Anteprima
Vedrai una selezione di 1 pagina su 4
Sometimes quiet is violent, percorso Pag. 1
1 su 4
Disdici quando vuoi 162x117
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Sintesi

Collegamenti Sometimes quiet is violent, percorso



Inglese- Mary Shelley, " Frankestein".
Italiano- Baudelaire- l'albatro; Leopardi-il passero solitario.
Greco- Menandro " duskolos", la figura di Cnemone e l'autarkeia.
Filosofia- La visione della solitudine in Kierkegaard e Schopenhauer.
Latino- Seneca De otio e De tranquillitate animi.
Arte- Edgar Degas- l'assenzio.
Storia- Hitler e la sua reclusione.
Estratto del documento

“ Sometimes quiet is violent”

L’immagine che vediamo è l’assenzio, uno dei dipinti

impressionisti di Edgar Degas, che ritrae una delle peggiori

condizioni in cui l’uomo possa mai trovarsi, la solitudine. È

piuttosto complicato fornire una definizione universale di

quest’ultima in quanto ciascuno la vive a suo modo. Essa

tocca profondamente tutti gli uomini, è ineliminabile e ci

accompagna per tutta la vita e se per alcuni è una prigione

da cui l’uomo deve necessariamente sfuggire, i più

fortunati la ritengono la strada per la ricerca interiore.

Mentre nella lingua italiana il termine solitudine racchiude

in sé sia la connotazione positiva che quella negativa, la

lingua inglese ne possiede due dal significato opposto:

solitudine e loneliness. Per comprendere meglio il primo

termie, ritengo sia opportuno tirare in ballo una delle figure

più celebri della letteratura latina vale a dire Seneca. Tra la

sua vasta produzione letteraria ricordiamo il de

tranquillate animi e il de otio, dialoghi in cui il filosofo si

interroga sulla partecipazione del saggio alla vita politica.

Se nel primo Seneca invita il saggio a rendersi partecipe

dell’attività politica, alternandola a momenti di otium in

modo che il suo animo non venga turbato, nel secondo lo

invita alla solitudine contemplativa che considera

un’inattività solo apparente perché questa agisce per gli

interessi dell’intera comunità. Diversamente da Seneca il

quale vedeva la solitudine il mezzo per giovare gli altri, la

pensava Kierkegaard. Il filosofo danese definiva la

solitudine la condizione necessaria della fede la quale è un

luogo in cui non si entra in compagnia. Ciò che accomuna i

due è il volere la solitudine, desiderio che riscontriamo

anche in un altro filosofo del 18 secolo, Arthur

Schopenhauer. Secondo lui la solitudine è quella condizione

non tollerata dall’uomo che lo spinge ad essere per bisogno

socievole nonostante egli per natura sia cattivo e invidioso.

A proposito egli scrisse “ chi non ama la solitudine non ama

neppure la libertà perché è solo essendo soli che si è liberi”

mostrando così come lo stare soli sia l’unica via per chi

decida di essere tranquillo e libero. Tale considerazione era

già stata fatta da Cnemone, protagonista del duskolos,

commedia di Menandro, autore ateniese del 4 secolo a.C.

Cnemone è un misantropo che è vissuto all’insegna

dell’autarkeia vale a dire dell’autosufficienza fino a

che,trovandosi sul punto di cadere dentro a un pozzo, non

venne salvato dal figliastro scoprendo così la gratuità e

l’utopia di poter rinunciare agli altri. Accanto alla solitudine

di cui abbiamo parlato finora si affianca l’isolamento

imposto, il cui termine inglese è loneliness. Un esempio di

tale stato ci può essere fornito da uno dei piu noti poeti

italiani, Giacomo Leopardi, il cui padre fu un uomo erudito e

molto legato alla tradizione che non permise ai figli di gioire

insieme ai coetanei. La manifestazione della solitudine

vissuta nel corso della sua vita diventa tematica principale

ne Il passero solitario, un canto inserito tra i primi idilli. In

questo canto, il poeta rivede se stesso in un passero che

sta da solo lontano dagli altri uccelli che cantano contenti

per l’arrivo della primavera. Leopardi è il tipico uomo che

non riuscendo a vivere da solo arriva a porre la solidarietà

valore essenziale nella vita dell’uomo perchè il solo che gli

permette di tollerare il dolore dell’universo. Diversa fu la

situazione di Charles Baudealire, il poeta simbolista che

avvertì un senso di disagio nella società in cui viveva. Ciò

appare visibile nella poesia “l’albatro”contenuta nella

raccolta “ i fiori del male”.Qui il poeta associa la figura

dell’albatro, preso in giro dai marinai perché impacciato

sulla terra ma aggraziato in cielo, a quella del poeta il quale

avendo perso la sua condizione di prestigio in una società

non più in grado di comprendere la sua sensibilità, viene

ripudiato da quest’ultima. Non è la prima volta che la

società si pone in contrasto con l’individuo provocandone

l’abbattimento fisico e psichico e facendo si che questo

cambi la sua visione del mondo. This can be exemplified by

the main character of Frankestein, Mary Shelley’s best work

of fiction. Unlike its inventor, the monster does not choose

to be alienated but it is isolated by society because its

hideous aspect. The first experience with world is when it

opens its eyes and sees its inventor scared. It is left alone

with no information about who it iss and where it is. It is

like a new born child left alone in the enormous world.

Afeter many attemps to fit into society it realizes it will

never be accepted by humans. The situation it is living

brings him to enrage against mankind and to kill people.

Per non ripetere l’esperienza della solitudine, l’uomo è

disposto a tutto nei peggiori casi anche ad uccidere.

Dunque la guerra può essere vista come reazione alla

solitudine. Ne è la dimostrazione Adolph Hitler, il quale in

segitoi al colpo di stato in Baviera venne condannato a 5

anni di reclusione. Nonostante non scontò interamente la

pena, il tempo che passò in prigione fece si che Hitler

maturasse le idee che, sfortunatamente, lo porteranno a

diventare il Fuhrer del terzo reich. Cos’è la solitudine? Se

volessi dare una definizione direi che è un momento in cui

la propria esperienza è distaccata da quella altrui. L’uomo

scosso dalla dura realtà esterna è portato a rinchiudersi in

una condizione di alienazione che non gli permette di

instaurare un autentico rapporto con gli altri. A tal

proposito mi trovo assolutamente d’accordo con quanto

affermato dal filosofo greco Aristotele nel 4 sec a.c, cioè

che l’uomo è un zoon politikon, ossia un animale che

acquisisce la sua valenza di individuo solamente se

Dettagli
Publisher
4 pagine
8 download