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Sintesi
Svolgimento a cura del Professor Alessio Barolo
Estratto del documento

A cura del Prof. Alessio Barolo ESAME DI STATO DI ISTITUTO PROFESSIONALE

TECNICO DEI SERVIZI SOCIALI

TECNICA AMMINISTRATIVA

PARTE GENERALE

Le banche sono aziende di produzione indiretta che appartengono al settore terziario, realizzando il

sistematico trasferimento nel tempo e nello spazio dei capitali raccolti e creando servizi idonei a

soddisfare specifiche esigenze della clientela.

Le operazioni tipiche classiche della banca si possono distinguere in:

Operazioni di raccolta (o di provvista) attraverso le quali si acquisiscono i fondi. Si tratta di

operazioni passive per l’azienda di credito, che diviene debitrice verso i depositanti, ai quali deve

corrispondere interessi passivi;

operazioni di impiego, con le quali le somme raccolte vengono utilizzate prevalentemente per la

concessione di finanziamenti. Si tratta di operazioni attive, dato che la banca è creditrice nei

confronti della clientela sovvenzionata. Rientrano in questa categoria anche gli investimenti

effettuati dalla banca in titoli e valute estere.

Nell’ambito delle operazioni tipiche di impiego fondi, si possono distinguere:

1) I prestiti veri e propri, che possono avvenire con:

a) Aperture di credito;

b) Sovvenzioni cambiarie

c) Anticipazioni garantite

d) Riporti finanziari

e) Prestiti al consumo

f) Mutui ipotecari

2) Operazioni di smobilizzo, che consentono alle imprese di incassare i propri crediti di fornitura in

anticipo rispetto alla scadenza e si possono classificare in:

a) Sconto cambiario

b) Anticipo su effetti (Ri.Ba)

c) Anticipi su fatture

3) I crediti di firma, in base ai quali le aziende di credito non erogano somme di denaro, ma

assumono delle obbligazioni per conto della clientela e si possono classificare in:

a) Avalli;

b) Fideiussioni;

c) Accettazioni.

Le operazioni di impiego fondi sono definite attive, in quanto generano crediti relativi ai prestiti

concessi e ricavi costituiti da interessi e commissioni.

Accanto alle operazioni tipiche di impiego nell’ambito dell’intermediazione creditizia, le aziende

bancarie effettuano anche vere e proprie operazioni di investimento. Con questo tipo di operazioni

le banche acquistano per conto proprio valori mobiliari e valute estere (partecipazioni, titoli

pubblici, titoli privati, valute estere) ed effettuano investimenti strutturali necessari per l’esercizio

dell’attività (fabbricati, arredi, apparecchiature, ecc) e per fornire al pubblico nuovi strumenti in

grado di agevolare l’esecuzione di operazioni connesse all’intermediazione creditizia.

L’attività bancaria degli ultimi anni è stata caratterizzata dal radicale cambiamento del ruolo delle

credito all’interno del sistema finanziario. Esse, infatti, hanno dovuto diversificare e

aziende di

ristrutturare la propria attività e definire nuovi comportamenti strategici per tener conto delle mutate

situazioni di mercato quali, in particolare, lo sviluppo della concorrenza nazionale e internazionale,

la realizzazione dell’integrazione europea, l’innovazione tecnologica, gli accresciuti e sofisticati

bisogni della clientela e il processo di disintermediazione creditizia (rallentamento del tasso di

crescita dei depositi bancari).

A cura del Prof. Alessio Barolo

Nate come organismi accentratori della domanda di risparmio e dell’offerta del credito, le banche si

sono gradualmente trasformate in aziende che propongono al pubblico anche un’ampia gamma di

operazioni accessorie di tipo tradizionale (incassi e pagamenti, custodia di beni e valori, ecc) o dal

contenuto innovativo quali il factoring, il forfaiting, le gestioni patrimoniali, la revisione contabile,

l’elaborazione l’auditing,

automatica dei dati, la consulenza amministrativa e organizzativa, ecc.

