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Collegamenti Paralisi della scelta, percorso
Filosofia: Kierkegaard.
Arte: Munch.
Inglese: James Joyce, Eveline.
Storia: La società di massa.
Latino: Seneca, epistola VII a Lucilio.
Italiano: Pirandello, La Carriola.
KIERKEGAARD (1813-1855)
Una delle sue maggiori opere è il libro Aut-Aut nel quale egli rivendica la singolarità
dell'esistenza individuale mostrando come, nel corso della sua vita, si aprano di
fronte all'uomo possibilità di scelta esistenziali che portano l’individuo a far
esperienza di tre precisi stadi di vita: estetico, etico e religioso. Non si tratta però di
salto
tappe collegate tra loro, al contrario, fra esse c'è un per cui ogni stadio risulta
scelta
alternativo all'altro. Fra queste modalità di vita s'impone dunque una (Aut-
Aut) che determinerà il corso futuro dell’esistenza.
Stadio estetico : l’esteta è colui che dedica la propria vita alla ricerca del piacere
rifiutando di assumere un qualsivoglia ruolo sociale. La scelta della vita estetica
porta però alla perdizione poiché il singolo non è in grado di scegliere se stesso
disperdendosi invece in cose futili.
Stadio etico : al contrario l’uomo etico è colui che assume un determinato ruolo
scegliendo la riaffermazione di sé. Tuttavia, assumendo forme universali, l’individuo
viene irretito dal conformismo sociale e ancora una volta la sua singolarità viene
annullata. Allo stesso tempo, l’emergere della personalità, che ha permesso la
scelta di scegliere, conduce al riconoscimento di sé come individuo, dunque di
fronte a Dio e di fronte alla propria natura limitata.
Stadio religioso : la vita religiosa si presenta come soluzione a-razionale capace
però di risolvere tale contraddizione. Il singolo ha la libertà di scegliere tra varie
possibilità e il dovere di assumersi le rispettive conseguenze. Il passaggio dallo
salto nella fede
stadio etico a quello religioso avviene tramite un che rompe ogni
legame tra ciò che è razionale e ciò che non lo è, ponendo una netta differenza tra
vita etica e vita religiosa ed evidenziando come la fede sia un rapporto personale
tra il singolo e Dio.
Tema centrale della filosofia kierkegaardiana è dunque la possibilità della scelta.
Da esse dipende il suo destino nell’eternità e tale consapevolezza rende l’uomo
preda dell’angoscia. L’angoscia è la paura di scegliere tra alternative inconciliabili
dal momento che nessuna di queste garantisce un saldo terreno sotto i piedi.
D’altronde l’angoscia è preparazione alla fede e deriva dal peccato. Partendo
da questa tesi paradossale, Kierkegaard spiega come l’uomo viva in uno stato di
innocenza prima che il peccato entri nel mondo. Ma che cos’è l’innocenza?
L'innocenza è ignoranza, è la condizione della naturalità in cui l'uomo non è
determinato come spirito, non è ancora consapevole del bene e del male. Egli in
questo stato non è peccatore perché non può scegliere, ma in quanto non può
scegliere non è nemmeno identificabile come individuo. È il divieto divino a dare
all’uomo la possibilità di scegliere di infrangerlo, esso determina
l’autoconsapevolezza ed espone all’eventualità della colpa. Definisce inoltre la
natura paradossale che è insita nell’uomo: se egli non potesse peccare non
sé
sarebbe un ma in quanto può peccare è preda dell’angoscia. Kierkegaard
“vertigine della libertà”
descrive questo stato d’animo come affermando che tale
contraddizione resta insolubile ma conduce l’individuo alla possibilità della fede.
