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Qui di seguito trovate alcuni estratti delle tracce proposte
Analisi del testo su Eugenio Montale – Ammazzare il tempo
Il problema più grave del nostro tempo non è tra quelli che si vedono denunziati a carattere di scatola nelle prime pagine dei giornali; e non ha nulla in comune, per esempio, con il futuro status di Berlino o con l’eventualità di una guerra atomica distruggitrice di una metà del mondo. Problemi simili sono d’ordine storico e prima o poi giungono a una soluzione, sia pure con risultati spaventosi. Nessuna guerra impedirà l’umanità futura di vantare ulteriori magnifiche sorti nel quadro di una sempre più perfetta ed ecumenica civiltà industriale. Un mondo semi distrutto che risorgesse domani dalle ceneri, in pochi decenni assumerebbe un volto non troppo diverso dal nostro mondo d’oggi. Anzi, virgola oggi è lo spirito di conservazione che rallenta il progresso.
Qual’ora non ci fosse più nulla da conservare il progresso tecnico si farebbe molto più veloce. Anche l’uccisione su larga scala di uomini e di cose può rappresentare, a lunga scadenza, un buon investimento del capitale umano. Fin qui si resta nella storia. Ma c’è un’uccisione, quella del tempo, che non sembra possa dare frutto. Ammazzare il tempo è il problema sempre più preoccupante che si presenta all’uomo d’oggi di domani.
Non penso all’automazione, che ridurrà sempre più le ore dedicate al lavoro. Può darsi che quando la settimana lavorativa sarà scesa da cinque a quattro o a tre si finisca per dare il bando alle macchine attualmente impiegate per sostituire l’uomo. Può darsi che allora si inventino nuovi tipi di lavoro inutile per non lasciare sul lastrico milioni o miliardi di disoccupati; ma si tratterà pur sempre di un lavoro che lascerà un ampio margine di ore libere, di ore in cui non si potrà eludere lo spettro del tempo. Perchè si lavora? Certo per produrre cose e servizi utili alla società umana, ma anche e sopratutto, per accrescere i bisogni dell’uomo, cioè per ridurre al minimo le ore in cui è più facile che si presenti a noi questo odiato fantasma del tempo. Accrescendo i bisogni inutili si tiene l’uomo occupato anche quando egli suppone di essere libero.
Passare il tempo dinanzi al video o assistendo a una partita di calcio non è veramente un ozio, è uno svago, ossia un modo di divagare dal pericoloso mostro, di allontanarsene. Ammazzare il tempo non si può senza riempirlo di occupazioni che colmino quel vuoto e poiché pochi sono gli uomini capaci di guardare con fermo ciglio in quel vuoto, ecco la necessità sociale di fare qualcosa, anche se questo qualcosa serve appena ad anestetizzare la vaga apprensione che quel vuoto si ripresenti in noi.
Domande dell’analisi del testo:
1. Comprensione del testo: riassumi testi e argomenti principali del testo
2. Analisi del testo:
2.1 – Quali sono i problemi risolvibili secondo Montale?
2.2 – Spiega il significato che Montale attribuisce all’espressione “Ammazzare il tempo”
2.3 – Perché si accrescono i “bisogni inutili” e si inventeranno “nuovi tipi di lavoro inutile”?
2.4 – Noti nel testo la presenza dell’ironia? Argomenta la tua risposta.
