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ESAMI DI STATO CONCLUSIVI DEI CORSI DI STUDIO DI ISTRUZIONE SECONDARIA
SUPERIORE - anno 2006
PROVA DI ITALIANO
(per tutti gli indirizzi: di ordinamento e sperimentali)
Svolgi la prova, scegliendo una delle quattro tipologie qui proposte.
TIPOLOGIA A - ANALISI DEL TESTO
(da Sentimento del tempo, 1919-1935, e in Vita d’un uomo, Mondadori, 1992)
Giuseppe Ungaretti, L’isola A una proda ove sera era perenne
1 Di anziane selve assorte, scese,
E s’inoltrò
E lo richiamò rumore di penne
1
Ch’erasi sciolto dallo stridulo
5 Batticuore dell’acqua torrida,
E una larva (languiva
E rifioriva) vide;
Ritornato a salire vide
Ch’era una ninfa e dormiva
10 Ritta abbracciata ad un olmo.
In sé da simulacro a fiamma vera
2
Errando , giunse a un prato ove
L’ombra negli occhi s’addensava
3
15 Delle vergini come
Sera appiè degli ulivi;
Distillavano i rami
Una pioggia pigra di dardi,
Qua pecore s’erano appisolate
Sotto il liscio tepore,
20 Altre brucavano
La coltre luminosa;
Le mani del pastore erano un vetro
Levigato da fioca febbre.
1 - erasi sciolto: si era staccato, sollevato
2 - In sé…Errando: vagando col pensiero da una visione larvata ad una sensazione più forte
3 - L’ombra…delle vergini: negli occhi delle ninfe si addensava l’ombra (del sonno, ma anche
della zona boscosa).
Giuseppe Ungaretti (Alessandria d’Egitto, 1888 – Milano, 1970) di famiglia lucchese, dall’Egitto si trasferì
in Europa, desideroso di fare nuove esperienze di vita e di cultura. Ebbe contatti a Parigi con la poesia
simbolista e postsimbolista e con la filosofia di Bergson. Nella Prima Guerra Mondiale combatté in Italia,
sul Carso. Visse a lungo a Roma. Sue principali raccolte poetiche: L’Allegria, 1919; Sentimento del tempo,
1933; Il Dolore, 1947; Terra promessa, 1950 (tutte con successive edizioni ampliate). – La lirica L’isola (del
1925, poi rielaborata) rievoca, come un sogno, una visita che Ungaretti, da Roma, aveva compiuto nella
campagna intorno a Tivoli: non si tratta di una vera isola, ma di un paesaggio campestre, arcadico, in cui il
poeta si era isolato e immerso, trasfigurando presenze reali in immagini mitiche.
1. Comprensione del testo
Partendo dalla presentazione che trovi nelle righe precedenti, dopo aver riletto alcune volte l’intera lirica,
riassumine il contenuto informativo (movimenti del poeta nei luoghi; altre presenze reali; figure
immaginarie).
2. Analisi del testo
2.1. A quale personaggio si riferiscono i verbi scese, s’inoltrò, vide (due volte), giunse (nei versi 2, 3, 8
,9 e 13)? Che tempi del verbo sono?
2.2. Cerca le forme dei verbi all’imperfetto. A quali elementi e aspetti della scena si riferiscono? Quale
contrasto creano questi verbi all’imperfetto con quelli indicati nella domanda precedente?
2.3. Molte parole indicano l’ombra, la sera, il sonno: è davvero sera o si tratta di un contrasto tra zone
del paesaggio? Nota e commenta le espressioni ove sera era perenne (v. 1), acqua torrida (v. 6), la coltre
luminosa (v. 22).
2.4. Spiega, anche con l’aiuto del dizionario, le parole proda (v. 1), larva (v. 7) e simulacro (v. 12).
2.5. Quale scena descrivono i versi 4-6? Metti insieme le sensazioni che ricavi dalle espressioni rumore
di penne, stridulo batticuore, acqua torrida e dal verbo erasi sciolto.
