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Sintesi

Introduzione Ballo, Irene Nemirovsky, tesina



La seguente tesina di maturità descrive il tema dell'evoluzione del ruolo dei parvenu nella società, dall’età classica ai nostri giorni. La tesina permette di sviluppare i seguenti argomenti: in filosofia Benjamin, in italiano Mastro Don Gesualdo, in scienze la tecnologia Crispr, in inglese The Great Gatsby, in greco Menandro e il messaggio morale e in fisica Edison: il perfetto self-made man.

Collegamenti


Ballo, Irene Nemirovsky, tesina



Filosofia - Benjamin.
Italiano - Mastro Don-Gesualdo.
Scienze - La tecnologia Crispr.
Inglese - The Great Gatsby.
Greco - Menandro, il messaggio morale.
Fisica - Edison, il perfetto self-made man.
Estratto del documento

I NUOVI RICCHI

Un’analisi sull’evoluzione del ruolo dei parvenu nella società, dall’età classica ai nostri

giorni, l’influenza dell’arte nel dibattito progesso-regresso della società odierna e nuove

scoperte sui fattori genetici che influenzano le nostre caratteristiche

Il Ballo , un libro di Irene Nemirovsky I NUOVI RIC HI

La famiglia Krampf

I NUOVI RIC HI

La famiglia Krampf

FILOSOFIA - Benjamin e Scuola di Francoforte

“C’è un quadro di Klee che s’intitola Angelus Novus. Vi si trova un angelo che sembra in atto di

allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, la bocca aperta, le ali

distese. L’angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci

appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su

rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre

l’infranto. Ma una tempesta spira dal paradio, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che

gli non può chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle,

mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa

tempesta.” (W.Benjamin, Tesi di filosofia della storia, 1940.)

All’interno di queste Tesi, così Walter Benjamin interpreta la celebra tela del pittore Paul Klee.

Benjamin esplica la sua visione messianica della storia, l’attesa perpetuamente insoddisfatta di

una redenzione avvenire, dove l’uomo viene trascinato via suo malgrado dal tempo e dal

progresso, lasciandosi alle spalle le tragedie e gli orrori di cui l’umanità è stata capace, avendo

seminato morte e distruzione ad ognuno dei suoi passi. Redimere questi orrori, cioè dare senso e

rendere giustizia alle vittime, non è un compito che viene assunto e garantito dalla divinità o dalla

storia dell’umanità. Le macerie della storia non trovano giustificazione, non acquisiscono dignità

per ciò che hanno prodotto o per quello che hanno rappresentato, visto che la storia dell’uomo è

rimasta la storia di sangue e morte che è sempre stata. Per questo l’Angelo di Klee guarda

angosciato il passato, mentre il vento (il tempo) lo spinge via, quando vorrebbe restare tra quelle

vittime per tenerle strette a sé, per garantire ad esse un significato.

La storia ha per Benjamin un andamento incerto, rettilineo, senza alcuna garanzia di progresso; e

quest’ultimo non consiste nell’accumulazione graduale delle conquiste dell’uomo ma nell’avvento

improvviso dell’epoca messianica “l’angelus novus” di Klee, che porta il rinnovamento come rottura

netta con il passato, cioè come catastrofe.

Benjamin, connesso con la Scuola di Francoforte, nacque da una famiglia ebrea a Berlino nel 1892

e si laureò con una tesi di storia dell’arte. Egli fu interessato dal marxismo e fece la conoscenza

dei neomarxisti Horkheimer e Adorno. Esule all’epoca del nazismo, cercò di scappare negli Stati

Uniti ma, fermato alla frontiera spagnola, si suicidò. Elaborò il concetto di auraticità dell’arte

(momento in cui sorge e può essere fruita come evento irripetibile) e sostenne che la riproducibilità

tecnica del tempo aveva privato l’arte del carattere elitario. L’arte diventa un prodotto del mondo

capitalistico, oggetto di divertimento e non di conoscenza. Essa è strumento di dominio dei potenti

sulle masse. Il filosofo ripone speranza nell’attesa della venuta del Messia; la storia non ha

garanzia di progresso.

La Scuola di Francoforte si forma nel 1922 presso l’Istituto per la ricerca sociale, fondato da Weil e

diretto da Grunberg. Con l’avvento nel nazismo emigra a Ginevra, Parigi, New York. Al termine

della Seconda Guerra Mondiale, alcuni tornano in Germania e ridanno vita all’Istituto. La Scuola

esprime una critica della società presente, e un ideale rivoluzionario di futura umanità libera, una

forma di pensiero negativo proteso a smascherare le contraddizioni dell’esistente tramite un

modello utopico per il mutamento della società. Essa si definisce in relazione all’avvento del

nazismo e del fascismo, l’affermazione del comunismo sovietico, il trionfo della società tecnologica

e opulenta. Si rifà a tre autori: alla tradizione hegelo-marxista per un discorso dialettico e

totalizzante intorno alla società (evidenziare contraddizioni e metterla in discussione nella sua

globalità); a Freud per lo studio della personalità, la ricerca del piacere e la libido.