Da un punto di vista strettamente normativo e soprattutto di vigilanza prudenziale volta ad istituire

dell’attività bancaria, sono stati istituiti,

regole di sana gestione già a partire dal 1988, gli accordi di

Basilea. Questi accordi hanno le finalità di rafforzare la sicurezza e l'affidabilità del sistema

finanziario, di stabilire degli standard minimi in materia di vigilanza prudenziale, di diffondere e

promuovere delle migliori pratiche bancarie e di vigilanza e di promuovere la cooperazione

internazionale in materia di vigilanza prudenziale.

Svolgimento punto 1)

Le fonti del rapporto di lavoro subordinato rappresentano l’insieme delle norme giuridiche che

definiscono i diritti e gli obblighi delle parti coinvolte.

Nel rapporto di lavoro subordinato il lavoratore dipendente rappresenta la parte contrattuale più

debole; per tale motivo, le norme che costituiscono il cosiddetto diritto del lavoro sono finalizzate

soprattutto alla tutela dei suoi interessi economici e sociali.

Le fonti del diritto che disciplinano il rapporto di lavoro subordinato possono essere elencate nel

seguente ordine gerarchico:

a) Costituzione: contiene i principi fondamentali stabiliti a tutela dei lavoratori che devono essere

rispettati nella formazione del contratto di lavoro. In particolare, il titolo III.

b) Leggi ordinarie: riguardano in particolare il codice civile, che regola (nel libro V) gli aspetti

fondamentali del rapporto di lavoro stabilendo i diritti e gli obblighi delle parti;

c) decreti legislativi: tra essi, assume particolare importanza il D.Lgs 276 del 2003 (Legge Biagi),

il concetto di “flessibilità” con

che ha riformato il mercato del lavoro e introdotto nuove tipologie

contrattuali (es i contratti a chiamata, i contratti a lavoro ripartito, il contratto di lavoro a progetto, il

contratto part-time, ecc);

d) contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL): consistono in accordi con i quali le associazioni

dei datori di lavoro (Confindustria, Confartigianato, Confcommercio, ecc) e i sindacati dei

lavoratori, in sede nazionale, stabiliscono le condizioni generali da applicarsi a tutti i lavoratori di

un determinato settore;

e) contratti aziendali: sono stipulati dall’azienda e dai rappresentanti sindacali dei lavoratori tenendo

dell’azienda stessa;

conto delle caratteristiche particolari

f) contratti individuali: sono stipulati direttamente tra il datore di lavoro e il lavoratore e

considerano le caratteristiche specifiche del lavoro oggetto del contratto e le qualità personali;

Il sistema contrattuale di lavoro vigente nel nostro Paese è pertanto un sistema contrattuale a due

livelli, in cui predomina la contrattazione settoriale (i CCNL) integrata poi dalla contrattazione

aziendale stabilita per ogni singola azienda e dalla contrattazione individuale instaurata tra datore di

lavoro e singolo lavoratore.

g) regolamenti aziendali: sono elaborati dal datore di lavoro con la partecipazione delle

rappresentanze sindacali e hanno lo scocpo di completare le clausole contrattuali o rendere più

agevole la loro applicazione; possono prevedere solo condizioni più favorevoli per il lavoratore

rispetto ai precedenti;

h) usi e consuetudini: consistono in regole di condotta applicate solo in mancanza di norme di legge

o di clausole contrattuali;

i) giurisprudenza: comprende le sentenze che si pronunciano in merito a determinati comportamenti

del datore di lavoro o dei prestatori d’opera.

A cura del Prof. Alessio Barolo

L’ordine gerarchico delle fonti è importante in quanto, in linea generale, una fonte inferiore non può

derogare a una superiore.

L’inderogabilità trova fondamento nel fatto che le norme mirano principalmente alla tutela del

lavoratore; una fonte gerarchicamente inferiore, pertanto, può prevalere su una superiore soltanto se

prevede condizioni più favorevoli per il lavoratore.

di fine rapporto) è un’indennità proporzionale agli anni di servizio prestato che

Il TFR (trattamento

matura anno per anno e che viene corrisposta al lavoratore dipendente al momento dello

scioglimento del contratto di lavoro, sia che questo avvenga consensualmente sia per atto

unilaterale.