2.6. Al v. 18 i dardi sono i raggi del sole che scendono attraverso i rami. Commenta l’espressione
pioggia pigra di dardi, in cui un carattere umano, la pigrizia, è attribuito ad un elemento naturale.
2.7. Commenta i due versi finali, rendendo con parole tue l’aspetto delle mani del pastore. (Ricorda che
non lontano da Tivoli, nella campagna romana, a quel tempo era ancora diffusa la febbre malarica).
3. Interpretazione complessiva e approfondimenti
Riflettendo su questa lirica, e utilizzando le tue conoscenze di altre poesie di Ungaretti, commenta
nell’insieme questo testo, per metterne in evidenza la libertà metrica e l’intreccio di richiami simbolici, che
sfuggono a una ricostruzione logica ordinaria. Riferisciti anche al quadro generale delle tendenze poetiche,
artistiche e culturali del primo Novecento in Italia e in Europa.
TIPOLOGIA B - REDAZIONE DI UN "SAGGIO BREVE" O DI UN "ARTICOLO DI
GIORNALE"
(puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti)
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di “saggio breve” o di “articolo di giornale”, utilizzando i
documenti e i dati che lo corredano.
Se scegli la forma del “saggio breve”, interpreta e confronta i documenti e i dati forniti e su questa base
svolgi, argomentandola, la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue conoscenze ed
esperienze di studio.
Da’ al saggio un titolo coerente con la tua trattazione e ipotizzane una destinazione editoriale (rivista
specialistica, fascicolo scolastico di ricerca e documentazione, rassegna di argomento culturale, altro).
Se lo ritieni, organizza la trattazione suddividendola in paragrafi cui potrai dare eventualmente uno specifico
titolo.
Se scegli la forma dell’ “articolo di giornale”, individua nei documenti e nei dati forniti uno o più elementi
che ti sembrano rilevanti e costruisci su di essi il tuo ‘pezzo’.
Da’ all’articolo un titolo appropriato ed indica il tipo di giornale sul quale ne ipotizzi la pubblicazione
(quotidiano, rivista divulgativa, giornale scolastico, altro).
Per attualizzare l’argomento, puoi riferirti a circostanze immaginarie o reali (mostre, anniversari, convegni
o eventi di rilievo).
Per entrambe le forme di scrittura non superare le quattro o cinque colonne di metà di foglio
protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO - LETTERARIO
ARGOMENTO: Il distacco nell’esperienza ricorrente dell’esistenza umana: senso di perdita e di
straniamento, fruttuoso percorso di crescita personale.
DOCUMENTI
Dopo aver traversato terre e mari, Ma ora, così come sono, accetta queste offerte
eccomi, con queste povere offerte agli dèi bagnate di molto pianto fraterno:
sotterranei,
estremo dono di morte per te, fratello, le porto seguendo l’antica usanza degli avi,
a dire vane parole alle tue ceneri mute, come dolente dono agli dèi sotterranei.
perché te, proprio te, la sorte m’ ha portato via, E ti saluto per sempre, fratello, addio!
Dopo aver traversato terre e mari,
CATULLO,
infelice fratello, strappato a me così
crudelmente. trad. S. Quasimodo, Milano 1968
Da' colli Euganei, 11 Ottobre 1797
«Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci
resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo
so: ma vuoi tu ch'io per salvarmi da chi m'opprime mi commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre:
vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci.
Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio
sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti
sono dunque gli sventurati? E noi, purtroppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl'italiani.
Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e
la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra le braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente
compianto da' pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de'
miei padri» U. FOSCOLO, Ultime lettere di Jacopo Ortis, 1802
«Addio, monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e
impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari; torrenti, de' quali distingue lo
scroscio, come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di
pecore pascenti; addio! Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!...Addio, casa natìa,
dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un
passo aspettato con un misterioso timore. Addio, casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla
sfuggita, passando, e non senza rossore; nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo
di sposa. Addio, chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era
promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore doveva essere solennemente benedetto, e
l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba
mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande.»
