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Il teorema di Pitagora
SCARICA IL FILE PDF7. IL TEOREMA DI PITAGORA NELL’ANTICHITÀ
Il teorema di Pitagora era noto un tempo come “il ponte degli asini”, il ponte che riusciva a superare
soltanto chi dimostrava di possedere sufficienti attitudini per il pensiero astratto e per un metodo
deduttivo da applicare a procedimenti matematici quali erano quelli proposti dai pitagorici.
Ecco come Einstein ricorda il suo primo incontro con il teorema: Avevo
12 anni quando un mio vecchio zio mi enunciò il teorema di Pitagora e
dopo molti sforzi riuscii a dimostrarlo. È stata un’esperienza
meravigliosa scoprire come l’uomo sia in grado di raggiungere un tale
livello di certezza e di chiarezza nel puro pensiero. E sono stati i Greci
per primi ad indicarcene la possibilità, con la geometria.
• IN CINA
Abbiamo già ricordato che il teorema di Pitagora era conosciuto in Cina col nome di kou ku
prima che lo stesso Pitagora nascesse, anche se la relazione pitagorica non è mai vista in
forma di teorema. Sempre in Cina, Liu Hui, un grande matematico del terzo secolo d.C., diede
una dimostrazione del teorema “di Pitagora” che è stata ricostruita da alcuni matematici
moderni seguendo le indicazioni che è stato possibile recuperare.
PROF.GIUSEPPE ROCCO – IL TEOREMA DI PITAGORA 22
Dice Liu Hui: Siano il quadrato su kou [il cateto a] rosso
e il quadrato su ku [il cateto b] blu. Usate il principio
della mutua sottrazione e addizione di specie simili per
inserire i resti, in modo che non ci sia alcun cambiamento
nell’area con l’aspetto di un quadrato sull’ipotenusa.
Le dimostrazioni riportate sono graficamente molto belle e non hanno bisogno di spiegazioni.
Risultano infatti evidenti le parti equivalenti in cui sono state scomposte le figure.
• IN INDIA
Anche dall’India arriva un enunciato del teorema di Pitagora che ci autorizza a pensare come
il teorema fosse già noto agli indiani in epoche precedenti alla nascita di Pitagora.
Si legge, infatti, nei Sulbasutra, i testi che contenevano le istruzioni per la costruzione degli
altari, riportati in forma scritta fra l’800 e il 600 a. C.: La fune tesa per la lunghezza della
diagonale di un rettangolo forma un’area pari alla somma di quella formata dal lato
verticale e da quello orizzontale.
Si parla ancora di funi e di problemi pratici, ma la strada è aperta verso la matematica astratta.
• IN ARABIA Abū
Dall’Arabia arriva invece la dimostrazione di l Hasan
Thābit Marwān
ibn Qurra’ ibn al-Sābi’ al-Harrānī (826 -
901), anche noto in latino come Thebit. Famoso per i suoi
lavori di meccanica, astronomia, matematica pura e
geometria; propose teorie che portarono allo sviluppo della
geometria non-euclidea, della trigonometria sferica, del
calcolo integrale e dei numeri reali.
La copia più antica degli Elementi di Euclide risale al IX
Thābit
secolo, e ibn Qurra ne fece una nuova traduzione
qualche decennio più tardi.
PROF.GIUSEPPE ROCCO – IL TEOREMA DI PITAGORA 23
Thābit
Mentre Euclide aveva lasciato del tutto da parte i numeri amicabili, ibn Qurra,
stabilendo le condizioni che consentono d’individuare le coppie di numeri amicabili, diede la
dimostrazione di quello che sarebbe divenuto il grande teorema sull’argomento.