2.5 – Esponi le tue osservazioni in un commento personale di sufficiente ampiezza
3. Interpretazione complessiva ed approfondimenti: sulla base dell’analisi condotta , ricerca la visione del mondo espressa nel testo e approfondisci la ricerca con opportuni collegamenti ad altri testi di Montale. Alternativamente, soffermati sul grado di attualità / inattualità dei ragionamenti di Montale sul lavoro e sul tempo
Saggio breve/articolo giornale di ambito socio economico sui giovani e la crisi -
“La crisi dell’economia ha lasciato per strada, negli ultimi tre anni, più anni, più di un milionie di giovani lavoratori di età compresa tra i 15 ed i 34 anni. E cono stati soprattuto loro a pagare il contro della turbolenza economica e finanziaria che da anni investe l’europa e l’italia, fiaccandone la crescita. Tra il 2008 ed il 2011, infatti, l’occupazione complessiva in Italia è scesa di 438 mila unità, il che significa che senza il crollo dell’occupazione giovanile ci sarebbe stata addirittura una crescita dei posti di lavoro. Tra il 2008 e il 2011, secondo i dati dell’Istat sull’occupazione media, i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passati da 7 milioni e 110 mila a 6 milioni e 56 mila. La diminuzione dei giovani occupati, pari a 1 milione 54 mila unità, ha riguardato sia gli uomini che le donne, più o meno nella stessa proporzione (meno 662 mila posti di lavoro tra gli uomini, meno 432 mila tra le giovani donne) ed in mdo più intenso il Nord ed il Sud del Paese che non il centro”
Mario Sensini, Crolla l’occupazione tra i 15 e i 35 anni “corriere della sera” 8/04/2012
“giovani al centro della crisi” In Italia l’11 % dei giovani sdi 15-24 anni, e addirittura il 16% di quelli tra 25 e 29 anni, non è interessato né a lavorate né a strudiare, mentre la media europea è opari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%. Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20% tra i 15-24 enni(la media Ue p del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, qualla dell’imprenditore. Solo il 32% dei giovani di 15-34 anni dichiara di volere mettere us un’attività in proprio, meno che in Spagna (56,3%), Francia (48%), Regno unito (46%) e Germani a(35%)
La mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è trattato di persone con 45 ani o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei tedeschi, il 43% dei francesi, il 34% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro”
45° Rapporto Censic, Lavoro, professionalità, rappresentanze, Comunicato stampa 2/12/2011
“Il lavoro che si riesce a ottenere con un titolo di studio elevato non sempre corrisponde al percorso formativo intrapreso. LA coerenza tra il titolo posseduto e quello richiesto per lavorare è, seppur il lieve misura, più elevata tra i laureati in corsi lunghi piuttosto che tra quanti hanno concluso il titolo posseduto nel 69% dei casi mentre tra i laureati triennali tale percentuale scende al 65,8%. D’altra parte a valutare la formazione universitaria effettivamente necessaria all’attività lavorativa svolta è circa il 69% dei laureati sia che i corsi lunghi sia di quelli triennali. Una completa coerenza tra titolo posseduto e lavoro svolto – la laurea, cioè, come requisito di accesso ed effettiva utilizzazione delle competenze acquisite per lo svolgimento dell’attività lavorativa- è dichiarata solo dal 58,1% dei laureati nei corsi lunghi e dal 56,1% dei laureati triennali. All’opposto, affermano di essere inquadrati in posizioni che non richiedono la laurea sotto il profilo né formale, né sostanziale il 20% dei laureati in corsi lunghi e il 21,4% di quelli triennali”
ISTAT – Università e lavoro: orientarsi con la statistica
“Che storia, e che vita incredibile quella di Steve Jobs […] Mollò gli studi pagati dai genitori adottivi al college di Portland, in Oregon, dopo pochissimi mesi di frequenza. Se ne partì per un viaggio in India, tornò, e si mise a frequentare soltanto le lezioni che gli interessavano. Ovvero, pensate un po’, i corsi d calligrafia. [-…] Era furoi dagli standard in ogni dettaglio, dalla scelta di presentare personalmente i suoi prodotti da palchi teatrali, al look ultra minimal, con i suoi jeans e i suoi girocollo neri alla Jean Paul Sartre. “Il vostro tempo è limitato – disse l’inventore dell’iPod, l’iPhone e l’iPad agli studenti di Stanford nel 2005- Non buttatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi, che vuol dire vivere con i risultati dei pensieri degli altri. E non lasciare che il rumore delle opinioni degli altri affoghi la vostra voce interiore. Abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno già cosa voi volete davvero diventare. Tutto il resto è secondario”
Giovanna Favaro, Steve Jobs, un folle geniale “La Stampa”
Saggio breve/articolo di giornale di ambito artistico letterario su "Il labirinto"
Documenti allegati: quadri e test di Picasso "Minotauromachia", Pollock "Pasiphae", Escher "La relatività", Ariosto, Picasso, Calvino ed Eco.
