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Sintesi
INTRODUZIONE
Follia
[Fol-lì-a] s.f.
• 1 Grave infermità mentale, perdita della ragione SIN pazzia: vittime della f. || alla f., fino alla f., moltissimo, perdutamente: amare qlcu. fino alla f. |f. collettiva, fenomeno di esaltazione di massa che può portare a manifestazioni violente.
• 2 Atteggiamento, atto sconsiderato, insensato, avventato || fare follie, non badare a spese; anche divertirsi in modo particolare | fare follie per qlco., per qlcu., essere disposto a tutto.
Con queste parole viene definita il più delle volte la follia, ma chi è veramente una persona folle: una persona da rinchiudere in una clinica e da “riempire” di psicofarmaci, o semplicemente una persona che ha la capacità di vedere le cose come pochi sono capaci? La storia ci insegna che l’essere folli non è soltanto una malattia mentale, ma un privilegio, che se usato correttamente da chi lo possiede, farà di quella persona addirittura un genio. Esempi emblematici di chi ha saputo sfruttare la propria follia e tramutarla in genialità si possono ritrovare nel grandissimo fisico e filosofo Albert Einstein e, in modo analogo in tutti i più grandi filosofi, scienziati, inventori, artisti, scrittori, e tutti i personaggi che hanno scritto la storia dell’umanità, nel bene o nel male, sono stati per prima folli e poi geni, e come affermava il grande filosofo Aristotele: «Non esiste grande genio senza una dose di follia».
Inoltre, l’essere folli ci aiuta a sopravvivere, a svagare la mente dalla vita monotona di tutti i giorni, anche con delle semplici azioni che differiscono da quelle usuali, tornare ad essere un po’ come i bambini, dove l’essere folli è la normalità ed essere normali è l’essere folli, e poi chi ci dice cos’è una cosa normale o cosa non lo è?! A volte l’essere un po’ folli ci aiuta anche a superare i momenti più bui della nostra vita, a vivere con serenità anche le più grandi disgrazie, andare avanti, nonostante il mondo che ci circonda stia diventando sempre di più il posto meno felice e appropriato in cui vivere, ci aiuta a liberarci da questa prigione eterna che ci impone la società, che se proprio non possiamo cambiare, possiamo per lo meno viverla con occhi diversi. «Si dice che per sopravvivere qui bisogna essere matti ...quasi come un cappellaio... e per fortuna io lo sono!» - Cappellaio matto (interpretato da Johnny Depp nel film “Alice in Wonderland”) anche se tale frase si riferisce al “paese delle meraviglie”, dove il cappellaio si trova, può essere fatta valere anche nel mondo reale, affrontando la vita sempre con un pizzico di follia.
Estratto del documento

ISTITUTO D’ISTRUZIONE SECONDARIA SUPERIORE “V. CUOCO – O. FASCITELLI” – ISERNIA

«Ti svelo un segreto: tutti i migliori sono matti!»

(Alice in Wonderland)

VALERI GIORGIA

VE (LICEO LINGUISTICO)

ANNO SCOLASTICO 2013/2014 INTRODUZIONE

Follia

[Fol-lì-a] s.f.

1 Grave infermità mentale, perdita della ragione SIN pazzia: vittime della

 f. || alla f., fino alla f., moltissimo, perdutamente: amare qlcu. fino alla f. |f.

collettiva, fenomeno di esaltazione di massa che può portare a manifestazioni

violente.

2 Atteggiamento, atto sconsiderato, insensato, avventato || fare follie, non

 badare a spese; anche divertirsi in modo particolare | fare follie per qlco., per

qlcu., essere disposto a tutto.

Con queste parole viene definita il più delle volte la follia, ma chi è veramente una

persona folle: una persona da rinchiudere in una clinica e da “riempire” di psicofarmaci,

o semplicemente una persona che ha la capacità di vedere le cose come pochi sono

capaci? La storia ci insegna che l’essere folli non è soltanto una malattia mentale, ma un

privilegio, che se usato correttamente da chi lo possiede, farà di quella persona

addirittura un genio. Esempi emblematici di chi ha saputo sfruttare la propria follia e

tramutarla in genialità si possono ritrovare nel grandissimo fisico e filosofo Albert

Einstein e, in modo analogo in tutti i più grandi filosofi, scienziati, inventori, artisti,

scrittori, e tutti i personaggi che hanno scritto la storia dell’umanità, nel bene o nel

male, sono stati per prima folli e poi geni, e come affermava il grande filosofo

Aristotele: «Non esiste grande genio senza una dose di follia».