I greci conoscevano una sola coppia di numeri amicabili e cioè il 220 e il 284; i matematici
arabi, dal canto loro, ne scopriranno altre, tra cui 17296 e 18416 (nota col nome di coppia di
Fermat che l’ha riscoperta parecchi secoli più tardi), e la coppia 9363584, 9437056
(conosciuta sotto il nome di coppia di Cartesio, perché Cartesio l’ha riscoperta alcuni secoli
Thābit
dopo). Secondo Copernico determinò la lunghezza dell’anno sidereo in 365 giorni, 6
ore, 9 minuti e 12 secondi, sbagliando di appena tre secondi.
Vediamo la dimostrazione:
I triangoli ABC, CEH, CEM, BGD, EGL, AFL sono tutti equivalenti.
Inoltre osserviamo che il poligono ABDEF può essere scomposto in due modi diversi:
E
H
G L M
D C F
B A
∆ABC ∆CEH ∆CEM
2 2
ABDEF = AC + BC + + +
e ∆BGD ∆EGL ∆AFL
2
ABDEF = AB + + +
Dall’uguaglianza delle due relazioni e da quella dei triangoli indicati, ricaviamo:
2 2 2
AB = AC + BC
PROF.GIUSEPPE ROCCO – IL TEOREMA DI PITAGORA 24
• IN EGITTO
Pappo di Alessandria, nel quinto secolo d.C. propose una costruzione che è una
generalizzazione del teorema di Pitagora, valida anche nel caso in cui il triangolo non sia
rettangolo. H Dato un triangolo qualsiasi
ABC, costruiamo sui suoi cateti
E i parallelogrammi BDEC e
F ACFG. Inoltre prendiamo il
O P
C segmento IL uguale a HC e
costruiamo il parallelogramma
D
G ABNM con i lati AM e BN
I paralleli e uguali a IL. Poiché
B
A due parallelogrammi con la
stessa base e la stessa altezza
sono equivalenti, abbiamo che
BDEC è equivalente a BPHC e
M L N che quest’ultimo è equivalente
a BILN. Quindi BDEC è equivalente a BILN. In modo analogo si dimostra che ACFG è
equivalente a AMLI. La somma di BDEC e ACFG è dunque equivalente a AMNB.
A questo punto possiamo rivedere, con l’aiuto di uno schema, il
collegamento tra il teorema di Pitagora e la famosa tavoletta babilonese
di cui parlavo all’inizio.
Il primo numero sulla diagonale è 1;24,51,10, dove il punto e virgola
separa la parte intera dalla parte decimale ed è in notazione
sessagesimale. Lo stesso numero nel sistema decimale è:
24 51 10
1+ + + = 1,414213 …
2 3
60 60 60
che è un valore approssimato della radice di 2.
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8. DIMOSTRAZIONE DI EUCLIDE
Per i matematici, la dimostrazione per eccellenza del teorema di Pitagora è sicuramente quella di
Euclide, riportata nel primo libro degli Elementi, proposizione 47:
Nei triangoli retti il quadrato del lato che sottende l’angolo retto è uguale alla somma
dei quadrati dei lati che contengono l’angolo retto.
Se lo riscriviamo in termini più moderni, abbiamo l’enunciato riportato generalmente nei testi
scolastici:
In ogni triangolo rettangolo l’area del quadrato costruito sull’ipotenusa è equivalente
alla somma alla somma delle aree dei quadrati costruiti sui due cateti.
Se c indica la lunghezza dell’ipotenusa e a e b quelle dei due cateti si può scrivere il teorema in
forma algebrica: 2 2 2
a + b = c
Questa dimostrazione fa riferimento a una figura che è stata battezzata, per la sua forma particolare,
mulino a vento, coda di pavone o sedia della sposa. Vediamola nei termini usuali per uno studente,
come la ritrova sul suo libro di geometria, nel capitolo dedicato ai teoremi di Euclide.
Dato il triangolo rettangolo ABC, costruiamo i quadrati sui suoi lati e tracciamo CL
parallelo ad AD.
