva, ed apparentemente più
leggera (ad esempio la celebre favola di Jean De La Fonteine che vede come
protagoniste la formica laboriosa e la cicala scansa fatiche).
O ancora la poesia che, attraverso ricercate ed artificiose costruzioni letterarie
e l’impatto emotivo)
(musicalità, metafore, figure retoriche tenta di trascendere il
limite che la cruda parola possiede.
Si porta come esempio S. Agostino che, all’interno delle Confessiones, dedicò ampio
[…] Si nemo ex me quaerat, scio; si
spazio alla riflessione sul tempo. Scriveva:
quaerenti esplicare velim nescio […].
È dunque fondata la tesi di Wittgestein: ciò di cui il linguaggio non ha pieno
controllo, non è concretamente esprimibile. Agostino, oltre un millennio e mezzo
prima, affrontò il medesimo problema. Il concetto di tempo è un’intuizione che, fin
quando risiede nella mente, è comprensibile ma, qualora si dovesse tentare la sua
esteriorizzazione, essa subito viene meno. l’animo umano dispone per
Considerati i tre atteggiamenti di cui, secondo Agostino,
al tempo, l’autore ricorre ad un’efficace metafora: la percezione del
approcciarsi ovvero, mentre quest’ultima viene
tempo è come la percezione di una canzone,
recitata, si ha consapevolezza di una sua parte che ancora deve venire, di una
Così l’animo umano misura il
presente, in continuo avanzamento, e di una passata.
tempo (in te, anime meus, tempora metior).
letterario, il linguaggio viene utilizzato differentemente dai diversi
Nell’ambito
autori.
Si consideri il linguaggio utilizzato da Montale e quello utilizzato da Ungaretti: il
primo considera la parola come detentrice, in ultima analisi, di un significato assoluto
capace di condurre al senso ultimo delle cose. Da ciò, anche il più piccolo elemento
ha la forza di divenire immenso deposito di significato (si pensi alle piccole
espressioni della natura, come il limone, il girasole, che per Montale divengono
portatrici di inestimabile valore).
Ungaretti, invece, stravolge la struttura convenzionale del linguaggio poetico, da
nell’impostazione dei
prima versi (vi sono componimenti aventi versi formati da
anche un solo vocabolo), di conseguenza nel significato attribuito alla parola; essa è
difatti. non più portatrice di valori assoluti come in Montale, bensì cruda
rappresentazione di ciò a cui effettivamente essa allude. Solo la poesia presa nella sua
totalità è capace di andare oltre il significato della parola, assumendo così valori
allegorici e metaforici.
Seguiranno l’analisi ed il confronto delle poesie Non chiederci la parola ed Il porto
sepolto.
La psicologia dell’età evolutiva, studiando lo sviluppo infantile dell’individuo, ha
inevitabilmente analizzato il ruolo che il linguaggio possiede nella crescita mentale
del bambino. È noto, a tal proposito, il dibattito tra Piaget e Vygotskij: il primo
ritiene che il linguaggio, che assume consistenza solamente nella cosiddetta fase pre -
ai sei, sette anni), sia un’attività mentale
operatoria (che va dai tre paragonabile al
all’imitazione differita,
gioco simbolico e per questo motivo, non rivestendo
un’importanza particolare nello sviluppo mentale, non deve essere oggetto di
eccessive sollecitazioni esterne, come da parte della scuola o della famiglia. Il
linguaggio è quindi subordinato al pensiero.
Vygotskij, invece, sostiene la tesi opposta: il linguaggio si presenta nella mente del
bambino fin dai primi mesi di vita subordinando così, nel corso dello sviluppo, il
pensiero stesso. Il linguaggio, quindi, assume cruciale importanza e necessita di
del pensiero.
allenamento costante così da acutizzare l’attività