D’altronde il passaggio dal sentimento dell’angoscia alla fede non avviene in modo
diretto poiché il precedente paradosso dell’esistenza umana non genera
nell’individuo solamente angoscia ma anche disperazione. La disperazione nasce
dal prendere coscienza dei propri limiti e dall’impossibilità di andare oltre se stessi.
malattia mortale,
Per questo motivo essa viene considerata non per il fatto che
conduce alla morte fisica, che in questo senso sarebbe considerata una liberazione,
ma in quanto è proiezione della morte stessa nell’eternità. Il rapporto del singolo
con Dio implica il salto nella fede che si presenta come unica risposta alle proprie
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contraddizioni ed è una scelta motivata dal desiderio di superare lo stato di
disperazione in cui altrimenti si resterebbe imbrigliati.
EDVARD MUNCH (1863-1944)
Le radici dell’arte di Munch sono più letterarie che figurative. Profondamente
suggestionato dalla filosofia esistenzialista di Kierkegaard, egli ha una visione della
realtà permeata dal senso incombente e angoscioso della morte. Tristemente
afflitto da una vita segnata dal dolore sin dall’infanzia e caratterizzata da tragici
lutti familiari che molto influenzarono la sua maturazione di un pensiero fortemente
negativo, quella di Munch è una pittura che indaga più l’anima che la realtà o, per
meglio dire, il pittore filtrava la realtà attraverso il suo stato d’animo.
Particolarmente dotato di introspezione psicologica, egli seppe tramutare la sua
sofferenza e angoscia in pittura; la sua anima malata, turbata e solitaria venne
messa a nudo nella sua pittura e le sue tele ci parlano del suo malessere interiore.
Venuto a contatto con gli Espressionisti, Munch farà largo uso di colori violenti
come espressione della disperazione che sembra nascere dal semplice esistere e
non da una causa ben precisa. In lui confluiranno vari temi sociali e psicologici tra
l’incertezza del futuro, la disumanizzazione della borghesia, la solitudine umana
cui
la paura della morte. “L’Urlo”,
e In particolare datato 1893, è uno dei suoi quadri
più celebri e drammatici, un’opera che ben si presta ad un’interpretazione
psicologica di rilievo. Si tratta di un olio e tempera su tela che fa parte di una
paura di vivere.
serigrafia di circa dieci tele trattanti la tematica della L’opera,
simbolo dell’inquieto pittore norvegese e manifesto dell’angoscia esistenziale di
un’intera generazione di artisti che di lì a poco dovrà affrontare la tragica
esperienza della prima Guerra Mondiale, rappresenta in primo piano un uomo che
grida, stravolto nelle sembianze dall’angoscia esistenziale e dal terrore che lo
sconvolgono interiormente. Il suo corpo è privo di una struttura scheletrica, ridotto
ad una forma serpentinata ricorda più uno spirito che la figura di una persona
umana. Al posto della testa vi è un teschio sorretto da mani scheletriche e
ricoperto di pelle mummificata, in essa risaltano i fori delle narici e degli occhi
mentre le labbra, di colore nero, sono il vero centro compositivo del quadro. Infatti
dall’ovale della bocca si diparte il grido che anima non solo il viso ma anche l’intero
paesaggio circostante cui esso si estende. A tal proposito, particolare è
l’andamento vorticoso acquisito dal cielo e dal mare: i due elementi naturali sono
delineati da convulse pieghe dai colori violenti. Infine osserviamo come l’uomo si
trovi su di un ponte che verosimilmente rappresenta la vita, in particolare il
passaggio tra passato e presente. Su di esso non vi si trova solamente l’uomo
animato dal grido ma anche altre due figure umane che si allontano all’orizzonte
abbandonando l’amico e ignorando la sua disperazione; è proprio con la
rappresentazione di questo atteggiamento che Munch vuole rappresentare la
falsità dei rapporti umani. Egli stesso infatti, proprio in occasione della realizzazione
<<Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole
di quest’opera, scrisse:
tramontò, il cielo si tinse all’improvviso di rosso sangue, mi fermai, mi appoggia
stanco morto ad un recinto, sul fiordo neroazzurro e sulla città c’erano sangue e
lingue di fuoco, i miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di
paura e sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura>>.