Inoltre, l’essere folli ci aiuta a sopravvivere, a svagare la mente dalla vita monotona di

tutti i giorni, anche con delle semplici azioni che differiscono da quelle usuali, tornare

ad essere un po’ come i bambini, dove l’essere folli è la normalità ed essere normali è

l’essere folli, e poi chi ci dice cos’è una cosa normale o cosa non lo è?! A volte l’essere

un po’ folli ci aiuta anche a superare i momenti più bui della nostra vita, a vivere con

serenità anche le più grandi disgrazie, andare avanti, nonostante il mondo che ci

circonda stia diventando sempre di più il posto meno felice e appropriato in cui vivere,

ci aiuta a liberarci da questa prigione eterna che ci impone la società, che se proprio

non possiamo cambiare, possiamo per lo meno viverla con occhi diversi. «Si dice che per

sopravvivere qui bisogna essere matti ...quasi come un cappellaio... e per fortuna io lo

sono!» - Cappellaio matto (interpretato da Johnny Depp nel film “Alice in Wonderland”)

anche se tale frase si riferisce al “paese delle meraviglie”, dove il cappellaio si trova,

può essere fatta valere anche nel mondo reale, affrontando la vita sempre con un pizzico

di follia. INDICE

STORIA Adolf Hitler: la follia del nazismo ......... 1

ITALIANO Luigi Pirandello: i folli pirandelliani 4

FILOSOFIA Sigmund Freud: la nevrosi ................ 7

LATINO Tacito: la follia di Nerone .......................... 9

INGLESE Virginia Woolf: “Mrs Dalloway” ......... 12

FRANCESE Gérard de Nerval : entre la folie, le

rêve et la lucidité ........................................................ 14

TEDESCO Friedrich Dürrenmatt: “Die Physiker”

....................................................................................... 16

FISICA Albert Einstein: il genio folle della

relatività ...................................................................... 18

BIOLOGIA Il sistema nervoso e la schizofrenia .. 20

STORIA DELL’ARTE Vincent van Gogh: il

“pittore malato” ........................................................... 23

E PER CONCLUDERE…

L’INVITO DELLA FOLLIA ..................................... 25

MATTI – RENATO ZERO .................................... 26

UN FILM “FOLLE”: “ALICE IN WONDERLAD” 28

STORIA

Adolf Hitler: la follia del nazismo

Seguendo l'ideologia del folle “Mein Kampf” (la mia

battaglia), che aveva scritto nel periodo in cui era in

carcere per aver provocato agitazioni, Hitler portò

avanti la sua politica totalitaria che presupponeva che

l'impero germanico non potesse avere tutta la sua

potenza poiché vi erano presenti persone di etnia e

lingua diversa che lo sfruttavano indebolendolo, e la

democrazia era lo strumento che lui riteneva dava la

possibilità a queste minoranze parassitarie di ottenere

il potere e di conseguenza indebolivano ulteriormente lo

stato. La politica nazista era perciò quella di unire in un

unico grande stato tutti i cittadini di lingua tedesca, e

evitare il plurilinguismo e il multirazzismo all'interno

dello stato. Il principio dell'ideologia nazionalsocialista

si fondava sul concetto di razza. L'utopia del concetto

Copertina del "Mein Kamf" di razza presupponeva che la razza ariana fosse la più

pura e dovesse dominare su tutte le altre ritenute inferiori, e principalmente sulla razza

ebrea. Secondo il concetto del nazionalsocialismo la nazione è il fulcro della razza,

perciò la creazione di una grande razza porta la nazione ad essere grande e potente, e

per essere potente deve avere una grande potenza militare, con dei soldati perfetti

fisicamente, razionali, intelligenti, aggressivi e coraggiosi, e naturalmente obbedienti

senza discutere. Gli stati che non possono difendere i propri confini sono nazioni

formate da razze deboli e quindi devono essere sottomesse e rese schiave della razza

dominante e, sempre secondo la logica nazista, se una nazione forte aveva bisogno di

spazi e risorse di un altro stato aveva il diritto e il dovere di prenderseli, sottomettendo

le popolazioni degli stati invasi decidendo se tali popolazioni andassero schiavizzate o

eliminate. In base a questi ideali le razze senza un proprio stato erano considerate

parassitarie, e più le persone che le componevano erano agiate, maggiore era

considerato il parassitismo, e perciò per la teoria nazista la razza pura e dominatrice

doveva rinforzarsi facendo piazza pulita degli individui parassiti, è questa era la scusa

adottata per eliminare fisicamente specialmente gli ebrei e gli slavi, non si può certo

dire che tutti i nazisti convidividessero pienamente queste utopie, ma dovevano farlo

alcuni per il pretesto, altri per la paura dell' obbedire e tacere che ormai ragnava

sovrano nello stato nazista. Il principio di pulizia della razza doveva essere inculcato in

tutta la popolazione di lingua tedesca perciò il governo nazista iniziò a diffondere