LATINO – PETRONIO, la figura di Trimalcione

Nella cena di Trimalchione Petronio osserva e descrive il mondo e i valori di un ceto emergente,

quello dei liberti, che ha fatto del profitto e del godimento il proprio obiettivo di vita, stravolgendo i

valori della tradizione aristocratica. Il liberto ha un potere economico e pretese culturali che lo

rendono bersaglio satirico da parte dell’aristocrazia colta, non c’è però in Petronio condanna o

disprezzo per questi personaggi, anzi il loro mondo affascina l’autore. Egli tratteggia

l’atteggiamento e l’ambiente di Trimalchione con ironia, gli intellettuali appaiono disarmati di fronte

alla volgarità dei parvenu. La loro filosofia di vita è incentrata sul più rozzo materialismo, che

individua nella ricchezza l’unico valore che davvero conta. La volgarità di Trimalchione non è

ravvisabile solo nei gesti o negli oggetti pacchiani di cui si circonda ma anche nel suo sermo, che

ne denuncia l’umile origine, un prezioso esempio di sermo vulgaris, e dalla grossolana ignoranza.

Petronio critica gli arricchiti dell’età Giulio-Claudia. I disvalori (denaro, cibo e sesso) sostituiscono

gli antichi mores. Vi è una vera e propria ossessione per il denaro: “cupido habendi”; Per lui

“l’uomo vale quanto possiede” e “l’uomo è quel che mangia”, poiché la vita è scandita da ritmi

gastronomici. Nel suo calendario degli impegni vi sono partecipazioni a cene e banchetti. Gli

intellettuali, d’altra parte, non riescono a contrastare il cattivo gusto, a portare a cena una parola di

cultura.

ITALIANO – VERGA, MASTRO DON-GESUALDO

Nel 1889 esce il secondo romanzo del ciclo dei Vinti, Mastro Don-Gesualdo, ambientato a Vizzini.

Gesualdo Motta da semplice muratore, con la sua intelligenza e energia infaticabile, è arrivato ad

accumulare fortuna. Nonostante il matrimonio con Bianca Trao, discendente da una famiglia nobile

ma in rovina, Gesualdo resta escluso dalla società nobiliare, che lo disprezza per le umili origini.

“Don” era l’appellativo destinato ai signori, ma ad esso viene accoppiato “mastro” a indicare la

provenienza umile dell’arricchito, che era un semplice muratore. Anche la moglie non lo ama, anzi

ha quasi orrore di lui e lo respinge. Nasce una bambina, Isabella (figlia però del cugino della

madre, con cui lei ha una relazione). Ella, crescendo, respinge il padre vergognandosi delle sue

origini. Il padre di Gesualdo, inoltre, è geloso della sua fortuna e i fratelli mirano a spogliarlo dei

suoi averi. Isabella si innamora di un cugino povero e fugge con lui. Gesualdo la dà in moglie al

duca de Leyra, nobile squattrinato, ma deve sborsare una dote spropositata. Viene accolto a

Palermo nel palazzo del genero e della figlia, ma per le sue maniere rozze viene relegato in

disparte. La figlia non lo ama, egli trascorre gli ultimi giorni di vita in solitudine, vedendo sperperare

tutte le ricchezze accumulate con fatica. E muore solo, sotto lo sguardo sprezzante e infastidito di

un servo.

Verga resta fedele al principio dell’impersonalità, per cui il narratore deve essere “interno” al

mondo rappresentato. Il livello sociale si eleva a quello borghese, aristocratico. Lo sguardo è

lucidamente critico, il sarcasmo mette in luce le bassezze, meschinità e durezze ciniche del

protagonista e degli altri personaggi. La narrazione è focalizzata sul personaggio, il punto di

osservazione coincide con la sua visione, noi vediamo attraverso i suoi occhi. E’ il discorso

indiretto libero. I bisogni affettivi sono soverchiati dall’interesse, dal calcolo, dal gesto privo di

scrupoli. La “roba” è il fine primario dell’esistenza e ciò lo porta a essere disumano quando sfrutta

senza pietà i suoi lavoranti o quando rinuncia a Diodata, che lo ama, per sposare Bianca Trao. A

negare i valori è il personaggio stesso. Un cancro allo stomaco lo porta alla morte. Lo scrittore non

celebra affatto l’accanimento del suo eroe per la “religione della roba”, ma lo presenta in una luce

critica e negativa. Il personaggio ha qualcosa di “faustiano” nel tendere costantemente a obiettivi

più vasti, “dannarsi l’anima”. Gesualdo è un vincitore materialmente ma è un vinto sul piano

umano. Verga delinea un “self-made man” che si costruisce il proprio destino, un eroe della

dinamicità e intraprendenza.

FISICA- Edison, il perfetto self-made man

Thomas Alva Edison (1847-1931) probabilmente non può essere definito a pieno titolo uno

“scienziato” perché anche se le sue conoscenze scientifiche non erano di certo trascurabili, gli

mancava una solida formazione teorica. Edison era geniale per capacità inventive, oltre ad essere

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