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JAMES JOYCE (1882-1941)
James Joyce was born in 1882 in Dublin and after graduating he left Ireland finding it
an obstacle to his own artistic development and in order to have the objectivity
necessary to write about Ireland. The relationship between Joyce and Ireland was
complex; he was disgusted with the atmosphere of paralysis and decay, but at the
same time he admired its dignity, humanity and culture.
Joyce’s best work is Dubliners. It’s a collection of fifteen short stories, where the
failure of self-realization of the characters is examined in biographical and
psychological aspects. Joyce chooses Dublin for the scene because he considers his
paralysis.
city the centre of the
paralysis
This is both physical and moral, linked to religion, politics and culture.
Ordinary men and women accept the limitations imposed by the social context they
have to live in because they aren’t aware of it and because they haven’t the courage
to rebel. So the main theme is the failure to find a way out of paralysis; the opposite of
“escape”but
paralysis is the it is destined to failure.
realistic,
The style of Dubliners is apparently because Joyce recreates characters,
symbolic,
streets, places with many details, but it is also in fact these details have a
deeper meaning.
Joyce’s task is to reveal to the reader the essence of the life beyond the usual aspects
epiphany. “manifestations showing”
using the Epiphany means or and indicates the
moment when a simple object or situation makes a person realise his condition.
One example of paralysis in Dubliners is represented by the short story of Eveline. It
first section
can be divided into two sections, the about Eveline's considerations of her
second section
life and the one is about her moral failure.
Eveline was at the window and her mind flowed towards her past and actual life, for
example about her childhood and her father, a violent and drunken man and then
about Ernest, her older brother and about her mother’s death. At the end she thought
also about her fiancé, Frank, a strong sailor and lovely guy. Frank and Eveline wanted
to escape from Ireland to go to Buenos Aires; Eveline accepts to leave her home but
the sound of a street organ reminds her about her mother’s death. Eveline’s dilemma
escape)
is a future far from her family with Frank (the and the passivity of her home
paralysis).
city (the
The story is told by Eveline's point of view even to give voice to her thoughts.
Eveline’s character isn’t introduced in a traditional way since we haven’t information
about her physical appearance, family or school but the reader collect some
in medias res”
information from the development of her thoughts. It is an “ opening.
Eveline appears tired, linked to stillness and paralysis and her only life is in her mind.
Eveline's present life is linked with stillness, her past with the death of her mother and
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her future is linked with love, action, sea and escape. Eveline is compared to an
"helpless animal", since she is passive, paralysed, unable to make up any decision.
The access to the character's consciousness is realized by Joyce through the technique
“epiphany”,
of that is a deeper revelation of an unknown reality and the sound of the
street organ can be considered as the epiphany of this story. Infact Eveline remembers
her promise to her mother and understands the emptiness of her dreams and her love.
At first her plan to escape coexists with her antithetical wish to live in her home while
at the end there is the failure of her project of escaping and paralysis wins inside her
soul.
“Eveline” is a story of paralysis: she is a simple girl who can’t escape from the prison
of her home, in fact she can be considered as a slave of familiar and emotional life.
Eveline, like other Dubliners, would like to escape from the place where her life is
constrained inside a traditional role but she lacks the psychological determination to
pursue her dreams and she is paralysed by her resignation to continue her old life.
LA SOCIETA’ DI MASSA
Alla fine dell’800 il mondo occidentale ha assistito ad uno degli eventi più importanti
della storia mondiale, che ha sconvolto ogni aspetto della vita dell’uomo moderno,
dalla mentalità all’economia, dalla cultura alla società: la Seconda Rivoluzione
Industriale. Conseguenze dirette di questo grandioso avvenimento furono uno
spropositato aumento della popolazione, dovuto alla nascente industria medica e