Fino a qualche anno fa il TFR accantonato annualmente rimaneva investito internamente all’azienda

fino alla risoluzione del rapporto di lavoro; rappresentava dunque un costo non monetario che

costituiva per l’azienda un’importante fonte di autofinanziamento. A partire dal primo semestre

2007, invece, il TFR maturando a favore dei lavoratori dipendenti del settore privato può essere per

legge, su scelta dei lavoratori stessi:

a) destinato a forme di previdenza complementare (fondi pensione o polizze assicurative

previdenziali), che garantiscono una pensione integrativa rispetto a quella erogata

dall’INPS;

investito all’interno dell’azienda (per le imprese con meno di 50 addetti);

b) trasferito a un apposito fondo gestito dall’INPS denominato Fondo

c) di tesoreria INPS (nelle

imprese con almeno 50 dipendenti).

Nel caso dell’azienda che ha corrisposto retribuzioni lorde complessive annue per 372.000 euro, il

calcolo del TFR è il seguente (impresa con meno di 50 dipendenti per cui si assume che il TFR

rimanga in toto investito nell’impresa):

372.000 : 13,5 = 27.555,56

A questo importo va sottratto il contributo dello 0.50% sulle retribuzioni lorde annue destinato al

miglioramento delle pensioni che è calcolato con diritto di rivalsa sui lavoratori.

Per cui: 372.000 x 0.50% = 1.860,00.

Quota netta = 27.555,56 1.860,00 = 25.695,56

Alla quota netta va aggiunta la rivalutazione del fondo preesistente così calcolato:

Tasso di rivalutazione = (1.5 + 75% dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo)

Ipotizzando un indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai rispetto al mese di

dicembre dell’anno precedente del 2% si avrà:

(2 x 75 : 100) + 1.5 = 3% tasso di rivalutazione.

Ipotizzando inoltre, un Debito per TFR preesistente di euro 186.560 avremo la seguente

rivalutazione:

186.560 x 3% = 5.596,80.

A onor del vero, la rivalutazione del debito preesistente è inoltre soggetta ad una impostata

sostitutiva dell’11%, per cui:

5.596,80 x 11 % = 615.65.

Infine, il TFR da imputare all’esercizio sarà il seguente:

25.695,56 + 5.596,80 615.65 = 30.676,71

A cura del Prof. Alessio Barolo

Svolgimento punto 2

Le principali fonti di finanziamento a cui può accedere una azienda possono essere classificate in

a seconda che esse siano generate all’interno della

fonti interne e fonti esterne stessa azienda

oppure derivino da soggetti o istituzioni esterne.

La principale fonte di finanziamento interna è rappresentata dall’autofinanziamento che è costituito

dagli utili che invece di essere distribuiti ai soci vengono accantonati a riserva e quindi impiegati

nei piani d’investimento futuri. Questa fonte di finanziamento è a costo zero per l’impresa poiché si

tratta di reinvestire nella stessa azienda gli utili che essa stessa ha generato dalla sua normale

gestione. A onor del vero, nonostante non vi siano risvolti economici negativi, possiamo però

affermare che vi possono essere dei risvolti socio-economico non sempre positivi, soprattutto nei

confronti di quei soci che si vedono rifiutare la loro quota di dividendo che viene impiegato negli

investimenti societari. Nei confronti di questi ultimi, essenziale diviene la capacità degli

amministratori di far capire loro che la rinuncia di attuali dividendi impiegati nei nuovi

investimenti, sarà garanzia di maggiori dividendi futuri.

Per quanto riguarda le fonti di finanziamento esterne, si possono elencare le seguenti:

l’assemblea dei soci, solitamente in relazione a

a) aumenti a pagamento di capitale sociale:

specifici piani di sviluppo che necessitano di capitali d’investimento rilevanti, può decidere

di aumentare il capitale sociale con l’emissione di nuove quote (chiamate azioni per le

S.p.A. e S.a.p.a.) a pagamento. Questa fonte di finanziamento, essendo a capitale di rischio,

non comporta oneri aggiuntivi per l’impresa, ma sostanzialmente una possibile variazione

della compagine sociale e degli equilibri di gestione interni.

b) Emissione di un prestito obbligazionario: le assemblee dei soci delle società di capitali

possono deliberare l’emissione di un prestito obbligazionario per finanziare specifici

progetti o investimenti aziendali. L’emissione del prestito obbligazionario non può tuttavia

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