A. MANZONI, I Promessi Sposi, cap. VIII, 1840
«Era il primo squarcio nella santità del babbo, la prima crepa nei pilastri che avevano sorretto la mia vita
infantile e che ogni uomo deve abbattere prima di diventare se stesso. La linea essenziale del nostro destino
è fatta di queste esperienze che nessuno vede. Quello squarcio e quella crepa si richiudono, si rimarginano e
vengono dimenticati, ma in fondo al cuore continuano a vivere e a sanguinare.
Io stesso ebbi subito orrore di quel nuovo sentimento e avrei voluto buttarmi ai piedi di mio padre per
farmelo perdonare. Ma non si può farsi perdonare le cose essenziali: lo sente e lo sa il bambino con la
stessa profondità dell’uomo saggio.
Sentivo il bisogno di riflettere e di trovare una via d’uscita per l’indomani, ma non vi riuscii. Tutta la sera
fui occupato ad assuefarmi alla mutata atmosfera del nostro salotto. La pendola e la tavola, la Bibbia e lo
specchio, lo scaffale e i quadri alla parete prendevano commiato da me, e col cuore sempre più freddo ero
costretto a veder sprofondare nel passato e staccarsi da me il mio mondo e la mia bella vita felice. Ero
costretto a sentire le mie nuove radici che affondavano nel buio e succhiavano un mondo estraneo. Per la
prima volta assaggiai la morte che ha un sapore amaro perché è nascita, angoscia e paura di un tremendo
rinnovamento» H. HESSE: Demian,1919, trad. it Mondadori, 1961
«Ero partita per il Nord immaginando che la pena dell'addio si sarebbe consumata al momento dei saluti. In
mezzo a un mondo ricco di novità eccitanti - un mondo che aspettava solo me -, la mia nostalgia era
destinata a sbiadire rapidamente.
Così fantasticavo, e le mie fantasie di adolescente sconfinavano spesso nell'esaltazione.
Ma l'impatto fu atroce.
Quando, con un gesto deciso, si lacera un pezzo di stoffa, ci restano tra le mani due brandelli
malinconicamente sfrangiati, e occorre lavorare con minuzia e pazienza per rimediare.
Le sfilacciature rimaste dopo lo strappo dalle nostre consuetudini meridionali erano tante, e ci vollero anni
perché io e la mia famiglia potessimo restaurare i lembi delle nostre identità lacerate.
L'ansia suscitata in noi da modi di vita che ci erano estranei si manifestava sotto forma di diffidenza. E poi
c'era la nostalgia, che non voleva sbiadire. E la retorica, che la sobillava.»
G. SCHELOTTO, Distacchi e altri addii, Mondadori, 2003
«Siamo tutti migranti. Stiamo permanentemente
abbandonando una terra per trasferirci altrove. Siamo
migranti quando lasciamo i vecchi schemi e le vecchie
abitudini per aprirci a nuove circostanze di vita. Un
matrimonio, una separazione, la morte di una persona
cara, un viaggio non da turisti, persino la lettura di un libro
sono delle migrazioni interiori. Poi c'è la migrazione di chi
lascia la madre terra per vivere altrove: una volta gli
uccelli, oggi gli uomini. Ogni migrazione esteriore a poco a
poco diventa anche interiore. Gli ostacoli possono
trasformarsi in occasione di crescita. E' un processo lungo
e doloroso. Chi sono? Sono tutti i miei personaggi
("Madame Bovary c'est moi!" diceva Flaubert). Tutte le mie
storie hanno qualcosa di me e nascono probabilmente dai
miei conflitti interni. Le mie origini sono portoghesi, da
parte della famiglia di mio padre, e tedesche (prussiane) da
parte di mia madre. Ho vissuto l'infanzia in Brasile, la mia
vera patria; penso che il mio italiano sarà sempre un po'