Saggio breve/articolo giornale di ambito storico-politico su Bene comune
Testi di San Tommaso D'Aquino e Rousseau
Tema storico su Hannah Arendt e lo sterminio degli Ebrei
Il sottosegretario Josef Buhler. L’uomo più potente in Polonia dopo il governatore generale, si sgomentò all’idea che si evacuassero ebrei da occidente verso oriente, poiché ciò avrebbe significato un aumento del numeri di ebrei in Polonia, e propose quindi che questi trasferimenti fossero rinviati e che “la soluzione finale iniziasse dal Governatorato generale, dove non esistevamo problemi di trasporto” I funzionari del ministero degli esteri presentarono un memoriale, preparato con ogni cura, in cui erano espressi i desideri e le idee del loro dicastero in merito alla soluzione totale della questione ebraica in Europa” ma nessuno dette gran peso a quel documento. La cosa più importante, come giustamente osservò Eichmann era che i rappresentanti dei vari servizi civili non si limitavano ad esprimere pareri, ma avanzavano proposte concrete. La seduta non durò più di un’ora e mezzo, dopo di che ci fu un brindisi e tutti andarono a cena – “una festicciola in famiglia per favorire i necessari contatti personali. Per Eichmann, che non si era mai trovato in mezzo a tanti “grandi personaggi”, fu un avvenimento memorabile: egli era di gran lunga inferiore, sia come grado che come posizione sociale, a tutti i presenti. Aveva spedito gli inviti e aveva preparato alcune statistiche (piene di incredibili errori= per il discorso introduttivo di Heydrich – bisognava uccidere undici milioni di ebrei, che non era cosa da poco – e fu lui a stilare i verbali. In pratica funse da segretario, ed è per questo che, quando i grandi se ne furono andati, gli fu concesso di sedere accanto al caminetto in compagnia del suo capo Muller e di Heydrich “ e fu la prima volta che vidi Heydrich fumare e bere”. Non parlarono di “affari” ma si godettero “un po’ di riposo” dopo tanto lavoro, soddisfattissimi e -soprattutto Heydrich –molto su di tono.
Hannah Arendt, LA banalità del male. Eichmann a Gerusalemme, Feltrienelli, Milano 1964, dal Capitolo settimo: La conferenza di Wannasee, ovvero Ponzio Pilato
Il candidato, prendendo spunto dal testo di Hannah Arendt, si soffermi sullo sterminio degli ebrei pianificato e realizzato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale.
Saggio breve/articolo giornale di ambito scientifico su Responsabilità tecnologica
Hans Jonas "Principio di responsabilità un'etica e la responsabilità tecnologica"
Tema di carattere generale su “Avevo vent'anni sogni e stili delle nuove generazioni”
Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questa è la più bella età della mia vita” (Paul Nizan, Aden Arabia, 1931)
Il candidato rifletta sulla dichiarazione di Nizan e discuta problemi, sfide e sogni delle nuove generazioni
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Prima prova scritta
Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
REDAZIONE DI UN “SAGGIO BREVE” O DI UN “ARTICOLO DI GIORNALE”
TIPOLOGIA B -
(puoi scegliere uno degli argomenti relativi ai quattro ambiti proposti)
CONSEGNE
Sviluppa l’argomento scelto o in forma di «saggio breve» o di «articolo di giornale», utilizzando, in tutto o in
parte, e nei modi che ritieni opportuni, i documenti e i dati forniti.
Se scegli la forma del «saggio breve» argomenta la tua trattazione, anche con opportuni riferimenti alle tue
conoscenze ed esperienze di studio.
Premetti al saggio un titolo coerente e, se vuoi, suddividilo in paragrafi.
Se scegli la forma dell’«articolo di giornale», indica il titolo dell’articolo e il tipo di giornale sul quale pensi
che l’articolo debba essere pubblicato.
Per entrambe le forme di scrittura non superare cinque colonne di metà di foglio protocollo.