1

filmati in cui si vedevano cittadini tedeschi handicappati da varie malattie fatti

confluire da tutto lo stato in alcuni centri speciali, venivano evidenziati i loro problemi

fisici o mentali, e poi prima cercando di nasconderlo e poi non preoccupandosene più

questi poveri esseri umani già sfortunati per le loro problematiche, venivano sterminati

bruciandoli nei famigerati forni crematori, e si usò i vari metodi di comunicazione per

far vedere ai tedeschi questi stermini cercando di farli passare come metodi

indispensabili per migliorare la prosperosità della nazione. Servizi speciali di polizia

vennero incaricati di informarsi su un gran numero di persone tedesche per

autentificare la loro purezza come razza, e che non fossero incrociate con persone non

ariane. Si arrivò a fare l'identikit del perfetto ariano, che doveva avere una specifica

fisionomia sia nel colore di occhi e capelli e altre caratteristiche, e un notevole numero

di donne che corrispondevano a questo identikit vennero costrette ad accoppiarsi con

uomini anche essi definiti di pura razza, per avere dei futuri puri ariani. Questo era

fatto in centri appositi e i bambini rimanevano senza genitori e allevati nello spirito della

ideologia nazista. Per poter far crescere delle generazioni che avessero l'attitudine a

servire la patria nel miglior modo possibile a discapito dell'identità dell'individuo. La

politica antisemita, l'orrore dell'olocausto, la persecuzione anticomunista, facevano

parte di un programma accuratamente organizzato il cui tentativo ere quello di

disumanizzare questi uomini,

spogliarli della loro libertà e

dignità, renderli schiavi della

superiorità tedesca, ed infine

privarli della vita stessa. E

proprio in questo "progetto di

annientamento" che consiste la

lucida follia di Hitler. Questo

programma era già stato

delineato in gran parte nel "Mein

Kampf", scritto e pubblicato

intorno al 1925. Le teorie

esposte si articolavano in cinque

punti fondamentali: La famiglia contadina Kahlenberg, quadro del pittore tedesco Adolf

Wissel che raffigura la purezza della famiglia ariana.

Il concetto di razza: i

 tedeschi avevano il diritto di affermare la superiorità della razza tedesca,

discendente di quella ariana e per questo la più pura.

La difesa della razza: essendo la "razza padrone", i tedeschi dovevano dominare

 il mondo e le "razze schiave". Inoltre dovevano perseverare lo purezza della

razza, venne quindi instaurato l'obbligo ai tedeschi di sposarsi solo tra loro; ed

2

in più furono sterminati i malati di mente, le persone deboli, gli infermi e chiunque

fosse un portatore di handicap.

La comunità razziale: lo Stato nazista doveva espandersi sino a creare una

 comunità che abbracciasse tutti i tedeschi puri nel mondo.

Il culto della personalità: era un principio già presente nella dittatura fascista e

 in quella comunista. Il Capo era l'incarnazione di tutte le virtù e dei principi di

autorità, per cui bisognava sottostare ai suoi ordini.

Lo spazio vitale: i tedeschi avevano il diritto di espandersi e di conquistare

 l’egemonia in Europa, fino ad estendersi verso est in Polonia, Cecoslovacchia e

Russia. Questi territori dovevano essere occupati e i "sottouomini" slavi

dovevano servire il “popolo dominatore".

Benché non esistessero fondamenti scientifici, Hitler affermava con grande sicurezza

la superiorità della Germania e la purezza della suo popolazione, ricavando tali concetti

dalla "Germania" di Tacito, libro scritto durante il primo secolo dell'Impero Romano.

La “soluzione finale” del problema ebraico

L’espressione “soluzione finale”, utilizzata in un

primo momento dai nazisti per indicare il progetto

di espulsone degli ebrei dalla Germania e dai

territori da essa occupati, passò dalla metà del

1941 a significare lo sterminio fisico degli ebrei. A

essere rastrellati e deportati nei campi di

concentramento furono dapprima gli ebrei polacchi

e dell’Europa orientale, poi quelli che vivevano nei

territori occupati dai nazisti in Europa

occidentale. La macchina organizzativa nazista

predispose l’«evacuazione» dei ghetti ebraici e il

«trasporto» della popolazione verso i «campi di

lavoro», dove gli ebrei sarebbero stati sottoposti

a un «trattamento speciale». La terminologia

utilizzata nei documenti ufficiali non poteva

nascondere l’orrore antisemita scatenato da

Hitler e dai nazisti. Nell’immagine alcuni bambini

ebrei dietro i reticolati del più grande lager

nazista, quello di Auschwitz, in Polonia.

3

ITALIANO

Luigi Pirandello: i folli pirandelliani

Pirandello è sicuramente uno degli interpreti più acuti

della “crisi dell’io” che suscita nei suoi personaggi angoscia

ed orrore nel vedersi vivere, nell’esaminarsi dall’esterno

come sdoppiati. Questa tendenza risulta essere un

insieme di ossessioni, impulsi inconfessabili, perché

violenti o crudi, che giacciono nel profondo della psiche,

nell’inconscio. L’unica via di fuga da tale realtà risulta

essere la pazzia, lo strumento di contestazione per

eccellenza delle forme fasulle della vita sociale, l’arma che

fa esplodere le convenzioni, riducendole all’assurdo e

rilevandone l’inconsistenza. Quando si arriva alla perdita

dell’identità si entra nella follia, tema centrale in molte

Luigi Pirandello opere, come l’” Enrico IV” o come “Il berretto a sonagli”,

nel quale Pirandello inserisce addirittura una ricetta per la pazzia: dire sempre la verità,

la nuda e cruda e tagliente verità, infischiandosene dei riguardi e delle maniere, delle

ipocrisie e delle convenzioni sociali. Questo comportamento porterà presto

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