I triangoli FAB e CAD sono uguali per il primo criterio di uguaglianza. Hanno, infatti,
AB = AD perché lati dello stesso quadrato ABDE, inoltre AF = AC, perché lati dello
stesso quadrato ACGF e gli angoli FAB e CAD sono uguali perché somma di un angolo
retto e di un angolo in comune, l’angolo CAB.
Quindi: ∆FAB ∆CAD
=
e 2∆FAB = 2∆CAD
Inoltre i triangoli CAD e AMD la stessa base AD e la stessa altezza AM, e sono
hanno
quindi equivalenti: ∆CAD ∆AMD
=
e 2∆CAD = 2∆AMD = ADLM
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D’altra parte i triangoli FAB e FAC hanno anch’essi la stessa base AF e la stessa
altezza AC, quindi sono equivalenti: ∆FAB ∆FAC
=
e 2∆FAC = ACGF
Il rettangolo ADLM è perciò equivalente al quadrato ACGF.
H
b
K G
C a F
A
B M c
E D
L
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Allo stesso modo dimostriamo che il quadrato BKHC è equivalente al doppio del
triangolo ABK e quest’ultimo a sua volta è equivalente al doppio del triangolo BCE,
cioè al rettangolo BMLE: BKHC = 2∆ABK = 2∆BCE = BMLE
Se sommiamo le due equivalenze abbiamo: 2 2 2
ACGF + BKHC = a + b = ADLM = c
Abbiamo così dimostrato che 2 2 2
a + b = c
La dimostrazione di Euclide, oltre a far disperare ancora oggi tanti studenti, fece arrabbiare anche il
celebre filosofo Arthur Schopenahuer, il quale accusò il grande matematico greco di aver costruito
una figura che porta a una interminabile catena di passaggi e che sembra chiudersi su di noi come
una “trappola per topi”. Schopenahuer presentò anche una sua dimostrazione, magnificandone, con
la presunzione che lo contraddistingueva, la chiarezza e la semplicità. In realtà si tratta di una
dimostrazione senza alcun valore, riguardante soltanto il caso particolare del triangolo rettangolo
isoscele. Proprio quello che era stato il punto di partenza per Pitagora, lo studio delle piastrelle del
palazzo di Policrate, ma soltanto un punto di partenza, per arrivare alla dimostrazione generale del
teorema.
• EUCLIDE
Euclide fu un matematico greco antico, che visse molto
probabilmente durante il regno di Tolomeo I (367 a.C. -
283 a.C.). È sicuramente il più importante matematico
della storia antica, e uno dei più importanti e
riconosciuti di ogni tempo e luogo che noi oggi
associamo alla grande sintesi del pensiero logico-
deduttivo, del pensiero matematico della Grecia antica.
Fu l’autore di un’opera monumentale in 13 diversi libri
che si chiama gli elementi di matematica oggi noti
come elementi di Euclide.
In realtà, anche prima di lui c’erano stati tentativi parziali di sistematizzare quello che via via
si stava facendo. Ad esempio, i primi quattro libri degli elementi di Euclide che sono i più
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famosi, in cui è dimostrato il teorema di Pitagora, ma fra tante altre cose questi primi quattro
libri sono un rifacimento, una specie di copiatura, una seconda versione di libri analoghi che
furono scritti da un grande matematico dell’antichità, il greco Ippocrate, ma non quello a cui
ci riferiamo di solito in medicina; però è Euclide che costruì questo grande “monumento”,
tanto che i quattro libri di Ippocrate sono andati perduti e si può solo ipotizzare che fossero
una prima versione magari incompleta dei primi quattro libri di Euclide.
In questo monumento della matematica classica c’è quasi tutta la matematica greca, anche se
ci sono alcune parti della matematica greca che non sono considerate da Euclide, in altre
parole quelli che non rientrano nei canoni estetici definiti da Platone.
Influenzato molto dalla filosofia, Platone credeva che nella geom