1. AMBITO ARTISTICO - LETTERARIO
ARGOMENTO: Il labirinto. DOCUMENTI
P. P , Minotauromachia, 1935 J. P , Pasiphaë, 1943 M.C. E , Relatività, 1953
ICASSO OLLOCK SCHER
Correndo, usciro in un gran prato, e quello / avea nel mezzo un grande e ricco ostello. // Di vari marmi con suttil
«[…] messa d’oro / con la donzella in braccio il cavalliero. /
lavoro / edificato era il palazzo altiero. / Corse dentro alla porta
Dopo non molto giunse Brigliadoro, / che porta Orlando disdegnoso e fiero. / Orlando, come è dentro, gli occhi gira; / né
/ dove più dentro il bel tetto s’alloggia: / corre di
più il guerrier, né la donzella mira. // Subito smonta, e fulminando passa
qua, corre di là, né lassa / che non vegga ogni camera, ogni loggia. / Poi che i segreti d’ogni stanza bassa / ha cerco invan,
di sotto, il tempo e l’opra. // D’oro e di seta
su per le scale poggia; / e non men perde anco a cercar di sopra, / che perdessi
i letti ornati vede: / nulla de muri appar né de pareti; / che quelle, e il suolo ove si mette il piede, / son da cortine ascose e
da tapeti. / Di su di giù va il conte Orlando e riede, / né per questo può far gli occhi mai lieti / che riveggiano Angelica, o
quel ladro / che n’ha portato il bel viso leggiadro. // E mentre or quinci or quindi invano il passo / movea, pien di
ed altri cavallieri / vi ritrovò ch’andavano
travaglio e di pensieri, / Ferraù, Brandimarte e il re Gradasso, / re Sacripante
alto e basso, / né men facean di lui vani sentieri; / e si ramaricavan del malvagio / invisibil signor di quel palagio. // Tutti
cercando il van, tutti gli dànno / colpa di furto alcun che lor fatt’abbia: / del destrier che gli ha tolto, altri è in
affanno; / ch’abbia perduta altri la donna, arrabbia; / altri d’altro l’accusa: e così stanno, / che non si san partir di
quella gabbia; / e vi son molti, a questo inganno presi, / stati le settimane intiere e i mesi.»
Ludovico , Orlando furioso, ed. 1532, Canto dodicesimo, Ottave 7-12
ARIOSTO
«Avevo percorso un labirinto, ma la nitida Città degl’Immortali m’impaurì e ripugnò. Un labirinto è un edificio
costruito per confondere gli uomini; la sua architettura, ricca di simmetrie, è subordinata a tale fine. Nel palazzo
che imperfettamente esplorai, l’architettura mancava di ogni fine. Abbondavano il corridoio senza sbocco, l’alta
finestra irraggiungibile, la vistosa porta che s’apriva su una cella o su un pozzo, le incredibili scale rovesciate, coi
gradini e la balaustra all’ingiù. Altre aereamente aderenti al fianco d’un muro monumentale, morivano senza
giungere ad alcun luogo, dopo due o tre giri, nelle tenebre superiori delle cupole. Ignoro se tutti gli esempi che ho
enumerati siano letterali; so che per molti anni infestarono i miei incubi; non posso sapere ormai se un certo
particolare è una trascrizione della realtà o delle forme che turbarono le mie notti.»
L’immortale, in “L’Aleph”, Feltrinelli, orig. “El Aleph”, 1949)
Jorge Luis B , Milano 1959 (ed.
ORGES
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Prima prova scritta
Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
gente che s’incontra, se gli chiedi: – – fanno un gesto intorno che non sai se voglia dire: “Qui”,
«La Per Pentesilea?
oppure: “Più in là”, o: “Tutt’in giro”, o ancora: “Dalla parte opposta”.
– –
La città, insisti a chiedere.
– – –
Noi veniamo qui a lavorare tutte le mattine, ti rispondono alcuni, e altri: Noi torniamo qui a dormire.
– –
Ma la città dove si vive? chiedi.
– Dev’essere, – –
dicono, per lí, - e alcuni levano il braccio obliquamente verso una concrezione di poliedri opachi,
all’orizzonte, mentre altri indicano alle tue spalle lo spettro d’altre cuspidi.
– Allora l’ho oltrepassata senza accorgermene?
– No, prova a andare ancora avanti.
Così prosegui, passando da una periferia all’altra, e viene l’ora di partire da Pentesilea. Chiedi la strada per uscire dalla
città; ripercorri la sfilza dei sobborghi sparpagliati come un pigmento lattiginoso; viene notte; s’illuminano le finestre ora
più rade ora più dense.
Se nascosta in qualche sacca o ruga di questo slabbrato circondario esista una Pentesilea riconoscibile e ricordabile da chi
c’è stato, oppure se Pentesilea è solo periferia di se stessa e ha il suo centro in ogni luogo, hai rinunciato a capirlo. La
domanda che adesso comincia a rodere nella tua testa è più angosciosa: fuori da Pentesilea esiste un fuori? O per quanto
ti allontani dalla città non fai che passare da un limbo all’altro e non arrivi a uscirne?»
Italo , Le città invisibili, Einaudi, Torino 1972
CALVINO
«“Ragioniamo,” disse Guglielmo, “Cinque stanze quadrangolari o vagamente trapezoidali, con una finestra ciascuna,
che girano intorno a una stanza eptagonale senza finestre a cui sale la scala. Mi pare elementare. Siamo nel torrione
orientale, ogni torrione dall’esterno presenta cinque finestre e cinque lati. Il conto torna. La stanza vuota è proprio
quella che guarda a oriente, nella stessa direzione del coro della chiesa, la luce del sole all’alba illumina l’altare, il che
mi sembra giusto e pio. L’unica idea astuta mi pare quella delle lastre di alabastro. Di giorno filtrano una bella luce, di
notte non lasciano trasparire neppure i raggi lunari. Non è poi un gran labirinto. Ora vediamo dove portano le altre due
porte della stanza eptagonale. Credo che ci orienteremo facilmente.” Il mio maestro si sbagliava e i costruttori della
biblioteca erano stati più abili di quanto credessimo. Non so bene spiegare cosa avvenne, ma come abbandonammo il
torrione, l’ordine delle stanze si fece più confuso. Alcune avevano due, altre tre porte. Tutte avevano una finestra,
anche quelle che imboccavamo partendo da una stanza con finestra e pensando di andare verso l’interno dell’Edificio.
Ciascuna aveva sempre lo stesso tipo di armadi e di tavoli, i volumi in bell’ordine ammassati sembravano tutti uguali
aiutavano certo a riconoscere il luogo con un colpo d’occhio.»
e non ci Umberto E , Il nome della rosa, Prima ed. riveduta e corretta, Bompiani, Milano 2012 (Prima ed. 1980)
CO
2. AMBITO SOCIO - ECONOMICO
ARGOMENTO: I giovani e la crisi. DOCUMENTI
ha lasciato per strada, negli ultimi tre anni, più di un milione di giovani lavoratori di età
«La crisi dell’economia
compresa tra i 15 ed i 34 anni. E sono stati soprattutto loro a pagare il conto della turbolenza economica e
l’Europa e l’Italia, fiaccandone la crescita. Tra il 2008 ed il 2011, infatti,
finanziaria che da anni investe
l’occupazione complessiva in Italia è scesa di 438 mila unità, il che significa che senza il crollo dell’occupazione
Tra il 2008 e il 2011, secondo i dati dell’Istat
giovanile ci sarebbe stata addirittura una crescita dei posti di lavoro.
sull’occupazione media, i lavoratori di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono passati da 7 milioni e 110 mila a 6
milioni e 56 mila. La diminuzione dei giovani occupati, pari a 1 milione 54 mila unità, ha riguardato sia gli uomini
che le donne, più o meno nella stessa proporzione (meno 622 mila posti di lavoro tra gli uomini, meno 432 mila tra
le giovani donne), ed in modo più intenso il Nord ed il Sud del Paese che non il Centro.»
tra i 15 e i 35 anni, “Corriere della Sera”
Mario S , Crolla l’occupazione - 8/04/2012
ENSINI
«Giovani al centro della crisi. In Italia l’11,2% dei giovani di 15-24 anni, e addirittura il 16,7% di quelli tra 25 e 29
anni, non è interessato né a lavorare né a studiare, mentre la media europea è pari rispettivamente al 3,4% e all’8,5%.
Di contro, da noi risulta decisamente più bassa la percentuale di quanti lavorano: il 20,5% tra i 15-24enni (la media
Ue è del 34,1%) e il 58,8% tra i 25-29enni (la media Ue è del 72,2%). A ciò si aggiunga che tra le nuove generazioni
sta progressivamente perdendo appeal una delle figure centrali del nostro tessuto economico, quella dell’imprenditore.
Solo il 32,5% dei giovani di 15-35 anni dichiara di voler mettere su un’attività in proprio, meno che in Spagna
(56,3%), Francia (48,4%), Regno Unito (46,5%) e Germania (35,2%).
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Prima prova scritta
Ministero dell’Istruzione, dell’ Università e della Ricerca
La mobilità che non c’è, questione di cultura e non di regole. I giovani sono oggi i lavoratori su cui grava di più il
costo della mobilità in uscita. Nel 2010, su 100 licenziamenti che hanno determinato una condizione di
inoccupazione, 38 hanno riguardato giovani con meno di 35 anni e 30 soggetti con 35-44 anni. Solo in 32 casi si è
trattato di persone con 45 anni o più. L’Italia presenta un tasso di anzianità aziendale ben superiore a quello dei
principali Paesi europei. Lavora nella stessa azienda da più di dieci anni il 50,7% dei lavoratori italiani, il 44,6% dei
tedeschi, il 43,3% dei francesi, il 34,5% degli spagnoli e il 32,3% degli inglesi. Tuttavia, solo il 23,4% dei giovani
risulta disponibile a trasferirsi in altre regioni o all’estero per trovare lavoro.»
45° R C , Lavoro, professionalità, rappresentanze, Comunicato stampa 2/12/2011
APPORTO ENSIS
«Il lavoro che si riesce a ottenere con un titolo di studio elevato non sempre corrisponde al percorso formativo intrapreso.
La coerenza tra il titolo posseduto e quello richiesto per lavorare è, seppur in lieve misura, più elevata tra i laureati in
corsi lunghi piuttosto che tra quanti hanno concluso corsi di durata triennale. Infatti, i laureati in corsi lunghi dichiarano
di svolgere un lavoro per il quale era richiesto il titolo posseduto nel 69% dei casi mentre tra i laureati triennali tale
percentuale scende al 65,8%. D’altra parte a valutare la formazione universitaria effettivamente necessaria all’attività
lavorativa svolta è circa il 69% dei laureati sia dei corsi lunghi sia di quelli triennali. Una completa coerenza tra titolo
–
posseduto e lavoro svolto la laurea, cioè, come requisito di accesso ed effettiva utilizzazione delle competenze acquisite
per lo svolgimento dell’attività lavorativa – è dichiarata solo dal 58,1% dei laureati nei corsi lunghi e dal 56,1% dei
laureati triennali. All’opposto, affermano di essere inquadrati in posizioni che non richiedono la laurea sotto il profilo né
formale, né sostanziale il 20% dei laureati in corsi lunghi e il 21,4% di quelli triennali.»
–
ISTAT Università e lavoro: orientarsi con la statistica - http://www.istat.it/it/files/2011/03/seconda_parte.pdf
quella di Steve Jobs. […] Mollò gli studi pagati dai genitori adottivi al college di
«Che storia, e che vita incredibile,
Portland, in Oregon, dopo pochissimi mesi di frequenza. Se ne partì per un viaggio in India, tornò, e si mise a
[…] Era fuori dagli
frequentare soltanto le lezioni che gli interessavano. Ovvero, pensate un po’, i corsi di calligrafia.
standard in ogni dettaglio, dalla scelta di presentare personalmente i suoi prodotti da palchi teatrali, al look ultra
“Il disse l’inventore
minimal, con i suoi jeans e i suoi girocollo neri alla Jean Paul Sartre. vostro tempo è limitato -